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PELLICANO

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Risposte pubblicato da PELLICANO

  1. .. un cuore Ardito ed una mente Audace …

     

    Il nostro motto è “ .. non dimenticare …” ed in questo spirito voglio augurarvi un buon annoi mettendovi al corrente di quanto accaduto non solo in merito a Nave Ardito, un riferimento per alcuni dei cari mebri di questo forum, ma anche per il futuro della nostra MMI.

    Lo scorso 19 dicembre ero stato invitato in Accademia per la cerimonia della collocazione dei cimeli di Nave Ardito e Nave Audace.

    Mi aspettavo un avvenimento grato e commovente, nello spirito che sempre caratterizzato la straordinaria famiglia di Nave Ardito, una nave, una destinazione che nel mio caso ha segnato molti passaggi della mia vita.

    La cerimonia è stata molto di più di un raduno nostalgico, , una sorpresa, la presentazione e la consapevolezza di una Accademia che cambia (splendidamente) per una Marina che cambia, e di questo ne sono particolarmente grato al Comandante, Amm. Maurizio Ertreo, che ha fortemente voluto, non solo come “arditino”, questo evento.

    La Marina della quale alcuni di noi siamo n parte da più di mezzo secolo ed alla quale siamo fortemente legati come non solo le nostre riunioni le nostre azioni e la stessa partecipazione a questo forum dimostrano, aveva a suo tempo una necessità, quella della ripresa; l’ Accademia che ci ha accolto e formato in quei ormai lontani momenti doveva esprimere la continuità, trasmettendo etica e valori in un momento particolarmente difficile, soprattutto per la vita militare.

    Un momento difficile fuori da quei cancelli, un compito arduo dentro ma facilitato dal “materiale” umano: i nostri comandanti ma anche tutto il personale, ufficiali e sottufficiali anziani, con cui siamo venuti in contatto, nel periodo della formazione e poi in quello di servizio, avevano in gran parte servito con onore e con sacrificio in una guerra sfortunata ed inutile, e sono stati un riferimento importante: gli eroi non erano icone, gli avvenimenti epici non erano distanti (basta ricordare l’ incontro non pubblico che fece l’ Amm. Birindelli con un suo toccante discorso il giorno del nostro giuramento, come il più recente discorso del nostro comandante, l’ Amm Casini che solo dopo mezzo secolo ci ha parlato della Roma, di cui era superstite, mentre molti di noi hanno servito gomito a gomito con decorati, che non avevano privilegi, non ostentavano né il passato né il loro valore) e per questo abbiamo avuto dei riferimenti importanti e continui, che ci hanno stimolato, anche se dovevamo operare in condizioni difficili, spesso in una Marina che ancora portava i segni della guerra.

    Grazie a questi contatti e questi esempi etica e spirito di sacrificio sono diventati nostro patrimonio, ed è quanto per molto tempo ci ha fatti sentire diversi, chiedendoci in privato dove sarebbe andata la Marina, con la sua gente. Dopo tanti anni c’ era il rischio che tale percorso, tali avvenimenti e personaggi epici fossero solo ricordi ed icone, che in un differente contesto si perdessero gli stimoli, venisse meno la continuità, sia in Accademia, sia in cascata nella Marina.

    L’ Amm. Ertreo, le cui parole mi avevano già colpito quando aveva assunto il Comando dell’ Accademia, pochi giorni dopo esserci incontrati a Venezia ad un raduno dell’ Ardito, ci ha semplicemente detto che bisogna cambiare per andare avanti, bisognava fare qualcosa in una istituzione che era stata immobile per troppo tempo.

    Ardito ed Audace, a cui presto si aggiungeranno le altre Navi che sono uscite dalla legge Navale ed hanno caratterizzato la Marina più recente, la Marina totalmente postbellica, non sono solo cimeli, ma richiami all’ identità, simboli dell’ orgoglio di appartenere ad una Marina che si è ripresa, che non è seconda nello scenario internazionale, della quale noi ci sentiamo e dobbiamo sentirci parte, istituzione forte di uomini capaci e responsabili, della quale le nuove leve devono sentirsi e si sentono orgogliose, cimeli che sono vivi e sono dei moniti, più vicini, attuali, anche se diversi da quelli che ricevette la nostra generazione.

