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U BOOT 96

Comune di 2a classe
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  1. U BOOT 96

    IL REGIO INCROCIATORE "BARTOLOMEO COLLEONI"

    ma strano forse mi sara sfuggito qualche cosa lo riguardo il piu' presto possibile grazie von ciao
  2. Sommergibile di piccola crociera Impostato il 25/5/1931 nei Cantieri Tosi di Taranto; Varato il 23/7/1933 ed in servizio il 29/11/1933 Dislocamento 681 t. (in superficie) e 842 t. in immersione Lunghezza 60,2 m. - Larghezza 6,45 m. - Immersione 4,2 m Apparato motore composto da 2 motori Diesel da 1350 hp (capaci di sviluppare in emersione una velocitàdi 14 nodi) e da 2 motori elettrici da 800 hp (capaci di sviluppare in immersione una velocitàdi 7,7 nodi) Combustibile: 45 t. nafta Autonomia: 4880 mg a 8,5 nodi (propulsione Diesel) e 72 mg a 4 nodi (propulsione elettrica) Armamento: 6 tubi lanciasiluri da 533; 1 cannone da 100/47; 2 mitragliere da 13,2. Equipaggio: 45 uomini, dei quali 5 ufficiali. Sommergibile di medio dislocamento. Classe "600" serie "Sirena". Tipo Bernardis a semplice scafo e controcarene esterne. Profonditàdi collaudo: 80 - 100 metri. Sviluppati dalla precedente classe "Argonauta" con modifiche allo scafo ed alle sovrastrutture. All'inizio delle ostilità(10/6/1940) è dislocato a Tobruk (61a^ sq. VI gruppo) AFFONDATO nel 1941 Le operazioni belliche: Effettua 15 uscite operative: 8 offensive e/o esplorative in Mediterraneo. 7 per esercitazione o trasferimento. Comandante: T.V. Carlo Todaro. Il 10/6/1940, parte da Tobruk per portarsi in zona d’agguato al largo di Alessandria. L’11, alle ore 01.00 circa, al largo di quella base, lancia un siluro contro un grosso piroscafo, senza colpire. Dopo altri otto giorni di permanenza nella zona, non rilevando altri movimenti navali nemici, il 20 rientra a Tobruk. Il 3/7/1940 parte da Tobruk per portarsi in zona d’agguato sulla congiungente Gaudo-Derna. Nei giorni 7 e 8 viene sottoposto ad intensa caccia antisom che causa tali danni da costringerlo ad interrompere la missione e riparare ad Augusta. Dal 15/7 al 2/12/1940 - In arsenale ad Augusta. Parte da Augusta il 15/12/1940 per portarsi in agguato nella zona di mare tra Ras el Tin e Marsa Matruh. Rientra il 22 senza aver avvistato naviglio nemico. Dal 16 al 18/1/1941 - Pattuglia al largo di Malta. Costretto a rientrare in anticipo, per avaria alle batterie accumulatori, in arsenale per sostituzione batterie. Durante la sosta avviene lo scambio delle consegne fra il T.V. C. Todaro e il T.V. Vincenzo D’Amato. Dal 15 al 22/3/1941 - Pattuglia al largo di Cerigotto. Durante la navigazione per portarsi in zona, avvista un convoglio scortato da CCtt, che non riesce ad attaccare. Il 18 tenta l’attacco contro una unitàsottile. Senza esito per la superiore velocitàdel bersaglio che oltretutto, avvistatolo a sua volta, lo attacca violentemente e tenta di speronarlo costringendolo ad immergersi ed a disimpegnarsi. Dall’8 al 16/4/1941 - Pattuglia a S di Creta. Una missione fra fine Maggio e primi di Giugno 1941. Dal 29/5 al 4/6/1941 - Pattuglia a SW di Capo Krio. Dal 15/6 all’1/9/1941 - In arsenale per turno di manutenzione. Nel corso dei lavori, si procede al passaggio delle consegne fra il C.C. D’Amato che assume il comando del "Millo" ed il T.V. Bartolomeo La Penna che affonderàcol battello. Il 15/9/1941 parte da Augusta per effettuare agguato lungo le coste tunisine e pattugliare il Canale di Sicilia. Dalla partenza non si hanno più sue notizie. AFFONDATO fra il 16 ed il 25/9/1941 in un punto indefinito del canale di Sicilia. Mancando notizie di azioni nemiche in quei luoghi e tempi, si suppone che lo "Smeraldo" sia affondato per urto contro una mina. Non ci sono superstiti. Comandante: T.V. Bartolomeo La Penna Com.te in 2a: S.T.V. Giulio Cesare Carta Dir. di macchina: T.G.N. Giuseppe Monti; Altri ufficiali: S.T.V. Alberto Codermatz - Asp. Dino Picchi; 40 sottufficiali, sottocapi e comuni: C° 1a cl. Luciano Gennari - C° la cl. Giovanni Giuseppe Iodice - C° 3a cl. Alfredo Brunelli - 20c. Salvatore Armenio - 20c. Gaetano Belintende - 20c. Luigi Fonsetti - 20c. Salvatore Mura - 20c. Adolfo Testa - Sgt. Giacomo Remagi - Sgt. Carmelo Santonocito - Sc. Vincenzo Ansardi - Sc. Ervildo Bergamini - Sc. Cosimo Cataldi - Sc. Giuseppe De Tommasi - Sc. Luigi Grisendi - Sc. Attilio Maggiani - Sc. Dante Melone - Sc. Francesco Napoli - Sc. Angelo Necchi - Sc. Filippo Nico - Sc. Francesco Portera - Com. Luigi Avallone - Com. Ferdinando Bertolotti - Com. Antonio Bonanno - Com. Amedeo Canessa - Com. Giovanni Fancelli - Com. Francesco Formoso - Com. Paolo Gattuso - Com. Marino Iridio - Com. Luigi Losito - Com. Cesare Perin - Com. Tommaso Piscitelli - Com. Pietro Biuri - Com. Mario Pusca - Com. Salvatore Saia - Com. Giuseppe Sieni - Com. Antonio Talanca - Com. Martino Tecovini - Com. Mauro Todisco - Com. Randolfo Varricchio. FONTE: ANMI Gaeta
  3. Il Buffoluto (Ten. vasc. c. Matteo Mori) si trovava l’8 settembre a La Spezia per riparazioni ai forni delle caldaie. Non aveva munizioni a bordo, eccetto quelle di dotazione delle armi di bordo. Verso le 8 del 9 settembre il comandante in 2a. dell’arsenale ordinò al ten. vasc. Mori di partire o di autoaffondare la nave. Dato che quest’ultimo aveva predisposto fin dalla sera precedente l’accensione delle caldaie, la nave poté essere rapidamente approntata e partire poco dopo: alle 09.40 era giàfuori della rada della Spezia. Non avendo potuto rifornirsi, aveva a bordo poco carbone e poca acqua: perciò diresse per Portoferraio (dove il comandante calcolava di potersi rifornire e proseguire poi verso sud) seguendo rotte costiere, allo scopo di potersi ancorare in qualsiasi momento se  dato il cattivo stato dei forni  avesse dovuto interrompere la navigazione. Verso le 15.00, mentre la nave stava dirigendo per passare tra le secche della Meloria e la costa, vide verso sud due bastimenti che avanzavano con rotta opposta. Alle 15.30, quando la nave era tra la Meloria e i moli del porto di Livorno, i due bastimenti chiamarono col proiettore e il Buffoluto rispose alzando il proprio nominativo a bandiere. Poco dopo essi aprirono il fuoco, prima che il comandante Mori avesse potuto distinguerne la bandiera che era mascherata dai loro fumaiuoli: essi erano i due grandi posamine germanici Pommern e Brandenburg, usciti poche ore prima da Livorno. Il Buffoluto accettò l’impari combattimento, rispondendo immediatamente coi suoi due pezzi da 100 e colle mitragliere. In breve esso fu crivellato di colpi, ma fece fuoco finché poté; un primo proietto mise fuori combattimento il personale di prora; altri proietti devastarono le strutture di prora; un proietto esplose sul ponte di comando, ferendo il comandante ad una gamba e il timoniere, e troncando la trasmissione del timone. Mentre si cercava di mettere in funzione la stazione di governo di fortuna, la nave  rimasta col timone tutto a sinistra  cercò di portarsi ad incagliare manovrando colle macchine. Ma dalle unitàtedesche, giunte ormai a brevissima distanza, continuò una pioggia di proietti che aumentò le devastazioni sul Buffoluto, ormai incapace di reagire, per la messa fuori causa anche del pezzo di poppa e delle mitragliere: un colpo aveva, esplodendogli vicino, gettato in mare l’ufficiale in 2a. S.ten. vasc. Benvenuti. Anche mitragliere sistemate sui moli iniziarono a far fuoco sul bastimento italiano. Un motoscafo, con molti militari tedeschi a bordo, uscì dal porto, attraccò al Buffoluto e un ufficiale tedesco chiese se c’erano feriti da sbarcare. "Considerata la posizione in cui mi trovo,  scrisse il ten. Vasc. Mori nella sua relazione  nell’impossibilitàdi affrontare altro combattimento, con feriti gravi a bordo ed io stesso affetto da ferita lacero - contusa al ginocchio destro, la nave resa ormai inservibile dagli incendi e con tutte le sovrastrutture e lo scafo completamente crivellati, ritengo inutile altra resistenza; quindi il motoscafo accosta e imbarca i feriti. Contemporaneamente l’ufficiale tedesco sale a bordo insieme col personale armato e piazzati davanti a me due soldati muniti di fucile mitragliatore, chiama due motopescherecci presenti in avanporto e mi ordina di farmi rimorchiare al mandracchio dove mi ormeggio di fianco alla radice del molo". Il Buffoluto, rimorchiato in porto, non fu rimesso in efficienza dai Tedeschi e alla fine della guerra fu trovato affondato a La Spezia. Il comandante, distrutti i documenti segreti e distribuito il danaro esistente in cassa al personale, riuscì ad allontanarsi eludendo la vigilanza delle sentinelle tedesche e a recarsi all’ospedale di Livorno per farsi curare. Alcuni marinai, che insieme coll’ufficiale in 2a si trovavano in mare, furono ricuperati da due lance a remi inviate dall’Accademia Navale.
  4. La nave trasporto munizioni Buffoluto venne impostata nel 1922 presso i Cantieri Ansaldo San Giorgio di Muggiano (La Spezia). Varata il 16/4/1924, venne completata e consegnata alla Regia Marina nello stesso anno (il 15/12/1924). Prese il nome Buffoluto, da una localitàvicina a Taranto sede di una delle più vaste ed importanti polveriere della Regia Marina. Dislocamento: 1060 t. Lunghezza: 56,2 m. Larghezza: 9,0 m. Immersione: 3,3 m. Apparato motore: macchina alternativa a triplice espansione da 1430 cav. - 2 eliche - 2 caldaie Thornycroft a carbone con una scorta di combustibile di 240 tonn. Velocità: 12 nodi Armamento: n° 2 cannoni da 100 mm - 47 cal. Dotata inoltre di sistemazioni per la posa di mine Nel periodo bellico svolse una notevole attivitàcome nave posamine. In particolare nel periodo 6 giugno - 10 luglio 1940 partecipò alla posa degli sbarramenti difensivi tra Capo Circeo e l'Isola di Zannone e nel golfo di Napoli (Imbocco, Canale Ischia - Procida, Stretto di Capri) con mine tipo Elia e tipo Bollo. Partecipò inoltre, nel periodo 7 marzo - 4 settembre 1943 alla posa dei seguenti sbarramenti antisbarco: - Sardegna, Alghero 23 maggio; - Grecia Occidentale, Corfù - Paxo 20 giugno; - Corsica, Golfo di Aiaccio 3 settembre. Alla proclamazione dell'armistizio dell' 8 settembre 1943 si trovava a La Spezia. I particolari sulla cattura e l'affondamento da parte dei tedeschi sono riportati in fondo alla pagina. Dopo la cattura fu rimorchiata a Livorno. Risulta che i tedeschi l'hanno poi trasferita a La Spezia, dove l'hanno affondata il 19 aprile 1945. Dopo le ostilitàvenne recuperata e dal 7/3/1948 fu trasformata ed utilizzata come nave servizio fari. Fu posta in disarmo nel 1971 e radiata il 24/1/1973. FONTE: ANMI Gaeta
  5. Incrociatore leggero Classe "Condottieri" Tipo "Di Giussano" GENERALITA' Nel 1926, la Marina Italiana, per fronteggiare il nuovo indirizzo di costruzioni impostato dalla Marina Francese (consistente nella realizzazione di grossi cacciatorpediniere veloci e potentemente armati), studiò un nuovo tipo di unitàcon armamento e velocitàsuperiore a quello dei normali cacciatorpediniere ma sacrificando in modo pressoché totale la protezione. Queste unitàdi nuova concezione, realizzate in una prima serie di quattro navi, vennero classificate Incrociatori leggeri. Lo scafo di queste unitàpresentava forme abbastanza slanciate, con prora poco pronunciata e poppa arcuata. Oltre ai due ponti continui di coperta e di primo corridoio, presentavano un ponte parziale di secondo corridoio. Inferiormente a quest'ultimo, un copertino stagno parziale; un castello a prua, una tuga centrale in proseguimento del castello ed una tuga poppiera. Le navi avevano due fumaiuoli a sezione ovale ed erano fornite di un albero tetrapode contornato dal ponte di comando, a proravia del fumaiuolo prodiero, e di un albero a poppavia dell'altro fumaiuolo. A ridosso dell'albero di poppa era sistemata la stazione secondaria di tiro e lancio. Sotto il ponte di comando era sistemato un hangar capace di ospitare due idrovolanti ad ali ripiegabili, lanciabili da una catapulta prodiera non brandeggiabile, fissata in coperta sull'asse longitudinale dell'unità. Queste unitàerano provviste di un solo timone poppiero parzialmente compensato con agugliotto di guida a metàaltezza e fissato allo scafo. I quattro "di Giussano" risultarono unitàmolto leggere e vulnerabili. La loro protezione era stata studiata tenendo conto del tipo di munizionamento in uso presso le varie Marine del tempo su unitàsimilari e non prevedendo l'impiego in combattimento contro incrociatori più protetti e meglio armati. Anche la capacitàdi reazione balistica dei "di Giussano" poteva essere dannosamente influenzata con mare agitato. Alla prova dei fatti (Battaglia di Capo Spada) rivelarono la loro fragilitàcontro l'incrociatore Sydney e contro gli stessi caccia inglesi armati con 120 mm. CARATTERISTICHE Costruzione: Cantieri Ansaldo GENOVA Impostato: 21 giugno 1928 Varato: 21 dicembre 1930 Completato: 10 febbraio 1932 Affondato: 19 luglio 1940 Radiato: 18 ottobre 1946 Lunghezza: fuori tutto 169,3 m ; fra le perpendicolari 160 m Larghezza: 15,5 m Immersione: 5,1 m (carico normale) 5,3 m (a pieno carico) Dislocamento: 5252 t. (standard) 6571 t. (car.norm) 6954 t. (pieno car.) Appar. Motore: 6 caldaie a tubi d'acqua tipo Yarrow - Ansaldo con surriscaldatori e 2 gruppi di turbine Belluzzo con riduttori ad ingranaggi; due eliche a tre pale in bronzo, tipo Scaglia, del diametro di m. 4,40 Potenza: 95.000 hp Velocità: 36,5 - 37 nodi Combustibile: 1150 t. nafta (carico normale) e 1250 (a pieno carico) Autonomia: 970 miglia a 36 nodi; 3800 a 18 nodi Protezione: Orizzontale: max 20 mm; verticale max 24 mm. Artiglierie: (torri calibro principale) 23 mm. Scudi medi calibri 8 mm Torrione: max 40 mm. Armamento: 8 cannoni da 152/53 mm (in 4 torri); 6 cannoni da 100/47 mm (in 6 complessi binati); 8 mitragliere c.a. da 37/54 mm; 8 mitragliere c.a. da 13,2 mm; 4 tubi lanciasiluri da 533 mm (in 2 complessi binati); una catapulta prodiera tipo "Magaldi" e due aerei idrovolanti (inizialmente Cant 25 AR e, dopo il 1937, IMAM Ro 43); attrezzature per la posa di campi minati; Equipaggio: 19 ufficiali + 488 sottufficiali e marinai ATTIVITA' Preso in consegna dalla Marina il 10 febbraio 1932, l'incrociatore Bartolomeo Colleoni partecipò alla normale attivitàdella Flotta, sino al novembre 1938, data in cui lasciò l'Italia essendo destinato a sostituire l'incrociatore Raimondo Montecuccoli nel servizio di stazionario in Estremo Oriente. Partito dalla Spezia il 16 novembre 1938, il Colleoni raggiunse Shanghai il 23 dicembre successivo dopo aver sostato a Napoli, Port Said, Suez, Massaua, Colombo ed Hong Kong. Durante la sua permanenza in Estremo Oriente visitò Tsingtao, Chefoo, Chingwantao, Dairen, Kobe, Yokohama, Nagasaki, Wei-Hai-Wei, Petaiho. Apertosi il 1° settembre 1939, con l'attacco della Germania alla Polonia, il secondo conflitto mondiale, il Colleoni ricevette ordine di rimpatriare mentre in data 1° ottobre 1939 il Comando Superiore Navale in Estremo Oriente si trasferiva dal Colleoni sulla nave Lepanto. Lo stesso 1° ottobre l'incrociatore lasciò Shanghai, e dopo aver toccato Singapore, Colombo e Massaua, giunse a Gaeta il 28 ottobre. Al rientro dall'Estremo Oriente il Colleoni (Capitano di Vascello Catalano Gonzaga di Cirella) fu assegnato alla Seconda Squadra costituendo la Seconda Divisione (Ammiraglio di Divisione Carlo Cattaneo) insieme col Bande Nere. Nel corso della sua breve attivitàbellica (10 giugno - 19 luglio 1940) il Colleoni effettuò 6 missioni di guerra: 3 per ricerca di navi nemiche; 2 per protezione di convogli, 1 per posa di mine. Percorse in navigazione di guerra 3.515 miglia per un totale di 166 ore di moto, consumando 2.600 tonnellate di nafta. La prima uscita in mare dell'incrociatore avvenne il giorno stesso della dichiarazione di guerra dell'Italia per proteggere un'operazione di posa di mine nel Canale di Sicilia. Dal 2 al 4 luglio il Colleoni partecipò alla scorta indiretta di un convoglio (piroscafo Esperia e motonave Victoria) partito da Tripoli per Napoli. Fra il 6 e l'8 luglio, mentre l'intera Squadra era in mare e si preannunciava imminente uno scontro con la Mediterranean Fleet (Punta Stilo), il Colleoni, insieme col Bande Nere, con la Decima Squadriglia Cacciatorpediniere e con la Quarta Torpediniere, assicurò la scorta ad un convoglio formato dai piroscafi Esperia, Marco Foscarini, Vettor Pisani e Calitea, diretto da Napoli a Bengasi. Condotta a termine la missione la Seconda Divisione fu dislocata a Tripoli. Dopodichè, Supermarina decise che gli incrociatori si trasferissero alla base di Lero, nel Dodecaneso, dopo aver eseguito il bombardamento di Sollum. La sera del 17 luglio la Seconda Divisione (Ammiraglio di Divisione Ferdinando Casardi) lasciò Tripoli, dopo aver ricevuto l'ordine di dirigere direttamente per l'Egeo senza effettuare la prevista azione di fuoco contro Sollum. Nella mattinata del 19, mentre il Colleoni (Capitano di Vascello Umberto Novaro) ed il Bande Nere si trovavano a poco più di sei miglia da Capo Spada (isola di Creta), vennero intercettati da una formazione navale britannica costituita dall'incrociatore Sydney e da cinque cacciatorpediniere. Ne scaturì un violento combattimento nel corso del quale il Colleoni venne ripetutamente centrato dal tiro nemico. Colpito gravemente nell'opera viva e con incendio a bordo, l'incrociatore rimase immobilizzato alla mercé del nemico. Venne finito dai siluri dei cacciatorpediniere Hyperion ed Ilex. Scomparve alle ore 09.00, a circa 6,4 miglia da Capo Spada. Il Comandante C.V. Umberto Novaro fu raccolto in mare gravemente ferito. Morì il 23 luglio ad Alessandria d'Egitto e fu seppellito dagli Inglesi con gli onori militari e solenni onoranze funebri. Le sue spoglie riposano nel Cimitero Militare Italiano di El Alamein. Alla Memoria del Comandante Novaro fu decretata la Medaglia d'Oro al Valor Militare. FONTE: ANMI Gaeta
  6. U BOOT 96

