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Affondamento Nave Roma


Leopard1

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Il 9 settembre di settanta anni orsono, la nave orgoglio della Marina Militare Italiana, bombardata da aerei germanici, si inabissava con l'intero Comando delle Forze Navali da Battaglia, provocando oltre1300 vittime.


L'UNUCI di Milano ha organizzato lunedì 9 settembre alle ore 19, presso il Circolo di Presidio dell'Esercito di Milano - via del Carmine 8 - una conferenza del giornalista Daniele Carozzi sull'argomento per illustrarne le vicende e rendere omaggio ai 1393 Caduti nel 70° Anniversario dell'affondamento.


Ritengo che anche i non iscritti possano partecipare, per cui chi fosse interessato può confermare la propria presenza telefonando alla segreteria 02-76008863 (lun-ven 10.00-12.30) o 340-4736177 (lun-sab 10-18.30)



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  • 4 weeks later...

sull'affondamento della Roma c'è un aspetto che mi è sempre restato oscuro.

 

La bomba fatale fu lanciata diverso tempo dopo che erano iniziati gli attacchi dei Dornier tedeschi, era chiaro che si trattava di bombardieri ostili e pericolosi e che erano a quota tale che i pezzi contraerei non riuscivano a raggiungerli. E fin qui è tutto chiaro.

 

Ma a bordo delle corazzate italiane c'erano dei caccia RE2000, stavano lì proprio per la difesa della squadra navale da attacchi aerei in assenza di caccia provenienti da terra, ma nelle ricostruzioni che ho letto non se ne parla. Su Wikipedia, voce Re2000, leggo invece che uno, uno solo, decollato dal Veneto, fu invece impiegato e poi atterrò a Ajaccio, ma non ne so di più.

 

Chi sa di più?

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questa a me sembra una delle varie leggende metropolitane sull'argomento.

 

Almeno uno dei Reggiane arrivò a Malta a bordo di una delle corazzate , c'è una foto.

 

Nel frattempo ho letto che l'aereo che sarebbe stato lanciato non avrebbe raggiunto i bombardieri tedeschi per difetto di tangenza ma questo non torna con i dati pubblicati da tutti i libri, un Re2000 catapultabile arrivava 2000m più su di un Dornier 217...forse una avaria? O il pilota semplicemente si è sottratto al combattimento?

 

Quello che non capisco è perché la questione dei caccia imbarcati quel 9 settembre sembra così sfuggente, ci sono cento versioni, mentre la cronistoria dell'attacco a Roma e altre navi è stata studiata con il microscopio da 70 anni...

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La questione mi sembra più semplice di quanto si prospetti.
In effetti, almeno l'Italia (ex-Littorio) imbarcava un caccia Re.2000, come dimostra la documentazione fotografica scattata da parte inglese durante la navigazione verso Bona e poi verso Malta, e poi in occasione dell'arrivo a Malta.

Bisognerebbe però conoscere, in prima battuta, lo "stato di efficienza" dei velivoli imbarcati sulle tre corazzate, la presenza di eventuali avarie o guasti che ne precludevano l'utilizzo: occorrerebbe quindi una ricerca presso gli archivi degli Uffici storici della Marina e dell'aeronautica in questo senso.

Inoltre - ed è a mio avviso un elemento determinante - faccio presente a "Caioduilio" che, stanti le caratteristiche tecniche dei velivoli in questione e delle catapulte imbarcate sui "Littorio", per il lancio di un apparecchio erano necessari tra i 10 e i 15 minuti di "preparazione" operativa, dal portare in pressione i circuiti della catapulta idraulica, a scaldare il motore dell'aereo e - soprattutto - al programmare e far effettuare una variazione di rotta alla nave in modo da poter lanciare il velivolo controvento, data la ridotta potenza di lancio delle catapulte idrauliche.
Nella particolare situazione in cui navigava la squadra dell'amm. Bergamini, in formazione e con rotte in parte "obbligate" a causa della presenza di sbarramenti minati, tantopiù una volta prospettatosi il subitaneo attacco aereo tedesco pensare di porre in essere le procedure di cui sopra (e la variazione di rotta in particolare) non avrebbe portato ad alcun effetto pratico in tempi sufficientemente brevi.

Ritengo quindi la presenza a bordo delle tre corazzate degli Re.2000 del tutto ininfluente sulla perdita della Roma.

Mi permetto anzi, ma è una valutazione del tutto personale, di rilevare come - negli anni - ipotesi e allusioni a inadempienze, mancanze gravi (per non parlare degli assurdi "tradimenti" prospettati dal giornalismo più ignorante e volutamente disinformato) ecc. in riferimento all'affondamento della Roma creino solo nocumento ai caduti dell'unità. Tantopiù, in presenza delle documentate conclusioni della Commissione d'inchiesta istituita dalla Marina Militare nel dopoguerra sulla perdita della Roma., disponibili c/o l'Archivio USMM, Roma ("Fondo Commissione d’inchiesta speciale, Navi, b. 2, Roma; Verbale conclusivo" [redatto da ufficiali e professionisti sulla base, tra l’altro, di centinaia di deposizioni di superstiti]).

