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PELLICANO

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Risposte pubblicato da PELLICANO

  1. Condivido pienamente la preoccupazione di De Domenico: il nostro forum tratta argomenti di storia, tecnica, attualita' e ritengo che pur prendendo atto di attualita' che riguardano o potrebbero riguardare la storia navale, debba "tenersi alla larga" di diatribe e personalismi su escursioni subacque e primogeniture.

    In storia navale e tecnica navale occorre il massimo pragamatismo, ed il nostro forum deve essere una palestra di diffusione e condivisione in questa ottica ed in tale regola, su argomenti di navi 'vive" e storia documentata, di cui il "relittismo" puo' esser parte, ma non centrale ne' obbiettivo primario

  2. Il tema di questo cannone, un esperimento neppure troppo riuscito, e' stato abbastanza ampiamente trattato in un topics dei mesi scorsi. Il complesso e' esattamente lo stesso, la scudatura, con protezione e paraspruzzi, ha semplicemente subito un' evoluzione, prima che il cannone venisse efinitivamente ritirato dal servizio a seguito degli inconvenienti presentati, di cui si e' trattato nella precedente discussione

  3. Non avendo partecipato alle precedenti discussioni, che avevo seguito a posteriori, per la storia aggiungo che nel periodo considerato una delle ipotesi strategiche NATO , seguita per un certo tempo ( pianificata?? adottata???) fu quella di costituire un deterrente strategico basato su missili ( SLBM ) dislocati su "normali" o "meno normali" unita' da trasporto, di tipo mrecantile o simile.

    E' evidente la minore vulnerabilita', e la difficolta' di basi di lancio itineranti, magari camuffate.

    Un programma non solo accarezzato per molto tempo, un po un ritorno ai mercatili predisposti per l' uso militare (prassi seguita con conistenti contributi agli armatori privati nella costruzione di unita', con certe predisposizioni: la MMI aveva un ufficio, centrale, ed uffici periferici per la gestione del sistema, e praticamente tutta la flotta, sia pubblica che privata, sino agli anni 70 godette di tali contributi)

    Il missile ALFA, come SLBM non solo avrebbe risposto alle esigenze del Garibaldi, ma avrebbe risposto alle specifiche di questo programma multilaterale, e sarebbe probabilmente stata una soluzione "europea" piu' neutra.

  4. L’ eliminazione dell’ accesso prodiero e della celata, per quanto riguarda i “Santi” non dipende da considerazioni di sicurezza; quelle non solo previste, ma strettamente osservate dalla MMI erano e sono piu’ che sufficienti .

    La capacita’ di sbarco prodiero, Tipo LST, ecc ecc e’ direttamente correlata alla possibilita’ non tanto di andare sino in spiaggia ma di operare in sorgitori, eventualmente con i famosi pontoni Causeway (che erano disponibili anche su Grado e Carole, anche se non sempre presenti sulle murate): tale sietmazione non e’ prevista ne’ possibile per i “Santi”.

    Le condizioni di sicurezza, e le valutazioni relative, riguardano tutti i portelloni, non solo la celata prodiera ed i Santi hanno notoriamente mantenuto il portellone Pp

    I problemi di stabilita’, dovuti al fenomeno dello “specchio libero” citato da Varo sono l’ incubo degli ufficiali allo scafo, e di chi si occupa di stabilita’ delle navi, e devono essere sempre considerate con navi “garage” e navi bacino: non riguardano solo i ponti inferiori ma tutti i ponti, ed influenzano il momento di inerzia: basta pensare ad un caso: il Normandie si capovolse nel porto di new York perché i pompieri (terrestri, NYFD) intervennero allagando, a seguito di un incendio del parquet, il salone da ballo di prima classe; fu sufficiente questo “specchio” libero (evidentemente in una particolare condizione di carico della nave, a provocarne il capovolgimento.

    Concordo con totano che entrare in calcoli e formule matematiche sarebbe effettivamente eccessivo per tanti frequentatori, anche solo ampliando quanto gia scritto nella discussione sulla stabilità... ed anche il grosso problema di dare scontate molte cose essendo "del mestiere" non facilita approfondimenti, soprattutto quanto si entra in tematiche molto specializzate e di vita o routine di bordo

     

    Chiuso l’ aneddoto e tornando ai “Santi” l’ esperienza operativa – valutato che non si tratta di unita’ destinate ad operare ne’ su spiaggia ne’ in sorgitori liberi, ma anche in condizioni spartane con un minimo di infrastruttura (molo) - ha portato a valutare a fondo l’ opportunita’ di sfruttare al meglio le capacita’ di carico e gli spazi prodieri, visto che si mantiene comunque la possibilita’ di accesso ro-ro a livello molo (ed al limite a pontili galleggianti gia’ disponibili o trasportati da altri mezzi) senza ponte continuo o bidirezionalita tipo traghetto, ormeggiandosi di poppa (manovra ususuale in Marina), ed utilizzando il grande portellone pp.