    IL R. Smg "JANTINA"

    Impostato il 20/1/1930 nei Cantieri O.T.O. di La Spezia; Varato il 16/5/1932 ed in servizio il 1/3/1933; Dislocamento 650 t. (in superficie) e 810 t. in immersione Lunghezza 61,5 m. - Larghezza 5,65 m. - Immersione 4,64 m Apparato motore composto da 2 motori Diesel per 1500 hp tot. (capaci di sviluppare in emersione una velocitàdi 14 nodi) e da 2 motori elettrici per 800 hp tot. (capaci di sviluppare in immersione una velocitàdi 8 nodi) Combustibile: 28 t. nafta Autonomia: 4900 mg a 9,5 nodi (propulsione Diesel) e 110 mg a 3 nodi (propulsione elettrica) Armamento: 6 tubi lanciasiluri da 533; 1 cannone da 102/35; 4 mitragliere da 13,2 mm. Equipaggio: 48 uomini, dei quali 5 ufficiali. Profonditàdi collaudo: 80 - 100 metri. Sommergibile "di piccola crociera (o costiero)" di medio dislocamento, classe "600" serie "Argonauta". Tipo Bernardis con doppi fondi centrali resistenti e controcarene esterne. I battelli della serie "Argonauta" furono i prototipi della classe "600", riprodotta poi in diverse serie e furono enumerati tra le migliori unitàsubacquee italiane. LE OPERAZIONI BELLICHE: Il 10/6/1940 è dislocato a Rodi (52a. sq., V Gruppo) al comando del C.C. Vincenzo Politi (che si perderàcon il battello). Dal 10 al 20/6/1940 - Agguato al largo di Creta. Dal 2 al 13/7/1940 - Pattuglia il canale fra Cerigo e Cerigotto. Nel pomeriggio dell'8 rileva agli idrofoni il passaggio di unitànavali ma non giunge all'avvistamento. Dal 17 al 31/8/1940 - Pattuglia la zona fra Capo Sidero e le isole Cicladi. Dal 5/9 al 10/10/1940 - In arsenale per turno di normali lavori di manutenzione. Dal 24 al 25/10/1940 - Pattuglia la zona fra le isole Scio e Kaloyeri Dal 3 al 4/12/1940 - Pattuglia la zona delle isole Cicladi. Rientra in anticipo a Taranto per gravi avarie riscontrate dopo il primo giorno di permanenza in zona d'operazioni. Dal 20/12/1940 al 30/5/1941 - In arsenale per lungo turno di lavori al termine dei quali si porta ad Augusta. L'11/6/1941 parte da Augusta diretto al largo di Haifa per effettuarvi missione di pattugliamento. Il 15 è costretto a dirottare su Lero per noie ai motori. Dopo una breve sosta per le riparazioni, riprende il mare. Dal 21 al 28/6/1941 - Pattuglia le acque egiziane. Appena giunto in zona, alle ore 05.45, avvista un Ct nemico del tipo "Hero". Da distanza ravvicinata lancia un siluro e mentre si disimpegna in immersione ode distintamente un'esplosione. Sottoposto per quarantotto ore ad intensa caccia antisom aerea e navale che gli produce sensibili infiltrazioni d'acqua all'interno e forti perdite d'aria. Per le avarie riportate è costretto a rientrare a Lero. I lavori di riparazione non poterono però essere eseguiti con i mezzi di cui disponeva la base del Dodecaneso, per cui fu necessario farlo rientrare in Italia anche se il trasferimento presentava molte difficoltà. Nelle prime ore del 5/7/1941 parte da Lero per trasferirsi a Brindisi (secondo altre fonti era invece diretto a Napoli, via Corinto - Messina) dove dovràentrare in bacino per riparare i danni riportati nel corso della precedente missione. Le avarie non gli consentono l'immersione. AFFONDATO il 5 luglio 1941, alle ore 18.45 circa nel punto lat. 37° 21' N e long. 25° 20' E. Giunto circa a tre miglia a sud dell'isola Mykoni, nell'Egeo, fu attaccato e silurato dal somm. britannico "Torbay", mentre navigava in emersione. Immediatamente furono avvistate vicinissime due scie che non poterono essere evitate. Colpito da due siluri a proravia ed al centro, affondò in meno di un minuto. Coloro che si trovavano in plancia al momento delle esplosioni furono sbalzati in mare; di questi, soltanto sei sopravvissero riuscendo a raggiungere a nuoto l'isola di Mykoni. Fra i sei superstiti, era il G.M. Giadrossi. La salma del Comandante venne recuperata, insieme con poche altre, alcuni giorni dopo Si perdono con il battello: Ufficiali: Comandante: C.C. Vincenzo Politi; Com.te in 2a: T.V. Vittorio Loggini; Dir. di macchina: T.G.N. Guido Pirro; Altri ufficiali: G.M. Augusto Colombo, ufficiale di rotta; 38 sottufficiali, sottocapi e comuni: C° 1^ cl. Arturo Brandani - C° 1^cl. Giovanni Polito - C° 2^cl. Bruno Da Rold - C° 3^cl. Amleto Cerutti - 2° C. Valdemaro Castagneto - 2° C. Martino Furettini - 2° C. Giacomo Montagna - 2° C. Gerardo Pascale - Sgt. Antonio Ferrigno - Sgt. Matteo Rossi - Sgt. Vincenzo Sgroi - Sgt. Armando Vecchietti - Sgt. Beniamino Zaccaro - Sc. Sante Bobbo - Sc. Domenico Bornacin - Sc. Guerrino Bossi - Sc. Aurelio Casadio - Sc. Luciano Cella - Sc. Vito Laraspata - Sc. Ermanno Maritano - Sc. Saverio Monticelli - Sc. Vinicio Selvaggio - Sc. Ruggero Trombetti - Sc. Arturo Zagnoli - Sc. Michele Zoli - Com. Vito Brescia - Com. Sebastiano Agliano - Com. Attilio Corradore - Com. Antonio Conte - Com. Middel Costa - Com. Salvatore D'Arco - Com. Rosario Esposito - Com. Giuseppe Fardelli - Com. Attilio Feola - Com. Tommaso Ferragina - Com. Francesco Gulinelli - Com. Pietro Molgora - Com. Alberto Morbin - Com. Alfonso Muollo - Com. Giuseppe Poggi - Com. Giuseppe Sorrentino - Com. Giuseppe Tesoriero - Com. Gino Zenier. FONTE: ANMI Gaeta
  7. U BOOT 96

