Anche se la mia memoria non è più quella di un tempo, ricordavo di aver letto in STORIA MILITARE un articolo di Pietro Faggioli sulla vicenda Thethis/Thunderbolt e qualcosa mi ronzava nell'orecchio....
Ho ritrovato il periodico (N 37, ottobre 1996); riproduco a seguire il trafiletto con questa stupefacente notizia, corredato da un disegno che illustrerebbe le condizioni attuali del battello !!!
Il "ritrovamento" sarebbe avvenuto 20 anni orsono. Come mai nessuno è al corrente ? Cristina Freghieri è una ricercatrice preparata ed accanita: non si sarebbe fatta sfuggire una tale notizia...
Chiederei agli amici trapanesi della base, in primis ad Anipepper se nel frattempo è trapelato qualcosa.
9 NOVEMBRE 1995, SICILIA NORD OCCIDENTALE
Il nostro gommoncino si dondola a poche miglia dalla costa, al largo di Capo San Vito, su acque limpide e trasparenti come vetro sottile. Stiamo cercando, Pietro ed io, il relitto di uno Ju 87 Stuka italiano, un "picchiatello", che mi risulta perduto in queste acque nel 1942. Avanti e indietro, l'ecoscandaglio ci rimanda i profili di fondali e relitti conosciuti, quelli del Devoti, del Lussin e poi quello molto più recente della cosiddetta "nave dei Corani". Poi una nuova traccia, lunga, stretta; è una forma strana appoggiata sul fondo. Sguardo interrogativo a Pietro che, da vecchio corallaro, conosce tutte le cose del suo mare. La carta riporta, su quel punto, a -65 metri, una massa ferrosa. La risposta di Pietro è, come il solito, pronta: "Quello è il Thetis, un sommergibile". "Ma andiamo Pietro, cosa mi racconti ... il Thetis è affondato prima della guerra in Inghilterra; una sciagura sulla quale sono stati scritti interi volumi". I suoi occhi si fanno sottili e duri perché ho dubitato di lui. Comunque altre parole non servono, indossiamo l'attrezzatura e giù, lungo la cima dell'ancorotto, nel blu. Scendiamo velocemente, abbandoniamo i colori e quello che incontriamo è un mondo in bianco e nero. L'ansia che mi opprime si dissolve appena l'atteso fondale si materia lizza quasi all'improvviso. A circa -50 c'è la cima di una collina che sale a quella quota dal fondo del Mediterraneo. Lungo i suoi fianchi ciuffi di paramuricea, la gorgonia rossa; verso la sommità, poggiato sul dolce declivio, c'è lo scafo di un sommergibile. Vedo bene solo la prua, rialzata e tondeggiante, chiaramente di modello inglese; il resto dello scafo si perde, nel blu che è diventato sempre più nero. È di colore bruno, ricoperto di chiazze di muschio e spugne rugginose. Mi fermo, conoscendo i miei limiti, mentre Pietro si allontana con la lampada lungo lo scafo, toccandolo con le mani, quasi accarezzandolo come una cosa sua, e pinneggiando scompare nel buio seguendone il lato destro. Cinque, dieci, i minuti passano e sono ormai verso il limite dell'autonomia, mi rimane l'aria per la risalita e la decompressione. Pietro ritorna e, seguendo la sagola dell'ancorotto del gommone, riguadagniamo, facendo le dovute soste, la superficie.
Sul gommone i suoi occhi brillano più del solito (credo anche i miei). È un uomo di pochissime parole e mi racconta che ha seguito lo scafo, sin quasi alla poppa, per circa cinquanta metri e mi conferma che il sommergibile, sul lato destro, è completamente integro. Ritornando indietro, sul lato sinistro, ha visto una falla, la sola, di circa un metro per due, nella parte inferiore dello scafo. Non ha avuto il coraggio di entrarvi, vista anche la mancanza d'aria ormai incombente. È salito però sulla torretta e dietro al cannone ha rivisto (era già sceso su quel relitto alcuni anni fa) una targa di bronzo con, scritto in rilievo: "THETIS - n. 1027".
La falla - ecco spiegata la grande bolla di cloro che il comandante Migliorini del Cicogna vide emergere - è esattamente sotto la mensa sottufficiali e marinai dove c'è il locale delle batterie di accumulatori. L'acqua di mare, penetrandovi, ha fatto reazione con l'acido delle batterie. Chissà se le paratie stagne interessate alla falla hanno tenuto? Anche questa volta sembra che il Thetis/Thunderbolt abbia imbarcato acqua verso la prua e, appesantendosi, ha innalzato la poppa al cielo.
Il battello e il suo equipaggio dormono laggiù tra i -60 e i -100, su una collinetta; non si sono persi nelle grandi profondità che fanno implodere gli scafi dei sommergibili. È una zona di correnti che mantengono lo scafo pulito; il battello non è appoggiato di lato, neppure indecorosamente rovesciato, sembra in agguato, è pieno di 'dignità' come si addice ad un sommergibile che ha onorato la propria bandiera.