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Dal sito di Repubblica di oggi, scritto da Andrea Tarquini:

 

BERLINO - I comandanti degli U-Boot, i sommergibili della Reichskriegsmarine con cui Hitler condusse una guerra spietata, sono di fatto dipinti come buoni, ufficiali e gentiluomini, in una produzione tedescobritannica d'un serial in due puntate per la prima rete pubblica tedesca, la Ard. E sempre per la Ard, lo stesso regista del film sugli U-Boot 'rivisitati', che per la cronaca si chiama Nico Hofmann, ha preparato un film sul feldmaresciallo Erwin Rommel (la 'volpe del deserto', il più celebre e abile comandante della Wehrmacht durante la seconda guerra mondiale) il quale viene criticato da diversi storici ma persino dai discendenti di Rommel: l'accusa è di essere andato ai limiti del revisionismo storico, di presentare Rommel 'in salsa marrone', quando l'aggettivo 'marrone' in tedesco significa nazista, come era l'uniforme delle SA e la divisa ufficiale della Nsdap, il partito nazista che fu al potere con Adolf Hitler dal 1933 fino alla disfatta dell'Asse in Europa l'8 maggio del 1945.

 

Ma insomma, che succede in Germania? Il paese che vuole guidare l'Unione europea secondo le sue idee di economia ben funzionante, e che spesso mostra sensibilità non eccessiva per i problemi economici e politici dei partner europei (senza i cui mercati l'export tedesco crollerebbe) sembra quasi cedere alla tentazione di scrivere nei serial telefilm - della tv pubblica, non di canali privati, si noti bene! - la Storia o la Memoria della seconda guerra mondiale. Tedeschi come buoni o come vittime, raccontando qualche caso isolato, e dimenticando chi invece furono i carnefici nel conflitto vinto dall'alleanza tra le democrazie occidentali, la Polonia, l'Unione sovietica, il Brasile e altri alleati contro il nazifascismo italo-tedesco-giapponese e i suoi alleati o fantocci, Ungheria dittatoriale, attivisti arabi antisemiti o altro.

 

"Laconia" si chiama il primo telefilm, regista appunto Nico Hofmann. Racconta una storia vera (due puntate, la prima andata in onda ieri sera la seconda stasera), che fu un caso anomalo nella seconda guerra mondiale, ma può offrire al telespettatore specie giovane la convinzione che i militari tedeschi erano buoni. La Laconia era un mercantile britannico che evacuava dall'Egitto civili italiani e di altre nazionalità, scortati e sorvegliati da militari britannici e polacchi. La Laconia fu silurata dall'U-Boot 156, il cui comandante ordinò di raccogliere a suo rischio tutti i naufraghi, per poi portarli "in salvo" consegnandoli a una nave della Francia collaborazionista di Vichy. Il comandante Werner Hartenstein (impersonato nel film da Ken Duken) diventa il prototipo del tedesco buono, anche se in guerra dalla parte di Hitler. Salva persino la cantante Hilda Smith (impersonata da Franka Potente), una tedesca fuggita dalla Germania nazista e naturalizzatasi inglese. C'è persino quasi del tenero tra i due. Mentre i cattivi nel film sono gli alleati prigionieri: ufficiali inglesi e soldati polacchi. Raffigurazione quest'ultima, del polacco cattivo, particolarmente ingiuriosa se si ricorda che nessun altro paese soffrì quanto Polonia e Urss dell'aggressione e dell'occupazione nazista. E il film riabilita persino l'ammiraglio Karl Doenitz, poi condannato dagli alleati come criminale di guerra, perché esprime comprensione per il comandante dello U-156. "Ci sono anche gentiluomini tedeschi, non solo gentlemen inglesi", dice il comandante del sommergibile in una sequenza. Insomma nessun appello ideologico chiaro, ma appare trasparente quali ambiguità, nostalgie e voglie di rileggere altrimenti la Storia il telefilm accarezzi.

 

Senza nulla togliere al valore della storia dello U-156, va detto (e fa venire insieme i brividi) che il telefilm sembra voler far dimenticare cosa fu davvero la guerra corsara condotta dagli U-Boot tedeschi nel secondo conflitto mondiale: siluravano e affondavano anche le navi-ospedale o i piroscafi che portavano bambini inglesi o bambini ebrei di tutta Europa in salvo in Usa e Canada, senza soccorrere proprio nessuno. A fermare l'orrore non furono pochi capitani cavallereschi della Reichskriegsmarine, ma gli alleati, soprattutto con gli enormi, invincibili idrovolanti antisommergibile Sunderland della Fleet Air Arm, l'aviazione navale di Sua Maestà britannica.

 

Nico Hofmann non si lascia impressionare dalle critiche, anzi le respinge parlando con Bild, il quotidiano popolare più letto d'Europa, lo stesso che insulta i greci ogni giorno tacendo sui debiti per danni e crimini di guerra per miliardi che, anche secondo quotidiani conservatori tedeschi di qualità, la Germania deve ancora alla Grecia pur inefficiente, spendacciona e bugiarda su tasse pensioni e bilanci. La sua altra grande opera presenta Rommel in un modo che non è piaciuto appunto né agli storici né alla famiglia. Il famoso feldmaresciallo nel 1944 si convinse che il Reich non aveva futuro, e si avvicinò al gruppo del conte von Stauffenberg, gli eroici congiurati del 20 luglio 1944 che tentarono invano di uccidere Hitler per trattare la resa con Gran Bretagna e Usa e fermare la guerra. E per questo pagò con la vita: la Gestapo lo portò via da casa, lo convinse a suicidarsi in cambio della promessa che la sua famiglia e la sua memoria sarebbero state risparmiate. Ma prima, dall'inizio della guerra, fu convinto senza riserve della necessità e del dovere della vittoria. Anche quando, comandante dell'Afrika Korps, ebbe l'ordine di puntare verso la Palestina anche per catturare tutti gli ebrei già emigrati là e, con l'aiuto dei nazionalisti arabi in contatto con Berlino, farli deportare nei Lager.

 

Non si capisce perché Hofmann forse non ami che i giovani ricordino le verità storiche, e meno che mai si capisce (e questo inquieta ancor di più specie nell'attuale contesto europeo e mondiale) perché la tv pubblica gli offra tanto spazio. La caccia all'audience vale più del rispetto delle verità storiche e del pudore, forse solo perché ci si sente bravi e forti salvatori dell'Europa da greci o italiani spendaccioni? E pur non avendo Berlino nemmeno proposte abbastanza convincenti per salvare Europa e mondo dalla recessione, al loro posto la sua tv di propone di rileggere la Storia?

 

 

Penso che il testo si commenti da sè...........

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La prego caldamente, Comandante, non faccia battute su Frau Kaenzlerin. Come dico sempre io: quando i padroni erano gli americani (bei tempi!), pagavamo prezzi politico-militari ma non economici (il Piano Marshall), ora che i padroni sono i tedeschi paghiamo gli uni e gli altri... E forse è pure giusto: sulla CNN di oggi, dico la CNN e non lo "Spiegel" o la FAZ, il pezzo di apertura dice "I paesi dell'Europa mediterranea [i pigs ndr], Spagna, Italia, Grecia, Portogallo, sono abituati a non pagare le tasse...e via di questo passo (economia sommersa, ecc.)".

 

 

Amico mio, tutto questo va inserito nel contesto che ho descritto sopra. Quando i padroni erano gli americani, dàgli agli americani... e oggi, quanti articoli anti-Merkel e anti-Sarkozy ti capita di leggere ogni giorno sui giornali di ogni parte politica? Secondo te, perché mai gli indignados hanno tentato l'assalto alla Banca d'Italia di Draghi?

 

Dir, non sto parlando di politica, o almeno non credo... :s02:

Modificato da de domenico
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Sì, l'articolo si commenta da sé ma credo sia giusto parlarne.

 

Ho la convinzione che, da un certo punto di vista, ci sia la paura che un revisionismo storico sbagliato possa far dimenticare ai giovani la vera Storia, la Storia dei fatti, di quello che è veramente successo.

 

Dall'altra parte bisogna anche dire che i gironalisti non godono della fama di storici, di persone che scrivono la verità basata sui documenti. Il target è il sensazionalismo, lo scandalo. Un ufficiale militare deve obbedire agli ordini, i quali devono essere eseguiti con obbedienza e coscenza: ci sono stati alcuni personaggi tedeschi complici delle nefandezze note (o meno) della IIa GM, moltissimi altri che hanno eseguito gli ordini con umanità e coscenza e, con tutta onesta, non credo meritino di essere ricordati in maniera...errata!

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Repubblica è nel panorama italiano il giornale con minor onestà intellettuale (che è diverso da faziosità).

L'ho depennato da tempo, e ne leggo qualcosa solo quando ho bisogno di incazzarmi un po'.

Grazie per avermi fatto andare un po' il sangue al cervello, ora al lavoro renderò certamente di più ;-)

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A nome di Direttivo e Moderatori, invito tutti a mantenere la calma e a non esacerbare i toni ricordando - una volta di più - le condizioni d'uso del forum ( https://www.betasom.it/forum/index.php?act=boardrules ), in base alle quali vanno sempre mantenuti toni consoni e corretti facendo comunque salva l'apoliticità del forum, che è e rimane una delle sue caratteristiche fondamentali di maggior importanza e rilevanza.

 

Maurizio Brescia / Alagi

per Direttivo e Moderatori.

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Credo che l'unico sistema sia semmai avanzare le proprie obiezioni, tutto lì, direttamente a Tarquini. Per quanto mi riguarda, ho appena inviato una mail a larepubblica@repubblica.it

 

Egregio sig. Tarquini,

 

mi riferisco al Suo articolo di oggi 4/11/11 riguardo alla programmazione della televisione pubblica tedesca.

 

Mi scusi, ma le Sue critiche mi paiono alquanto pretestuose:

- Lei parla di “ caso anomalo nella seconda guerra mondiale”. La sorprenderà ma non è vero, non fino al settembre 1942. Fino ad allora, era norma, quando non si potevano salvare i naufraghi, perlomeno lasciare generi di conforto, orientare le scialuppe al primo approdo, ecc. Semmai era inusuale il contrario. Sa perché poi le cose cambiarono? Perché in seguito al comportamento tenuto dagli americani nell’ “affare Laconia” fu emanato da Doenitz l’ordine “Triton Null” che proibiva di esporre i sommergibili e i loro equipaggi ad altri rischi.

 

- Lei parla di Doenitz come “criminale di guerra”. Vero che fu condannato a Norimberga. Non certo per il “Triton Null”, anzi, da questo fu ampiamente assolto perché l’ammiraglio americano Nimitz dichiarò che lui stesso aveva emanato un ordine identico. E quindi, se lo aveva fatto lui, che era vincitore…Fu condannato per “crimini di guerra”, con una sentenza molto generica che ancora oggi suscita notevoli titubanze nel campo della giurisdizione militare ed internazionale.

 

- Lei parla di U-Boote che siluravano le navi –ospedale ; Signore, Lei evidentemente non si è mai occupato di guerra marittima nella 2^ guerra mondiale; ha mai saputo che delle 18 navi ospedale e di soccorso italiane, solo una, la Laurana, si salvò perché fu catturata, tutte le altre furono affondate, danneggiate, bombardate dagli anglo-americani? E che la nostra fu l’unica Croce Rossa a pagare un tale tributo?

 

- Su altri dettagli, per ragioni di spazio (sempre disponibile ad approfondire) sorvolo. Aggiungo solo che, come giornalista, arriva piuttosto in ritardo: il film di cui Lei parla è già stato proiettato in Italia il 2 ottobre, in prima serata, su Canale 5; nessuno dei suoi colleghi si è lacerato le vesti; o forse ciò che si può proiettare in Italia (dato che la maggior parte delle vittime furono italiane) non è lecito divulgare in kattifa Cermania?

 

 

 

Valeria Isacchini

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Ma infatti ha ragione Alagi, qui non centra per nulla la politica ma l'ignoranza, nel senso più bieco del termine.

 

Poiché siamo tutti appassionati di argomenti piuttosto particolari e che non sono il classico calcio (senza nulla togliere a questo bellissimo sport di squadra) sappiamo bene che di episodi di questo genere se ne scovano davvero tanti (vogliamo parlare del film U-571?).

 

La questione che mi spaventa è che appunto ad individui cosi profondamente ignoranti come questo presunto giornalista sia concesso l'uso di strumenti che gli permettono di instillare una certa idea (non fatto, non accadimento) nella gente comune.

Purtroppo se ne vedono i risultati soprattutto coi giovani; mi riferisco ad esempio a due miei giovani cugini che pur non avendo mai letto un libro o poco più hanno fatto loro idee analoghe a quelle millantate da questa persona senza aver mai davvero approfondito i fatti: inutile chiedergli cose del tipo: ma dove lo hai letto? Ma ne sei davvero certo....

L'unica cosa che penso di poter fare per tutelare, ad esempio, mio figlio è quello di insegnargli a studiare, a leggere ed ad informarsi prima di aprire bocca per evitare figure di cioccolato come quella di cui stiamo discutendo.