    IL R. Smg "TEMBIEN"

    Impostato il 06/02/1937 nei Cantieri O.T.O. di La Spezia; Varato il 06/02/1938 ed in servizio il 01/07/1938; AFFONDATO il 2/8/1941 nelle prime ore del mattino, nelle acque ad ovest di Malta, dopo aver attaccato l'incrociatore britannico "Hermione". Dislocamento 697,254 t. in superficie e 856,397 t. in immersione Lunghezza 60,18 m. - Larghezza 6,45 m. - Immersione 4,70 m Apparato motore composto da 2 motori Diesel FIAT per 1400 hp tot. (capaci di sviluppare in superficie una velocitàdi 14 nodi) e da 2 motori elettrici Marelli per 800 hp tot. (capaci di sviluppare in immersione una velocitàdi 7,5 nodi) - 1 batteria di accumulatori al piombo composta da 104 elementi Combustibile: 47 t. nafta Autonomia: 3180 mg a 10,5 nodi (propulsione Diesel) e 74 mg a 4 nodi (propulsione elettrica) Armamento: 6 tubi lanciasiluri da 533 mm. (4 AV e 2 AD); 1 cannone da 100/47 mm.; 2 mitragliere singole da 13,2 mm.; n° 6 siluri da 533 mm. e n° 152 proiettili per il cannone Equipaggio: 42 uomini, dei quali 5 ufficiali. Profonditàdi collaudo: 80 - 100 metri. Sommergibile di medio dislocamento, classe "600" serie "Adua". Tipo Bernardis a semplice scafo con doppi fondi centrali resistenti e controcarene esterne. ATTIVITA' E OPERAZIONI BELLICHE: Varato a La Spezia il 6 febbraio 1938, fu consegnato alla Regia Marina il 1° luglio dello stesso anno. Il 10 agosto passò alle dipendenze di Maricosom che lo dislocò a Lero nell'ambito del V Gruppo, dove effettuò crociere di addestramento e di resistenza.. Il 10/6/1940 è dislocato a Messina (35a. sq. III gruppo). Dall'1 al 5/7/1940, pattuglia al largo di Malta. Una successiva missione nello stesso mese viene annullata per sopravvenuta avaria mentre il battello è giàin navigazione verso la zona di agguato. Dall'1 al 6/8/1940 - Agguato al largo di Creta. Dal 23/9 al 6/10/1940 - Agguato al largo di Tobruk. Prima della successiva missione, ne assume il comando il T.V. (poi Capitano di Corvetta) Guido Gozzi che affonderàcol battello. Il 21/11/1940 - Breve agguato notturno al largo di Malta. Il 22/11/1940 - Breve agguato notturno ad W di Malta. Dal 26 al 30/11/1940 - Agguato a ponente di Malta. Il 27, alle ore 23.24, avvista una formazione navale nemica composta di tre unitàdi elevato dislocamento contro le quali alle 23.28 lancia due siluri che falliscono il bersaglio. Alle 23.33, lancia una seconda coppiola da meno di 1000 mt, udendo dopo 45 secondi una forte esplosione. (La documentazione inglese del dopoguerra non fa cenno a questo attacco). Dall'1 al 12/1/1941 - Agguato al largo di Sollum. Nella notte tra il 7 e l'8 alle 00.45 al largo di Bardia avvista un grosso piroscafo contro il quale lancia in rapida successione tre coppiole di siluri che non colpiscono per corsa irregolare. Dal 3 al 12/2/1941 - Agguato al largo di Malta. Al rientro da questa missione, sosta circa quattro mesi in arsenale per turno di lavori. Dal 26/6 al 3/7/1941 - Agguato lungo le coste cirenaiche. Il 29/6 alle ore 20.41, avvistata una formazione navale nemica, lancia una coppiola di siluri contro un Ct inglese. Sottoposto a caccia a.s. dall'altro Ct che faceva parte della formazione, deve disimpegnarsi in immersione senza poter accertare i risultati del lancio. L'azione, che si svolge al largo di Ras Azzaz, non viene confermata dalle fonti inglesi le quali, nel dopoguerra, pur confermando la perdita del caccia "Waterhen", in quell'ora ed in quella zona, la attribuiscono a bombe di aereo. La causa dell'affondamento del "Waterhen" fu attribuita all'allagamento dei locali caldaie e non si può escludere che tale allagamento, dopo aver determinato prima il capovolgimento e poi l'affondamento dell'unità, possa essere essere attribuito proprio ad un siluro del Tembien. Il 31/7/1941 partì da Messina per la sua ultima missione di guerra. Dall'1/8 è schierato a ponente di Malta, in catena con altre unitàsubacquee, nel tentativo di intercettare forze navali nemiche segnalate in transito nel canale di Sicilia. Il gruppo navale inglese attraversò la zona insidiata dai nostri sommergibili nella parte più meridionale in quanto solo il Tembien, in agguato sulla linea sud dello sbarramento, effettuò l'avvistamento e l'attacco del gruppo nemico. Dalla documentazione inglese risulta infatti che nelle prime ore del 2 agosto l'incrociatore Hermione, mentre procedeva ad alta velocitàper Malta, fu attaccato dal Tembien in latitudine 36°31' N e longitudine 12°40' E. L'incrociatore riuscì tuttavia a contromanovrare arrivando allo speronamento del sommergibile, determinandone l'affondamento e rimanendo leggermente danneggiato. Non è possibile ricostruire più compiutamente l'azione condotta dalla nostra unitàin quanto nessun membro dell'equipaggio sopravvisse all'affondamento. SCOMPARVERO CON IL BATTELLO: Ufficiali: C.C. Guido Gozzi, Comandante; S.T.V. Tommaso Magnani, Comandante in 2a; T.G.N. Enrico Conte, Direttore di macchina; S.T.V. Vincenzo Bozzo, Ufficiale di Rotta; G.M. Luigi Lanfranchi, Ufficiale alle Armi. 37 sottufficiali, sottocapi e comuni: C° 2a cl. Giuseppe Esposito - C° 2a cl. Mario Orru - C° 2a cl. Umberto Venturi - C° 3a cl. Onorio Fanzini - C° 3a cl. Carlo Pedicini - 2° C°. Salvatore Buscemi - 2° C°. Venanzio Di Giulio - 2° C°. Mario Nardini - 2° C°. Carlo Vassena - Sgt. Michele Toccarino - Sgt. Herve Introini - Sgt. Francesco Paolantonio - Sc. Egidio Argentini - Sc. Luigi Arpaia - Sc. Camillo Cornia - Sc. Vincenzo Di Gelido - Sc. Eugenio Ferrari - Se. Franco Gambi - Sc. Francesco Ladisa - Sc. Silverio Mazzella - Sc. Gabriele Pedicini - Sc. Fernando Siroti - Com. Carlo Bottazzi - Com. Gaspare Della Valle - Com. Adolfo Pietro Fabbri - Com. Paolino Gaia - Com. Emilio Giagnacovo -Com. Giannino Giannini - Com. Raffaele Lettieri - Com. Giovanni Lucchetti - Com. Romeo Moto - Com. Raffaele Pisini - Com. Federico Ritonnato - Com. Salvatore Salatino - Com. Benedetto Tarrana - Com. Giuseppe Ugolini - Com. Renato Viesti. FONTE: ANMI Gaeta
  8. La figura dell'Osservatore nacque con l'Aviazione da guerra. Era il 1911, anno del conflitto con la Turchia. In Libia alcuni fragili Bleriot stavano muovendo i primi passi al servizio del R. Esercito, che li utilizzava soprattutto per vedere quanto accadeva tra le file nemiche. Ma ben presto si dovette riconoscere che il pilota era troppo impegnato dalla condotta del velivolo per poter eseguire tale compito con profitto; sicché si decise di affiancargli "un ufficiale particolarmente addestrato a saper guardare dall'alto". Tuttavia la figura dell'Osservatore di Marina si materializzò sin dal 1913 nel testo del verbale di accordi steso tra la R. Marina ed il R. Esercito "per disciplinare il funzionamento dei servizi aeronautici". Al punto II si sanciva, infatti, che gli aerei armati dall'Esercito e destinati all'esplorazione anche sul mare, avessero a bordo, durante le ricognizioni marittime, un ufficiale di Marina, espressamente inviato dal comando navale cui interessava l'esplorazione. Allo scoppio del primo conflitto mondiale v'era una aviazione della R. Marina operante, seppur con forza molto più ridotta, accanto a quella del R. Esercito. Il corpo degli Osservatori di Marina venne costituito ufficialmente solo il 6 novembre 1916, ad oltre un anno dall'entrata in guerra dell'Italia, essendosi constatato che il maggior impegno sul mare consigliava l'impiego di personale navigante che al mare fosse giàabituato. Nell'autunno 1920 l'Aviazione navale ricevette ricevette la medaglia d'argento al Valor Militare per la sua partecipazione al conflitto e veniva elevata al rango di Forza Aerea della R. Marina con apposito Regio Decreto. Ma un altro decreto del 1923, ne segnava virtualmente il tramonto, dando vita alla costituzione della R. Aeronautica, come entitàautonoma. Diverse e sempre più pesanti restrizioni si ebbero negli anni successivi sul personale navigante dell'aviazione per la R. Marina, che sarebbe stato fornito dall'Aeronautica ad eccezione degli Osservatori, brevettati dall'Aeronautica stessa nelle proprie scuole. Nel frattempo prendeva anche corpo il rinnovo della linea per i reparti dell'Aviazione marittima. A bordo si erano impiegati per oltre un decennio vari tipi di aeromobili prodotti da industrie specializzate in idrovolanti con il risultato di non aversi la auspicabile standardizzazione del materiale; lo dimostra la linea del Servizio aereo della 1a. squadra navale al 1° gennaio 1936: su un totale di quindici velivoli, si avevano ben quattro tipi. Finalmente, si optò in favore del nuovo RO. 43, un biplano monomotore di discrete prestazioni. Il RO. 43 avrebbe caratterizzato fino all'armistizio la sagoma delle maggiori unitànavali, che potevano imbarcarne due o tre, secondo il tonnellaggio. In quanto ai reparti dell'Aviazione per la R. Marina dislocati a terra, essi erano stati armati per molti anni con idrovolanti S.I.A.I., soprattutto dei tipi S. 16 ed S. 59. Nel 1937 vennero invece gradatamente riarmati con il Cant. Z 501 "Gabbiano", un monomotore a scafo dalla notevole autonomia, il quale però era lento, poco adatto al mare grosso e scarsamente armato (tre armi calibro 7,7 manuali e due bombe antisom da 160 kg.). Si sarebbe dimostrato vulnerabile alla caccia e poco pericoloso per i sommergibili, configurandosi, più che altro, come un velivolo da pattugliamento costiero. Poco prima delle ostilità, l'Aeronautica decise di assegnare alla ricognizione marittima alcuni velivoli del tipo Cant. Z 506 B "Airone". L'Airone, costituiva rispetto al 501 un salto qualitativo non indifferente. Trimotore, con velocitàdi 360 km/h a 4.000 m ed autonomia pratica di 2.800 km, offriva maggior conforto all'equipaggio sia in abitabilitàsia per l'armamento di quattro armi, tra cui una 12,7 in torretta; sensibile anche la capacitàdi ospitare nell'apposita gondola un carico di una tonnellata di bombe od attrezzature di salvataggio; ma la sua dote più brillante risiedeva nei due scarponi che, seppur costituendo un ostacolo alla velocità, avevano disegno aerodinamico talmente riuscito da consentire ammaraggi e decolli anche con mare superiore a forza 4. Invero, non essendo stato concepito per il compito della ricognizione, l'osservatore non vi godeva di particolari comodità, dovendo svolgere il suo ruolo spesso all'impiedi, accanto ai due piloti che sedevano in tandem sul lato sinistro della fusoliera; tuttavia i risultati conseguiti dovevano essere soddisfacenti e, semmai, l'unico neo dell'Airone - almeno nel '40 - sarebbe stato la sua non cospicua presenza in reparto. V'era, poi, in esperimento, giàprima della guerra, un altro idrovolante espressamente concepito per la ricognizione strategica, l' RS. 14. Tuttavia il velivolo era afflitto da una laboriosa messa a punto.. Alla data del 10 giugno 1940, la consistenza dell'Aviazione marittima era di 105 RO. 43 e di 237 (di cui 163 efficienti in reparto) Cant. Z 501 e 506 (quest'ultimi solo una trentina). Complessivamente la Marina si trovò ad averne disponibili 10 in meno di quanto non ritenesse necessario. Alla stessa data, gli osservatori risultavano 173. Il numero, non elevato, ed inferiore a quello dei velivoli di Marinavia, stava giàad indicare che il loro impegno sarebbe stato massimo; tra l'altro, la loro presenza doveva rendersi anche necessaria, in forma stabile o saltuaria, sui velivoli bombardieri e siluranti, aggravando quindi il lavoro di quelli in forza alla ricognizione marittima. V'era un motivo per questa carenza: gli osservatori andavano scelti solo tra gli ufficiali di stato maggiore e dovevano possedere attributi