    L’ orgoglio di questa Marina, per di più in un altro momento di transizione e rinnovamento, è la continuità di oggi, la sicurezza del domani.

    I cimeli significativi di Ardito ed Audace, vivi (le lettere del nome, il motto, la campana, la targa di costruzione sono quelle che ci salutavano e salutavamo, accompagnando la nostra vita a bordo), sono stati sistemati immediatamente ai lati della porta di ingresso alla “nuova” mensa allievi (che ha sostituito la palestra coperta di un tempo, immediatamente sotto la sala di ricreazione) e sono simbolicamente uniti, sull’ architrave di ingresso, da una grande targa con un invito ed alla stesso tempo un monito, di cui certamente le nuove leve faranno tesoro:

    … ovunque tu sia, abbi sempre un cuore ardito ed una mente audace ….

    Già con questo Ardito ed Audace non saranno vivi solo nel ricordo e nella nostalgia dei propri equipaggi, sono divenuti un patrimonio comune ed una continuità con i nuovi allievi ed i più giovani ufficiali: personalmente lo considero un buon auspicio per quello che vorrei fosse il primo passo di un progetto – a cui si sta lavorando – di salvare almeno una nave a vapore, l’ ultima, l’ Ardito, che è stata anche una pietra miliare nella tecnica e nell’ evoluzione navale (l’ ultima. l’ apice di un’ era, quella del vapore, sempre la prima di numerose esperienze, di molti progetti innovativi)

    E’ una Marina che è ancora nostra, un motivo di orgoglio anche per tutti noi.

    Viva la Marina !!!! sempre e più che mai la nostra Marina !!!

     

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  2. La trasmissione a piede di Cattaneo riprendeva in parte il concetto della propulsione del siluro: utilizzando due eliche contro-rotanti in pratica si annulla il momento (deviante) della rotazione dell' elica e si assicura stabilità di rotta al mezzo, logicamente fondamentale quanto di deve puntare un bersaglio ed essere sicuri della traiettoria.

    La trasmissione a Z, a piede, evitava poi propaggini di carena per le linee di assi, la costrizione dello scafo con la trasmissione che "usciva" dallo specchio di poppa risultava estremamente semplice e poco costosa, non parliamo dei vantaggi del transito in acque basse, soprattutto superando ostruzioni, mentre la mancanza di propaggini di scafo,faclitava la planata tipica dell' alta velocità

  3. come promesso, seppur in ritardo per i brillanti risultati raggiunti, posto tre foto del barchino esposto al Museo della Sceinza e Tecnica di milano. Credo sia importante il particolare della trasmissione CABI Cattaneo a piede con eliche controrotanti, che era un pò la novità e l' essenza di questi battelli

     

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  4. Riprendo quanto accennato in precedenza: in Italia non esisteva nè capacità nè esperienza in merito alla sovralimentazione, che sarebbe stata parte della soluzione per l' alleggerimento e l' incremento delle prestazioni dei motori: i motori proposti (i bollettini FIAT GM sono consultabili in line, con qualche difficoltà di ricerca, ma completi) avevano dimensioni tali in altezza che la loro sistemazione avrebbe compromesso la sicurezza (galleggiabilità/allagamento) della nave in caso di falla, ed in quanto a prestazioni si trattava di motrici inaffidabili, come venne dimostrato sia nelle soluzioni indicate nel bollettino sia in quelle post belliche delle MN passeggeri. L' inaffidabilità, oltre alla frequenti avarie per usura (non si disponeva di materiali idonei per il disegno adottato), riguardava soprattutto i rischi esplosione/incendio non solo negli scarichi (che fu il noto problema che afflisse le corvette) quanto i carters stessi dei motori, più serio come problema e più devastante, soprattutto per unità militari.

    Purtroppo soluzioni velleitarie, di lobbies non sempre in sintonia con la RM, non approfondite nè confrontate con quanto si stava facendo all' estero, che distrassero molte risorse che avrebbero potuto essere più proficuamente impiegate.