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Credo che l'unico sistema sia semmai avanzare le proprie obiezioni, tutto lì, direttamente a Tarquini. Per quanto mi riguarda, ho appena inviato una mail a larepubblica@repubblica.it

 

Egregio sig. Tarquini,

 

mi riferisco al Suo articolo di oggi 4/11/11 riguardo alla programmazione della televisione pubblica tedesca.

 

Mi scusi, ma le Sue critiche mi paiono alquanto pretestuose:

- Lei parla di “ caso anomalo nella seconda guerra mondiale”. La sorprenderà ma non è vero, non fino al settembre 1942. Fino ad allora, era norma, quando non si potevano salvare i naufraghi, perlomeno lasciare generi di conforto, orientare le scialuppe al primo approdo, ecc. Semmai era inusuale il contrario. Sa perché poi le cose cambiarono? Perché in seguito al comportamento tenuto dagli americani nell’ “affare Laconia” fu emanato da Doenitz l’ordine “Triton Null” che proibiva di esporre i sommergibili e i loro equipaggi ad altri rischi.

 

- Lei parla di Doenitz come “criminale di guerra”. Vero che fu condannato a Norimberga. Non certo per il “Triton Null”, anzi, da questo fu ampiamente assolto perché l’ammiraglio americano Nimitz dichiarò che lui stesso aveva emanato un ordine identico. E quindi, se lo aveva fatto lui, che era vincitore…Fu condannato per “crimini di guerra”, con una sentenza molto generica che ancora oggi suscita notevoli titubanze nel campo della giurisdizione militare ed internazionale.

 

- Lei parla di U-Boote che siluravano le navi –ospedale ; Signore, Lei evidentemente non si è mai occupato di guerra marittima nella 2^ guerra mondiale; ha mai saputo che delle 18 navi ospedale e di soccorso italiane, solo una, la Laurana, si salvò perché fu catturata, tutte le altre furono affondate, danneggiate, bombardate dagli anglo-americani? E che la nostra fu l’unica Croce Rossa a pagare un tale tributo?

 

- Su altri dettagli, per ragioni di spazio (sempre disponibile ad approfondire) sorvolo. Aggiungo solo che, come giornalista, arriva piuttosto in ritardo: il film di cui Lei parla è già stato proiettato in Italia il 2 ottobre, in prima serata, su Canale 5; nessuno dei suoi colleghi si è lacerato le vesti; o forse ciò che si può proiettare in Italia (dato che la maggior parte delle vittime furono italiane) non è lecito divulgare in kattifa Cermania?

 

 

 

Valeria Isacchini

Complimenti Valeria, mi tenti a inviare una mail con le mie osservazioni (per le mie conoscenze, senza divagare in politica o altre considerazi0oni simili. Solo i fatti).

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A nome di Direttivo e Moderatori, invito tutti a mantenere la calma e a non esacerbare i toni ricordando - una volta di più - le condizioni d'uso del forum ( https://www.betasom.it/forum/index.php?act=boardrules ), in base alle quali vanno sempre mantenuti toni consoni e corretti facendo comunque salva l'apoliticità del forum, che è e rimane una delle sue caratteristiche fondamentali di maggior importanza e rilevanza.

 

Maurizio Brescia / Alagi

per Direttivo e Moderatori.

Certo è che un argomento del genere, induce a "camminare sulle uova".

Ognuno di noi, forse dovrebbe fare come Malaparte, cioè rappresentare il suo dissenso con chi è responsabile della "pubblicazione"

Proprio per rispettare a pieno quelli che sono i canoni della BASE,

permettetemi di Rappresentarvi tutta la mia INDIGNAZIONE!!!

Navy60

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da base artica, marco

scusate se mi intromettto ma credo dopo 30 anni di germania e con qualche goccia di sangue nordco, (solo gocce) desidero cercare di spiegare alcune cose che facilitino il capire quanto sopra.

 

inutile lamentarsi, ogni paese cerca di tirare molto piu che un secchio d interessi a se.

 

oggi qualora si fa una produzione televisiva, si cerca di far presa sul proprio pubblico di casa.

quale ee tale pubblico?

sono i giovani e quelli tra i 20-40 anni ( con rispetto parlando dei piu maturi cui io appartengo) che poi costituiscono la massa dei consumatori, poiche la pubblicita paga i costi di ripresa del filmato.

 

e cosa vuole vedere tale generazione?

filmati a lieto fine dove nonostante il paese ee quello che ee, il protagonista trova lei, e riesce a tornare a casa e tutto torna a posto.

La storia reale ee solo una cornice, cui il copione la adatta per raggiungere gli scopi prefissati dal marketing.

 

In germania si sono fatti negli ultimi anni moltissime riprese su argomenti del genere, es:

il bombardamento di dresda (80.000 morti x bmbardamento)

l affondamento della Guslof (nave che affonda con 6000 civili)

la fuga del 1945 dai russi all est ( 1.500.000 morti civili)

ec ect-

 

tutte storie tragiche per tutti, cui il copione dava allo spettatore che si, si era nei guai, ma il futuro ee migliore e con prospettive.

 

la differenza al momento oltre alla forza ecconomica politica di alcuni paesi ( italia esclusa in assoluto) non sta solo nel fatto di essere predominanti e schiaccianti, ma di dare ai propri cittadini un senso di sicurezza nazionale (non benessee poiche questo lo stato lo lascia ai singoli a rimediarlo, come nella realta) .

insomma secondo la dottrina USA, non saremo tutti uguali ( di reddito), ma siamo sempre insieme.

 

I tedeschi cattivi e o buoni, lasciamoli a ognuno di noi stessi giudicare a secondo dei ns motivi e conoscenze,

ma non inludiamoci che causa il passato, i loro presenti possano avere pensieri di riguardo verso noi o altri.

Il fatto di essere forti ecconomicamente li pone nel loro modo di pensare che solo loro sanno tutto!!

 

giornalisticamente chi continua a cercare di ritornare su vecchi passi, cerca solo di raddrizzare una cornice di quadro che non si puo piu mettere a posto, si tratta di vedere intelligentemente il contenuto e basta.

 

quanto ho scritto lo ho inviato al giornale la repubblica.

 

cordialmente e salutoni marco

Modificato da bussolino
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gli enormi, invincibili idrovolanti antisommergibile Sunderland della Fleet Air Arm, l'aviazione navale di Sua Maestà britannica.

 

:s03:

 

Questo è un altro di quelli "venuti su" con i fumetti di Super Eroica.

 

Probabilmente è uno di quei mezzibusti azzimati, mai visti prima, che, quando c'è uno sciopero XYZ, "ci parla perchè autorizzato dal Comitato di Redazione", e ci rassicura sul fatto che l'agitazione mira a preservare il nostro "diritto di essere informati" (mica mira a preservare il loro posto fisso, la scrivania, lo stipendio e l'aperitivino delle 7, no no no, non pensate male).

 

Personalmente non mi fanno arrabbiare, ho già tante di quelle cose su cui inalberarmi...

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Appunto: fallo. Meglio se entro oggi (nelle redazioni la notizia di ieri è già dimenticata)

Fatto:

 

Egregio sig. Tarquini,

 

le scrivo in merito al suo articolo di oggi, venerdì 4 novembre 2011, nel quale scrive delle due produzioni tedesche sugli U-Boote della Seconda Guerra Mondiale.

 

Mi consenta di dirle che le sue conclusioni e critiche risultano essere non concordi con la verità storica, intesa come fatti ampiamente documentati e non contestabili.

Mi permetto di sottolinearne alcuni punti:

 

- Era tutt'altro che raro che i sommergibilisti tedeschi fornissero assistenza agli equipaggi delle navi nemiche affondate: l'obiettivo erano le navi e non le persone, ed infatti esse venivano aiutate con viveri e tutto il necessario per raggiungere gli approdi amici; questo a rischio dell'incolumità del proprio battello e equipaggio, che poteva essere fatto segno degli attacchi Alleati se scoperti.

Riguardo a questo le segnalo che solo dopo il tragico evento del "Laconia" Doenitz fu costertto a emanare l'ordine che vietava ai suoi sommergibilisti di soccorrere gli equipaggi delle navi affondate, e questo solo per proteggerli dagli Alleati che attaccavano i battelli tedeschi, incuranti delle eventuali azioni di salvataggio in corso.

 

- Il caso del "Laconia" fu sen'altro una tragica vicenda che vide ingenti vittime civili, ma questo anche perchè i carcerieri della stessa nave non aprirono le celle dei prigionieri, tra i quali moltissimi italiani.

La condotta degli U-Boote prevedeva l'attacco delle navi solo se queste appartenevano agli schieramenti nemici e solo se queste tentavano la fuga; infatti l'ordine era quello di intimare l'alt delle navi mercantili sospette e, nel caso si fossero rivelate nemiche, permettere all'equipaggio di sbarcare prima di procedeva all'affondamento. E' evidente che questo non fosse sempre applicabile a causa della fuga precipitosa delle navi in questione, ma questa provedura è stata messa in pratica molte più volte di quanto lei possa immaginare.

 

- Nel processo di Norimberga Doenitz fu condannato non per quest'ultimo ordine. Gli stessi Americani emanarono un ordine analogo e questo bastò a scagionare l'alto ufficiale tedesco.

 

- L'accostamento degli ufficiali militari con i noti carnefici nazisti è quantomeno grossolano ed ingiusto: al pari dei tedesci anche tutti i miliatri italiani dovrebbero essere trattati allo stesso modo; questo non avviene perchè, giustamente, si distingue tra chi fece il proprio dovere con coscenza e umanità e chi, invece, con sadismo e crudeltà. Resta inteso che un ufficiale deve obbedire agli ordini, giusti o sbagliati che siano. Questo non vuol dire assolvere i carnefici nazisti, bensì non fare "di tutta l'erba un fascio".

 

- Lei evidenzia come sembra ci sia un tentativo di rilettura della Storia, ma di questa colpa, se c'è, si macchia anche lei ignorando i fatti, che sono ben diversi da come li espone lei. E' evidente che le manca una conoscenza di base degli eventi storici in questione.

 

 

Le considerazioni sarebbero tante altre, i relativi approfondimenti porterebbero a scrivere centinaia di pagine, di conseguenza mi fermo qu. La invito ad informasi adeguatamente prima di scrivere un articolo come quello in oggetto a questa mail.

 

Cordialmente

 

---

Simone Cervellin

 

Spero sia sufficiente. E' probabile che il giornalista in questione, se è lecito qualificarlo come tale, probabilmente non leggerà nulla di tutto questo ma, personalmente, preferisco fare qualcosa che lamentarmi e rimanere fermo a guardare.

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Spero sia sufficiente. E' probabile che il giornalista in questione, se è lecito qualificarlo come tale, probabilmente non leggerà nulla di tutto questo ma, personalmente, preferisco fare qualcosa che lamentarmi e rimanere fermo a guardare.

 

Com'è che si dice??? "Avanti alla dritta" o qualcosa del genere??

Il fatto è questo: il giornalista (che è un giornalista) magari non leggerà se le risposte sono due....ma se le risposte sono venti o più il capo-redattore del suo settore (Esteri) non potrà ignorare la faccenda....

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.....vogliamo parlare di via Rasella?? e del battaglione "Bozen" e dei tristi fatti di Roma??

 

La verità.. tutta la verità,... non la sapremo MAI!!!

 

Sia che i fatti siano successi in mare, terra o cielo.....

 

Sia che il fatto sia il Laconia o che si tratti dell'assassinio di prigionieri italiani in nord Africa da parte inglese.....

 

Che se ne parli comunque è buon segno.... non dimentichiamo e non dimentichiamoli!!!

 

Perchè a quanto sembra e a quanto succede oggi, non si impara più niente....

 

Vuoi mettere,.. c'è il grande fratello in tv o la migliardesima puntata di beautiful... quello è importante...

 

ciao

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.....vogliamo parlare di via Rasella?? e del battaglione "Bozen" e dei tristi fatti di Roma??

 

La verità.. tutta la verità,... non la sapremo MAI!!!

 

Sia che i fatti siano successi in mare, terra o cielo.....

 

Sia che il fatto sia il Laconia o che si tratti dell'assassinio di prigionieri italiani in nord Africa da parte inglese.....

 

Che se ne parli comunque è buon segno.... non dimentichiamo e non dimentichiamoli!!!

 

Perchè a quanto sembra e a quanto succede oggi, non si impara più niente....

 

Vuoi mettere,.. c'è il grande fratello in tv o la migliardesima puntata di beautiful... quello è importante...

 

ciao

Quoto Drakkar

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Com'è che si dice??? "Avanti alla dritta" o qualcosa del genere??

Il fatto è questo: il giornalista (che è un giornalista) magari non leggerà se le risposte sono due....ma se le risposte sono venti o più il capo-redattore del suo settore (Esteri) non potrà ignorare la faccenda....

Riferendomi alla mia frase "[...]il giornalista in questione, se è lecito qualificarlo come tale[...]" permettimi una precisazione: la mia era una provocazione, l'intenzione era segnalare come un articolo del genere dequalifichi un giornalista. Certamente è e resta tale, ma pubblicando certe cose rovina l'immagine del giornalista.