fisici di prim'ordine; il che significava, dover scremare la crema. Sui velivoli della ricognizione marittima, era l'osservatore a fungere da comandante, indipendentemente dal grado; era sua la responsabilitàoperativa della missione, era lui che decideva dove andare e cosa fare, lasciando al pilota - naturalmente - la responsabilitàdella condotta tecnica del velivolo. Bastarono i primi mesi di guerra per far venire i nodi al pettine. L'iniziale mancanza d'intima collaborazione tra Marina ed Aeronautica, le carenze qualitative e quantitative della linea, e lo stesso impiego degli idrovolanti spesso al di sopra delle loro effettive possibilità, falcidiarono ben presto le file dei ricognitori marittimi e, quindi, quelle degli osservatori. A causa dell'impossibilitàper la caccia di scortare i ricognitori, i più vulnerabili Cant. Z 501 passavano a compiti meno rischiosi, e le ricognizioni di altura o sulle basi navali avversarie erano affidate ai plurimotori terrestri. In quanto al numero degli osservatori, sempre inferiore alle necessità, i corsi passarono dalla cadenza prebellica annuale a quella quadrimestrale, nel '41 e nel '42, consentendo che l'organico iniziale si raddoppiasse, neutralizzando nel contempo le perdite. Tuttavia, dinanzi ad un nemico dotato di determinazione ed iniziativa, avvantaggiato da mezzi idonei a condurre con successo la guerra sul mare (portaerei, radar, Aviazione navale, idroricognitori a grande autonomia), i predetti rimedi ebbero portata limitata. Per non dire che fondamentali carenze, quali la mancanza di razionali collegamenti radio tra Marina ed Aeronautica, rimasero tali per buona parte del conflitto. Inoltre, sui velivoli v'era la difficoltàdi dover decifrare rapidamente i messaggi di scoperta, sicché spesso l'abbattimento ad opera della caccia avversaria avveniva prima della loro trasmissione alla base. Se i mezzi e le intese non furono all'altezza della situazione, grande fu invece l'abnegazione degli uomini che volarono sulle fragili ali di Marinavia. Dal 10 giugno 1940 al 31 agosto 1943 essi compirono oltre 31.000 missioni, pari a 26 per ogni giorno di guerra, della durata media di 4 ore ciascuna. Sui 230 velivoli che per varie cause si perdettero in quel periodo, la morte mieté a piene mani giovani vite di piloti, di specialisti, di osservatori. Gli osservatori della R. Marina, nel corso della Seconda Guerra Mondiale, ebbero perdite superiori al 25% degli effettivi e guadagnarono - senza essere neppure cinquecento - otto medaglie d'oro alla memoria in servizio di volo, duecentotrenta medaglie d'argento, centocinquantadue di bronzo e trentasei croci di guerra. Essi scrissero nella storia della Nazione autentiche pagine di eroismo e di abnegazione dando un costante e sensibile contributo alla sicurezza della navigazione dei convogli italiani da e per l'Africa e alla salvezza dei naufraghi. Anni fa, un pilota inglese d'idrovolanti chiese se gli uomini che nel '43 andavano ancora in volo sul Mediterraneo con i 501 erano da considerarsi valorosi o pazzi. Chi rispose disse che, in quanto Italiano come loro, non stava a lui definirLi valorosi; ma assicurò l'interlocutore che tra quelli che aveva avuto la ventura di conoscere, pazzi non ve ne erano di certo. Il loro epitaffio è stato scritto dal nemico di allora, l'ammiraglio Andrew B. Cunningham: "… vedemmo il grande scafo del Cant. Z entrare ed uscire dalle nubi con tre Fulmar in picchiata dietro di esso. Vi poteva essere una sola conclusione e in quel momento una meteora in fiamme con una lunga scia di fumo nero cadde dal cielo e si tuffò in mare proprio di fronte alla flotta. Non si poteva fare a meno di commiserare gli aviatori italiani che, con aerei poco manovrieri, avevano intrapreso un tale compito senza speranza".
  9. GENERALITA' L'Ardimentoso, torpediniera di scorta Classe "Ciclone" (n° 16 unità: Ciclone, Ardito, Tifone, Animoso, Fortunale, Groppo, Uragano, Ardente, Monsone, Ardimentoso, Aliseo, Impavido, Impetuoso, Ghibli, Indomito, Intrepido) venne costruita nei cantieri Ansaldo di Sestri. Impostata il 18.VI.1941, venne varata il 27.VI.1942 per essere consegnata alla R. Marina il 17.XII.1942. La costruzione di questa classe di torpediniere di scorta fu imposta dall'immediata necessitàdi potenziare la protezione del traffico con l'Africa settentrionale, compito che altre torpediniere potevano svolgere solo in modo condizionato e con crescente difficoltà. Le unitàdella Classe "Ciclone" rappresentarono un sensibile miglioramento ed ammodernamento di quelle della classe "Pegaso", dalle quali derivavano. L'armamento previsto dal progetto, elaborato dal Comitato Progetto Navi, potenziò notevolmente il numero ed il calibro delle mitragliere ed ammodernò quello antisommergibile con l'adozione di più efficienti lanciabombe. Alcune unità(tra le quali l'Ardimentoso) ebbero elevato il loro armamento contraereo a ben 12 canne da 20 mm, diventando così dei veri nidi di mitragliere che permettevano una difesa antiaerea ravvicinata decisamente efficiente. L'installazione di moderne apparecchiature di localizzazione subacquea conferirono a queste torpediniere ottime qualitàper la caccia ai sommergibili. L'Ardimentoso, con alcune altre unità, fu dotata inoltre di radar che aumentò sensibilmente la sua complessiva efficienza bellica ATTIVITA' All'entrata in servizio, venne assegnata alla 3a. squadriglia torpediniere di scorta e fu inviata a La Spezia per compiere l'addestramento ed ultimare l'installazione di parte delle apparecchiature di tiro e lancio. Nell'aprile 1943 iniziò la propria attivitàbellica con servizi di scorta e rifornimenti di combustibile per la Tunisia e, dopo la caduta di essa in mano anglo - americana, fu adibita alla protezione del traffico nel Medio e Basso Tirreno. Alla proclamazione dell'armistizio l'Ardimentoso aveva compiuto 43 missioni di guerra in zone fortemente contrastate specialmente dall'aviazione avversaria; durante tali missioni abbatté, in due riprese, tre aerei britannici (23 aprile e 12 luglio) e il 24 aprile condusse una decisa azione antisommergibile che sortì certamente il danneggiamento, per quanto non precisato, di una unitàsubacquea avversaria. Alla data dell'armistizio l'Ardimentoso, al comando del Cap. di Corv. Domenico Ravera, si trovava a La Spezia per iniziare importanti lavori di manutenzione. Per quanto menomata nell'efficienza riuscì ad allontanarsi ed a raggiungere Malta. Durante la co-belligeranza con gli Alleati, effettuò otto missioni speciali lungo le coste albanesi e greche. Durante una di queste missioni (notte del 29 gennaio 1944) recuperò al completo l'equipaggio del sommergibile Axum incagliatosi e poi autodistruttosi nel golfo di Arcadia. Il 12 giugno 1944, alle ore 14.20, lasciò Brindisi con la motozattera Mz. 784 a rimorchio. Il punto designato per la missione speciale era a poche miglia da porto Palermo; le due unitàvi giunsero poco dopo la mezzanotte e la motozattera alle ore 01.40 era di ritorno sotto il bordo della torpediniera che l'attendeva. Aveva sbarcato soltanto un quarto del materiale non avendo ritenuto prudente trattenersi a lungo per l'avvistamento da terra, avvenuto al tramonto, di quattro motosiluranti tedesche, presumibilmente in crociera di vigilanza; aveva però ricuperato 56 italiani, 63 inglesi di cui 6 ufficiali, 2 americani del Servizio Informazioni ed un albanese. L'Ardimentoso rientrò a Taranto con la motozattera alle 17.35 del 13 giugno. Sempre durante la co-belligeranza, disimpegnò inoltre servizio di scorta fra porti nazionali, portando a termine 47 missioni di scorta alle quali debbono aggiungersi due collegamenti speciali con il Grande Lago Amaro per necessitàrelative alle nostre corazzate colàdislocate. Anche dopo la cessazione delle ostilitàla torpediniera fu molto attiva per servizi di trasporto materiali e personale fra il Sud ed il Nord; fu inoltre impiegata in missioni di repressione del contrabbando e per esercitazioni addestrative fino alla fine del 1946. L'Ardimentoso rimase quindi inattiva a Venezia; nel 1948 fu rimorchiata a Napoli per essere messa in condizioni di venire ceduta all'URSS in conto riparazioni. Con la sigla Z 19, la consegna alla Marina sovietica avvenne il 28 febbraio 1949 nel porto di Odessa. La Torpediniera "ARDIMENTOSO" venne radiata ufficialmente dai ruoli del Naviglio Militare il 6 ottobre 1949 CARATTERISTICHE: Lunghezza: 87,75 mt. Larghezza: 9,90 mt Immersione: 3,77 mt (media) Dislocamento: 925 tonn. (scarica) e 1652 tonn. (a carico normale) Apparato generatore: 2 caldaie Tipo Yarrow con surriscaldatori ed una scorta di combustibile (a carico normale) di 442 tonn. di nafta Appar. motore: 2 Turbine Tosi - Parsons per complessivi 16.000 HP di potenza e n° 2 eliche Velocità: 26 nodi Autonomia: 2800 miglia a 14 nodi 2140 miglia a 20 nodi 1400 miglia a 25 nodi Armamento (di progetto) : n° 3 cannoni da 100/47 aa. singoli n° 6 mitragliere da 20/70 aa. binate n° 2 mitragliere da 20/70 aa. singole n° 4 Lancia siluri da 450 in complessi binati n° 4 lanciabombe a.s. di costruzione tedesca Armamento (definitivo) : n° 2 cannoni da 100/47 aa. singoli n° 1 impianto quadrinato "Bofors" di mitragliere da 20/70 aa. n° 3 impianti binati di mitragliere da 20/65 aa. n° 2 impianti singoli di mitragliere da 20/65 aa. n° 4 Lancia siluri da 450 in complessi binati n° 4 lanciabombe a.s. di costruzione tedesca n° 2 tramogge scarica bombe di profonditàRadar di scoperta di tipo Tedesco "Dete" Equipaggio: 177 uomini (dei quali n° 7 ufficiali) FONTE: ANMI Gaeta
  10. Scorrendo la biografia di Karl Donitz,consultando le innumerevoli fonti storiche del Terzo Reich e la Seconda guerra mondiale,almeno una cosa resta condivisa da tutti gli studiosi: la costante fedeltàal Fuhrer, durata fino alla fine del regime nazista, e anche oltre. Basta riportare alcune dichiarazioni del grand’ammiraglio per rendersi conto di ciò. Donitz disse per esempio nel 1944, quando la situazione militare volgeva al peggio: â€ÂVorrei proprio vedere che aspetto avrebbe oggi la Germania senza il nazionalsocialismo piena di partiti, piena di ebrei che si approfitterebbero di ogni occasione per criticare,per nuocere,per dividere. Noi dobbiamo tutto al Fuhrer, e il nazionalsocialismo ha dato tutto al popolo. Di conseguenza, per un soldato, non c’è che un solo imperativo: schierarsi con impegno assoluto e senza alcuna esitazione con il nostro Fuhrer, con il nostro nazionalsocialismoâ€Â. Perfino un anno più tardi, a ridosso del crollo definitivo del Terzo Reich, con l’Armata Rossa alle porte di Berlino e gli alleati dilaganti, continuava a profondere la più cieca fede del capo supremo della nazione tedesca. Disse: “Poiché la capitolazione significherebbe in ogni caso, inevitabilmente, la distruzione della sostanza del popolo tedesco, anche da questo punto di vista e’ giusto a continuare a combattereâ€Â. Telegrafò il 30 Aprile 1945: “non defletterò mai dalla fedeltàche ho giurato. Se il destino mi imporràdi guidare il Reich tedesco quale successore da lei designato,condurrò a termine questa guerra così come l’eroica, ineguagliabile lotta che il popolo tedesco richiedeâ€Â. Fine prima parte FONTE: "Hitler e il terzo reich"
  11. U BOOT 96

    1 ANNO DI FELICITA'

    auguri auguri sinceri dal c.te u boot 96 :s11: :s11: :s11:
  12. U BOOT 96

    Presentazione

    BENVENUTO CARO FABRIZIO DAL C.TE U BOOT 96 CON NOI DELLA BETASOM TI DIVERTIRAI UNA CIFRA. SPERO UN GIORNO CHE IO E TE COMBATTIAMO IN SIEME E CHI SA FORSE SEI PIU' BRAVO DI ME CIAO ALLA PROSSIMA
  13. U BOOT 96