    Le navi poi non dipendono da mezzi di sollevamento o da particolari infrastrutture portuali, fatto che da loro grandissima flessibilita’ di impiego (e comunque possono operare con mezzi propri – elicotteri e MTM-MTP - anche da rade ed alla fonda od in lento movimento)

  5. GIS era l' acronimo di Galleggiante Inseguimento Siluri . In effetti non sempre corrispondeva a mezzi veloci: ancora due mezzi, uno veloce ma l' altro unna sorta di traghetto tutto fare, erano in servizio nel 65/66 alla Commissione Permanente (MARIPERMAN) di La Spezia per servizi con il Balipedio Cotrau e Punta La Castagna, dove si facevano prove di tiro ma anche di lancio siluri.

    Nell' immediato dopoguerra, come ampiamente riportato, furono designate GIS le Ms Higgins e Vosper. [/color]

    -------------------------------------

     

    Grazie al post precedente, ed a Martinelli che veramente fotografa tutto !! mi rimanda indietro nel tempo e conferma quanto avevo a memoria citato nel mio post precedente

    I mezzi da me citati, a disposizione di MARIPERMAN e del Balipedio, sono stati a mio parere e ricordo solo due, sino all' entrata del piu' moderno mezzo costruito ad hoc e dato in uso all' Ex WiteheadMotofides. Erano armati con personale civile, dipendenti del Ministero Difesa

    Uno era il GIS 61 della foto (il "traghetto" tutto fare che citavo in precedenza) , che inizialmente non portava alcun distintivo ottico, e un' altra unita' ( "motoscafo velocissimo, si chiamavano cosi!!) o silurante modificata, anch' essa senza distintivo ottico, con piano inclinato poppiero sino a piano d' acqua e rulli per il recupero sino a tre siluri

  6. GIS era l' acronimo di Galleggiante Inseguimento Siluri . In effetti non sempre corrispondeva a mezzi veloci: ancora due mezzi, uno veloce ma l' altro unna sorta di traghetto tutto fare, erano in servizio nel 65/66 alla Commissione Permanente (MARIPERMAN) di La Spezia per servizi con il Balipedio Cotrau e Punta La Castagna, dove si facevano prove di tiro ma anche di lancio siluri.

    Nell' immediato dopoguerra, come ampiamente riportato, furono designate GIS le Ms Higgins e Vosper.

  7. i colleghi hanno gia' risposto a molti dei risultati della sperimentazione MMi (e non solo)

     

    Sostanzialmente, Lagunari o non, l' hovercraft si poneva in alternativa agli elicotteri: piu' costoso, meno versatile, difficile da movimentare verso i teatri operativi, meno manovrabile, senza reali vantaggi di carico utile, molto vulmerabile, anche per le catteristiche della 'gonna"

    L' esesmplare MMi non trovo' acquirente neppure quando fu dismesso, e fini miseramente ad arruginire sulla coperta, non ricordo se del Bafile o dell' ETNA ormai, radiato, nel Mar Piccolo a Taranto

  8. Per formazione tendo ad affrontare e risolvere un problema alla volta, e possibilmente con prove, rigore tecnico ed analisi: ancora una volta vorrei ricondurre la discussione al tema delle SES 1200, anche come esempio di improvvisazione (forse ed addirittura quale esempio di speculazione sugli sforzi e successi di un intero sistema cantieristico nazionale in quel momento in evoluzione..), pur trovando positivo che si dibatta a fondo sulle scelte che e’ chiamata ad affrontare la nostra Marina.

    Si tratta pero’ di diversi orizzonti temporali che dobbiamo tentare di circoscrivere e separare.

    Mentre il dibattito su “Quale marina sia necessaria” e’ attuale, ed opportuno, anche per contribuire a quel movimento di opinione tanto necessario per dimostrare che la politica militare, ed in essa quella navale, non e’ solo un riservata alle commissioni parlamentari ma ha un sentire nazionale, quello sulla proposta, tra l’ altro minore di oltre vent’ anni fa, oltre alla curiosità, mi sembra anche abbastanza sterile in quanto il progetto in mezione (e non il tipo di unita’, peraltro discutibile) era privo di contenuti e validita’.

     

    Provo comunque ad approfondire pochi punti ed apportare un contributo di esperienza diretta di quel periodo, limitandomi alla politica navale e non al quadro generale della politica di acquisizioni delle FFAA.

    La Marina Militare, e alcuni uomini che ne erano alla guida alla fine degli anni 60/inizi anni 70, mirando ad un intervento che fu poi nel 75 la Legge Navale, si resero conto che bisognava uscire dalla “Marina dei prototipi”, puntare a ripartire i costi di studio e sviluppo su maggiori serie di unita’(economia di scala) e pertanto trovare sbocchi sull’ esportazione.