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E' difficile in situazioni come queste non cadere nella politica. Però credo che in questo caso sia più opportuno, a differenza di quanto scritto dal giornalista, mantenere un equilibrio storico. In guerra, ma anche in pace, si è visto che tante persone si sono macchiate di crimini orrendi e ingiustificati, ma da ambo gli schieramenti. Sicuramente fa più notizia un massacro che non l'umanità dimostrata da tanti Ufficiali e soldati. Si correrebbe il rischio di alimentare una disputa senza fine tra buoni e cattivi.Tanti appartementi alle varie forze militari, hanno dimostrato cavalleria e rispetto sia verso i loro avversari che verso la popolazione civile, e questo è il vero codice d'onore militare: non lasciamo che le nefandezze compiute da pochi "CRIMINALI" che poco hanno a che fare con lo spirito vero di onore e pietà che è isito nelle forze armate, possano fare più AUDIENCE delle vere opere di lealtà ed aiuto verso l'avversario che sono state compiute. Normalmente si dovrebbero ricordare e commemorare gli eroi , non i criminali.

Pugio

Modificato da pugio
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Per quanto sia un affezionato lettore di Repubblica stamattina mi è venuta una voglia pazza di scrivere un letteraccia in risposto a tutte le str.... lette.

Se l'estensore dell'articolo avrà voglia di leggere queste righe, forse - per la prima volta - capirà di cosa sta parlando (nel caso scrivendo).

alla prossima

 

 

IL MASSACRO DEL CARGO PELEUS

 

Il 18 gennaio 1944 l’U 852 del KapitänLeutnant Wilhelm-Heinz Eck lasciava le acque di Kiel con destinazione la base navale di Penang nell’oceano Indiano da dove avrebbe operato con il gruppo di U-Boote denominato Monsun. Appartenente al tipo “IXD-2”, l’U 852 era tra i più grandi battelli subacquei della Kriegsmarine, dotato di un potente armamento silurante e una grande autonomia ma a causa delle notevoli dimensioni la sua manovrabilità era scarsa, la velocità inferiore e i tempi di immersioni più lunghi rispetto ai modelli standard in attività [1]. A dimostrazione di questa maggiore vulnerabilità c’erano i precedenti tentativi, tragicamente falliti, effettuati dagli altri battelli del tipo “IXD-2” diretti a Penang. Salpato il 29 luglio 1943, l’U 847 del KL Herbert Kuppisch era stato distrutto il successivo 27 agosto a sud-ovest delle Azzorre da un “Avenger” e due “Wildcats” della portaerei di scorta statunitense CVE 11 Card. L’U 848 del KorvetteKapitän Wilhelm Rollmann che aveva lasciato la Germania il 18 settembre 1943 aveva terminato la sua corsa il 5 novembre a sud-ovest dell’isola dell’Ascensione colpito da due “Liberators” del VB-107. Il 25 novembre era toccato all’U 849 del KL Heinz-Otto Schultze a occidente dell’estuario del fiume Congo affondato da un altro “Liberator” ancora del VB-107 mentre il 20 dicembre a sud-ovest delle Azzorre identica sorte era occorsa all’U 850 del KK Klaus Ewerth centrato da due “Avengers” e da due “Wildcats” della portaerei di scorta CVE 9 Bogue. Di tutti i 254 componenti gli equipaggi dei quattro U-Boote solamente un marinaio dell’U 848 era stato tratto in salvo dell’incrociatore leggero statunitense CL 12 Marblehead ma avendo trascorso un intero mese su una scialuppa era deceduto pochi giorni dopo a causa della lunga esposizione agli agenti atmosferici [2].

 

Wilhelm-Heinz Eck, classe 1916, arruolatosi nel 1934, aveva iniziato il conflitto come comandante di dragamine ma nel 1942 si era offerto volontario negli U-Boote. A conclusione del periodo di addestramento era stato assegnato all’U 124 del KL Johann Mohr - uno degli assi del sommergibilismo tedesco - a bordo del quale aveva partecipato a una missione atlantica, ottenendo di seguito il comando dell’U 852. Nel gennaio 1944 l’ufficiale era perfettamente consapevole dei rischi che comportava la permanenza in Atlantico così come era stato messo a conoscenza della disgraziata sorte a cui erano andati incontro gli altri battelli destinati all’oceano Indiano. Prima di lasciare le acque nazionali era stato avvicinato dall’esperto KL Adalbert Schnee che l’aveva ulteriormente messo in guardia confermandogli l’estrema pericolosità non solo delle acque dell’Atlantico settentrionale ma anche di quelle meridionali, in particolare nella zona tra Freetown e l’isola dell’Ascensione, a seguito della presenza di reparti aerei statunitensi su diverse basi africane e brasiliane: l’efficacia della sorveglianza alleata, in grado di individuare i resti di un affondamento “entro pochi giorni” - questo era stato il senso dell’avvertimento di Schnee - aveva raggiunto livelli tali che una volta individuato il grande battello avrebbe avuto pochissime probabilità di salvezza [3].

 

Il massacro del Peleus

Navigando in immersione di giorno e risalendo in superficie di notte principalmente il tempo necessario alla ricarica delle batterie, l’U 852 aveva impiegato circa due mesi per raggiungere un punto al largo delle coste della Liberia. La sera del 13 marzo 1944 la sua rotta incrociava quella di un mercantile in navigazione solitaria. Dopo un breve inseguimento, alle 19.50 la nave veniva centrata da due siluri, andando a fondo in meno di tre minuti. ll breve lasso di tempo tra l’esplosione degli ordigni e l’affondamento non aveva però impedito ad alcuni membri dell’equipaggio di porsi in salvo su scialuppe e zattere inducendo Eck ad avvicinarsi per avere informazioni sul mercantile colpito che tra l’altro rappresentava il suo primo successo. Il comandante dell’U-Boot fece quindi salire a bordo il terzo ufficiale, il greco Agis Kefalas, e il marinaio Pierre Neeumann di nazionalità russa a dispetto del nome occidentale: i due appartenevano all’equipaggio del cargo greco Peleus di 4.695 tsl, al servizio di Sua Maestà britannica, in navigazione tra Freetown e Buenos Aires, con un equipaggio di 35 uomini (18 greci, 9 britannici, 2 egiziani, 3 cinesi, 1 russo, 1 cileno e 1 polacco). Dopo un breve colloquio e aver fatto risalire i due sulla zattera, Eck diede l’ordine di distruggere le scialuppe: anche se si fosse immediatamente allontanato dalla zona - fu il suo ragionamento - il sommergibile avrebbe potuto percorrere non più di 150-200 miglia, rimanendo dunque entro il raggio d’azione dei velivoli antisom, in allarme per il probabile avvistamento dei resti del naufragio; inoltre vi era la possibilità che sulle scialuppe stesse vi fossero apparati radio.

Nelle successive cinque ore il battello si aggirò tra i relitti del cargo aprendo il fuoco con il cannone da 37 mm e i due da 20 mm mentre gli uomini sul ponte lanciavano bombe a mano e sparavano con armi portatili. All’una di notte del 14 marzo Eck fece sospendere il fuoco per dirigersi alla massima velocità verso sud. Il maldestro ordine era stato eseguito in modo ancora peggiore. Alcuni uomini del Peleus infatti si erano salvati: oltre allo stesso Kefalas, ferito a un braccio, erano rimasti in vita il direttore della sala macchine Antonios Liossis, il marinaio Dimitrios Argiros, ambedue greci, e il marinaio britannico Rocco Said. Il destino inoltre doveva rendere l’azione di Eck assolutamente inutile. Contrariamente alle sue previsioni, trascorsero ben 36 giorni prima che i superstiti del cargo fossero tratti in salvo dal mercantile portoghese Alexandre Silva: così solo il 20 aprile i tre uomini - Kefalas era deceduto per le ferite riportate dopo un’agonia durata 25 giorni - poterono raccontare la loro terribile esperienza [4].

 

La missione dell’U 852 ebbe un altro sussulto il 1° aprile con l’affondamento al largo di Città del Capo del mercantile britannico Dahomian di 5.277 tsl colpito dai siluri lanciati in immersione: questa volta Eck rinunciò persino a risalire in superficie per ottenere informazioni sul bersaglio colpito, mettendo la prua verso il golfo di Aden. L’episodio doveva evidenziare la cattiva stella del comandante tedesco. Nel caso del Peleus la distruzione dei resti della nave non era servita a nulla visto che i superstiti erano stati individuati dopo più di mese; l’affondamento del Dahomian invece fu scoperto il giorno successivo quando i due whalers sudafricani Krugersdorp e Natalia salvarono i 49 sopravvissuti ma a dispetto dei timori di Eck il sommergibile, nonostante il pronto intervento delle forze aeronavali alleate, non venne individuato.

Un mese più tardi l’U 852 andava incontro alla sua tragica sorte. Il 2 maggio 1944 al largo delle coste somale veniva individuato da un “Wellington” dell’East Africa Command. Dimostrando un’abilità che stupì i piloti britannici, Eck resistette per due giornate agli attacchi condotti da diversi velivoli degli Squadrons 8 e 621. Dopo aver perso sette uomini, decise di far arenare il battello gravemente danneggiato lungo la costa somala dove poco più tardi insieme ad altri 58 superstiti venne catturato da un reparto del Somaliland Camel Corps e da una squadra d’abbordaggio dello sloop Falmouth. In quelle concitate ore il comandante tedesco commise una grave dimenticanza, ovvero la mancata distruzione del diario di bordo (Kriegstagebuch, KTB) dal quale gli inglesi ricavarono la certezza che l’U 852 aveva affondato il Peleus. I prigionieri furono trasferiti in Inghilterra, l’intera documentazione relativa al caso venne classificata “top secret” in attesa della fine della guerra e della resa dei conti.

 

Il processo di Amburgo

Il 17 ottobre 1945, a distanza di più di cinque mesi dalla fine del conflitto in Europa, ad Amburgo Eck compariva di fronte a un tribunale militare inglese per rispondere dell’accusa di aver massacrato i superstiti di un mercantile alleato “in violazione alle leggi e agli usi di guerra”. Al suo fianco c’erano anche altri quattro membri dell’equipaggio dell’U 852: gli ufficiali Hans Lenz e August Hoffmann; il medico di bordo Walter Weisspfennig e il marinaio Wolfgang Schwender. La corte era presieduta dal brigadiere generale C.I.V. Jones, comandante della 106 AA Brigade, mentre il collegio giudicante era composto da altri sei ufficiali (due della Marina e altrettanti dell’Esercito, e due della Reale Marina greca); la pubblica accusa era rappresentata dal maggiore A. Melford Stevenson mentre sul fronte opposto la difesa dei cinque imputati era coordinata dal professore tedesco Albrecht Wegner, esperto di diritto internazionale.

A parte disquisizioni giuridico-legali sulla legittimità o meno dei tribunali militari internazionali alleati o su quali leggi e convenzioni fossero state rispettate e avessero avuto effettiva validità in un conflitto conclusosi con la morte di decine di milioni di persone [5]; oppure che Eck avesse ordinato di distruggere zattere e scialuppe ma non di sparare sui naufraghi o sulla possibilità che i membri dell’U 852 potessero rifiutarsi di eseguire un ordine perchè ingiusto come se tale evenienza fosse una regola nelle forze armate hitleriane, la difesa puntò molte delle sue carte sul concetto di “necessità operativa”. Ovvero, come spiegato in precedenza, in quel momento storico caratterizzato da un’assoluta supremazia avversaria l’immediato ritrovamento dei naufraghi avrebbe provocato la perdita dell’U-Boot e quindi Eck aveva agito come qualsiasi militare di ogni tempo e nazionalità, anteponendo la salvezza dell’unità e dell’equipaggio al suo comando a qualsiasi altro interesse ancorché riconosciuto e legittimato da leggi, convenzioni o dalla morale del tempo.

 

“La necessità operativa”

Oggi, a distanza di settant’anni dallo scoppio del conflitto, in un epoca in cui anche l’immagine di un guerrigliero in manette e con gli occhi bendati fa gridare all’imbarbarimento delle civiltà, tale spiegazione appare inconsistente. Ma allora non era così. Per dimostrare che la “necessità operativa” era un concetto applicato da tutte le nazioni, i difensori citarono un episodio accaduto il 13 aprile 1940 nella seconda battaglia di Narvik nel corso della quale la nave da battaglia Warspite e nove caccia britannici distrussero gli otto caccia tedeschi sopravvissuti al primo scontro avvenuto il giorno 10. Dopo aver colpito il caccia Z 12 Erich Giese, fatto arenare sulla costa del fiordo per evitare l’affondamento, le unità britanniche aprirono il fuoco contro i circa 200 superstiti caduti in mare che tentavano di raggiungere la vicina terraferma per impedire che, una volta giunti in salvo, potessero concorrere alla difesa del porto norvegese assediato dagli Alleati. In pratica - era questa la tesi difensiva - i naufraghi tedeschi del caccia, ancorchè in condizioni di non nuocere, al pari dei superstiti del Peleus erano stati considerati un potenziale elemento del dispositivo bellico avversario e come tali oggetto di offesa. Tra l’altro, tra le unità inglesi di Narvik vi era il Cossack protagonista il 16 febbraio 1940 dell’abbordaggio della nave rifornimento tedesca Altmark, avvenuto violando la neutralità delle acque norvegesi: pure allora, almeno secondo la versione fornita dalla Kriegsmarine, il caccia aveva fatto fuoco sugli uomini dell’Altmark che si trovavano sulla crosta ghiacciata del mare dopo che gli stessi avevano abbandonato la nave [6].