    LE GRANDI NAVI: S.M UNTERSEEBOOT 9 (U9)

    grazie grazie spero di giocare presto in linea con voi per ora mi alleno
  14. U BOOT 96

    LE GRANDI NAVI: S.M UNTERSEEBOOT 9 (U9)

    scusa capitano cosa significano quelle faccine? non hai capito quello che voglio dire? sei rimasto stupito? caro mio amico berillo devi sapere che ho una certa passione su quelle macchine favolose che erano gli u boot. grazie al mitico film u boot 96 o das boot (avevo 12 anni quando lo vidi per la prima volta su rai1) come dire sono stregato dalle loro missioni ecc. vorrei un giorno visitare uno dei pochi rimasti ancora a "galla" di questi sub. che dici berillo se avessi tanti soldi potrei comprarmelo uno tutto per me? come dire il mio giocattolo. bye bye ;)
  15. U BOOT 96

    LE GRANDI NAVI: S.M UNTERSEEBOOT 9 (U9)

    grazie collega piu' avanti vorrei arricchire con altri post su u boot ciao
  16. La storia dell’U9 cominciò con un’ordinazione Al Kaiserliche Werft (cantiere navale imperiale) di Danzica da parte della Marineamt della Marina Imperiale Tedesca. Il sommergibile fu varato il 22 settembre 1910, ma fu formalmente armato 2 mesi più tardi. L’U9 era il terzo di una serie di 20 U-Boote di cui era prevista la costruzione secondo il programma U3. Il suo apparato di propulsione per la navigazione in superficie era costituito, da motori Korting a nafta pesante, che gli consentivano una velocitàmassima di 14 nodi (circa 30 Km/h), mentre per la navigazione in immersione venivano impiegati motori elettrici in grado di raggiungere una velocitàdi 8 nodi (circa 18 Km/h). L’autonomia di crociera era di 2900 Km in superficie e di 130 In immersione. Aveva 4 tubi lancia siluri da 50 cm (2 a prua e 2 a poppa) La prima guerra mondiale era scoppiata da appena 2 giorni, quando il capitano di corvetta Otto Weddiggen della marina imperiale tedesca uscì in mare con l’U9 da Wilhelmshaven, insieme ad altri 9 U-Boote, per dare la caccia alle navi da guerra Britanniche in pattugliamento nel Mare del Nord. La partenza fu infausta, perché l’8 agosto 1914 alcuni apparati dell’U9 che bruciavano Petrolio andarono in avaria,costringendo il comandante della flottiglia a far rientrare Il battello alla base. Dopo le riparazioni, il sommergibile si rimise in mare e alle prime ore del mattino Del 22 settembre,mentre si trovava in navigazione lungo le coste olandesi, il comandante in seconda tenente di vascello Johannes Spiess, alzò il periscopio, attraverso cui Weddiggen scorse 3 incrociatori a 4 fumaioli, che procedevano a lento moto e in linea di fronte a 5 km di distanza. Ingannati dall’effetto distorcente del periscopio, i due ufficiali credettero di aver Incontrato incrociatori leggeri britannici della classe Birmingham, uno dei quali, il 9 agosto, aveva speronato L’U15. Spinti dal desiderio di vendetta, Lanciarono uno dei 2 siluri prodieri, alla distanza, di soli 500 metri. Soltanto quando si avvicinò, Weddiggen si rese conto che aveva colpito un grosso Incrociatore corazzato. Si trattava dell’Aboukir, da 12.240 tonnellate,che era In pattugliamento nella parte meridionale del Mare del Nord, per prevenire un eventuale attacco dei Tedeschi alle navi trasporto truppe che portavano in Francia la Forza di Spedizione britannica. L’incrociatore colpito si incavonò e affondò rapidamente, ma i comandanti delle altre 2 unità, L’Hogue e il Cressy,ebbero l’impressione che l’Aboukir avesse urtato una mina e quindi ordinarono di ammainare le lance di salvataggio. L’errore di valutazione consentì a Weddiggen di manovrare l’U9 fra i 2 incrociatori Per eseguire il classico lancio da prua e da poppa. Dopo aver ricaricato il tubo di lancio n. 1, si avvicinò a 300 metri dall’Hogue,prima di lasciar partire i siluri prodieri contro questa nave, che affondò in meno di 5 minuti. Nel frattempo il Cressy era stato colpito da uno solo dei 2 siluri poppieri, lanciato da Una distanza di 1000 metri. La nave incominciò a colare a picco lentamente. Trenta Minuti più tardi Weddiggen le dette il colpo di grazia con l’ultimo siluro rimasto. La perdita di vite umane fu pesante perché molti dei marinai anziani non sapeva nuotare. Un peschereccio a strascico olandese raccolse quanti più naufraghi pote, ma perirono 62 ufficiali e 1073 uomini d’equipaggio. La scoparsa di 3 incrociatori, vecchi di 14 anni, era Una perdita di poco conto per la Royal Navy, agli effetti del dominio del mare, ma l’impressione suscitata sull’opinione pubblica in Gran Bretagna e in Germania fu enorme Per la prima volta il sommergibile aveva evidenziato la sua capacita’ di affondare ,con Apparente impunita’, le più potenti navi da guerra di superficie. Nonostante lo shok Subito, Royal Navy si mostro’ lenta a imparare la lezione e il 15 ottobre l’U9 colpi’ Ancora. Questa volta i bersagli erano 3 vecchi incrociatori appartenenti alla Northern Patron operante al largo di Alberteen , in Scozia. Per alcune ore il sommergibile non fu Fu ingrato di raggiungere la posizione di lancio, perche’ gli incrociatori zigzagavano Variando velocita’ e rotta, ma inspiegabilmente l’Hawke si fermo’ per trasferire la posta sulla sua nave gemella, l’Endyminion, e Weddigen non si lascio’ sfuggire l’occasione. Ancora una volta gli basto’ un solo lancio per colare a picco l’Hawke in 8 minuti, causando ancora un ingente perdita di uomini (500). Nell’Aprile 1916 l’U9, ormai obsolescente, fu impiegato come battello scuola per gli equipaggi dei nuovi u-boote. Inoltre l’unita’ fu modificata e dotata di rotaie sistemate in coperta per rendere possibile la posa di una dozzina di mine. Nel 1917 il battello fu impiegato per effettuare prove di taglio di reti, e al pari di tutti gli altri sommergibili, ricevette l’ordine di arrendersi alla Royal Navy dopo l’armistizio del Novembre 1918
  17. U BOOT 96

    Attenzione

    A TUTTI VOI CHE SIETE COSI' GENTILI CON ME. SI E' VERO MI SONO ESPRESSO MALE. PERO' NON SI TRATTANO MALE LE PERSONE SOPRATTUTTO I NUOVI ARRIVATI. IO CHE ERO LO STORICO DELLA 65° FLOTTIGLIA DIAVOLI ROSSI CIOE' IL C.TE DR65_UBOOT96 NESSUNO DICO NESSUNO SI ERA PERMESSO DI TRATTARMI COSI'. BENE CARI SIGNORI DA PARTE MIA IO MI DIMETTO. CREDEVO CHE VOI CARI SIGNORI ERAVATE UN PO' MEGLIO DELLA 65° FLOTTIGLIA DIAVOLI ROSSI. AVEVO BELLE IDEE PER VOI CONOSCEVO MEZZI E TECNICHE PER LA GRAFICA PER GLI AMBIENTI DI SIMULAZIONE . MI DISPIACE SIGNORI ESCO SENZA DISTURBO. COMUNQUE W LA 65° FLOTTIGLIA DIAVOLI ROSSI. VOI ATTACCATEVI AL ca##o BANDA DI COGLIONI TESTE DI ca##o!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
  18. U BOOT 96