    Non si punto’ sul “volume” ma sulla qualita’, offendo a Marine relativamente “minori” prodotti di qualita’, con il supporto della MMI e con gli stessi standards (al contrario della concorrenza, inglese e francese, che puntava a prodotti sviluppati “ad hoc”) ed in controtendenza, con navi nuove, alla cessione di surplus, tipo USA, Unione Sovietica e la stessa Inghilterra .

    Si trovo’ lo strumento dell’ Ufficio PIN (Promozione Industria Navale) della MMI, delle crociere a largo raggio, della mostra navale, supportando i cantieri che erano gia’ in grado di rispondere a specifiche militari (standards MIL..) ed erano in grado di affrontare impegni e costi di sviluppo: in un panorama di crisi generale della cantieristica fu un grande aiuto, ed uno sbocco importante (grazie anche alla convergenza di cantieri ed imprese in associazioni di categoria che fecero sentire la loro voce, ma fecero azioni si “auto-pulizia” si superarono anche molti dei fenomeni socio/economici/politico/dema/ grafo/antropologici che cita Iscandar, e che certamente avevano in passato influenzato il settore e la polverizzazione delle commesse) che trovo’ espressione nelle ricorrenti Mostre Navali. occasione conclusiva e non solo promozionale di contatto con le Marine Estere, ma anche espressione della volonta’ politica del momento di appoggiare le esportazioni del settore (Militare).

    Ci furono cantieri che non avevano avuto in precedenza esperienze o possibilita’ di esportazione che seppero cogliere l’ opportunita’ (eclatante il caso di Intermarine) ma su questo circuito “virtuoso” fu inevitabile che si sovrapponessero (..marinarescamente ..”si arrembassero”…) realta’ che non avevano ne’ “numeri” ne capacita’ di posizionarsi su quel mercato

    La mia affermazione che “la cantieristica militare non si improvvisa” merita un approfondimento, ma non cero in questa sede, ma vedo che Pugio concorda con me che la cantieristica Italiana è considerata (visti anche i contratti e le consulenze avuti con Marine mondiali) una delle più valide.

    I suoi progetti e le sue tendenze (nei primi anni 70 l’ indirizzo al “tutto in acciaio” abbandonando l’ alluminio fu uno degli aspetti piu’ eclatanti e vincenti ..) sono stati scelti da tante nazioni, ma ci dara’ anche un motivo perche’ – e non solo dalla MMI - tanti altri “progetti,” in effetti nella maggioranza dei casi solo idee molto velleitarie, quali ami per addossare i costi di sviluppo a improvvisati clienti, non venissero presi in considerazione

    Nel caso specifico non solo nos si puo’ neppure mettere in discussione le scelte della MMI (credo, tra l’ altro, con ragionevole e diretto fondamento che la MMI non sia stata neppure consultata nel caso in esame..) , ed il caso specifico non rientra nella prassi delle nostre FF.AA che hanno dovuto piegarsi a voleri non "Militari ma esclusivamente Politici". La legge navale ebbe l’ effetto di concentrare le risorse su sistemi ben definiti e di avanguardia, mentre poroprio nel caso in esame, la sola valutazione del programma avrebbe comportato ritardi nel dotarsi di unità o mezzi allo stato dell’ arte.

     

    Senza entrare nelle critiche tecniche (superficiali, ma sempre da chi ha passato una vita nel settore) , senza disporre neppure dei piani generali (sono esistiti?), oltre alle considerazioni gia’ fatte sull’ esponente di peso correlato ad armamento, prestazioni ed autonomie, basta una valutazione “amateur” del pur gradevole modellino per rendersi conto della mancanza di logica : avete considerato come e con quali effetti sarebbero stati lanciati gli OTOMAT/Teseo con tale posizionamento dei lanciatori? quali spazi operativi, al di la di quelli di un peschereccio e di una yacht, ci sarebbero stati nelle sovrastrutture appesantite da una hangar di grandi dimensioni? a chi sarebbe venuto in mente di sistemare la sicurezza del ponte di volo in nicchie delle sovrastrutture? dove andava sistemata la complessa elettronica (e’ stata dimenticata nel modellino?) necessaria per tale sistema di armamento?