Un secondo caso oggetto di dibattimento fu quello del Laconia, uno degli episodi più famosi di tutto il conflitto navale. Il 12 settembre 1942 l’U 156 del KL Werner Hartenstein affondava nell’Atlantico centrale il liner britannico Laconia di 16.695 tsl con 2.741 persone a bordo, tra cui 1.809 prigionieri di guerra italiani. Resosi conto dell’immane tragedia, Hartenstein chiese e ottenne il permesso di provvedere al salvataggio dei naufraghi e di propria iniziativa inviò nell’etere un messaggio in chiaro siglato “German submarine” con il quale avvertiva gli Alleati di quanto stava avvenendo [7]. Il comando della Kriegsmarine inviò a sostegno anche l’U 506 del KL Erich Wurdemann e l’U 507 del KK Harro Schacht e l’italiano Cappellini del tenente di vascello Marco Revedin. Il 16 settembre l’U 156 con il ponte stipato di naufraghi e alcune scialuppe al traino e con le grandi bandiere della Croce Rossa bene in vista, venne avvistato da un “Liberator” statunitense che per circa mezz’ora sorvolò la zona. Poi, dopo aver ottenuto il via libera (“Sink Sub”) dal comando del 1st Composite Squadron all’isola dell’Ascensione, sganciò quattro bombe che per fortuna mancarono il bersaglio. Anche l’U 506 venne attaccato da un altro “Liberator” ma pure questa volta la mira del bombardiere si dimostrò imprecisa. Perfettamente a conoscenza circa la natura della missione dei sommergibili tedeschi, il comandante statunitense Robert C. Richardson III giustificò la propria azione privilegiando la “necessità operativa” di distruggere i mezzi avversari che, una volta conclusa la missione umanitaria, sarebbero tornati a svolgere le loro funzioni belliche a danno dei mercantili alleati due dei quali si trovavano nelle vicinanze [8].

 

Pur non esplicitandolo espressamente per non urtare la suscettibilità dei giudici britannici, i legali degli imputati fecero riferimento pure all’incidente del Baralong, indubbiamente una delle pagine più buie della storia moderna della Royal Navy. Il 19 agosto 1915 a sud dell’Irlanda l’U 27 del KL Bernd Wegener fermava il mercantile britannico Nicosian e dopo aver accertato che trasportava materiale bellico si apprestava a mandarlo a fondo non prima di aver concesso il tempo necessario all’equipaggio di calare le scialuppe. Dopo i primi colpi di cannone, l’azione venne interrotta dall’arrivo del mercantile Baralong, battente bandiera degli Stati Uniti - quindi appartenente a una nazione neutrale - che chiese all’U-Boot il permesso di raccogliere il personale del Nicosian. Giunto a una distanza di qualche centinaio di metri dal sommergibile che si era fatto da parte per consentire il recupero, dopo aver confermato tramite segnalazioni ottiche il proprio status di unità neutrale, il Baralong ammainò la bandiera statunitense e fece fuoco ad alzo zero rivelando la propria vera identità, quella della nave civetta Wyandra appartenente alla Marina britannica. Colpito da 34 proietti l’U 27 andò immediatamente a fondo, i soli 12 uomini in coperta riuscirono a gettarsi in acqua per porsi in salvo sul vicino Nicosian. Dopo aver fatto sparare contro gli uomini in mare, il comandante del Wyandra, Lieutenant Commander Godfrey Herbert, fece salire sul mercantile una squadra d’abbordaggio che portò a compimento l’opera scovando e uccidendo nella sala macchine dove avevano trovato rifugio gli ultimi sei sopravvissuti dell’U-Boot. Nel suo rapporto Herbert scrisse di aver agito in questo modo per evitare che i tedeschi potessero autoaffondare il Nicosian o utilizzarlo per la fuga, come se fosse stata una cosa semplicissima per il gruppo di naufraghi in quelle condizioni far saltare in aria il bersaglio oppure fuggire su di un mercantile disarmato, fermo a poca distanza da un’unità da guerra con l’equipaggio ai posti di combattimento. Lo stesso Ammiragliato, nel ritenere queste giustificazioni assolutamente insostenibili, ordinò la distruzione del diario di bordo della nave civetta, sperando che i particolari non trapelassero. Ma non appena giunti sull’altra sponda dell’oceano, i passeggeri statunitensi del Nicosian raccontarono l’episodio alla stampa fornendo ai tedeschi la possibilità di conoscere i particolari dell’azione: tra l’altro i testimoni raccontarono che il comandante Wegener venne colpito in acqua mentre nuotava non in direzione del mercantile come dichiarato da Herbert per sostenere la tesi della “necessità operativa”, ma verso il Baralong per trovare salvezza. L’avvenimento provocò un’ondata di sdegno in Germania culminata nell’apposita convocazione di una seduta del Parlamento nel gennaio 1916. Da parte sua la Marina tedesca emanò un ordine con il quale si autorizzava, nel caso di cattura, l’immediata fucilazione dei membri dell’equipaggio inglese. Per evitare che questo accadesse, il Wyandra cambiò il nome in Manica e trasferito nel più tranquillo settore del Mediterraneo, il nome Baralong venne cancellato dal registro dei Lloyd’s e il Nicosian modificato in Nevisian con un nuovo diario di bordo.

Nel frattempo però l’unità britannica era stata protagonista di un secondo controverso caso. Il 24 settembre 1915, passata al comando del Lt.Cdr. A. Wilmot-Smith, si avvicinò all’U 41 del KL Claus Hansem che aveva fermato il mercantile britannico Urbino. Come accaduto per il Nicosian, il comandante tedesco fu ingannato dal fatto che la nave civetta batteva bandiera statunitense che non ammainò nemmeno dopo aver il aperto il fuoco sul sommergibile. Dopo aver affondato l’U 41, il Baralong speronò una scialuppa con a bordo alcuni naufraghi che però riuscirono a salvarsi. A differenza del precedente, in questo caso non ci furono testimonianze neutrali che potessero confermare l’episodio, raccontato dai superstiti tedeschi al rientro dalla prigionia ma smentito con decisione dalla Royal Navy. Per l’affondamento del sommergibile Wilmot-Smith ricevette un compenso di 170 sterline [9].

 

Allora gli avvocati tedeschi non potevano esserne a conoscenza ma durante la Seconda Guerra Mondiale si verificarono altri episodi simili. Il più noto, anche perchè ampiamente pubblicizzato dalla stessa U.S. Navy, fu l’appendice della battaglia del Mare di Bismarck del marzo 1943. Dopo che gli aerei statunitensi e australiani avevano affondato otto trasporti carichi di soldati dell’Esercito Imperiale diretti in Nuova Guinea e quattro caccia di scorta, aerei e motosiluranti si accanirono contro le scialuppe uccidendo centinaia di soldati e marinai per evitare che raggiungessero la terraferma portando così a termine la loro missione, ovvero il rafforzamento dei reparti impegnati nell’isola [10].

Se per quanto accaduto nel Mare di Bismarck la U.S. Navy non ebbe nulla da eccepire, diverso fu l’atteggiamento per l’azione compiuta qualche settimana prima dal sommergibile SS 238 Wahoo del Lt.Cdr. Dudley W. “Mush” Morton. Il 26 gennaio 1943 il battello aveva mandato a fondo il mercantile giapponese Buyo Maru di 5.447 tsl a bordo del quale si trovavano non solo soldati nipponici ma anche prigionieri di guerra indiani. In risposta ad alcuni colpi d’arma da fuoco provenienti da una delle 20 scialuppe sulle quali avevano trovato posto i superstiti e contro le quali il sommergibile aveva sparato un colpo d’artiglieria, Morton diede il via a un massacro indiscriminato. Nessuno fu risparmiato, amici e nemici. Un indiano, facilmente riconoscibile dai tratti somatici così diversi da quelli giapponesi, che si era avvicinato alla scafo per chiedere disperatamente di essere issato a bordo venne abbattuto senza tanti complimenti, su esplicito ordine del comandante accecato dall’ira e dall’odio. In 30-45 minuti tutte le scialuppe furono distrutte mediante l’impiego del pezzo principale, di due cannoni da 20 mm e delle armi portatili. Al rientro a Pearl Harbor il 14 febbraio 1943, l’ufficiale si vantò di aver eliminato “la maggior parte dei 1.500-6.000 soldati” trasportati dal Buyo Maru [11]. Quando i particolari dell’azione iniziarono a circolare suscitando parecchie perplessità, temendo le dannose polemiche sul comportamento del proprio subordinato se la notizia fosse arrivata ai media, la Marina rese pubblica una romantica immagine – ufficialmente scattata il giorno stesso dell’affondamento del Buyo Maru - dell’equipaggio dello Wahoo impegnato a rifornire di acqua e cibo gli uomini di una piccola imbarcazione da pesca: una coincidenza certamente sospetta se si considera che per tutto il conflitto le notizie sulle imprese dei sommergibili furono così centellinate che l’arma subacquea statunitense è passata alla storia con l’appellativo di “Silent Service”. Di lì a poco la Navy ebbe comunque la possibilità di dimostrare il proprio disappunto nei confronti di Morton, tristemente famoso anche per i toni razzistici con i quali appellava il nemico, ben oltre la comprensibile rabbia che animava tutti i cittadini statunitensi per l’attacco contro Pearl Harbor avvenuto prima della formale consegna della dichiarazione di guerra. Qualche mese più tardi infatti l’ammiraglio Charles A. Lockwood propose per il comandante dello Wahoo l’assegnazione postuma della Medaglia d’Onore del Congresso, la più alta onorificenza militare: nonostante la richiesta portasse la firma del comandante della flotta subacquea del Pacifico, di colui che più di chiunque altro contribuì agli straordinari successi ottenuti dalle unità a stelle e strisce nella Seconda Guerra Mondiale, la risposta fu negativa, limitata a una meno importante Navy Cross [12].

 

Andò certamente meglio al comandante del sommergibile britannico Torbay, Lt.Cdr. Anthony Cecil Capel Miers. Il 4 luglio del 1941 il battello, in missione nelle acque dell’Egeo, distruggeva due caicchi greci requisiti dalla Kriegsmarine con a bordo soldati tedeschi contro i quali fece poi fuoco con le armi di bordo. Fino a qui dunque niente di nuovo rispetto ai casi sin qui analizzati. Cinque giorni più tardi la stessa cosa si ripetè contro i caicchi L V e LVI. Questa volta però Miers superò certamente “la necessità operativa” di impedire a soldati nemici di mettersi in salvo per poi riprendere a combattere. Nell’abbordaggio dell’unità L VI due tedeschi aprirono il fuoco ma vennero immediatamente uccisi. Dopo l’affondamento della piccola imbarcazione con le cariche da demolizione, almeno sette soldati della Wehrmacht furono portati a bordo del Torbay. Nonostante gli uomini fossero ormai a tutti gli effetti prigionieri di guerra e come tali protetti dalle convenzioni internazionali, un arrabbiatissimo Miers urlò ai suoi uomini che lui “non faceva prigionieri”: quello che è successo dopo non è stato mai ricostruito con esattezza ma è facile immaginarlo visto che i sette scomparvero nel nulla. Quando l’ammiraglio Sir Max Horton, allora comandante in capo dei sommergibili della Royal Navy, venne a conoscenza dell’episodio, inviò all’ufficiale una lettera di rimprovero nella quale gli ricordava le gloriose tradizioni della Marina britannica intimandogli di non ripetere in futuro simili gesta. A differenza di Morton, Miers riuscì a ottenere la sua Victoria Cross - la più alta onorificenza dell’Impero britannico - per i successi conseguiti nel Mediterraneo, e sopravvivere al conflitto [13].

 

Una sentenza già scritta

Il processo di Amburgo si concluse il 20 ottobre 1945 dopo appena quattro giorni di udienze. Al termine di una camera di consiglio durata solo 58 minuti, i giudici rientrarono in aula per la lettura della sentenza: condanna a morte mediante fucilazione per Eck, Hoffmann e Weisspfennig; condanna alla prigione a vita per Lenz e 15 anni di carcere a Schwender. Il 12 novembre la sentenza venne controfirmata dal responsabile delle forze terrestri britanniche in Germania, il Field Marshall Sir Bernard Law Montgomery.

Gli storici sono concordi nel ritenere che la sentenza fosse già stata scritta a prescindere da qualsiasi linea difensiva e dalle manchevolezze della difesa stessa evidenziatesi nel corso del dibattimento [14]. La guerra era terminata da poco, la Germania era responsabile del più grande massacro della storia dell’umanità, tutti i tedeschi erano colpevoli, ancor più i comandanti degli U-Boote considerati lo stereotipo del fanatico nazista - al pari degli appartenenti alle SS – tanto che gli Alleati riservarono loro le condizioni di prigionia più dure liberandoli per ultimi. Questo in generale. In particolare poi i britannici avevano con i sommergibilisti tedeschi un conto aperto risalente al conflitto precedente, perchè anche la Germania aveva un caso Baralong.