  5. Bei disegni, ma neppure "navi di carta", la cui realtà va inquadrata nella situazione dell' epoca (ed in tentativi un pò velleitari dell' industria italiana)

    .

    Dopo la sottoscrizione dei trattati navali, e stante l’ incapacità dell’ industria italiana, cantieristica e meccanica, tagliata fuori da evoluzione e cooperazioni internazionali, di realizzare unità bilanciate ed effettivamente all’ altezza dei tempi, si apri un dibattito nell’ ambito della Regia Marina, dove si evidenziò un gruppo di ufficiali superiori, relativamente giovani, che puntava ad un eventuale denuncia dei trattati, in particolare del trattato di Washington.

    Questo gruppo, in particolare l’ammiraglio Bernotti , criticò ferocemente le nuove realizzazioni, sia in costruzione che in progetto, e preconizzò incrociatori pesanti di elevato dislocamento, fuori delle linee del trattato, sino a 15/18.000 tonnellate.

    Non si parlava di incrociatori da battaglia ma era evidente che un indirizzo del genere era l’ aspetto di concetti operativi diversi da quelli allora considerati per il nucleo delle forze da battaglia e la struttura della squadra, e gli incrociatori erano il fulcro di tale nuova concezione.

    Tali concetti puntavano ad un rinnovamento, partendo proprio dagli incrociatori e dal loro impiego, ed il battito trascese dal solo ambito ristretto dei vertici della RM, coinvolgendo parte dell’ industria, soprattutto quando l’ industria stimava che non tutte le Marine , potenziali clienti, fossero così rigide e rispettose dei trattati.

    I presupposti del nuovo progetto erano:

    • armamento principale con cannoni da 203 mm; (minimo 8, considerando che un’eventuale riduzione di pezzi da 8 a 6 comportava costruire un maggior numero di unità, un terzo incrociatore ogni due previsti).
    • protezione verticale il più estesa possibile con un massimo di 200 mm., oltre ad un’efficace protezione orizzontale ed una maggiore compartimentazione dello scafo.
    • velocità operativa di 32 nodi (velocità operativa, non alle prove, specifica che si scontrava con lo stato dell’ arte italiano del momento).

    Nell’ interim del dibattito, i cantieri elaborarono degli studi, anche se non risulta che si sia passati a vere e proprie progettazioni preliminari, studi che servirono anche per sondaggi nei confronti di potenziali clienti esteri: il resto della storia, per quanto riguarda la RM è noto, l’ ipotesi non fu presa in considerazione, anche se gli orientamenti e la consapevolezza di un cambio concettuale indispensabile ma soprattutto indilazionabile germogliarono e trovarono almeno un certo spazio nelle specifiche per il progetto di un nuovo tipo di incrociatore, quando si decise di non ritenere il limite di 10.000 tonnellate invalicabile per la ricerca della superiorità in mare.

    Per quanto riguarda l’ esportazione il vero limite riguardò – a mio parere – l’ impossibilità di rispondere - con lo stato dell’ arte della cantieristica e dell’ industria meccanica e metallurgica italiana dell’ epoca – alle specifiche delle nuove unità.

    Anche l’ Ansaldo non sfuggiva a tale situazione, ed al di là delle ipotesi spagnole, prova ne sono i velleitari progetti abortiti di collaborazione con l’ unione Sovietica, sia per incrociatori che per navi da battaglia (e nuovi cannoni di g.c.)

  6. Una precisazione: Tr di questo tipo e praticamente delle stesse dimensioni, magari appena meno potenti, sono caratteristici delle TN di linea e delle navi militari italiane dagli anni 60 in poi

     

    TR di dimensioni e pesi appena poco superiori (generalmente avevano una terza turbina, di crociera e questo complicava l' architettura) erano caratteristici anche delle navi militari statunitensi a partire dai primi anni 40.

