a cento anni dalla morte un doveroso tributo
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Nazario Sauro.
Un marinaio, un Eroe, una Leggenda.
Nazario Sauro nasce a Capodistria il 20 settembre 1880, da genitori di origini romane, il padre Giacomo era un marittimo, la madre Anna Defangher si curava della casa e della famiglia. Prima dell’anno di vita la famiglia si trasferisce a Cette in Francia, dove il padre si dedica all’attività dei recuperi marittimi. Qui durante il gioco Nazario si procura una ferita all’occhio sinistro che anche se di poco conto gli procurerà una lesione permanente che sarà determinante per il suo riconoscimento anni dopo. All’età di 6 anni, a causa di un epidemia di colera, la famiglia torna a Capodistria, dove il padre costituì un impresa specializzata nel recupero di navi naufragate e impiantò uno stabilimento balneare. Nazario cresceva in un mondo prettamente marinaro, vivace e esuberante preferiva passare le giornate sulle barche invece che sui banchi di scuola. Su volontà del padre intraprese studi classici, non ottenendo buoni risultati, così che nel 1895 abbandono il secondo ginnasio ed il padre lo prese con sé sul proprio bastimento. Nel 1904 si inscrisse all’Accademia Nautica di Trieste, dove ottenne la patente di Capitano di Grande Cabotaggio. Fin da piccolo Sauro dichiara la propria italianità, scontrandosi spesso con i residenti austriaci e slavi di Capodistria, cresciuto inizia a frequentare circoli irredentisti e a formarsi leggendo le opere del risorgimento. Inizialmente si avvicina al socialismo, ma poi si orienta vero gli ideali mazziniani. A 21 anni si sposò con Nina Steffé da cui ebbe 8 figli a cui diede nomi ispirati al Risorgimento ad alla Libertà.
Divenuto capitano Sauro operò al servizio di diverse compagnie, iniziando da quella dei fratelli Consuich, la Società Istria-Trieste, il Loyd Austriaco ed infine alla Società Cittadina di Navigazione a Vapore Capodistria comandò navi da carico e passeggeri, fra cui ricordiamo la Vettor Pisani, la Cassiopea, la carpaccio ed il piroscafo San giusto, che dopo la guerra in suo onore venne battezzato Nazario Sauro. Fra il 1908 e il 1913 Sauro in linea con i suoi principi di indipendenza dei popoli, operò diverse missioni di contrabbando per rifornire a favore degli albanesi che volevano affrancarsi dal dominio Ottomano e dall’ingerenza austriaca.
Durante le navigazioni lungo la coste istriane e dalmate, Sauro studiò le coste, le correnti , i fondali ed i punti principali, fino a realizzare un personale portalo, su cui annotava anche le opere di difesa austriache.
D’indole socievole e sempre di buon umore, durante le soste a Capodistria frequentava il Caffè della Loggia, dove ogni volte aumentava il numero dei sui conoscenti.