 

Il 27 giugno 1918 l’U 86 affondava a sud dell’Irlanda il Llandovery Castle, una nave passeggeri dell’Union Castle utilizzata come nave ospedale, nonostante navigasse con le luci accese e le prescritte insegne della Croce Rossa. Convinto che l’unità trasportasse un gruppo di aviatori statunitensi e/o un carico di munizioni, per due volte il comandante dell’U-Boot, Helmut Brummer-Patzig, interrogò i naufraghi alla ricerca di una prova che potesse confermare la propria tesi. Poi, non avendo avuto alcun riscontro, per non lasciare testimonianza dell’affondamento fece fuoco sui naufraghi. Si salvarono appena in 24 sui 258 presenti a bordo tra componenti l’equipaggio, personale sanitario e semplici passeggeri: tra le vittime anche un intero gruppo di 14 infermiere canadesi.

Al termine del conflitto gli Alleati inserirono Brummer-Patzig nella lista dei criminali di guerra ma in ossequio alla politica di non umiliare la neonata Repubblica di Weimar fu deciso che i relativi processi si sarebbero tenuti davanti alla Corte Suprema di Lipsia. Nonostante le “approfondite ricerche” della polizia tedesca il responsabile del massacro non fu trovato e così sul banco degli imputati salirono due altri ufficiali dell’U 86, Ludwig Dithmar e John Boldt, che dopo un processo farsa svoltosi nel 1921 furono condannati ad appena quattro anni di reclusione. E per completare il quadro, pochi giorni dopo i due condannati “evasero” dal carcere facendo perdere per sempre le loro tracce [15]. Con questi presupposti il processo di Amburgo non poteva davvero finire in altro modo.

 

Doenitz e il Laconia Order

Pochi giorni dopo la sentenza Eck fu nuovamente interrogato. Questa volta l’obiettivo dei militari britannici era lo stesso Karl Doenitz, il padre dei sommergibili della Marina tedesca, designato da Hitler suo successore alla guida del Terzo Reich. Detenuto a Norimberga in attesa del processo contro i gerarchi nazisti, Doenitz era accusato di condotta criminale della guerra sottomarina a seguito dell’emanazione del Laconia Order, così come era definito dagli Alleati, secondo i quali la disposizione concedeva la possibilità ai comandanti di U-Boote di sparare sui naufraghi.

Subito dopo l’attacco del 16 settembre 1942 del “Liberator” statunitense contro l’U-156 impegnato nel salvataggio dei superstiti del Laconia, Doenitz aveva predisposto un ordine in quattro punti concepito in questi termini: “1) Non deve essere compiuto alcun tentativo di salvare superstiti di navi affondate, compreso il recupero di persone dall’acqua e la loro sistemazione a bordo di scialuppe, il raddrizzamento di imbarcazioni capovolte e la consegna di cibo e acqua. Le operazioni di salvataggio contrastano con le più elementari necessità belliche relative alla distruzione di navi ed equipaggi nemici. 2) L’ordine di prendere prigionieri i comandanti e i responsabili della sala macchine rimane in vigore. 3) I naufraghi vanno recuperati solo nel caso in cui le informazioni in loro possesso siano importanti per l’unità. 4) Siate duri, ricordate che il nemico non ha alcun riguardo per le donne e i bambini quando bombarda le città tedesche”. Sotto accusa era la frase finale del primo punto contenente l’esplicita esortazione sulla distruzione delle navi e “degli equipaggi”.

A fine conflitto gli inglesi trovarono un alleato insperato nel KK Karl-Heinz Moehle, comandante di U 20, U 124, e successivamente responsabile della 5. Unterseebootsflottile (flottiglia d’addestramento) di Kiel, il quale dichiarò che gli ordini di Doenitz rappresentavano un’implicita autorizzazione a colpire i superstiti della navi affondate. La versione di Moehle venne poco dopo confermata dall’Oberleutnant zur See Peter Josep Heisig che riferì di aver sentito il Grande Ammiraglio in almeno due occasioni, nel settembre e nell’ottobre 1942 durante altrettante visite agli ufficiali impegnati nei corsi di addestramento, non esplicitare tale concetto ma per lo meno fare intendere di non essere contrario [16]. Il 20 novembre Eck comparve di nuovo di fronte ai militari alleati che gli posero 29 domande. La più importante e decisiva era la numero 21:“Have you been tought or encouraged by Admiral Doenitz to fire at survivors of a shipwreck...?”. Una risposta positiva alla domanda degli inquirenti avrebbe potuto salvare il comandante dell’U 852 dalla fucilazione, forse, o forse no. L’ufficiale comunque non ebbe esitazioni, la sua risposta fu un deciso “No” [17].

 

Il 30 novembre 1945 Eck, Hoffmann e Weisspfennig finivano la loro esistenza terrena davanti al plotone di esecuzione. Lenz, condannato alla prigione a vita, e Schwender, a 15 anni, rimasero in carcere rispettivamente fino al 27 agosto 1952 e 21 dicembre 1951. Nella storia della Seconda Guerra Mondiale Wilhelm-Heinz Eck ha avuto il triste privilegio di essere stato l’unico degli oltre 1.400 comandanti di U-boote a essere riconosciuto colpevole e giustiziato per aver commesso un crimine di guerra.

 

 

 

Note

 

[1] Le caratteristiche dei battelli del tipo “IXD-2” erano le seguenti: dislocamento 1.610 / 1.799 tons superficie/immersione; dimensioni 87,5 x7,5x5,35 metri; velocità 19 / 7 nodi; autonomia 31.500 / 10 miglia/nodi in superficie, 121 / 2 in immersione; armamento: 6 tls da 533 mm (24 siluri) oppure 48 mine del tipo TMA o 72 TMB, 1x105 mm, 1x37 mm, 1x20 mm; equipaggio 64 uomini. La Kriegsmarine mise in servizio 30 sommergibili del tipo “IXD”: U177-182, 195-200, 847-852, 859-864, 871-876.

[2] Il 26 febbraio 1944 salpava da Kiel una sesta unità del tipo “IXD-2”, l’U 851 al comando del KK Hannes Weingaertner. Dopo un’ultima comunicazione radio datata 23 marzo, il battello spariva senza lasciare alcuna traccia: a bordo vi erano 70 uomini.

A ulteriore dimostrazione dell’efficacia antisom alleata, alcuni dei grandi battelli erano affidati a ufficiali espertissimi: Herbert Kuppisch (comandante di U 58, U 94) aveva uno score di 15 mercantili affondati per 73.707 tsl e una nave ausiliaria di 8.401 tsl in 14 missioni; Wilhelm Rollmann (U 34) 22 mercantili per 101.519 tsl più 3 unità da guerra per 2.365 tons (posamine norvegese Froya, caccia britannico Whirlwind e sommergibile britannico Spearfish) in appena 8 missioni; Heinz-Otto Schultze (U 432), 19 mercantili per 64.769 tsl più 2 danneggiati per 15.666 tsl in 9 missioni. (fonte Uboat.net)

[3] Il comandante Adalbert Schnee concluse il conflitto con un bottino personale di 21 mercantili affondati per 90.847 tsl più 2 nave ausiliarie per 5.700 tsl e il danneggiamento di altri 3 mercantili per 28.820 tsl. Effettuò 16 missioni al comando di U 6, U 60, U 121, U 201 e U 2511. E’ deceduto nel 1982 a 69 anni. Ancora più consistente fu il bottino personale di Johann Mohr che al comando dell’U 124 affondò in sei missioni 27 mercantili per 129.292 tsl e 2 unità da guerra per 5.775 tons (incrociatore britannico Dunedin, corvetta francese Mimosa), più altri 3 mercantili danneggiati per 26.167 tsl. Mohr è scomparso nell’affondamento dell’U 124 avvenuto il 2 aprile 1943 in Atlantico. Nella graduatoria finale relativa alle sole unità mercantili, Mohr è stato il 17° comandante di U-Boote più proficuo. (fonte Uboat.net)

[4] Il numero delle vittime del Peleus non è stato mai accertato. Secondo le testimonianze dei tre superstiti, almeno la metà dell’equipaggio di 35 uomini riuscì ad abbondare la nave; quindi si può presumere che il massacro abbia provocato 15-20 morti.

[5] A proposito di Convenzioni internazionali riferite alla guerra sottomarina, nella Prima Guerra Mondiale erano in vigore i Prize Rules secondo i quali un mercantile non poteva essere affondato senza preavviso. Nel 1936 a Londra i futuri Paesi belligeranti riaffermarono tale concetto con la sottoscrizione del Submarine Protocol che obbligava i comandanti dei sommergibili a “porre in salvo” gli equipaggi dei mercantili prima di procedere all’affondamento. I termini “porre in salvo” non significavano solamente dare la possibilità all’equipaggio di calare le scialuppe in mare ma fornire assistenza ai naufraghi fino all’arrivo di una nave neutrale o condurli sulla più vicina terraferma. Ben presto, con il protrarsi del conflitto il Submarine Protocol - fortemente voluto dalla stessa Gran Bretagna più che per spirito umanitario per limitare l’operatività dei sommergibili tedeschi - rimase un insieme di belle intenzioni e nulla più.

[6] Dopo aver trascorso un periodo in Mediterraneo il Cossack della classe “Tribal” venne affondato il 24 ottobre 1941 in Atlantico dall’U 563 del Oberleutnant zur See Klaus Bargsten mentre era di scorta al convoglio HG-75: tra i 219 membri dell’equipaggio le vittime furono 159.

[7] La straordinarietà e unicità del contenuto del messaggio è dimostrato dal fatto che gli inglesi lo intercettarono ma ritenendolo un inganno del nemico non ne tennero conto.

[8] A seguito del siluramento del Laconia, le vittime furono 1.658, in massima parte prigionieri italiani, ben 1.394. Nei giorni successivi i 1.083 superstiti, tra cui appena 415 italiani, furono definitivamente tratti in salvo dalle unità da guerra della Marina di Vichy: l’incrociatore leggero Gloire, lo sloop Dumont d’Urville e il dragamine Annamite.

Diventato generale in forza a un comando NATO, il 4 agosto 1963 Robert C. Richardson III rilasciò un’intervista al giornale britannico “Sunday Express” nella quale affermò che all’epoca riteneva che gli U-Boote avessero a bordo naufraghi di nazionalità italiana: “Ma anche se avessi saputo della presenza di inglesi e polacchi - fu la sua conclusione - avrei dato lo stesso l’ordine di attacco: in zona vi erano due mercantili alleati la cui salvezza era più importante di qualsiasi altra cosa. Eravamo in guerra…”.

[9] Il massacro degli uomini dell’U 27 fu utilizzato da Hitler per aizzare l’opinione pubblica contro gli inglesi. Nel 1938 la Kriegsmarine intitolò alla memoria del comandante Wegener una nuova flottiglia di U-Boote. Nonostante l’ordine dell’Ammiragliato, il diario di bordo del Baralong non venne distrutto e attualmente si trova negli archivi militari britannici.

Costruito nel 1901, nel dopoguerra il Baralong proseguì la sua carriera in Giappone come Kyokuto Maru prima e Shinsei Maru No.1 poi fino alle demolizione avvenuta nel 1933.

[10] Alberto Santoni in La storia generale della guerra in Asia e nel Pacifico (1937-1945), Stem Mucchi, Modena, 1977, riporta quanto segue in merito alla battaglia del Mare di Bismarck: “Cessati i bombardamenti, i superstiti ma danneggiati quattro cacciatorpediniere giapponesi tentarono di raccogliere i numerosi naufraghi, ostacolati dai caccia e dai P.T. alleati che mitragliarono anche gli uomini in mare, compiendo un crudele misfatto passato alla storia al pari delle atrocità nipponiche più volte citate”. (Vol. II, Il riflusso della marea, pag. 167).

[11] A dispetto dei 6.000 uomini ipotizzati da Morton, il Buyo Maru ne trasportava 1.126 compresi 491 prigionieri di guerra indiani: secondo fonti giapponesi le vittime furono 87 connazionali e 195 indiani. Nella stessa azione, durata 14 ore, il sommergibile statunitense affondò il cargo Fukuei Maru (1.901 tsl) e danneggiò la cisterna Pacific Maru (5.872 tsl) e l’incrociatore ausiliario Ukishima Maru (4.730 tsl).

[12] Il sommergibile Wahoo fu affondato l’11 ottobre 1943 nelle acque giapponesi dello stretto La Perouse dai cacciasommergibili Ch 15 e Ch 43 e dal dragamine W 18 appoggiati da un velivolo basato a terra. Tra le 80 vittime, l’intero equipaggio, c’era anche il comandante Morton.

[13] Miers ottenne la Victoria Cross nel luglio 1942. Tra l’altro il comandante britannico fu protagonista dell’affondamento del sommergibile italiano Jantina avvenuto il 5 luglio 1941 proprio nel corso della controversa missione nelle acque greche. Lasciò la Royal Navy nel 1959 con il grado di contrammiraglio.