     

    In quanto all’ affidabilita’ delle SES in condizioni operative generali, colleghi si sono gia’ espressi in precedenti interventi con corretti apprezzamenti, e vale anche il parallelismo con gli hovercraft: sembravano una soluzione, si tendeva al gigantismo, furono provati anche per soluzioni diverse dallo sbarco anfibio 9tuttora molto limitato ed enormemente costoso), marginalmente anche dalla MMI: con quali conclusioni? inaffidabilita’! al primo incidente, meccanico, condi-meteo, offesa nemica al sistema si sostentamento (molto fragile, costosissimo in terni di manutenzione, e quindi di disponibilita’) , l’ unita’ si sarebbe trasformata in un facile bersaglio poco manovrabile

     

    Altro elemento che nessuno ha mai spiegato, presentando il progetto, ed ammettendo una logica (se mai c’ e’ stata) di similitudine o parallelismo con gli aliscafi: per ridurre il i pesi e mantenere basso il dislocamento, miniaturizzare i sistemi, e consentire l’ adozione dei sistemi di arma proposti, oltre ad una costruzione tutta il lega di alluminio certamente non alla portata - all’ epoca - del cantiere proponente, va considerata l’ ipotesi che tutto l’ impianto elettrico avrebbe dovuto essere realizzato in altra frequenza (400hz) per unificare TUTTI i sistemi di bordo (armamento ma anche ulities ecc ecc) e quindi tutti sistemi e componenti di derivazione aeronautica… Con quali costi di acquisizione e con quali costi di manutenzione? Ipotesi in questo caso vicina alla follia, e certamente non alla portata della MMI e del suo bilancio, meno di “marine minori”, salvo petrodollari..

     

    Conclusione 1: almeno in questo caso le scelte della MMI furono oculate, senza alcuna influenza di tipo socio/economica/politico/dema/ grafo/antropologica

    Conclusione 2: come neofita, del sito, non so se ci siano limiti e vincoli per i pot, e non vorrei incorrere in sanzioni come prolisso… il moderatore mi perdoni in questo caso

  9. Mi sembra che questa discussione del tutto ipotetica sulla SES diventi – fuori tempo - una discussione sui ¨massimi sistemi¨ delle scelte della Marina Militare, argomento che certamente erita ma a mio mosdestro parere va separato dalle considerazioni sul progetto SES 1200

    Occorre riportare il tutto al progetto ed al caso specifico, con un poco di approfondimenti, senza entrare in un trattato di costruzione navale

    Rispetto al possibile (o impossibile) interesse della MMI al progetto, si sono gia´espressi in forma molto professionale i colleghi, e poco c´e´da aggiungere al riguardo, ancor meno dopo l´azzeccato richiamo di madmike al parallelismo con gli aliscafi, che non furono la scelta piu´äzzeccata ¨per l´epoca (e meno ancora in antitesi e sostituzione degli strikes aerei..) in cui si profilava gia´lo sviluppo degli elicotteri da combattimento; il problema non e´quindi, sempre a mio parere, quello dell’ adozione da parte della MMI del progetto (i progetti nascono in Marina e vengono sviluppati dai cantieri, molto difficilmente il contrario..) ma quello – retrospettivo – della credibilita´del progetto (che viene molto prima della possibile “ utilita´”...).

    Un progetto nato sull´onda lunga (e di troppo facili ottimismi o di molta faciloneria allora diffusa..) del movimento creato dalle preveggenti ¨mostre navali¨, ma come molti altri progetti dell´epoca malinteso quale approccio di diverficazione produttiva di cantieri in crisi nei prorpi settori di specializzazione e tradizione.

    La cantieristica militare non si improvvisa, e meno che mai si improvvisa tentando di entrare in una nicchia di prodotti sofisticati e di unita´di elevato standards (normalmente un cantiere che entra nel settore navale – di navy – lo fa gradualmente, appoggiandosi ad un capo commessa qualificato, strutturando un ufficio tecnico adeguato, cominciando magari con navi ausiliare..)

    Gli standards di costruzione militare hanno un parentela molto lontana con gli standards di costruzione militare, con riflessi non indifferenti in termini di costi e con enormi difficolta´ per adempiere alle specifiche (.. bastino i racconti e l´eperienza – che posso convalidare per vita vissuta – di Varo 5 riguardo certi cantieri nazionali, che pur avevano un minimo di tradizione nel settore..) .

    In merito alle SES parliamo al presente riferendoci ad una proposta, del tutto preliminare, cartacea di piu´di 20 anni, ¨spontanea¨di un cantiere, di buona tradizione per peschereccidi altura e traghetti, ma privo di qualsiasi tradizione e ¨cultura¨militare, elemento che sempre mette in difficolta´l´approccio al mercato e mette sull´avviso possibili comittenti.

    Una proposta basata non su specifiche (requirements) strategici operativi di una forza navale, ma sulla ¨moda¨del momento e sul tentaivo di un cantiere di entrare su quello che considerava un settore di costruzioni navali piu´redditizio e promettente del proprio tradizionale.

    Un progetto gradevole come linee esterne, discutibile come profilo operativo, non credibile come esponente di peso: per sistemare tutto l´armamamento indicato, i sistemi operativi di missione, la propulsione indicata e le dotazioni, sarebbe occorso anche con gli standard abitativi/operativi di 20/25 anni or sono un disloscamento intorno alle 2800/3000 tonn, su scafo tradizionale. Complicazioni ulteriori, per la ovvia riduzione e ridristribuzione di spazi e pesi, si sarebbero dovuti prendere in considerazione in una soluzione del tutto particolare dellla formula SES .