    Attenzione

    A TUTTI I C.TI DELLA BETASOM CHI E' INTERESSATO A STORIE EVENTI TECNICA ECC ECC ECC RICHIEDETELO AL C.TE U BOOT 96. DISTINTI SALUTI C.TE U BOOT 96
  19. Tuttavia i Giapponesi, come vedremo, ritennero erroneamente che tali unita' fossero ormai perdute quando in realta' molte di esse pur menomate non sarebbero mai affondate visti i bassi fondali dell'isola. Alle 8.54 furono scagliati su Pearl Harbour altri 167 aerei al comando di Shimazaki. Erano 54 bombardieri in quota, 78 in picchiata e 35 caccia. Non vi erano aerosiluranti; i giapponesi ritennero, e probabilmente non sbagliarono, che un nuovo attacco a pelo d'acqua degli aerosiluranti sarebbe stato inutile e molto difficoltoso considerando gli incendi che inevitabilmente sarebbero divampati sulle navi americane colpite dopo il primo attacco. La nuova ondata nipponica resto' per un'ora sulla base incontrando pero' una maggiore resistenza degli Americani. Cosi' anche i Giapponesi dovettero subire perdite aeree (alla fine furono 29 gli aerei nipponici non tornati alle portaerei). Tuttavia per la corazzata Oklahoma, gia' danneggiata dagli aerei di Fuchida, e per la nave bersaglio Utah non ci fu niente da fare; vennero definitivamente eliminate. Queste si rivelarono pero' le sole vere ed irrimediabili perdite navali per la flotta del Pacifico statunitense. I Giapponesi ebbero l'errata convinzione di aver , nonostante non le avessero viste affondare, messo fuori uso tutte le navi colpite (che in totale furono 1. Ma gli Americani , nelle ore dopo l'attacco, decisero che quelle navi, pur devastate da bombe e siluri, potevano, anzi dovevano, essere recuperate. Alla resa dei conti dunque le perdite navali furono meno tragiche di quanto si poteva pensare. Molto piu' gravi furono invece le perdite aeree; ben 188 velivoli vennero distrutti costituendo , per la loro disposizione ala contro ala, dei bersagli molto facili per il preciso tiro giapponese. E pesante fu pure il bilancio dei morti fra i militari e i civili della base: 3405 ai quali andavano aggiunti oltre 1000 feriti. Di sicuro sotto un profilo strategico l'attacco giapponese era stato un capolavoro, pochissimi furono i colpi non andati a segno, nei 95 minuti di fuoco gli Americani evitarono la totale distruzione della base grazie alla immediata reazione dei soldati (molti dei quali sacrificarono la vita in disperati tentativi di difesa), ma ugualmente a caro prezzo venne pagata la troppa leggerezza dei giorni precedenti il 7 dicembre. Così a poche ore dal ritiro degli aerei attaccanti il primo ministro giapponese Tojo in un esaltato discorso radio affermo' che l'intera flotta americana del Pacifico era stata distrutta. Ma tuttavia non era cosi'. Intanto, come accennato, i sommergibili giapponesi non dettero il risultato auspicato. I nipponici poi avevano concentrato il loro fuoco quasi esclusivamente sulle navi ormeggiate e sui 4 piccoli aereoporti di Pearl Harbour lasciando del tutto intatti i cantieri navali dell'isola. E gli Americani, come detto, superato l'iniziale sconcerto, capirono che non tutte le imbarcazioni erano da considerare perdute. Fu così che ben 15 unita' che i Giapponesi avevano ritenuto distrutte furono in poco tempo rimesse in sesto: fra di esse c'erano 6 corazzate. Il lavoro dei tecnici cantieristi fu eccezionale e le operazioni di recupero ebbero anche un importantissimo effetto psicologico sia sui soldati che verso la stessa opinione pubblica americana rimasta scioccata dopo il proditorio attacco giapponese. L'America doveva ora dimostrare che la riscossa sarebbe presto iniziata, che la flotta del Pacifico era stata colpita ma non distrutta; Tojo si sarebbe dovuto rimangiare le parole, quasi di scherno, pronunciate dopo l'attacco. E in quel 7 dicembre oltre a non pensare di distruggere i cantieri navali, i giapponesi commisero un altro errore non meno grave: sulla base c'erano enormi depositi di carburante del tutto incustoditi, che potevano costituire un bersaglio molto facile anche per un ristretto numero di aerei. Ma vennero ignorati sia dagli aerei di Fuchida sia da quelli di Shimazaki. L'eventuale distruzione di quei depositi poteva veramente costituire un dramma per gli USA, a quel punto molta meno importanza avrebbero avuto le "eroiche" azioni di recupero delle navi colpite. Senza piu' carburante Pearl Harbor poteva diventare una base pressoche' inutilizzabile. L'unica soluzione sarebbe potuta essere quella di inviare un cospicuo numero di navi petroliere direttamente dagli USA a rifornire la base, le quali pero' sarebbero state un bersaglio piuttosto facile per eventuali attacchi nipponici. Ma, per fortuna degli Americani, tale eventualita' non si verifico'. L'8 dicembre poi, in un ormai famoso discorso pronunciato al Congresso degli Stati Uniti, il presidente Roosevelt, accuso' il Giappone di infamia e vilta' per quel "deliberato attacco". IL DISCORSO DI ROOSEVELT "Ieri, 7 Dicembre 1941, una data segnata dall'infamia, gli Stati Uniti d'America sono stati improvvisamente ed intenzionalmente attaccati dalle forze aeree e navali dell'Impero del Giappone. Gli Stati Uniti erano in pace con questo paese, e su richiesta del Giappone, erano ancora in contatto con il suo Governo e il suo Imperatore nel tentativo di mantenere la pace nel Pacifico. In realtà, un'ora dopo che le squadriglie aeree giapponesi avevano iniziato il bombardamento a Oahu, l'Ambasciatore giapponese negli Stati Uniti e il suo collega hanno consegnato al Segretario di Stato una risposta formale al recente messaggio americano. Sebbene questa risposta affermava che sembrava inutile proseguire i negoziati diplomatici in corso, non conteneva alcuna minaccia o accenno di guerra o di attacco armato. Tenuto conto della distanza delle Hawaii dal Giappone risulta evidente che l'attacco è stato intenzionalmente pianificato con molti giorni se non addirittura settimane di anticipo. Nel frattempo, il Governo Giapponese ha intenzionalmente cercato di ingannare gli Stati Uniti facendo dichiarazioni false ed esprimendosi al favore del proseguimento della pace. L'attacco di ieri alle Isole Hawaii ha arrecato un grave danno alle forze militari e navali americane. Un numero ingente di vite americane sono state perse. E' stato inoltre comunicato che le navi americane sono state attaccate con siluri in alto mare tra San Francisco e Honolulu . Ieri il governo Giapponese ha attacato anche Malaya. Ieri notte le forze giapponesi hanno attaccato Hong Kong. Ieri notte le forze giapponesi hanno attaccato Guam. Ieri notte le forze giapponesi hanno attaccato le Filippine. Ieri notte le forze giapponesi hanno attaccato l'Isola di Wake. Questa mattina i giapponesi hanno attaccato l'Isola di Midway. Pertanto,il Giappone ha intrapreso un'offensiva a sorpresa estesa a tutta l'area del Pacifico. Gli accadimenti di ieri parlano da soli. Il popolo degli Stati Uniti si è giàfatto un'idea ed è ben conscio delle implicazioni per la stessa vita e la salvezza della nostra nazione. In qualitàdi Comandante in Capo dell'Esercito e della Marina, ho dato disposizioni affinché venissero adottate tutte le misure per le nostra difesa. Rimarràper sempre nelle nostre menti l'attacco furioso nei nostri confronti. Non importa quanto tempo occorreràper riprenderci da questa invasione premeditata, il popolo americano con tutta la sua forza riusciràad assicurarsi una vittoria schiacciante. Ritengo di farmi interprete della volontàdel Congresso e del popolo quando affermo che non solo ci difenderemo fino all'ultimo ma faremo quanto necessario per essere sicuri che questa forma di tradimento non ci metta mai più in pericolo. Le ostilitàesistono.Siamo coscienti del fatto che il nostro popolo, il nostro territorio i nostri interessi siano in serio pericolo. Accordando fiducia alle nostre forze armate, e con la sconfinata determinazione del nostro popolo, raggiungeremo l'inevitabile vittoria, in nome di Dio. Chiedo che il Congresso dichiari lo stato di guerra tra gli Stati Uniti e l'Impero giapponese, a seguito dell'attacco non provocato e codardo del Giappone di Domenica 7 Dicembre 1941 - Franklin Delano Roosevelt - CASA BIANCA -8 Dicembre 1941 Il Congresso, da sempre neutralista, supero' ogni remora e dichiaro' guerra al Giappone. Tre giorni dopo furono Germania e Italia (alleate col Giappone nel Patto Tripartito) a dichiarare guerra agli USA. Ora si poteva davvero parlare di guerra mondiale. Con le sue parole Roosevelt volle mettere in evidenza il cinismo nipponico, rivelando come solo ad attacco iniziato l'ambasciatore giapponese negli USA avesse consegnato la nota con la quale la sua nazione rispondeva alle proposte del 26 novembre di Hull. "Solo un'ora dopo l'inizio dei bombardamenti" disse, "e' stata consegnata al nostro Segretario di Stato la risposta alle nostre ultime proposte. Quella giapponese era una risposta che dimostrava che era ormai inutile proseguire nelle trattative, ma non conteneva nessuna dichiarazione di guerra e nessun preannuncio di attacco armato". Tuttavia oggi sappiamo che i servizi segreti americani avevano intercettato la nota diplomatica giapponese, cui Roosevelt si riferiva, molte ore prima che l'ambasciatore nipponico la consegnasse ufficialmente. Infatti fin dalla sera del 6 dicembre gli Stati Uniti si erano preoccupati di mettere in allerta tutte le loro basi, Pearl Harbor compresa. Ma il segnale d'allerta arrivo' alle Hawaii 5 ore dopo il ritiro degli aerei giapponesi. Perche' questo gravissimo ritardo? Non a caso l'episodio, unito alla troppa superficialita' con la quale si era agito nell'isola prima dell'attacco giapponese, ha fatto sorgere il sospetto che in realta' Roosevelt sapesse della decisione nipponica di colpire Pearl Harbor e che non avesse fatto nulla per evitarla. In questo modo Roosevelt, da tempo preoccupato per le vittorie naziste in Europa, per le sorti dell'Inghilterra oltre che chiaramente per le difficolta' nel trattare col Giappone, accettando dolorosamente la morte di migliaia di soldati, avrebbe messo il Congresso, contrario all'entrata in guerra, di fronte ad un fatto compiuto. Il che , come accadde, gli avrebbe consentito di superare ogni opposizione all'ingresso nel conflitto. Ma di tutto cio' non esistono prove, queste restano solo illazioni. Il segnale di allerta giunse con grave ritardo alle Hawaii per un comprovato intasamento alle stazioni di trasmissione dell'Esercito e della Marina, costringendo cosi' gli USA ad utilizzare linee telegrafiche commerciali. Così la comunicazione arrivo' mischiata ad altri messaggi, senza avere la priorita' assoluta, quando la si lesse era ormai troppo tardi. La maggiore responsabilita' per l'attacco subito ando' cosi' a gravare su quelle che erano le massime autorita' militari alle Hawaii, ovvero l'ammiraglio Kimmel, comandante della Flotta del Pacifico, e il generale Short, responsabile della difesa della base. Vennero richiamati in patria , posti sotto processo e successivamente degradati. (curioso notare come invece il tenete Tyler, ovvero colui che piu' di tutti trascuro' l'avvistamento che due operatori radar avevano fatto della prima ondata aerea giapponese, venne interrogato ma fini' col non essere ritenuto responsabile (ed anzi a fine guerra era riuscito a raggiungere pure il grado di colonnello). Nei 6 mesi che seguirono quel 7 dicembre, i Giapponese mieterono una impressionante serie di vittorie, arrivando nel maggio 1942 ad aver sotto il proprio controllo la Malesia, le Filippine, Hong Kong, Singapore, la Birmania oltre a numerose colonie inglesi ed olandesi. (spaventose furono le atrocita' commesse dai soldati nipponici nella conquista di questi territori, specie nella battaglia delle Filippine, ma questa e' un'altra storia). A un primo arretramento il Giappone fu costretto proprio nel maggio 1942, nella penisola di Papua, ma fu nel giugno che avvenne la svolta della guerra nel Pacifico, con l'importante battaglia delle Midway, la prima vera sconfitta subita dal Giappone (4 portaerei usate a Pearl Harbor vennero affondate dagli americani). Dall'agosto al febbraio 1943 poi, vi fu la sanguinosa, ed oggi quasi leggendaria, lotta nella giungla di Guadalcanal, conclusasi con lo sgombero dei giapponesi. Nell'estate del 1943 gli americani poterono cominciare la controffensiva e, in una lunga serie di violentissime battaglie, riprendere i territori occupati dai Giapponesi. E tuttavia per domare la tenace resistenza nipponica si dovette arrivare al lancio delle bombe atomiche su Hiroshima (6 agosto 1945) e Nagasaki (9 agosto). In Europa la guerra era finita da tre mesi. ---------------------------------- Ma (analizzato dai maligni) l'episodio, unito alla troppa superficialitàcon la quale si era agito nell'isola prima dell'attacco giapponese, ha fatto sorgere il sospetto che in realtàRoosevelt sapesse della decisione nipponica di colpire Pearl Harbor e che non avesse fatto nulla per evitarla. In questo modo Roosevelt, da tempo preoccupato per le vittorie naziste in Europa, per le sorti dell'Inghilterra oltre che chiaramente per le difficoltànel trattare col Giappone, accettando dolorosamente la morte di migliaia di soldati, avrebbe messo il Congresso, sempre contrario all'entrata in guerra, di fronte ad un fatto compiuto. E questo (come accadde) gli avrebbe consentito di superare ogni opposizione all'ingresso nel conflitto. Ma di tutto ciò non esistono prove, queste restano solo illazioni. Ma che fosse una sorpresa no !!!! L'attacco a Pearl Harbor, era stato previsto nei minimi particolari sedici anni prima !!!! UNA SORPRESA NON SEMBRAVA PROPRIO - UN GENERALE ERA STATO CHIARO il 10 ottobre del 1924, in una memorabile conferenza-stampa. Il generale di brigata William Mitchell che da quattro anni si batteva accanitamente perché l'Aeronautica militare degli Stati Uniti godesse di maggiori appoggi governativi e fosse autonoma rispetto all'Esercito, pronunciò queste frasi profetiche: «Le sorti della prossima guerra mondiale dipenderanno in snodo primario dalle forze aeree. Oggi le nostre capacitàdi offesa dall'aria sono irrisorie, ma ancor più trascurabili sono le nostre possibilitàdi difesa dagli attacchi dall'aria, specialmente nelle Basi navali. Quella di Pearl Harbor, che rappresenta la chiave del dominio del Pacifico, è completamente sguarnita. Ebbene, signori, io prevedo che un giorno i bombardieri in quota, i bombardieri in tuffo e gli aerosilurante di una Potenza straniera, decoIlati da una flotta di portaerei a circa 200 miglia di distanza da questa nostra base, coleranno a picco senza colpo ferire tutte le navi alla fonda e distruggeranno al suolo ogni installazione. L'attacco saràsferrato senza preavviso la mattina di una domenica (!!) e la Potenza a cui alludo saràsicuramente il Giappone (!!) ». Alcuni mesi più tardi, Mitchell accusò di «incompetenza, faciloneria criminosa, negligenza che sfiora l'alto tradiment» il Dipartimento della Guerra. Per tali accuse fu deferito e convocato dinanzi alla corte marziale e la sentenza di condanna fu ratificata dal Presidente Coolidge. Ma quando, all'alba del 7 dicembre 1941 i bombardieri e gli aerosiluranti giapponesi decollarono dalla portaerei e annientarono la Flotta americana del Pacifico, furono in molti a chiedersi se, quindici anni prima, Billy Mitchel non fosse stato giudicato un po' troppo affrettatamente