    Un abisso, purtroppo, rispetto alle pari costruzioni italiane dell' epoca, dovuto anche - come abbiamo già trattato, a scelte diverse sul ciclo vapore, ad alta ma non altissima pressione (come i tedeschi) ma neppure a media/bassa pressione come le navi italiane

  7. Grazie Helsingor per aver riacceso la discussione.

    Belle le foto che hai postato, credo si tratti di turbine Stal Laval con vapore AP, comunque ti sarei grato, per tutti ,di una precisazione, anche in merito alle potenze, se le hai disponibili: potrebbero servire per i confronti su quanto sto postando

     

    Molto efficace la foto della tenuta a labirinto dell’ estremità dei rotori, che può dimostrare a tutti quanto sia complesso mantenere la tenuta delle alte pressioni del vapore.

     

    Sfrutto le tue foto, con l’ evidenza di dimensioni relativamente ridotte, per confrontarle con quelle di un apparato motore degli anni 30, da circa 28 000 CV (un mostro per l’ epoca) fotografato in montaggio al banco prova; TR con tre turbine AP, MP o crociera, BP, su un riduttore a tre rocchetti, a doppia riduzione ma non locked train, quindi di notevole peso e ruota lenta di grandi dimensioni.

     

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    Questa foto , se poi la confrontiamo - oltre a quelle postate da Helsingor - con le successive, è la dimostrazione della mia tesi che, privilegiando la velocità, ma in effetti sacrificando tutto alla stessa, per l’ incapacità dell’ industria italiana rimasta al palo della 1^ GM per le beghe interne e per la miopia di allontanarsi dalle collaborazioni internazionali, tanto le navi militari quanto i transatlantici degli anni 30 erano scafi costruiti per portare a spesso enormi apparati motore, al contrario di altre nazioni che si dotavano di apparati motori per portare a spasso unità ben bilanciate, sia militari che mercantili..

     

    Le due foto successive, con più di trent’ anni di differenza, ma nello stesso luogo, dimostra la compattezza di un TR da 38000 CV, con riduttore locked train, probabilmente il punto di arrivo (non solo per l’ italia) dell’ epoca del vapore


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  8. Non è quella ma ci sei arrivato tanto vicino, che considero lo stesso risolto il quiz; si tratta dell' Iman Bondiol per la Marina indonesiana, serie di due unità successiva alla prima serie (6) venezuelana, con certe modifiche per aumentarne sia le prestazioni sia la stabilità.

    Il progetto era Ansaldo, in pratica quello scartato dalla MMI a favore dei Cigno, sfruttando un disegno di carena di origine canadese, con prora e pp a cutter, che tanti buoni risultati non ha dato (neppure sulle unità italiane che adottarono forme simili)

    le indonesiane (e questa era la perfidia del mio quiz, avevano la plancia leggermenete modificata ed avevano una elettronica più avanzata, con un radar Microlamba (uno dei primi prodotti) per la scoperta aerea.

    Su tutte queste navi, dalle venezuelane, alle indonesiane ed ultima la portoghese Pedro Escobar, interessante (sotto l' aspetto storico ed industriale) è l' adozione di cannoni che costituiscono la ripresa produttiva della OTo in campo navali, un inusitato 102 (4")/46 calibri. Per quanto mi riguarda, pur avendo frequentato tanto la Marina venezuelana quanto la Marina Indonesiana non sono mai riuscito ad avere nè dati nè feed back su tali armi. Sarebbe interessante se qualche membro del forum avesse qualche notizia al riguardo

    a te la mano

  9. ovviamente c' è da chiarire (!! mai più appropriato ..!!!) il fattore nebbia, ma una portaerei i attività di volo. con gli opportuni segnali a riva, ha la precedenza su tutte le altre navi . Il Florida sembra essere stato speronato a prua, al traverso a Sn e conseguentemente sembra che non abbia neppure tentato l' accostata ... la storia navale, anche recente e anche di navi militari (Australian Navy clamorosa e rispetutta, sino a pensare a malocchio), è piena di collisioni per non aver valutato la tipologia di nave e le particolari segnalazioni

  10. no Peru, molto più lontano . attenzione a possibili equivoci, di carattere temporale : non credo che quando Alfabravo parlava di fregate (e fregate non sono quelle del quiz) si riferisse alle forniture degli anni 70 a venezuela e Peru, che si riguardavano fregate classe Lupo, quindi unità totalmente diverse

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