    Non vi dico poi l’ esponenziale incremento di volumi e dell’ esponente di peso nel caso in cui si volesse adottare un sistema modulare (tipo MEKO per intenderci)

    Sarebbe interessante sentire, su tutto, l´opinione al riguardo di Varo5....

    Un progetto di unita´tipicamente di attacco, che teoricamente potrebbe essere stata appetibile come unita´strike per una marina minore, emergente, ma certamente non rispondente ad una strategia ed una filosofia operativa come quella che si stava dando la MMI appena uscita dalla prima legge navale

    I progetti si confrontano sin dalla nascita con le varie ipotesi, ed aggiornamenti, che continuamente sviluppa a livello centrale la MMI: questi sono i criteri usati per la scelta di una unità navale in Italia. E’ la MMI attraverso i suoi organi, cominciando da Piani ed Operazioni che li sviluppa specificamente tenendo conto della realtà in cui deve operare e i compiti che sarà chiamata ad affrontare, non certo partendo dalle realtà pregresse ne’ (salvo pochi casi ed influenze politiche) lasciandosi incantare da mirabilia – credibili o meno – che appaiono sul mercato. Per soccorso ed assistenza, poi, le caratteristiche e le specifiche, comprese la polivalenza e la tenuta al mare, sarebbero molto diverse, e non limitate ad una molto supposta velocità e manovrabilità.

    SES 1200: un progetto spontaneo, forse velleitario, caduto senza neppure l´avvio di trattative concrete (se ne avrebbe avuto notizia nel ristretto settore) in quanto certamente non ha retto neppure un´analisi preliminare di potenziali committenti.

    Mi spiace aver affondato una unita´di carta, ma si tratta di esperienze vissute .... ed anche di un tentativo di riportare la discussione sulle scelte non della nostra MMI ma per la nostra MMI su cose concrete, alla vigilia o nel momento di scelte difficili che richiedono approfondimenti in :s68: un qualificato movimento di opinioni

  10. non ho elementi ne. voglio entrare nel merito della vicenda propria di Nazario Sauro, eroe per scelta di vita e di campo e per la forma come affronto' il supplizio, ma vorrei spezzare una lancia in merito a Rastelli

    Achille rastelli e' uno storico serio e documentato, che prima di scrivere una virgola si documenta: non si tratta di un marinaio da scrivania, ne' si mette in giudizi di carattere marinaresco; notoriamente, ed i suoi scitti lo dimostrano, cerca di passare dalla cronaca o dalla leggenda alla realta' storica, attingendo a tutte le fonti, senza appiattirsi su relazioni ufficiali preconfenzionate ma anche senza mai cadere nella ricerca di scoops.

    Siamo tutti amanti di storia navale, ed alla ricerca dei particolari, dalle navi agli eventi: ben vengano gli stimoli, ma non attizziamo ne' entriamo in polemiche cjhe snaturamo la portata e la qualita' di questo sito

  11. scusate: erorre di battitura:

    ....gli altri Flechter originalmente previsti per la conversione, rimasero allo stato (potremmo dire, anche se impropriamente, FRAM 1) della meno estesa modifica a DDE eseguita negli anni 50, e tra questi sono comprese le unita’ poi cedute all’ Italia

  12. Completo l' informazione, non a memoria ma con l' accesso ai dati:

    La fotografia citata si riferisce allo USS NICHOLAS (DD-449 / DDE-449) impegnato come scorta alla USS Intrepid (CVA-11) nel 1968 nel golfo del Tonchino

    L' allestimento dell' unita' e' FRAMII

     

    Solo tre dei numerosi caccia della classe Fletcher ricevettero la completa conversione FRAMII, con una modifica molto estesa , completata nel 1960, che comprendeva l’ adozione del DASH, il relativo ponte volo, e spiccate caratteristiche AS con nuovo sonar, VDS, porcospini brandeggiabili, tls Mk 32, lanciarazzi Weapon A, installazioni ovviamente possibili con lo sbarco di gran parte dell’ artigliera, ridotta cosi a tue complessi singoli da 127/38

    La conversione FRAM II riguardo’, con un notevole taglio alla programmazione originale, solo tre unita’, in pratica l’ unico programma FRAM II condotto nell’ arsenale di Pearl Harbour, relativo a :

     DD 446 Radford – completata a Pearl Harbor 11/60

     DD 447 Jenkins – completata a Pearl Harbor 01/61

     DD 449 Nicholas – completata a Pearl Harbor 07/60

    gli altri Flechter originalmente previsti per la conversione, rimasero allo stato (potremmo dire, anche se impropriamente, FRAM 1) della meno estesa modifica a DDE eseguita negli anni 60, e tra questi sono comprese le unita’ poi cedute all’ Italia

  13. Si tratta di un Flechter trasformato in DE . Ne furono programmati 18, ma mi sembra di ricordare che il programma si limito' a pochi esemplari (6 ?) in quanto il refitting si rivelo' troppo costoso per i risultati ottenuti, ed i lavori di trasformazione furono limitati sui pochi esemplari riattivati

  14. Condivido la risposta di Silvan dei giorni scorsi, per l' individuazione delle debolezze e dei punti di forza, in un contesto di analisi generale e non di libri od articoli ad effetto (come considero Hitel Bomb: esiste certamente un rinnovato interesse ed una volontà di analisi sulla 2^ GM, su basi serie, e questa discussione lo dimostra; aderisco anche ad AIDMEN ed in tale sede, recentemente abbiamo dibattuto su questo tema, con una certa profondità statistica.