  20. Ma come fu possibile che il Giappone lanciasse un simile guanto di sfida alla massima potenza planetaria? A questo punto e' necessario fare un passo indietro ed esaminare, brevemente, gli sviluppi politici del Giappone dopo la prima guerra mondiale. Alla fine del conflitto il Giappone era ormai diventato una potenza economica tale da incutere preoccupazione negli USA, timorosi di perdere posizioni nel fruttuoso mercato asiatico. All'interno del Giappone si registrava intanto un progressivo affermarsi di partiti ultranazionalisti, con l'obbiettivo, neanche troppo celato, di creare un "nuovo ordine economico" in Oriente sotto la stretta tutela giapponese. Questo perche' il dinamismo commerciale nipponico era fortemente limitato dalla concorrenza occidentale e specialmente americana, generando un grosso malcontento in patria. Oltretutto i Giapponesi ritenevano insufficiente quanto ottenuto alla fine della guerra ed enorme insoddisfazione provoco' la Conferenza Navale di Washington del 1921, dove gli USA imposero al Giappone una forte riduzione del suo potenziale militare navale limitandone duramente la flotta. Intanto col passare del tempo il ruolo dei militari in Giappone comincio' a crescere, parallelamente allo sviluppo di numerose "societa' patriottiche" spesso di ispirazione similfascista con connotati fortemente nazionalisti ed imperialisti ed insofferenti dei "diktat" americani. La nuova Conferenza navale del 1930, a Londra, se consentì al Giappone di avere una flotta sottomarina pari a quella degli USA, ne limito' di nuovo le restanti unita' navali, cosa che contribuì ad agitare ancor di piu' le tensioni. Era ora, si disse, che negli USA ci si rendesse conto che il tempo del Giappone come potenza di secondo ordine era finito. Le ripercussioni della crisi economica del 1929 fecero poi il resto, l'imperatore Hirohito e la sempre piu' potente cerchia militarista si convinsero che la sopravvivenza del Giappone come potenza economica era sempre piu' legata alla creazione di un vasto impero. Così si cominciarono ad infrangere gli accordi ed ad iniziare una considerevole politica di riarmo con fini espansionistici. La prima vittima della politica aggressiva nipponica fu la Manciuria: il Giappone la attacco', la conquisto' e creo' un governo fantoccio. Fu il primo gravissimo (e celebre) strappo che si verifico' all'interno della Societa' delle Nazioni. La condanna internazionale verso il Giappone fu unanime ma all'atto pratico nessun provvedimento fu preso (decisione che doveva essere gravida di conseguenze per il futuro: da lì a poco la SDN ando' in pezzi ed il mondo precipito' nell'abisso di una nuova guerra mondiale). Intanto l'esaltazione nazionalista crebbe a dismisura; nel 1932 poi un manipolo di ufficiali arrivo' addirittura ad uccidere il primo ministro perche' ritenuto ancora troppo filo-occidentale. Da questo momento il dominio dei militari sulla vita politica giapponese fu pressoche' incontrastato. Nel 1933 il Giappone uscì dalla SDN, nel 1934 rinnego' tutti gli accordi delle conferenze di Washington e Londra preparandosi all'attacco alla Cina, la cui occupazione totale comincio' a partire dal 1937. Inizialmente sembrava prevalere una corrente detta "continentalista" che prevedeva l'espansione in Cina andando poi a minacciare da vicino gli interessi dell'URSS. Tuttavia in una serie di conflitti con le truppe sovietiche lungo il confine della Mongolia, i Giapponesi subirono pesanti rovesci e cio', unito a considerazioni di carattere economico, fece emergere una nuova tendenza espansionistica. Nacque cosi' la cosiddetta corrente "navalista"; da adesso l'espansione si sarebbe diretta verso il sud-est asiatico e principalmente contro le ricche colonie olandesi ed inglesi e minacciando sempre piu' gli interessi economici statunitensi.(Nel 1941 poi il Giappone, entrato gia' nel Patto Tripartito con Germania ed Italia, volle tutelarsi stipulando un importante Patto di non aggressione con l'Urss; nella seconda guerra mondiale infatti mai il Giappone attacco' i sovietici impedendo così all'Armata Rossa di trovarsi impegnata su due pericolosissimi fronti). Cosi' la nuova strategia di espansione si espresse a partire dall'accordo che il Giappone trovo' con il regime filonazista francese di Vichy e che consenti' ai nipponici di occupare l'Indocina francese installando pericolosissime basi aeree ad Hanoi e Saigon. Ora l'America non poteva piu' stare a guardare, il Giappone era diventato una minaccia sia militare sia economica contro la quale si rendevano necessari provvedimenti. Gli USA per far recedere l'impero del Sol Levante dai suoi propositi sempre piu' aggressivi decretarono l'embargo delle esportazioni verso il Giappone e dichiararono "congelati" i fondi giapponesi nelle loro banche. La tensione tra i due paesi salì a dismisura; e tuttavia da questo momento entro ' in gioco il lavoro della diplomazia. Iniziarono lunghe trattative perche' si arrivasse ad un accordo ma, come abbiamo visto in precedenza, sulla questione del ritiro giapponese dalla Cina e dall'Indocina le trattative naufragarono e dopo i 10 punti di Hull, il Giappone scelse di rispondere con l'azione militare. Va precisato che l'attacco a Pearl Harbor in realta' doveva essere nelle intenzioni nipponiche una sorta di manovra diversiva, si voleva con quell'atto mettere fuori uso la temuta Flotta Americana del Pacifico impedendo così un suo eventuale intervento nelle terre del sud-est asiatico che il Giappone aveva intenzione di invadere. Era stato pure pensato di attaccare Pearl Harbor con un congruo numero di piloti suicidi che con i loro aerei dovevano andare a schiantarsi contro le navi ormeggiate sulla rada, ma poi si ritenne essere un danno troppo grave perdere decine di abilissimi piloti in quel modo, anche perche' la certezza della piena riuscita dell'azione non c'era. La mente di una nuova strategia fu l'ammiraglio Idoruko Yamamoto, comandante supremo della flotta nipponica. Egli ritenne che la strategia piu' efficace era quella che comportava l'utilizzo di portaerei ed un numero piu' grande possibile di velivoli imbarcati. A convincere Yamamoto della bonta' di un'azione condotta da portaerei era stato l'importante attacco aerosilurante inglese contro la base italiana di Taranto avvenuto l'11 novembre 1940. Quel giorno dalla portaerei inglese Illustrius decollarono 20 biplani Swordfish che con una manovra decisa, ed a sorpresa, riuscirono ad eliminare la corazzata Cavour e a danneggiare gravemente altre unita' italiane. Naturalmente ben piu' difficoltoso sarebbe stato attaccare Pearl Harbor. Ogni giorno, anche nel periodo in cui fra USA e Giappone si svolgevano trattative, e per svariati mesi i piloti giapponesi eseguirono continue ed estenuanti esercitazioni in patria nella base di Kagoshima che agli occhi di Yamamoto aveva delle caratteristiche molto simili a Pearl Harbor. E contemporaneamente alle Hawaii un fondamentale lavoro di spionaggio veniva svolto da un personaggio un po' pittoresco ma che ebbe un ruolo centrale, ovvero Takeo Yoshikawa. Egli trasmise in patria, avendo sempre l'accortezza di mutare ogni volta ufficio postale, importantissime informazioni sull'esatta conformazione della base e sulla posizione degli obbiettivi cruciali. Fu proprio Yoshikawa a segnalare che a partire dalla fine dell'estate di quel 1941 la vigilanza era allentata e che le trattative in corso avevano generato un clima di confortante ottimismo; il momento giusto per cogliere la base di sorpresa stava giungendo. Oltretutto Yoshikawa suggeri' di agire di domenica , giorno festivo in cui si era accorto che tutte le navi erano in porto e che al largo non si svolgeva nessuna esercitazione. Cosi' gli alti comandi giapponesi scelsero il 7 dicembre come giorno dell'attacco. Per l'azione vennero selezionate con estrema cura quelle che si reputavano le migliori unita'. 6 furono le portaerei: l'Akagi, la Kaga, le gemelle Shokaku e Zuikaku, la Soryu e la Hiryu. In tutto sui ponti di lancio c'erano 389 aerei fra bombardieri (in picchiata ed in quota), aerosiluranti e caccia Zero. Vennero poi scelte altre due corazzate (Kirishima e Hiei), due incrociatori pesanti (Chikuma e Tone), 9 cacciatorpediniere piu' altre navi in appoggio. In tutto erano 31 unita' navali alle quali si aggiunsero le navi petroliere per garantire il rifornimento . Ma i Giapponesi radunarono pure 27 sommergibili i quali avevano il compito di creare una sorta di cordone nelle acque intorno a Pearl Harbor andando a colpire le eventuali navi americane che fossero sfuggite al fuoco degli aerei salpando dalla base. All'interno di 5 di tali unita' sottomarine vi erano poi altrettanti piccoli sommergibili (detti "tascabili") che dovevano portare l'insidia alle navi nemiche piu' da vicino possibile. Il complesso navale fu affidato al comando supremo dell'ammiraglio Nagumo e rimase vari giorni nascosto nelle acque intorno alle isole Kurilii in attesa dell'ordine operativo. Il 26 novembre fu il giorno stabilito per la partenza, quando, come abbiamo visto, ancora si attendeva la risposta americana alle proposte di Tojo. Il 1° Dicembre, giudicate inadeguate le offerte statunitensi, la Conferenza Imperiale dette il suo definitivo sì all'attacco. Yamamoto trasmise a Nagumo il messaggio, che quest'ultimo ritrasmise alla flotta: "Si scali il monte Niitaka", frase convenzionale con la quale si era stabilito di sancire il definito si all'inizio delle ostilita'. Da questo momento Yoshikawa intensifico' la sua opera di spionaggio segnalando con estrema cura l'esatta posizione e le caratteristiche delle navi e soprattutto delle portaerei statunitensi. Infatti proprio quest'ultime costituivano il principale obbiettivo giapponese, se gli aerei del Sol Levante fossero riusciti ad affondarle il colpo inflitto agli Americani sarebbe stato durissimo da assorbire. Ma per una fortuita coincidenza che neppure Yoshikawa poteva prevedere la mattina del 7 dicembre le 3 portaerei della flotta americana del Pacifico non si trovavano piu' alla base di Pearl Harbor. Proprio dopo la decisione definitiva del Giappone di sferrare l'attacco infatti, il caso volle che dagli USA giungesse la disposizione alle portaerei di dirigersi verso le basi di Midway e Wake dove erano state incaricate di trasportare alcuni velivoli. Questa missione per cosi' dire "minore" si rivelo' di importanza capitale; gli americani in maniera fortuita evitarono così qualsiasi danno alla grande portaerei Lexington (33000 tonnellate), alla Saratoga (utilizzata poi nelle battaglie navali durante la campagna di Guadalcanal) e soprattutto alla Enterprise che nel giugno 1942 ebbe un ruolo preminente nella grande battaglia delle Midway, allorche' gli statunitensi inflissero la prima vera sconfitta ai Giapponesi. Se malauguratamente gli USA avessero perso quelle 3 portaerei l'esito futuro della guerra sarebbe potuto essere molto diverso. Così il 7 dicembre 1941 a Pearl Harbor si trovavano in tutto 94 navi fra cui 8 corazzate che, in mancanza appunto delle portaerei , diventarono i principali obbiettivi dei velivoli giapponesi. Inoltre nei 4 piccoli aeroporti della base erano presenti 349 aerei la maggior parte dei quali, come detto in precedenza, impossibilitata ad un decollo rapido visto che erano stati posizionati ala contro ala. Il piano giapponese era di attaccare la base con 2 ondate successive di aerei: la prima composta da 183 velivoli e comandata da Fuchida, la seconda da 167 e comandata da Shimazaki. Alle 6 in punto del mattino dalle portaerei nipponiche si alzarono i primi 183 aerei che giunsero sulla base 1 ora e 55 minuti piu' tardi scatenando l'inferno . Eppure questa prima ondata 2 operatori radar l'avevano rilevata. E nei giorni successivi all'attacco si venne a conoscenza di un altro sconcertante episodio avvenuto durante la notte del 7 dicembre. Poco prima delle 4 del mattino infatti 2 navi americane in normale pattugliamento notturno intorno all'isola avevano avvistato con chiarezza 2 piccoli sommergibili dall'oscura nazionalita'. Facevano parte delle 5 unita' "tascabili" che i Giapponesi avevano intenzione di impiegare per colpire da vicino le navi americane. Ed alle 6.43, quasi parallelamente all'avvistamento fatto dal monte Opana degli aerei nipponici scambiati per velivoli amici, un cacciatorpediniere americano (il Ward) addirittura attacco' ed affondo' uno dei due sommergibili. Ma l'allarme che venne lanciato dal Ward non fu valutato in tutta la sua gravita' , ma anzi si invitarono i piloti del cacciatorpediniere ad accertarsi meglio di cio' che realmente era avvenuto e di cosa davvero si fosse colpito. Si riteneva del tutto impossibile che potesse trattarsi dell'affondamento di una unita' nemica. E così 5 minuti prima delle 8 furono i primi missili giapponesi a risvegliare la base dal torpore ed a gettarla nel panico piu' totale. L'addestramento dei piloti giapponesi era perfetto, tutti sapevano con estrema precisione dove e come colpire. Erano tutti veterani della guerra contro la Cina e nei mesi precedenti il 7 dicembre innumerevoli erano state le simulazioni effettuate nella base di Kagoshima. Gli strateghi nipponici avevano studiato con una quasi maniacale precisione le traiettorie di ogni aereo per evitare il piu' possibile il rischio di collisione fra velivoli amici. Gli aerosiluranti agirono d'avanguardia attaccando le navi attraccate alla rada con i loro siluri a pelo d'acqua, dopo di essi entrarono immediatamente in azione i bombardieri in picchiata ed in quota che dovevano lanciare le loro bombe, naturalmente piu' potenti dei siluri, sulle navi gia' menomate per metterle definitivamente fuori uso. Ai caccia spettava invece il classico compito dell'abbattimento di eventuali aerei nemici alzatisi in volo. Come previsto il fuoco giapponese ando' a concentrarsi principalmente contro le corazzate: tutte e 8 vennero colpite e la sorte peggiore tocco' alla Arizona che venne definitivamente affondata. Cosi' pochi minuti dopo l'inizio dei bombardamenti il Colonnello Fuchida pote' entusiasticamente lanciare alla portaerei Akagi il messaggio convenzionale, divenuto poi celeberrimo: "Tora, tora, tora", che stava a significare la riuscita dell'impresa di cogliere alla sprovvista il nemico. Sulla base dopo l'iniziale sconcerto i militari americani cercarono di reagire, pur con tutte le difficolta' derivanti da una spaventosa grandine di bombe e siluri. Numerosissimi furono quelli che si immolarono in un tentativo disperato di difesa cercando di correre verso le stazioni di tiro e i depositi di munizioni colpevolmente lasciati incustoditi in precedenza. Da piste secondarie della base decollarono, senza essere abbattuti, solo 7 aerei che comunque ottennero il non secondario risultato di riuscire ad eliminare i 4 sommergibili tascabili giapponesi (uno di essi come detto era stato affondato alle 6.43 del mattino). Anche la reazione degli equipaggi delle navi fu prontissima e di sicuro valse ad evitare un disastro ancora maggiore: in pochi minuti si cercarono di attivare le batterie contraeree e di rivolgerle contro i velivoli nipponici e soprattutto, come i Giapponesi avevano previsto, si cerco' di far fuggire piu' navi possibili al largo. Fu cosi' che numerose unita' americane si salvarono, perche' lo sbarramento sommergibilistico giapponese non dette il risultato auspicato ed anzi non era ancora completo. La prima ondata di attacco resto' sopra Pearl Harbor per 35 minuti, al suo ritiro gli Americani avevano di fatto perso definitivamente solo una corazzata (la Arizona) ma numerose erano le unita' gravemente danneggiate.
