In ogni caso sono del parere che dovremo acquistare comunque l'F-35, per evidenti esigenze operative che non possono essere soddisfatte in altro modo (Cavour in primis). Su questo credo che anche il Gen. Mini non abbia dubbi. Tuttavia il tagliente articolo del generale evidenzia un problema gravissimo, che sfugge alla maggior parte dei commentatori attirati prevalentemente dalla polemica che si innesca inevitabilmente in questi frangenti, soprattutto elettorali, tra "pacifisti" e "guerrafondai".
Il problema è quello del concepimento e della gestione di progetti di sistemi ad alto contenuto tecnologico per il settore della difesa.
Se guardiamo il costo unitario di un F-35B, ad oggi con velivolo ancora ben lungi dall'essere minimamente operativo e senza sapere quali saranno i costi necessari per rendere combat ready i velivoli e per mantrenerli allo stato dell'arte (tenendo conto anche della temibile concorrenza russa e cinese), siamo intorno ai 240 milioni di dollari. Una cifra assolutamente fuori dalla realtà, praticamente pazzesca che denota di fatto già da ora il fallimento del progetto. Qualunque paese vorrà mettersi in casa questi velivoli (e non saranno molti) dovrà stanziare ingenti finanziamenti, che porteranno evidenti squilibri sui loro bilanci della difesa. Il problema evidenziato giustamente dal generale è che il progetto F-35 è divenuto un modo per mantenere in piedi una gran parte del settore dell'industria aerospaziale militare e dei settori tecnologici affini (avionica, comunicazioni, etc), sostenendo tutte le lobby ad esso collegate.
La cosa più grave a mio avviso e che tale vicolo cieco poteva essere previsto e, almeno in parte evitato dagli americani, a seguito del poco riuscito F-22 che ha assorbito enormi risorse a fronte di risultati di gran lunga inferiori alle aspettative. Invece si è voluti proseguire sulla stessa strada, realizzando un ulteriore stealth, che difatti è un grosso contenitore di tecnologie, spesso immature per un efficiente impego in ambito aeronautico, e militare. Questa filosofia è stata anche favorita dalla mancaza di ben precise esigenze operative dopo la caduta del Muro, che citava il generale e che ha reso molto problematica la definizione di precise specifiche tecniche del cacciabombardiere.
Il rischio quindi è che alla fine potremmo trovarci in casa, e su questo voglio citare l'ammiraglio Da Zara, un sistema che dopo enormi investimenti che dissangueranno le nostre non ricchissime casse, sarà anche efficiente tecnologicamente, ma avrà una efficienza bellica tutta ancora da dimostrare.
Quindi credo che dalla vicenda dell'F-35 si debbano trarre utili insegnamenti per il futuro, andando già da ora oltre l'F-35.
Credo innanzitutto che l'industria della difesa debba essere tutelata e salvaguardata, ma in maniera più oculata tornando a bandire concorsi NATO per la realizzazione di sistemi complessi, che debbano essere poi realizzati dall'industria europea ed americana in sinergia e collaborazione tra loro, e non in competizione. Se si vuole sostenere un settore strategico non si possono seguire pedissequamente le regole del libero mercato. Non è concepibile più avviare programmi come quello dell'F-35 dove i partner (inglesi a parte, forse) vengono utilizzati solo per contribuire finanziariamente al progetto. In questa ottica i 10000 posti di lavoro che taluni strombazzano (ma in realtà saranno meno) costeranno al contribuente italiano una cifra sproporzionata al reale ritorno sociale. Il trattamento riservatoci poi non è certo stato dei migliori, visto che ad oggi non è stato permesso a nessun pilota italiano di avvicinarsi al Lighting II, cosa gravissima durante la fase iniziale di sviluppo dell'aereo in quanto fornisce uno dei più importanti feedback sullo stato e la bontà della macchina (e dell'investimento), e che denota il nostro reale peso nell'ambito del progetto.
Quindi personalmente sono dell'idea che si debba ridurre ulteriormente il numero di aerei da acquistare.