    Personalmente non mi piace ne sono avvezzo a ‘rifriggere” le stesse discussioni in differenti siti, e d’ altra parte non ho idea, e non so quanto i moderatori possano permettere di spazio, ma stiamo affrontando un tema che non puo’ essere affrontato con semplici tips.

    Se dovessi sintetizzare la mia opinione al riguardo (e comunque se ci fosse dato spazio potremmo affrontare in profondità argomenti specifici e non focalizzarci su avvenimenti, non certi, che comunque non avrebbero avuto influenza sull’ esito della guerra) ritengo che e’ necessario comprendere il rovesciamento degli equilibri globali a partire dal 1942 (il caso italiano e’ poi atipico in questo stesso contesto): a partire da questo periodo divenne evidente che l’ esito della guerra, a favore degli alleati era solo questione di tempo, anche se le forze dell’ asse che sembravano ancora vittoriose su molti fronti.

    L’ analisi dovrebbe riguardare come e perche’ l’ asse, ma soprattutto la Germania, affornto’ il 2^ conflitto mondiale, e sulla scorta di documenti certi oggi disponibili negli archivi scopriremmo che la Germania, ancor piu’ che Italia e Giappone aveva un sistema logistico inesistente, non solo disastroso come gestione, ed aveva un gestione industriale al limite della follia, nella sua improvvisazione.

    L’ analisi della documentazione oggi esistente fa cadere tutti i miti che hanno caratterizzato la storia della 2^GM scritta nei 20/25 anni successivi alla sua conclusione.

    Il rovesciamento degli equilibri ma soprattutto l’ annientamento assoluto dei due imperi guerrieri (Germania e Giappone, tralasciando il caso italiano per quanto gia’ detto) trova la sua motivazione e la sua spiegazione dall’ analisi dei settori in cui progressivamente si impegnarono e seppero volgere a favore le sorti del conflitto.

    Anche il mito della Bomba atomica tedesca va sfatato (basti pensare che Hitler sospese tutti gli studi al riguardo, frammentati tra molteplici enti, tra cui le Poste Tedesche, tra l’ altro con risultati puntuali brillanti..),

    la guerra sul mare, le grandi battaglie sul fronte orientale le cui retrovie erano le industrie americane, la guerra aerea, lo sbarco in Normandia e successivamente la concentrazione sul Pacifico, sono l’ origine ella superiorità militare alleata.

    Una superiorità militare che ebbe i suoi fondamenti non sul fronte ma sulla capacità di riconvertire allo sforzo bellico il sistema economico/industriale, nella superiorità tecnologica e nella disponibilità di materie prime adeguate ai tempi, nella maggiore efficienza della dirigenza militare meno prona agli indirizzi politico/dittatoriali, ma anche in una partecipazione popolare, in una opportuna mobilitazione morale sul fronte interno che si trasformo’ in volontà, e capacità di combattere e vincere.

  15. Il problema non e’ solo economico, ma strategico, funzionale e di opportunita’

    Un Bacino Galleggiante e’ “una nave”, generalmente non autopropulsa (anche se nella 2^ GM la US Navy ne incorporo’ vari con propulsione per il loro rapido dispiegamento nel Pacifico); si tratta di una “nave” di lunga vita, se con buona manutenzione (generalmente sono a sezioni per facilitare l’ autocarenaggio), ma pur sempre una soluzione con certe limitazioni di vita utile, tipicamente orientata alle manutenzioni ed al carenaggio e meno al raddobbo od ai grandi lavori.

    I bacini galleggianti permettono una rapida rotazione nei lavori e, in alcuni casi specifici, soprattutto in zona di operazioni, per la loro caratteristica di immersione elivellamento, hanno permesso carenaggi e lavori di unita’ senza dover procedere ai lunghi ed onerosi lavori di preparazione delle unita’ da immettere in bacino (svuotamento depositi munizioni e carichi, sbarco combustibili ecc ecc.

    Al contrario – ovvio – dei bacini in muratura si possono ridislocare nelle sedi piu’ opportune.