[14] In diverse occasioni il collegio difensivo non fu all’altezza della situazione ma questo fu conseguenza dell’impossibilità degli avvocati di conoscere le regole processuali britanniche. Il loro compito fu poi reso quasi impossibile dall’atteggiamento alleato. Tanto per fare alcuni esempi, non fu concesso il rinvio di una settimana per prendere visione degli atti, oppure, fatto ben più grave, nè di avvalersi di testimonianze a discolpa a causa del rifiuto della Corte di aggiornare il processo il tempo necessario per l’arrivo dei testimoni: esemplare è il caso del contrammiraglio tedesco Karl Schmidt che il 13 aprile 1940 era al comando del caccia Erich Giese al quale fu impedito di rendere una deposizione.

[15] Helmut Brummer-Patzig continuò a vivere indisturbato sotto la Repubblica di Weimar e dopo l’ascesa del Nazismo entrò nella Kriegsmarine. Dall’aprile 1941 all’ottobre dello stesso anno ebbe il comando dell’UD 4, l’ex olandese O 26, utilizzato esclusivamente per l’addestramento degli equipaggi: il battello olandese era stato catturato nel maggio 1940 all’atto dell’occupazione dei Paesi Bassi da parte della Wehrmacht mentre era in costruzione, successivamente portata a termine dalla Kriegsmarine. Helmut Brummer-Patzig è morto nel 1984, all’età di 94 anni.

Furono nove i processi per crimini di guerra celebratisi davanti alla Corte Suprema di Lipsia: su 901 imputati ben 888 vennero assolti.

[16] Le due testimonianze contro Doenitz erano interessate. Nella trasmissione del “Laconia Order” ai comandanti di U-Boote in addestramento, Karl-Heinz Moehle aveva posto l’accento sulla necessità di “distruggere” gli equipaggi e quindi aveva interesse ad affermare di aver eseguito ordini superiori. Peter Josep Heisig invece era amico fraterno di Hoffmann: come ebbe modo di confidare a un altro prigioniero, convinto che Doenitz non avesse alcuna speranza di salvarsi dal patibolo rilasciò la testimonianza per cercare di alleggerire la posizione di Hoffmann.

Moehle fu condannato a cinque anni di carcere ma già nel 1949 venne rilasciato. E’ morto nel 1996, all’età di 86 anni. Al comando di U 20 e U 123 affondò 21 navi per 93.197 tsl.

[17] Come parve ben presto evidente, Doenitz non poteva essere accusato di condotta criminale della guerra sottomarina in quanto i concetti del “Laconia Order” erano gli stessi applicati da tutte le Marine in guerra, come riconobbero decine di comandanti alleati di sommergibili compreso l’”ammiraglio” per antonomasia della U.S. Navy, Chester W. Nimitz. Anzi, da parte tedesca tali disposizioni non vennero emanate all’entrata in guerra del Paese come fecero gli statunitensi lo stesso 7 dicembre 1941, ma a tre anni di distanza dallo scoppio del conflitto quando le condizioni operative lo resero necessario. Al di là degli attestati di stima ricevuti dagli ex nemici, più di tutto furono i dati, e lo sono tutt’oggi, a parlare in favore di Doenitz: a dimostrazione che il “Laconia Order” non rappresentava un’autorizzazione al massacro dei naufraghi, nel periodo 1939-45 gli U-Boote affondarono circa 3.050 unità alleate e solo in un caso, quello del Peleus appunto, i vincitori trovarono le condizioni per arrivare a una sentenza di colpevolezza.

A Norimberga Doenitz venne condannato a 10 dieci anni di carcere, pena che scontò fino all’ottobre 1956 a Spandau. E’ morto nel 1980 a 89 anni.

 

Bibiografia

 

United Nations War Crimes Commission: the Peleus Trial, Law Reports of Trials of War Criminals, London, 1947

Clay Blair, Silent Victory, the U.S. Submarines War against Japan, Naval Institute Press, Lippincott, 1975

Clay Blair, Hitler’s U-boat War, vol. II, The Hunted 1942-1945, Cassel, London, 2000

Eugene Davidson, Gli imputati di Norimberga, Newton Compton, Roma, 2007

Norman Franks, Search Find and Kill, Grub Street, London, 1995

Peter Padfield, War beneath the Sea, BCA, London, 1995

Léonce Peillard, La Battaglia dell’Atlantico, Mondadori, Milano, 1976

Peter Robert Sharpe, U-Boat Fact File, Midland Publishing Limited, Leicester, 1998

Kenneth Wynn, U-Boat Operations of the Second World War, vol. II, Career Histories U511-UIT25, Chatham Publishing, London, 1997

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Visitatore giovannibandenere

Io non credo che sia una questione "politica".

E' semmai una questione di analisi storica che, in questo caso, mi sembra parziale per fini che non so quali.

L'analisi storica, sempre sia la benvenuta, la fanno gli storici, gli studiosi, e anche gli appassionati ma non altri; purchè sia omnidirezionale e non settoriale, senza sconti nè crediti per nessuno, altrimenti diventa chiacchericcio asservito a scopi diversi.

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Donitz, notoriamente, fu condannato a dieci anni di reclusione per "generici" crimini di guerra (sottomarina): troppi per un soldato, troppo pochi per un criminale. Per un criminale c'era la pena di morte.

Forse Donitz ha pagato l'eredità hitleriana che lo fece Presidente del Reich, Cancelliere Goebbels, e quindi chissà quali intese e complicità avrà avuto col defunto fuhrer, tantopiù coi sovietici che vedevano criminali di guerra dovunque, dalla parte perdente, uno per tutti Model.

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Allargando il discorso, la guerra in quanto tale è di per sè un crimine contro l'umanità ed è sempre arduo stabilire un confine nettissimo tra "operazione di guerra" e "crimine di guerra".

I responsabili dei bombardamenti aerei terroristici non sono mai stati condannati, neanche il responsabile del bombardamento di Guernica prima e Coventry e Rotterdam dopo, perchè avrebbero dovuto condannare a morte anche Harry Truman. Altro che Donitz.

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Diverso è per tutto quanto, troppo tutto, perpetrato nel nome e per conto dell'ideologia nazionalsocialista che non trova nessuna giustificazione neanche a cercarla col lanternino;

diverso è per quanto commesso alle Fosse di Katyn;

diverso è per il milione e mezzo di donne tedesche, polacche, ebree, e anche russe ex-deportate di cui un numero imprecitato suicidatesi, rese oggetto di preda bellica dai soldati del fronte orientale col divertito compiacimento dei loro capi;

diverso è il perchè storico la rivolta di Varsavia sia finita in un massacro;

diverso è per i soldati italiani prigionieri di guerra, fatti fucilare da un ex-grande generale Usa durante la campagna d'Italia;

e tanti altri eccetera, eccetera, eccetera.

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Vorrei dire, si faccia l'analisi, purchè sia completa e non a pezzetti.

Ma come disse Brenno "Vae Victis!".

Giovanni

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Per quanto sia un affezionato lettore di Repubblica stamattina mi è venuta una voglia pazza di scrivere un letteraccia in risposto a tutte le str.... lette.

Se l'estensore dell'articolo avrà voglia di leggere queste righe, forse - per la prima volta - capirà di cosa sta parlando (nel caso scrivendo).

 

Ciao Walter!!!Dunque esisti!! :s14:

 

Be', magari da collega a collega....inoltra, tu inoltra.... :s10:

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Donitz, notoriamente, fu condannato a dieci anni di reclusione per "generici" crimini di guerra (sottomarina): troppi per un soldato, troppo pochi per un criminale. Per un criminale c'era la pena di morte.

Forse Donitz ha pagato l'eredità hitleriana che lo fece Presidente del Reich, Cancelliere Goebbels, e quindi chissà quali intese e complicità avrà avuto col defunto fuhrer, tantopiù coi sovietici che vedevano criminali di guerra dovunque, dalla parte perdente, uno per tutti Model.

 

Doenitz ricevette una condanna a dieci anni (una pena lieve, per l'epoca) perché negli ultimi mesi era rimasto l'ultimo pilastro del Fuehrer al di fuori della sua cerchia ristretta nel Fuehrerbunker. Leggiti "The Fuehrer Naval Conferences 1939-1945", i verbali delle conferenze navali preparati per Doenitz, è un testo di grandissimo interesse per capire i dati reali, fuori dalla propaganda revisionista o antirevisionista. Negli ultimi mesi Doenitz offriva sempre più truppe della Kriegsmarine ricavate dagli equipaggi delle navi per tamponare i fronti terrestri che crollavano e la Luftwaffe che si era squagliata: e non a caso il Fuehrer lo nominò suo unico successore, Reichspraesident e Reichskanzler insieme (Goebbels com'è noto si suicidò nel bunker). Durò solo venti giorni, com'è ben noto, a Flensburg (confine danese). In sostanza, Doenitz aiutò il Fuehrer a prolungare la guerra, questo era il suo capo d'accusa principale.

 

@Walter: ti ho risposto su warsailors.com a proposito di AMPHION/ANCHORITE.

Modificato da de domenico
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toh, chi si rivede! bentornato walter!

 

 

COME GIA EVIDENZIATO DA ALAGI, VI PREGO DI MANTENERE LA DISCUSSIONE FUORI DA CONTESTI POLITICI

A nome di Direttivo e Moderatori, invito tutti a mantenere la calma e a non esacerbare i toni ricordando - una volta di più - le condizioni d'uso del forum ( https://www.betasom.it/forum/index.php?act=boardrules ), in base alle quali vanno sempre mantenuti toni consoni e corretti facendo comunque salva l'apoliticità del forum, che è e rimane una delle sue caratteristiche fondamentali di maggior importanza e rilevanza.

 

Maurizio Brescia / Alagi

per Direttivo e Moderatori.

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Premetto che sono un lettore (negli scarsi limiti del mio tempo) di Repubblica.

Sono sempre stato convinto che la guerra è una brutta cosa. Sembra una cosa ovvia, ma noi anziani gentiluomi avvezzi alla guerra sul mare, dimentichiamo spesso cosa rappresenta la guerra nel fango delle trincee o sotto un bombardamento (a tappeto o di un drone), oppure sorvoliamo su cosa è succeso appena al di là della soglia di Gorizia solo qualche anno fa. La guerra è il primo dei cavalieri dell'Apocalisse, precede la carestia, la pestilenza e la morte.

Spesso ci nutriamo della nostra monocultura, che per me potrebbe essere anche i fumetti di Supereroica (sono sempre stato filoamericano), per qualcuno 10 anni e venti giorni, per qualcuno altro Das Kapital o, peggio, Mein Kampf, dimenticando di quanti colori è fatto l'arcobaleno.

... continuo a coltivare i miei dubbi.

 

Doenitz ricevette una condanna a dieci anni (una pena lieve, per l'epoca) perché negli ultimi mesi era rimasto l'ultimo pilastro del Fuehrer al di fuori della sua cerchia ristretta nel Fuehrerbunker. Leggiti "The Fuehrer Naval Conferences 1939-1945", i verbali delle conferenze navali preparati per Doenitz, è un testo di grandissimo interesse per capire i dati reali, fuori dalla propaganda revisionista o antirevisionista. Negli ultimi mesi Doenitz offriva sempre più truppe della Kriegsmarine ricavate dagli equipaggi delle navi per tamponare i fronti terrestri che crollavano e la Luftwaffe che si era squagliata: e non a caso il Fuehrer lo nominò suo unico successore, Reichspraesident e Reichskanzler insieme (Goebbels com'è noto si suicidò nel bunker). Durò solo venti giorni, com'è ben noto, a Flensburg (confine danese). In sostanza, Doenitz aiutò il Fuehrer a prolungare la guerra, questo era il suo capo d'accusa principale.

Quoto.

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Visitatore giovannibandenere

Citazione (de domenico @ Nov 4 2011, 04:22 PM)

Doenitz ricevette una condanna a dieci anni (una pena lieve, per l'epoca) perché ... ecc.

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Esatto; Goebbels si suicidò insieme alla moglie che prima uccise i suoi stessi figli (tranne il maschio primogenito avuto in prime nozze e che sopravvisse felicemente alla guerra); Goebbels rimase tuttavia Cancelliere per volontà testamentaria di Hitler, dal suicidio del fuhrer fino al suo stesso suicidio.

Prima di morire scrisse anche lui una memoria per motivare questa terribile"disobbedienza ad un ordine del fuhrer.

Forse lo avrebbe voluto sostituire nell'incarico Martin Bormann, ma questi fu trovato morto durante la fuoruscita ovvero fuga da Berlino, 99 su cento per una granata sovietica, si esclude che uno come lui si sia suicidato.

Hitler nel suo testamento, oltre ad una infinità di insulsaggini, nominò Donitz presidente del Reich, oltre che per il supporto della Marina alle operazioni finali di guerra, per odio nei confronti dei traditori WH, LW ed SS. Tutti traditori oltrechè buoni a nulla secondo lui. Così la sua scelta cadde sul Capo della Marina rimasta, non sempre ma quasi, al di fuori di camarille e giochini di corridoio; almeno, questa è la diagnosi di William Shirer.

Farò tesoro del suggerimento circa "The Fuehrer Naval Conferences 1939-1945", speriamo che non sia difficile trovarlo.

Giovanni.

