Nel suo libro "Gli Arditi del Mare" - Edizioni Università di Trieste - 1998 - Ranieri Ponis dedica a Spartaco Schergat un capitolo intitolato "Eroe moderno di antica semplicità".
"Dalla leggenda dell'impresa di Alessandria, entrato nella quotidianità di questi spazi, ha svolto dal 1957 al 1979 il proprio ruolo civile nell'ateneo, Spartaco Schergat (12.7.1920 - 24.3.1996), Medaglia d'oro al valor militare. Eroe moderno di antica semplicità. L 'Università di Trieste, 31 ottobre 1997".
Questa dedica è incisa sulla targa in marmo che è stata collocata all'esterno dell'edificio del Dipartimento di Economia e Merceologia dell'ateneo triestino.
Ponis ricorda Schergat come un uomo buono, generoso e onesto il cui nome - Spartaco - già infondeva forza e sicurezza. A Capodistria lo ricordano tutti. Suo padre Pietro Schergat lavorava in campagna, sul monte San Marco: ma amava il mare. Un giorno, però, decise di abbandonare tutto e scendere nella cittadina per fare il pescatore e la guida palombaro, cioè preparare lo scafandro, infilare e chiudere l'elmo, sistemare i pesi sul corpo di chi si immergeva, controllare l'aria. Seguito, tempo dopo, da Spartaco. Abitavano a Bossedraga, in calle s. Andrea, che porta al piazzale dove è nato Nazario Sauro, anche lui Medaglia d'oro ma a prezzo della vita. Spartaco venne su in quell'ambiente, a contatto con la gente di mare, gente forte e semplice. Nuoto, gare di resistenza, libri di avventure di mare: il suo mondo era questo. Poi il fratello maggiore - un altro Pietro - cominciò anche lui ad immergersi e Spartaco gli fu accanto.
Quando fu il momento del servizio di leva, per il fisico lo classificarono nel battaglione San Marco. Il 15 marzo 1940, a nemmeno vent'anni, Schergat veniva richiamato e destinato a Pola, poi alla scuola palombari di La Spezia. In seguito il trasferimento a Marina di Massa, dove completava il corso, poi imbarcato su un rimorchiatore che si chiamava "Capodistria". Fu ammesso al corso sommozzatori di Livorno, un'autentica novità per quei tempi. Molti mollarono, lui tenne duro. Al Serchio qualche mese dopo l'incontro con l'allora tenente Antonio Marceglia, nativo di Pirano. Marceglia lo prese subito a benvolere, perché Spartaco si era rivelato un ragazzo obbediente, attento, sveglio e coraggioso. La prima missione - era il 10 maggio 1941 - lo vide a Gibilterra come riserva.
Il marinaio Spartaco Schergat, già medaglia di bronzo, venne mandato il licenza, a Capodistria, dove incontrò amici sul cui berretto spiccavano nomi di corazzate, di caccia, di grosse navi da battaglia. Sul suo, invece, un semplice "Regia Marina". Qualcuno lo accusava di essere un marinaio d'acqua dolce. Ma lui taceva nonostante la fidanzata Elda gli chiedesse in continuazione: "Spartaco, ma che fai veramente? A me lo puoi dire, no?" E lui: "Come, non sai? Io faccio il palombaro. Il palombaro."
Poi venne l'impresa di Alessandria, e la prigionia. Spartaco rimpatriò nel settembre 1944. A Taranto ritrovò alcuni incursori, compagni di precedenti missioni. Si iniziava l'addestramento per affondare la corazzata "Cavour" che, colpita a Taranto, nel frattempo era stata recuperata e portata nel cantiere San Marco di Trieste per essere rimessa in sesto. Ma gli alleati decideranno che ormai non ne valeva più la pena.
Infine nel marzo 1945 al Comando Marina, assieme ad alcuni altri, il massimo riconoscimento al valor militare. La decorazione gli venne appuntata sul petto dal principe Umberto, Luogotenente del Regno. Giunto però davanti a Durand de La Penne, Umberto di Savoia - evidentemente fidando nello humor britannico - si rivolse all'ammiraglio Morgan (già comandante della "Valiant") dicendogli: "Morgan, questo spetta a lei". L'ammiraglio inglese appuntò così la medaglia d'oro sul petto di chi gli aveva affondato la corazzata nella rada di Alessandria.
Al termine del conflitto Schergat torna a Capodistria ma ormai la sua città si trova in un altro mondo, e così ripiega su Trieste. Ha bisogno di lavorare e il rettore dell'Università, Origone, lo accoglie con profonda soddisfazione e gli offre un posto in ufficio. Spartaco lo ringrazia ma gli dice che non può accettare: "sono un palombaro: se ci fosse un posto di custode...". Tutti gli vogliono bene, lo ammirano per il suo comportamento garbato, da vero militare, sinceramente affabile e cordiale verso docenti e studenti. L'unica concessione che riserva al suo glorioso passato è il nastrino azzurro all'occhiello della giacca, segno di riconoscimento della Medaglia d'oro. Per il resto non parla mai dell'impresa compiuta che resta un segreto intimo e personale. Le parole scolpite su quella targa "eroe moderno, di antica semplicità" assumono un significato reale e tangibile.
Nel suo libro Ranieri Ponis ricorda che Schergat , in uno dei loro incontri canticchiava l'inno dei "maialisti", la cui ultima strofa fa: "Dormi, sogna - il tuo cielo è in fondo al mar - forse a notte le sirene - veglieranno i palombar". Parole semplici", dice Ponis, "di una ingenuità commovente, che hanno però il potere di risvegliare ricordi che, a differenza delle navi affondate, il mare non può cancellare. Dorme veramente ora, l'amico Spartaco, il sonno eterno, nel mondo degli eroi".