    Anche in campo mercantile i grandi bacini di carenaggio galleggianti sono stati in alcuni casi costruito e ridislocati per seguire le necessita' di nuove rotte (la crisi di suez ecc ecc)

    Un bacino in muratura e’ tipico per costruzioni e per lavori di refitting e grandi manutenzioni, ed e’ piu’ facile da poterare con grandi mezzi di sollevamento.

    Ritengo perio’ un poco sbagliato e forse un po’ superficiale confrontare le due soluzioni, che sono assolutamente complementari

  16. il 138 , se non mi inganno nella lettura del pennant, dovrebbe essere il Kennison

    Per le caratteristiche del fumo e la sua evidente persistenza, siamo sicuti che si tratti di tiraggio forzato? non so l' epoca della foto, ma probabilmente come quasi tutti i Four Stackers avevano gia' caldaie e nafta; non ho dismestichezza con questa classe e con il suo apparato motore, ma non credo che il fumo sia dovuto a 'tiraggio forzaro" od eccesso di combustibile in variazione di andatura; non sara' che, come in altre soluzioni, la cortina fumogena su questie navi, si producesse con "postcombustione"?

    Cerchero' di consultare "flush Decks & Four Pipes di Alden, uno dei testi di riferimento per questa classe per capirne di piu'. Qualcun altro ha delle ipotesi?

  17. Grazie della segnalazione, non sapevo nulla della evoluzione dell' ex silurificio e mi e' servito, ma molto di piu' - anche nello spririto dei miei studi e di Betasom, mi e' servita e mi e' piaciuta l'analisi e la storia di castore e Polluce.

    C' e un particolare che mi incuriossce, legata a pozzuoli, all' Ansaldo e, propabilmente all' originale cantiere inglese: piu' o meno nello stesso periodo dell' avventura di Pozzuoli, un "piroscafo" per uso misto (traffico civile ma se necessario trasporto armato militare" fu "costruito" ossia assemblato sullago Titticaca, a Puno. Un' opera titanica, in quanto tutti i componenti vennero portati a dorso di lama, e di mulo, sino ai 4000 metri del lago titicaca (ed io ancora negli ultii anni 70 ho visto i resti del "cantiere")

    Il batello presto' servizio per molti decenni sul lago Titicaca: la leggenda, ma non sono mai riuscito a trovare dati certi, parla di "componenti italiani' (qualcuno parlo' in un' occasione anche di Ansaldo), ma certamente parte del cantiere e le maestranze specializzate furono italiane.

    Una chicca, per vedere se per caso nella documentazione a cui hai accesso ci fossero riferimenti di questo genere

  18. Sugli SMP3 dismessi non so ne ho mai saputo nulla, dimostrazione che non si penso minimamente ad una loro riutilizzazione

    Sto cercando alcune foto per postarle, anche se ho certe difficolta' (mia incapacita') a farlo

    Lo stabilimento con questa produzione praticamente chiuse un ciclo di 80 anni di produzioni militari o comunque per la Marina, piu' o meno nello stesso periodo in cui, ripensando ad economie di scala, agli investimenti necessari in ricerca e nuova impiantistica, progressivamente si spostarono su altri tipi di produzione (oggi si chiama riconversione inustriale) altre imprese dell' area napoletana, che non sarebbero state competitive con i macchinari e le dotazioni eistenti, peraltro ancora valide per altri tipi di lavorazioni.

    Unica eccezione fu, quasi una compensazione, lo sviluppo dello stabilimento di Fusaro, attualmente Stabilimento Fusaro della Selex (Finmeccanica, che tra l' altro ospita il Museo del Radar), mentre dalle ceneri del Regio Silurificio sono state progressivamente costituite (e ristrutturate) la Industria Meccanica Napoletana, la MicroLambda, la Sindel che poi si sono fuse nella Selenia, poi Alenia, fino alla Selex dei giorni nostri.

  19. Si tratta di progetti con origini e sviluppi totalmente diversi, tra l' altro l' Ansaldo come impresa gia' IRI era totalmente fuori dal settore, e nulla ebbe a cher fare con lo sviluppo della OTO (che era destinata ad entrare nell' altro congomerato statale, l' EFIM)

    Era anche un problema dello "stato dell' arte": l' utilizzo dello stabilimento di Pozzuoli per produzioni militari (ammesso che con gli stanziamenti dell' epoca fossero possibili sufficienti commesse) avrebbe comportato forti investimenti, sia sul team sia, soprattutto sulle infrastrutture e sui macchinari, impossibile da realizzare nel breve termine e non giustificabili e incompatibili con l' indirizzo che all' epoca si stava dando alle competenze ed alle spezializzazioni delle partecipazioni statali

    Non credo ci sia stato nessun 'complotto" per favorire un' industria o l' altra, una regione o l' altra; tra l' altro la concentrazione sulle attivita' ferroviarie dello stabilimento di Pozzuoli fu fatta a favore di Pozzuoli pensando che tale settore avrebbe avuto nell' immediato una maggiore ricaduta occupazionale, anche a livello di indotto regionale (es le officine meccaniche stabiesi) rispetto a quello militare