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@totiano ciao comandante, stavolta non c'ento nulla . ho solo postato un vecchio articolo storico "home production" sui buoni e cattivi della II GM....

@malaparte ciao a te, dopo aver cancellato un milione di carattere sugli Uboote tedeschi... non diventerò mai un tuo "collega"... erano circa 160 pagine già pronte, impaginate, bellissime. e in un secondo sono sparite.. ovviamente non le avevo salvate da nessun'altra parte

@dedomenico: avremo tempo di risentirci, dopo aver cancellato un milione di caratteri sugli Uboote tedeschi.... li sto riscrivendo... e rimango convinto che i sommergibili nella seconda guerra mondiale sono stati 2.478, COMPRESI i 268 sovietici come convenuto in questo forum nei mesi scorsi...e prossimamente porrò altri quesiti, grazie per la collaborazione

buon divertimento a tutti

Modificato da walter leotta
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Citazione (de domenico @ Nov 4 2011, 04:22 PM)

Doenitz ricevette una condanna a dieci anni (una pena lieve, per l'epoca) perché ... ecc.

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Farò tesoro del suggerimento circa "The Fuehrer Naval Conferences 1939-1945", speriamo che non sia difficile trovarlo.

Giovanni.

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L'edizione che ho io è "Fuehrer Conferences on Naval Affairs 1939-1945", prefazione di Jak P. Mallmann Showell, Chatham Publishing, ediz. in paperback 2005, ISBN 1 86176 255 0 (ediz. originaria dell'Ammiragliato 1947).

Modificato da de domenico
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Credo francamente sia una faccenda che non capisco....avevo salutato Walter, che non sentivo da tempo.

Trtanquilli....o no?

 

@totiano ciao comandante, stavolta non c'ento nulla . ho solo postato un vecchio articolo storico "home production" sui buoni e cattivi della II GM....

 

nessun innesco da curare, era solo un intervento preventivo!

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@@malaparte ciao a te, dopo aver cancellato un milione di carattere sugli Uboote tedeschi.erano circa 160 pagine già pronte, impaginate, bellissime. e in un secondo sono sparite.. ovviamente non le avevo salvate da nessun'altra parte

Oh, caspita.... :s06:

 

.. non diventerò mai un tuo "collega"...

Cioè? Credi forse che io sia brava con l'informatica?? :s03: Certo che un disastro del genere.... :s12:

 

Comunque io alludevo alla tua possibile influenza sul "tuo collega" Tarquini...

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Non voglio entrare nei meriti (o demeriti) dell'articolo, ma c'è un punto di fondo, sicuramente nella flotta tedesca, c'erano brave persone, eroi e uomini senza scrupoli come anche nelle flotte alleate, ma in Germania c'era Adolf Hitler che ha coperto l'umanità di nefandezze, quindi nel male completo non si distinguono gli eventuali gesti eroici positivi o solidali, come di contraltare visto che gli Inglesi erano i buoni, si dimentica che W. Churcill, ordinò i bombardamenti indiscrimimati sulle popolazioni nemiche per fiaccare il consenso ai vari regimi qui, ad Ancona una città di 60000 abitanti ci furono 182 bombardamenti la maggior parte ad alta quota con 20000 morti (e non c'erano truppe belligeranti) nessuno dice che per opportunità gli inglesi risparmiarono all'Italia la loro Norimberga e non che le nefandezze dei gen. Roatta, Ruggero e Orlando siano state ,meno crudeli dei loro colleghi delle SS, (faccio una distinzione dalla Wehrmacht), la guerra purtroppo è l'aberrazione umana e se si comincia finisce la differenza trà il buono od il cattivo, ci sarà solo un vinto ed un vincitore. Certo l'articolo è fuorviante, ma non sono d'accordo sul fatto di difendersi con : ho obbedito ad un ordine o tanto lo facevano anche gli altri. Se si sbaglia si paga anche per un ideale sbagliato da qualunque parte lo si veda

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@totiano.........addirittura censura preventiva.... è proprio vero che con il trascorrere dell'età si peggiora.. cmq non preoccuparti, in questi momenti c'è solo una cosa da fare: restare in silenzio, stringere le mani intorno alle parti del corpo più preziose per noi maschietti, e attendere, attendere... attendere fiduciosi......così come non era mia intenzione aprire una discussione sull'impiego delle maserati blindate sul campo di battaglia, giuro... alla prossima

ciao

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Credo che quanto sotto trascritto sia molto eloquente. :s01: :s67:

 

ONORE MILITARE

La guerra dei mezzi di assalto in mare é come un iceberg. Noi ne conosciamo solo l'ottava parte emergente dall'acqua. Il resto é invisibile e, come nel caso dell'iceberg, se ne indovinano le dimensioni soltanto per i blocchi di ghiaccio che saltano fuori dall'acqua quando l'iceberg urta qualche sporgenza; così come oggi salgono a galla d'improvviso delle notizie dell'ultima guerra che svelano attività insospettate in luoghi ai quali nessuno pensava, come al largo della tranquilla spiaggia di Ostia.

Si ammette che dei fatti dello stesso genere avvengano continuamente un pò dappertutto, ma ciò non impedisce che la loro rivelazione non desti ogni volta un senso di stupore.

Il 6 marzo 1944 la base dei mezzi di assalto della X flottiglia MAS si stabilì a Fiumicino nella villa Torlonia, vicino al laghetto esagonale di Traiano, al porto di Claudio e all'idroscalo di Ostia, una zona di impareggiabile significato storico.

Lo sbarco degli alleati ad Anzio era avvenuto il 22 gennaio e già il 23 gennaio, operando da una base mobile, una squadriglia di tre MTSM (motoscafo turismo silurante modificato) verso mezzanotte si lanciò a piena velocità nella zona del porto illuminata a giorno, confondendosi poi a lenta velocità in mezzo all'intenso traffico di naviglio minore, in cerca di una preda di grandi dimensioni. L'MTSM era un motoscafo ideato per attacchi a navi anche in mare aperto, lungo 7 metri e largo 2,30, con due motori Alfa Romeo 2500. Ogni motoscafo, armato con un siluro da 450 mm., era condotto da due marinai.

Avvistato un cacciatorpediniere, si avvicinarono fino a 200 metri e lanciarono un siluro, ma non vi fu alcuna esplosione. Gli inglesi capirono che quei battelli erano nemici e aprirono un intensissimo fuoco. Allora si assistette alla lotta tra numerose unità potentemente armate in un mare illuminato a giorno e i piccoli barchini; questi si infiltrarono tra le unità nemiche, fino a toccarle, a grande velocità coi motori impazziti, in un inferno di fuoco che nella grande confusione coinvolgeva tra loro le navi alleate.

Tornò un solo barchino, uno venne affondato e il terzo si arenò sulla spiaggia di Ostia. Il risultato fu che gli anglo-americani, sconcertati da quell'attacco improvviso, rinunciarono agli sbarchi nelle ore notturne, in quel momento essenziali per le operazioni a terra.

Un altro mezzo di attacco era l' MTM (motoscafo turismo modificato), barchino esplosivo con un motore Alfa Romeo 25OO ed una carica di 300 kg.di esplosivo, condotto da un solo marinaio.

L'azione si svolgeva in tre fasi: il puntamento del motoscafo in direzione dell'obiettivo; l'abbandono del mezzo in piena velocità con il salto in mare del marinaio; la corsa del motoscafo a timone bloccato verso il bersaglio.

Occupata villa Torlonia a Fiumicino, i barchini furono ormeggiati tra le canne nel Tevere e mimetizzati. Effettuarono vari attacchi nel mare di Anzio centrando in pieno alcune navi, compresa una che trasportava sulle coste trenta carri armati. Con false notizie molto astutamente fatte pervenire alla flotta nemica, utilizzando loro informatori che non si erano avveduti del tranello, gli uomini della X MAS causarono tre uscite a vuoto di mezzi alla loro ricerca, finché il comandante inglese, presi molto sportivamente come una sfida quegli scherzi, cercò di reagire con l'astuzia; tuttavia non fece mai bombardare villa Torlonia, dove sventolava un grande tricolore, segno evidente per tutti della presenza della base.

Seguirono molte operazioni di guerra, gesta ardimentose in cui si rivelarono tutte quelle virtù di coraggio, di resistenza a ogni fatica, di prontezza nel percepire e risolutezza nell'eseguire con lealtà, che concorrono a formare il vero marinaio.

Tanto che con il nemico si creò uno spirito di competizione corretta, di un reciproco riconoscimento dei valori e dell'onore militare, che spiegano i comportamenti che seguirono : gli alleati compresero quei giovani marinai e resero loro l'onore delle armi al termine del conflitto, per quanto avessero colato a picco molte tonnellate del loro naviglio.

A villa Torlonia il tricolore venne installato su di un lungo palo sulla più alta torretta merlata e non venne mai ammainato, neanche di notte.

Era ben alto sulla pineta e si vedeva da molto lontano, affinché tutti sapessero che li c'era la X flottiglia MAS, senza segretezza.

Dal 26 maggio, dopo che era iniziata la grande offensiva degli alleati sul fronte di Anzio e lo sfondamento di Cassino, iniziarono sorvoli quotidiani di villa Torlonia degli Spitfire. Cinque aerei passarono velocissimi alle ore 17 a volo radente sugli alberi e tutti i marinai della base si gettarono a terra temendo il peggio: nessuna bomba e nessun mitragliamento, con grande sorpresa e con grande stupore. La spiegazione: il col. Lloyd dell'Intelligence Security della marina britannica voleva il comandante della base vivo per conoscerlo di persona.

Il 28 maggio i marinai riuscirono a colpire con il mitra l'ultimo Spitfire della formazione molto basso, che andò a planare sull'Isola Sacra intatto con una pala dell'elica spezzata da una pallottola; non trovarono il pilota che certamente si era salvato.

Il 29 maggio il comandante della base si mise in bella vista e sventolò il berretto per salutare i piloti degli Spitfire: gli aerei fecero un'ampia virata, si misero in fila ripassando su villa Torlonia e risposero al saluto oscillando le ali.

L'incredibile cerimonia si ripete puntuale tutte le sere fino al 3 giugno 1944, quando i MAS abbandonarono le missioni in quelle acque, ripiegando al nord.

 

Nel decalogo per i marinai dei mezzi di assalto si legge al punto sei:

 

"Ti sarà richiesto uno sforzo enorme, solo al di la del quale sta il successo. Per compierlo hai bisogno di tutte le tue energie fisiche e morali. La tua determinazione di riuscire ad ogni costo perciò deve nascere dal profondo del tuo cuore, espressione purissima del tuo amore per la Patria".

 

Pier Giorgio Franzosi

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Il comandante Leopard1 è attualmente parecchio impegnato in attività piuttosto serie.

Però, dato che gli avevo inoltrato questo topic, ha immediatamente reagito: e siccome è iscritto da tempi immemorabili all'albo dei giornalisti, credo abbia più autorità di altri ad avanzare certe critiche.

Copio-incollo la sua lettera inviata oggi a rubricalettere@repubblica.it, certa che Leopard non avrà alcun problema alla pubblicazione - divulgazione:

Egregio Direttore,

Si è mai chiesto davvero perchè per la gente comune una delle categorie (per non dire la categoria...) che gode di minor stima è quella dei giornalisti?

La risposta se la può dare leggendo la “corrispondenza” da Berlino di Andrea Tarquini, riportata su http://www.repubblica.it/esteri/2011/11/03...mania-24371223/ , infarcita di faziosità ed ignoranza.

Prima di scagliarsi contro la Germania ed il telefilm sul caso del Laconia, avrebbe fatto meglio a documentarsi, magari leggendo i documenti e le testimonianze degli Ufficiali britannici, o il testo delle udienze del Tribunale militare internazionale (seduta del 4 gennaio 1946) o il testo dello storico navale francese Leonce Peillard (L’affaire du Laconia”, Laffont 1961).

Il comportamento dei carcerieri polacchi (sì erano proprio carcerieri!) fu criminale, punto e basta.

Affermare che “ i cattivi nel film sono gli alleati prigionieri: ufficiali inglesi e soldati polacchi. Raffigurazione quest'ultima, del polacco cattivo, particolarmente ingiuriosa se si ricorda che nessun altro paese soffrì quanto Polonia e Urss dell'aggressione e dell'occupazione nazista” (per inciso,Tarquini dimentica, -o forse omette volutamente, chissà!- che la Polonia fu spartita tra la comunista URSS e la nazista Germania, e, guarda caso, dimentica anche che i polacchi tra le tante sofferenze, subirono anchei l massacro di Katyn, ad opera, guarda caso, dei comunisti sovietici...) non c’entra nulla con l’episodio del Laconia e con la condanna a morte per annegamento di centinaia e centinaia di italiani cui proprio i polacchi rifiutarono di aprire le gabbie in cui erano rinchiusi come animali.

Gli U-boote affondarono navi ospedale nella seconda guerra mondiale? Ma quando? Ma quali?