Allo scoppio della guerra nel 1914, non avendo l’intenzione di indossare la divisa austriaca e combattere contro l’Italia, il 2 settembre, si spostò a Venezia con la scusa di inscrivere il figlio Nino in collegio, qui giunto entro in contatto con gli esuli Istriani e spesso compì viaggi clandestini verso i porti austriaci per mantenere i contatti con gli irredentisti li rimasti, nel frattempo fu raggiunto dalla moglie e da tre figli, il figlio Italo rimase con i nonni per evitare di alimentare sospetti. All’inizio del 1915, in occasione del terremoto che colpi la Marsica distruggendo Avezzano, Sauro ed altri irredentisti furono fra i primi ad accorrere in aiuto della popolazione. Per la sua conoscenza della costa austriaca, fu chiamato a Roma dallo stato maggiore Marina per fornire notizie sulle sue difese. Nel maggio 1915, l’ammiraglio Paolo Thaon di Revel, lo nomino tenente di vascello di complemento, fornendogli documenti con l’identità di Nicolo Sambo e lo assegnò alla piazza di Venezia con l’incarico di pilota. Il 24 maggio 1915, poche ore prima dell’entrata in guerra, Sauro consegnò all’amico Silvio Stringati due lettere, una per la moglie ed una per il figlio Nino da consegnare in caso delle sua morte. La sua conoscenza della costa, lo portò a poche ore dall’entrata in guerra a bordo dei caccia che forzarono il porto di Monfalcone. I suoi compiti furono vari, dalripristinare le segnalazioni marittime rimosse dagli austriaci in ritirata, al controllo degli scavi di nuovi canali ed all’interrogatorio dei prigionieri, ma il suo compito primario fu quello di pilotare le navi impiegate in azioni in prossimità della costa nemica per un totale di 62 in 14 mesi, fra queste ricordiamo il recupero del piroscafo Timavo bloccato dagli austriaci sull’Isonzo, il forzamento dei proti di Sistino, Trieste, Parenzo e Pirano a bordo di unità di superficie e delle missioni di attacco al traffico nemico a bordo dei sommergibili Jalea, Antropo e Pullino. Proprio nella seconda missione a bordo del Pullino a causa dell’incaglio sulla secca della Galiola, mentre tentava di raggiungere la costa su un battellino a remi, fu catturato dal Satellit.
Sottoposto ad interrogatorio, a causa del suo accento, gli austriaci iniziarono a sospettare che non fosse veneto ma istriano, pertanto lo misero a confronto con marittimi istriani, Sauro fu riconosciuto dal I.R. aggiunto del porto di Pola Giuseppe Zachevich e dal pilota di porto Antonio Pozzetto. L’equipaggio del Pullino sottoposto ad interrogatorio sull’identità del prigioniero, disse che si trattava di Nicolo Sambo di Venezia, ma altri 26 testimoni istriani lo riconobbero come Nazario Sauro di Capodistria. Si apre il processo contro di lui ed il giorno 8 agosto vengono convocate la madre e la sorella, la madre emotivamente turbata, afferma che l’imputato non è il figlio, così come non viene riconosciuto dalla sorella, lo riconosce invece il cognato Arturo Steffé, sottufficiale della guardia di finanza austriaca e porta a conoscenza della corte dell’imperfezione all’occhio sinistro, che viene subito accertata da visita medica. Il 10 agosto alle 17.00, la corte legge la sentenza di condanna a morte per l’imputato che viene riportato in cella, qui rifiuta l’abito civile, chiede invece di avere il suo berretto da ufficiale di marina. Alle 19.45 viene condotto ammanettato nel cortile delle carceri dove è pronto il patibolo, Sauro cammina a testa alta, urlando a squarciagola “ Viva l’Italia” tanto che uno dei carcerieri cercò di tappargli la bocca con la mano ma Sauro gliela morsico ferocemente, tanto fa farlo ricorrere alle cure mediche. Sauro fu sepolto avvolto solo in un lenzuolo in una fossa fuori dal recinto del cimitero di Pola, ma dal giorno successivo iniziarono ad apparire sulla fossa mazzi di fiori, nonostante il divieto austriaco.
Finita la guerra, il 19 gennaio 1919 la salma fu riesumata e seppellita con tutti gli onori il 26 gennaio successivo nel cimitero militare di Pola ed alla madre fu consegnata la medaglia d’oro alla memoria. Dopo il secondo conflitto mondiale, con l’assegnazione della penisola Istriana alla Jugoslavia, il feretro dell’eroe avvolto nel tricolore, assieme a migliaia di profughi lasciò Pola sulla motonave Toscana per Venezia, dove dal 9 marzo del 1947 riposa nel tempio Votivo del Lido di Venezia.
Bibliografia:
Notiziario della Marina Aprile 2015: Nazario Sauro, primo forzatore dei porti, di Desirè Tommasselli.
Navi e marinai d’Italia: volume II, Compagnia Generale Editoriale S.p.A.