     

    Dal punto di vista tecnico/tecnologico il concetto operativo (alimentazione, caricamento e fuoco automatico in punteria costante) del modello OTO du rivoluzionario e vincente; anche per la OTO non furono rose e fiori, come dimostrarono le limtazioni del complesso binato sovrapposto: la OTO poi seppe mantenere lo sviluppo continuo del progetto, al punto della validita' della formula e la continuita (quasi) della produzione a 50 anni di distanza

    Ho un disegno dello SMP3, originale e troppo grande da scanerizzare, mentre ho un' immagine del 76/62 che credo poter digititalizzare e postare

  20. Studi e commessa, navi ed armamenti, erano in gran parte finanziati dagli USA (commesse off shore); e questo fu particolarmente valide per queste corvette.

    Non credo che si siano costruiti pezzi 'di riserva'; normalmente su queste commesse non si fanno "pezzi" completi, ma si ordinano parti di rispetto, soprattutto quelle di usura

    Certamente le canne rientrano nelle componenti di usura

    Non mi risulta, e per esperiena non credo proprio che l'impianto partisse da esperienze o tecnologia USA: non dimenticiamo che all' epoca si stava verificando l' inadeguatezza del munizionamento aa da 40 conntro gli aereis moderni, soprattutto perche' tale munizionamento non permetteva l' adozione di spolette di prossimita' (le prime spolette di prossimita' da 40, in gran parte frutto di ricerche italiane - il gruppo del magg AN Latini - poi riprese anche dai francesi della Thompson Houston - videro la luce a meta' degli anni 70 ) ed esisteva una direttiva generale NATO verso il calibro 76 mm (3").

    Gli USA cercarono di automatizzare il tradizionale 76/50, gli inglesi sperimentarono su questo calibro, svedesi e francesi su calibri inferiori, e solo l' Italia, con risultati validi ancora adesso, adotto' un sistema totalmente nuovo: il siccesso del 76/62 si deve al sistema di caricamento continuo ed in punteria (i braccetti oscillanti) mentre l' esperienza SMP, con balistica simile e munizionamento identico, falli proprio nel sistema di caricamento (si potrebbe dire che SMP era un cannone ..semiautomatico..)

    In ultima va tenuto conto che le commesse di questo cannone, sfortunato, avevano anche il compito di tentare di tenere in vita gli stabilimenti meccanici di pozzuoli, la cui vita fu sempre legata (a un filo) alle commesse militari

  21. Non i caccia ma solo le corvette per l' Indonesia (classe Surapati - Iman Bondiol) dovevano montare il cannone, impianto singolo 76/62, SMP3

    Conferme che sia le corvette danesi sia la corvetta per l' Olanda (Linx) montavano tale cannone ed avevano allestimento standard con quelle italiane

    Al contrario del quasi contemporaneo sviluppo del 76/62 OTO, con alimentazione e caricamento continuo, l' impianto SMP aveva una sorta di tamburo, tipo revolver, che completata la sequenza di tiro, veniva portato alla massima elevazione (90*) per la ricarica del tamburo

    Evidentemente un sistema abbastanza complesso, con notevoli inerzie, ed un cero ritardo anche nel rientro in punteria.

    Uno dei problemi riscontrati fu il metodo, e la velocita', di alimentazione del "tamburo) o revolver.

    Sulla corvetta olandese - Linx - si verifico' un grave incidente: durante la fase di aggancio di una cartuccia nella noria, dove il movimento era assicurato da rulli, si verifico' un intoppo, bloccando la cartuccia in una determinata posizione (si parlo' a suo tempo di eccessica od errata lubrificazione, ed il movimento dei rulli sulla cartuccia bloccata, con l' attrito, portarono al surriscaldamento ed alla succesiva esplosione della carica. Purtroppo ci furono vittime, e subito dopo, anche per i risultati non proprio brillanti dell' arma, i complessi SMP3 furono sbarcati (non sono mai riuscito a seguire la sorte delle unita' indonesiane)

    Lo sbarco del SMP3, ma soprattutto della DT, contribuirono a ad aumentare la stabilita' delle navi, che erano particolarmente "ballerine"

    Sulle corvette classe Albatros (e sul Linx poi restituito all' Italia come Aquila) come soluzione "provissoria" e poi definitiva i complessi SMP3 furono sostituiti con 40/70 singoli, di produzione canadese, che erano "adattamento" navale di armi originalmente destinate all' AA terrestre.

    Per completare l' informazione i "caccia leggeri" (oggi sarebbero "corvettone"), con apparato motore a vapore, forniti a Venzuela (6 Unita) Indonesia e Portogallo (due rispettivamente) montavano complessi binati da 120, del tipo mai adottato dalla MMI, che eranp uno sviluppo del 120 prebellico dei nostri ct

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