  21. Nel dicembre del 1941 i giapponesi attaccarono a tradimento la base americana mentre il governo Usa stava trattando con Tokyo per evitare la guerra. C'era una grande tranquillitàla domenica mattina del 7 dicembre 1941 nella base navale americana di Pearl Harbour, nelle Hawaii. Sulle navi si svolgeva il canonico rito dell'alzabandiera, a terra iniziava la funzione domenicale, la maggior parte dei soldati si svegliava per vivere un'altra giornata di ordinaria routine. La sorveglianza era molto allentata ed approssimativa. Nelle settimane precedenti più volte la base era stata in allerta dato che veniva considerata un possibile bersaglio per un eventuale attacco giapponese. Tuttavia in quel periodo fra USA e Giappone si stavano svolgendo colloqui diplomatici che sembravano far presagire ad una risoluzione pacifica dei contenziosi che da tempo dividevano le due potenze, in passato amiche, e divenuti molto aspri soprattutto dopo la totale invasione della Cina e l'occupazione dell'Indocina da parte del Giappone. Il 20 novembre dall'Impero del Sol Levante era stata inviata una nota diplomatica agli USA (il cosiddetto "memorandum") da parte del capo del governo giapponese, in carica da poche settimane, generale Tojo, in cui ci si dichiarava disposti solo ad una evacuazione della zona meridionale dell'Indocina. Agli Usa ciò non bastava, ne volevano lo sgombero totale, e tuttavia quella nota di Tojo fece ancora ritenere possibile arrivare ad un accordo. Ma si fini' con l'ignorare che per Tojo quella era la conditio sine qua non: se gli Americani accettavano non ci sarebbe stato problema, altrimenti i colloqui sarebbero arrivati ad un punto morto. E soprattutto negli USA si era all'oscuro che prima ancora di ricevere una risposta i Giapponesi avevano cominciato a, dal loro punto di vista, tutelarsi radunando nelle isole Kurilii un complesso navale con quasi 400 aerei imbarcati pronto ad attaccare proditoriamente una base americana, secondo un piano pensato da tempo. Unita' navali che dalle semisconosciute Kurilii vennero fatte partire il 26 novembre, direzione: Pearl Harbor, Hawaii. Era pero' stabilito che in caso di un eventuale punto di intesa trovato con gli USA, il complesso navale sarebbe stato fatto rientrare. Proprio nella giornata del 26 Cordell Hull, Segretario di Stato americano, invio' a Tojo la attesa risposta (i cosiddetti "10 punti" di Hull). In sostanza gli USA con toni fermi, ma ancora disposti al dialogo si dichiaravano convinti che fosse necessario che il Giappone abbandonasse in toto sia l'Indocina sia la Cina. Hull concludeva dicendosi fiducioso in una risposta nipponica. Ma questa volta i Giapponesi risposero con 389 aerei contro le Hawaii. Infatti le proposte di Hull vennero giudicate come un "ultimatum", il Giappone non avrebbe continuato i colloqui se gli Americani non rivedevano le loro posizioni; e cosi' le navi proseguirono il loro viaggio verso Pearl Harbor. Il 1° dicembre la Conferenza Imperiale Giapponese dette poi il definitivo placet all'azione militare. Tuttavia alle Hawaii il clima era di generale ottimismo, tante volte in passato si era stati in allerta e tante volte niente era successo. Ci si illudeva che ancora un accordo fosse piu' che probabile, vi era una generale e gravissima sottovalutazione del pericolo, l'errata convinzione che questa volta la guerra sarebbe rimasta un affare europeo. Così quella mattina del 7 Dicembre le protezioni che normalmente dovevano essere attivate non c'erano. Batterie contraeree non si trovavano in posizione , le navi stavano ormeggiate senza alcuna consistente artiglieria a bordo, le stazioni di tiro e i depositi di munizioni erano incustoditi. Sulla base c'erano oltre 300 aerei tenuti ala contro ala e percio' impossibilitati ad un decollo fulmineo in caso di improvviso pericolo. Solo poche decine si trovavano in posizione pronta al decollo. Inoltre il sistema di protezione dato dai radar era ancora incompleto. Eppure verso le 6.45 della mattina , 2 operatori radar posizionati sul monte Opana scorsero l'avvicinarsi di una non meglio identificata squadriglia aerea proveniente da nord. Il loro superiore, tenente Tyler, saputo dell'avvistamento non ritenne di doversi preoccupare troppo. Da giorni a Pearl Harbor si attendevano 12 fortezze volanti amiche che sarebbero giunte dall'America, sicuramente il rilevamento radar si riferiva a loro.... E tuttavia i due giovani ...gli operatori vedevano con chiarezza che quelle presunte fortezze volanti americane venivano da nord, come potevano giungere direttamente dagli USA? E soprattutto non sembravano davvero essere solo 12!. Ma non fu dato alcun allarme, in fin dei conti gia' troppe volte in passato ci si era agitati per nulla, perche' guastare quella domenica mattina , di norma adibita al riposo per i soldati? Peccato pero' che quelli fossero tutt'altro che aerei amici e che tantomeno fossero 12. Erano bensì 183 aerei giapponesi(43 caccia Zero, 40 aerosiluranti, 51 bombardieri in picchiata e 49 bombardieri in quota) decollati da 6 portaerei arrivate indisturbate nei pressi di Pearl Harbor. Era la prima ondata di attacco giapponese, sotto il comando del capitano Fuchida. Alle 7.55 in punto furono sopra la base, riuscendo, come da sempre auspicato, a cogliere di sorpresa il "nemico".
  22. Gennaio 1918: stava per calare la notte quando l'U Boot 65 si trovava a solcare le acque a 15 miglia al largo di Portland Bill, sulla Manica. In quel giorno le condizioni atmosferiche erano pessime e l'imbarcazione procedeva a stento tra i flutti di un mare in burrasca. La vedetta di tribordo, appostata nella sua torretta, stentava a credere a quanto stava assistendo: nel bel mezzo di questo fortunale un ufficiale si trovava appena sotto di lui al di sopra del ponte. La vedetta ragionò per qualche istante: era da pazzi stazionare all'aperto senza alcun riparo! Ma un pensiero ancor più preoccupato lo colse: quell'ufficiale come poteva aver raggiunto il ponte se tutti i boccaporti erano stati chiusi a parte la torretta che lui stesso presidiava?? Preoccupato, il marinaio, si decise ad avvisare il superiore del pericolo al quale si stava sottoponendo ma....le parole gli si fermarono in gola: l'ufficiale si volse verso la plancia e fu allora che svelò la sua identità. Era il secondo ufficiale, o meglio....l'ex secondo ufficiale perito durante un'esplosione verificatasi nel bel mezzo del viaggio inaugurale del sottomarino. Quell'uomo che sfidava i marosi non doveva trovarsi lì ma a Wilhelmshaven, nel locale cimitero militare. Fu allora che la vedetta si mise ad urlare richiamando l'attenzione del suo capitano che, giunto in plancia, poté vedere con i propri occhi quella inquietante figura prima che questa si dissolvesse nel nulla. U-B65 fu varato nel 1916 e divenne presto il più detestato sottomarino della flottiglia: composto da un equipaggio di 3 ufficiali e 31 marinai, sembrava essere perseguitato dalla sfortuna più nera. Gli eventi infausti cominciarono giàin fase di costruzione: una trave che doveva essere issata a bordo si sganciò dalle catene alle quali era stata assicurata uccidendo sul colpo un operaio. Un secondo tecnico rimase incastrato sotto il pesante oggetto per più di un'ora e morì dopo una drammatica agonia a causa delle lesioni riportate. Ultimati i lavori, si verificò un nuovo fatto drammatico: nella sala macchine si sviluppò un incendio in cui morirono soffocati tre marinai. Quando l'U-B65 venne ultimato, in un viaggio atto a testarne le capacità, si ritrovò al centro di una furiosa tempesta ed un uomo finì in mare. Durante le prove d'immersione, altre fonti ufficiali, riportano di una falla che si aprì in uno degli scompartimenti e che costrinse il sottomarino a non riemergere prima di 12 lunghissime ore: i militari furono trasportati a terra di peso quasi asfissiati. Gli episodi spiacevoli sembravano finalmente essersi esauriti: il viaggio inaugurale era andato secondo le aspettative e l'equipaggio era giàsulla via di ritorno quando una testata di un siluro esplose accidentalmente provocando la morte di alcuni uomini... tra cui...il secondo ufficiale di bordo. A Wilhelmshaven fu officiato un rito funebre con tutti gli onori richiesti dalla tragica dipartita del graduato. L'U-B65, invece, pur avendo subito danni piuttosto consistenti venne riparato mediante una serie di interventi che si protrassero per alcune settimane. Mentre ancora rimaneva all'ancora in uno dei porti tedeschi superprotetti, cominciarono a diffondersi voci allarmanti. Un marinaio riferì senza mezze misure di aver scorto il secondo ufficiale: il capitano lo accusò di aver abusato con gli alcolici ma quel marinaio non era stato il solo ad aver assistito alla sua apparizione. In un'altra ravvicinata occasione, infatti, gli ufficiali si precipitarono in coperta e vi trovarono un marinaio in preda ad una crisi isterica: asseriva, fuori di sé, di aver scorto il secondo ufficiale che, una volta salito a bordo, se n'era rimasto immobile sul ponte con le braccia conserte prima di sparire nel nulla. L'U-B65 prese di nuovo il largo ma ad ogni missione vi era chi riferiva di aver visto lo spettro del graduato. Progressivamente lo sconforto s'impadronì dell'equipaggio e ogni membro si rifiutava di mettere più piede su quel sottomarino. Incredibile ma vero! Fu aperta un'inchiesta ufficiale e dal comando venne inviato un Commodoro per svolgere accurate indagini. Furono ascoltati tutti i marinai che prestavano servizio presso l'U-Boat ed alla fine il Commodoro dovette ammettere che qualcosa non andava. Ufficialmente le richieste di trasferimento dei militari non vennero mai prese in considerazione (la Kriegsmarine poteva forse ammettere qualcosa di così irrazionale?) ma gradatamente tutti i membri dell'equipaggio vennero rimossi dall'incarico e rimpiazzati con altri. Ma si andò oltre! A causa delle apparizioni che si verificavano a bordo, l'U-B65 venne tirato in secca in Belgio estromettendolo dal servizio operativo bellico. A bordo fu fatto addirittura salire un pastore luterano per liberare lo scafo dall'insolita presenza. Ma erano tempi duri quelli e nemmeno la Kriegsmarine poteva permettersi di lasciare all'ancora uno dei suoi squali da guerra. Il sottomarino ritornò finalmente a solcare i mari con il suo equipaggio nuovo di zecca: il capitano subentrato promise pene severissime per chi avesse osato parlare nuovamente del Fantasma. Il mezzo portò a compimento due operazioni senza che nulla di insolito si verificasse a bordo. Dopo queste due missioni, il nuovo comandante venne a sua volta sostituito e a questo punto lo spettro del Secondo Ufficiale tornò a farsi notare. Nel Gennaio 1918 apparve sul ponte lasciando di stucco, come si disse in apertura, due uomini. Nel Maggio 1918 il mezzo fece rotta per le coste spagnole lasciandosi alle spalle la Manica. Durante questo viaggio il Fantasma fu avvistato ben tre volte: un giovane sottoufficiale affermò di aver visto lo spettro entrare nella sala dei siluri per non uscirvi più; dopo altri due avvistamenti l'addetto ai siluri impazzì e sentendosi perseguitato si gettò in mare. Il suo corpo non fu mai più recuperato. Da Maggio ai primi di Luglio, l'U-B65 uscì indenne da ogni incursione subacquea da lui perpetrata. Il 10 Luglio 1918 questa imbarcazione compì la sua ultima missione: avvistato dal periscopio di un sommergibile americano fu sul punto di essere attaccato ma gli statunitensi non ebbero nemmeno il tempo per lanciare un solo siluro. L'U-B65 non affondò. Saltò letteralmente in aria in una esplosione "violenta, quasi incredibile" (riportando le parole degli alleati). Cosa accadde a bordo dell'U-Boat??? Le ipotesi avanzate furono le più diverse: esploso a causa di un siluro inceppatosi nei tubi di lancio? Speronato come nel caso dell'U-B103?? Qualcuno forse era impazzito ed aveva preferito portare in fondo agli abissi questa nave infestata? Quello fu l'ultimo viaggio del Secondo Ufficiale di bordo. _________________
  23. U BOOT 96

    CIAO A TUTTI!!!!

    CIAO A TUTTA LA MITICA FLOTTIGLIA BETASOM DA U BOOT 96. COME VEDETE SONO NUOVO MA DI U BOOT SONO ABBASTANZA ESPERTO. SONO ANCHE ESPERTO ABBASTANZA DI SILENT HUNTER 2 E NON VEDO L'ORA CHE ARRIVI SH3. CHE POSSO DIRE SPERIAMO DI DIVERTIRCI ON LINE AL PIU' PRESTO. PER FAVORE POTETE DIRMI COME FUNZIONA IL TUTTO PER GIOCARE CON VOI? CIAO DA U BOOT 96 COMBATTERE VINCERE O AFFONDARE!!!!!!!!!!!
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