Si documenti e vedrà che furono gli Alleati ad affondare e bombardare le navi ospedale (le "navi bianche"), come le nostre California, affondata con siluri il 10 agosto 194, l Virgilio, bombardata mentre stava imbarcando feriti a Tunisi il 4 maggio 1943, Principessa Giovanna, mitragliata da aerei inglesi sempre nel maggio '43 (nella 2^ GM furono complessivamente, faffondate le seguenti navi ospedale italiane: Arno, California, Città di trapani, Po, San Giusto, Sicilia, Tevere. Furono più o meno gravemente danneggiate da bombardamenti, mitragliamenti e siluramenti: Capri, Laurana, Meta, Principessa Giovanna, Rombo, Toscana, Virgilio, solo per citare quelle italiane.

 

Doenitz condannato come criminale di guerra?

L’ammiraglio, contrariamente a molti altri imputati tedeschi, non fu accusato di crimini contro l'umanità, ma venne imputato per il coinvolgimento nella guerra di aggressione e per crimini contro le leggi di guerra. In particolare fu accusato di aver intrapreso una guerra sottomarina indiscriminata e di avere emanato, dopo l'incidente del Laconia, l’ordine di non soccorrere i sopravvissuti delle navi attaccate dai sottomarini.

Persino l’ammiraglio statunitense Nimitz (non uno qualsiasi, fu comandante in capo delle forze navali USA del Pacifico col il grado di "Fleet Admiral of the U.S. Navy, il più alto grado in assoluto della marina Statunitense...) testimoniò a suo favore e, dopo la condanna di Doenitz per "crimini contro la pace", numerosi furono gli ufficiali delle marine britannica e statunitense che gli attestarono solidarietà criticando il verdetto.

Posso capire che il Suo giornale ed i suoi giornalisti siano faziosi, ma l’ignoranza e la superficialità dimostrata dal suo collaboratore non fanno altro che aggiungere argomenti alla disistima della gente comune (il “popolo”) verso la categoria dei giornalisti italiani

Vincenzo Meleca

P.S. non ho l'indirizzo di posta elettronica di Tarquini, per cui non posso inviargli questa mia e-mail: La prego di fargliela avere.

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Anche io avevo letto l' articolaccio sulla Rep, ed ero indeciso se segnalarlo qua, ma ho soprasseduto; Pero' l' idea che mi sono fatto è che se ci sta un bersaglio politico nell' art. in questione, non sarebbe ideologico, ma "diplomatico" in senso molto lato.

 

Mi spiego meglio:

 

Ho ricavato l' impressione che il bersaglio vero dell' articolo fosse la brillante "partecipazione" germanica alla recentissima guerra libica, nonostante fosse l' unico teatro bellico euromediterranneo in cui NON avevano macchie militari connesse alla II GM (nell' ACIT le waffen-SS brillavano per la loro totale assenza....) e Rommel non si puo' certo accusare di nazismo attivo (in un contesto in cui la tessera del NSDAP era un presupposto per poter prestare servizio, non accuserei Rommel di essere un nazista sulla base del tesseramento del NSDAP....)

 

Saluti,

dott. Piergiorgio.

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Anche io avevo letto l' articolaccio sulla Rep, ed ero indeciso se segnalarlo qua, ma ho soprasseduto; Pero' l' idea che mi sono fatto è che se ci sta un bersaglio politico nell' art. in questione, non sarebbe ideologico, ma "diplomatico" in senso molto lato.

 

Mi spiego meglio:

 

Ho ricavato l' impressione che il bersaglio vero dell' articolo fosse la brillante "partecipazione" germanica alla recentissima guerra libica, nonostante fosse l' unico teatro bellico euromediterranneo in cui NON avevano macchie militari connesse alla II GM (nell' ACIT le waffen-SS brillavano per la loro totale assenza....) e Rommel non si puo' certo accusare di nazismo attivo (in un contesto in cui la tessera del NSDAP era un presupposto per poter prestare servizio, non accuserei Rommel di essere un nazista sulla base del tesseramento del NSDAP....)

 

Saluti,

dott. Piergiorgio.

 

 

No, amico mio, quel giornale (ben fatto, peraltro) è totus politicus. Come ho già detto, e ripeto sottovoce :s41: , qualunque parte politica italiana (qualunque governo) avrà comunque a che fare con Frau Merkel, la Bundesbank, la Frankfurter Allgemeine Zeitung e via enumerando..

Modificato da de domenico
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A sessantasei anni dal termine la seconda guerra mondiale continua a "produrre storia", ovvero a essere motivo di studio, lettura, polemica. Tant'è che persino i videogiochi se ne sono impossessati. E' un dato di fatto da prendere in considerazione e ponderare come tale, il perchédi tale interesse sono innumerevoli ma credo che almeno due possano essere citati: è stato il conflitto che ha provocato il maggior numero di morti nella storia umana (70 milioni, circa) il mondo attuale è plasmato sulla base di quel conflitto.

 

A distanza di sessantasei anni la storiografia sull'argomento è arrivata alla sua maturità, ossia alla capacità di ricostruire gli avvenimenti nella loro complessità fuori da giudizi moralistici influenzati da considerazioni di ordine politico. Un diffuso ordine di moralismo è quello che chiamerei "del bianco e del nero": da una parte quindi i portatori assoluti del bene, dall'altra quelli del male. Inutile dire che la storia è fatta di innumerevoli colori e sfumature.

Credo che l'aspetto peggiore dell'articolo di Tarquini sia proprio questo: il voler contrapporre un male assoluto ad un bene altrettanto assoluto. La disinformazione storica, che regna sovrana nelle redazioni di quotidiani e periodici, completa il quadro.

 

:s32:

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Visitatore giovannibandenere

CITAZIONE: de domenico

E' una visione molto pessimista, anzi deprimente, peraltro verosimile; non so se potrà funzionare nel tempo. Sempre che io abbia ben interpretato lo spirito del citato Com.te.

Loro non sono Amerikani, Breznev non c'è più, e hanno ancora il dentino leggermente avvelenato; e lo mostrano dandoci del parassita a ogni piè sospinto.

C'erano argomenti più "piccanti" di Donitz...; comunque, è diagnosi verosimile e conforme.

Sperèm, Giovanni.

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A richiesta del Tribunale Militare Internazionale, l'ammiraglio della Flotta USA Chester W. Niemitz fu regolarmente interrogato, l'11 maggio 1946, dopo che ebbe prestato regolare giuramento, dal capitano di Corvetta della Riserva navale USA, Joseph L. Broderick.

 

Domanda: « Qual é il suo nome, rango ed attuale incarico? ».

Risposta: « Chester W. Niemitz, ammiraglio della flotta degli USA, Capo della Direzione operativa della Marina degli Stati Uniti ».

 

D.: « Che incarico aveva nella Marina americana dal dicembre 1941 al maggio 1945? ».

R.: « Comandante in capo della flotta americana nel Pacifico ».

 

D.: « Hanno gli Stati Uniti, nel corso della guerra marittima contro il Giappone, dichiarato certe zone di mare, zone d'operazioni, di blocco, di pericolo, di avviso o di limitato impiego? ».

R.: « Si. Allo scopo di poter ordinare le operazioni contro il Giappone, il Pacifico fu dichiarato zona d'operazioni (letteralmente: teatro d'operazioni) ».

 

D.: « Se sì, era consuetudine dei sommergibili attaccare in tali zone senza preavviso navi mercantili, eccezion fatta per le nazionali e quelle degli Alleati? ».

R.: « Si, con esclusione di navi ospedale ed altre munite di salvacondotto, viaggianti per scopi umanitari ».

 

D.: « Aveva ordine di agire in questo modo? ».

R.: « Il Capo della Direzione Operazioni ordinò il 7 dicembre 1941 la guerra sottomarina senza restrizioni contro il Giappone ».

 

D.: « Era consuetudine, che i sommergibili dallo scoppio della guerra attaccassero senza preavviso mercantili giapponesi al di fuori delle zone d'operazioni od analoghe? ».

R.: « La risposta a questa domanda implica cose che durante la guerra erano al di fuori della mia sfera di competenza; per questo motivo non do alcuna risposta in proposito ».

 

D.: « Aveva ordine di agire in questo modo? ».

R.: « La risposta a questa domanda implica cose che durante la guerra erano al di fuori della mia sfera di competenza; per questo motivo non do alcuna risposta in proposito ».

 

D.: « Se la norma degli attacchi senza preavviso non esisteva fin dallo scoppio della guerra, fu attuata in un tempo successivo? Da che data? ».

R.: « L'applicazione di tale pratica esisteva nella zona d'operazioni dal 7 dicembre 1941 ».

 

D.: « L'impiego di tale pratica si accordava con gli ordini emanati? ».

R.: « Sì ».

 

D.: « Era a conoscenza dei responsabili della Marina USA, che le navi mercantili giapponesi avevano ordine di segnalare per radio alle forze armate giapponesi ogni sommergibile USA avvistato? Se sì, quando se ne venne a conoscenza? ».

R.: « Nel corso della guerra giunse all'orecchio dei responsabili dell'US Navy, che navi mercantili giap¬ponesi segnalavano effettivamente per radio alle forze armate ogni informazione relativa all'avvistamento di sommergibili USA ».

 

D.: « Ricevettero in seguito a ciò i sommergibili USA l'ordine di attaccare senza preavviso le navi mercantili giapponesi, nel caso che tale ordine non fosse esistito già in precedenza? Se sì, quando? ».

R.: « L'ordine esisteva dal 7 dicembre 1941 ».

 

D.: « Non era a conoscenza dei responsabili dell'US Navy, che le navi mercantili giapponesi avevano ordine di attaccare ogni sommergibile USA, nel modo e nelle condizioni più adatti, per esempio con speronamento, cannoneggiamento o bombe di profondità? Se sì, quando si venne a conoscenza di ciò? ».

R.: « I Giapponesi di solito erano armati ed attaccavano sempre con ogni mezzo disponibile, quando ne esisteva la possibilità ».

 

D.: « Ricevettero in base a ciò i sommergibili USA ordine di attaccare senza preavviso i mercantili giapponesi, nel caso quest'ordine non fosse esistito in precedenza? Se sì, signor ammiraglio Niemitz, quando? ».

R.: « L'ordine esisteva dal 7 dicembre 1941 ».

 

D.: « Erano i sommergibili USA ostacolati (prohibited) da ordini o norme (principi) generali, nel prendere misure di soccorso nei confronti di passeggeri ed equipaggi di navi, che erano state affondate senza preavviso, nei casi in cui la sicurezza del proprio battello ne risultava compromessa? ».

R.: « In base a princìpi generali i sommergibili USA non salvavano nessun superstite nemico, nel caso che ne derivasse, per il battello, un ulteriore, eccessivo pericolo o che ciò impedisse al battello l'esecuzione delle sue successive missioni. La ristrettezza di spazio costituiva per i sommergibili USA una limitazione nel prendere passeggeri a bordo nelle azioni di soccorso, senza considerare il carattere temerario e suicida del nemico. Per questo motivo era poco sicuro salvar molti superstiti. Talvolta furono dati agli scampati battelli di gomma o viveri. Tra l'altro alcuni giapponesi ostinati non salivano volontariamente a bordo dei sommergibili. Dovevano esser fatti prigionieri con la forza ».

 

D.: « Nel caso non ci fosse stato tale ordine o principio, avrebbero i sommergibili USA effettuato operazioni di salvataggio nei casi sopra citati?

R.: « In numerosi casi, superstiti nemici furono salvati da sommergibili USA ».

 

D.: « Nella risposta alla domanda suddetta, la espressione navi mercantili (merchantmen) sta a significare ogni tipo di nave, che non sia nave da guerra? ».

R.: « No, con navi mercantili intendo tutti i tipi di navi non armate. Usato in questo senso, il termine include pescherecci, eccetera ».

 

D.: « Se si, che tipo di navi? ».

R.: « L'ultima risposta risponde a questa domanda».

 

D.: « Si basava qualche ordine dei responsabili dell'US Navy, trattato nell'interrogatorio ora avvenuto, che riguardava la tattica dei sommergibili USA contro mercantili giapponesi, su motivi di rappresaglia? Se sì, quali Orders (ordini)? ».

R.: « La guerra subacquea ed aerea senza restrizioni, ordinata il 7 dicembre 1941, fu provocata dalla conoscenza della tattica giapponese rivelatasi a quella data. Nessun ulteriore ordine ai sommergibili USA, concernente la loro tattica contro i mercantili giapponesi, si basò durante tutta la guerra su misure di rappresaglia, sebbene si fosse venuti a conoscenza di chiari esempi di efferatezze, perpetrate da sommergibili giapponesi, che avrebbero giustificato una tale decisione ».

 

D.: « Sono stati quest'ordine o questi ordini dichiarati dal Governo giapponese misure di rappresaglia? ».

R.: « Questa domanda non è chiara. Per tale motivo non do al riguardo alcuna risposta ».

 

D.: « Sulla base di quali tattiche giapponesi erano giustificate le misure di rappresaglia prese in considerazione? ».

R.: « La guerra aerea e subacquea senza restrizioni — ordinata il 7 dicembre 1941 dal Capo della Direzione operativa della Marina — era giustificata dagli attacchi effettuati dai Giapponesi, senza preavviso e senza dichiarazione di guerra, contro basi USA, navi USA armate e disarmate e contro cittadini USA ».

 

 

Jochen Brennecke Il caso Laconia Baldini & Castoldi Milano 1961 (La Spingarda)

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