Modificato da Alagi
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deposizioni della Corte Marziale

Era una Commissione d'inchiesta, come - di norma - si istituisce nel caso della perdita di un'unità.

Per la perdita della Roma non fu istituita nessuna corte marziale :happy: ...

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intanto ringrazio della replica il Sig. Alagi. Giusta la puntualizzazione circa i tempi e limiti del lancio dei Re2000 imbarcati. ma non estremizzerei la cosa altrimenti staremmo dicendo che tutto il programma di adattamento e imbarco dei Re2000 sulle corazzate sia stato uno spreco di tempo e soldi.

 

Sulla ininfluenza dei Re2000 sull'attacco e soprattutto sull'affondamento della Roma concordo parzialmente, io credo vada fatta una riflessione quantitativa e non qualitativa, i caccia imbarcati erano forse quattro, armati per lo più di sole due mitragliere da 12,7mm ciascuno, ed impiegabili solo una volta non essendo possibile recuperarli a bordo dopo il lancio, i bombardieri attaccanti più di venti. Solo una eccezionale combinazione di circostanze fortunate avrebbe potuto condurre quei pochi caccia a sventare l'altrettanto fortunato colpo mortale alla Roma. Ma le stesse considerazioni si possono applicare pari pari all'artiglieria contaerea imbarcata del cui impiego parlano invece tutte le ricostruzioni che ho letto di quel giorno.

 

Spero che la seconda parte del suo intervento non debba essere letto come un invito a non affrontare l'argomento "a prescindere". Ma se così fosse la prego di essere più esplicito e ovviamente, da ospite per lo più ultimo arrivato, ovviamente mi atterrò. Se invece, come immagino, non si riferisce alle mie richieste di chiarimenti, animate da solo spirito di conoscenza, proseguo.

 

Non conosco cosa scrisse la commissione d'inchiesta sull'argomento "impiego dei Re2000", immagino nulla di specifico altrimenti avrei trovato da tempo risposte ai miei dubbi. Da qualche parte ricordo di aver letto persino che l'ammiraglio Oliva aveva eccepito sul mancato impiego dei Re2000 prima dell'affondamento della Roma.

Ma è la questione del lancio di Re2000 dopo l'affondamento della Roma che vorrei chiarirmi se fosse mai possibile, se c'è stato, se si di quanti aerei (uno o due?) e di cosa fecero una volta in aria. Nei casi dove ho trovato cenno al fatto che almeno un caccia efficiente fu lanciato poi si continua dicendo che non ottenne nulla per difetto di autonomia o di tangenza, tutte e due mi sembrano spiegazioni monche viste le prestazioni note dei Re2000.

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Le tattiche d'impiego delle CAP (il termine è moderno - e, soprattutto, anglosassone - ma si può applicare al caso in questione per semplicificare il concetto) prevedono, per sommi capi, due situazioni: CAP sempre on-station (cioè in volo) oppure CAP in stand-by sul ponte. Nel primo caso, a fronte di una necessaria costosa (in termini di mezzi e piloti necessa) rotazione dei velivoli in volo, si ha una molto buona probabilitá che, anche in caso di attacco nemico non localizzato con sufficiente anticipo, la CAP riesca ad intervenire. Per consentire una rotazione di velivoli in volo per periodi di tempo lunghi è però necessaria una portaerei oppure un coordinamento molto spinto tra gruppo navale e velivoli basati a terra. Ma questa seconda ipotesi non rientra nel caso in esame perchè i Re2000 erano organici alla forza navale.

Nel secondo caso, cioè quando per scarsitá di velivoli organici o non organici non è possibile una rotazione di aerei in volo per lunghi periodi, si ricorre allo stand-by dei velivoli sul ponte. Anche questa soluzione ha delle limitazioni di cui tenere debito conto in fase di pianificazione da parte dell'Ufficiale in comando tattico. Lo stand-by ha diversi tempi di prontezza. Nel caso di prontezza in pochi minuti (il tempo della messa in moto, approntamento della catapulta e manovra della nave per andare al vento) il pilota rimane nell'abitacolo e gli specialisti sul ponte per tutto il tempo dello stand-by. Va da se che questa prontezza non può essere assunta a tempo intederminato nel caso si disponga per un solo pilota e/o di una sola squadra di ponte. Questo per ovvi limiti fisici del personale. Quindi se il pilota o la squadra del ponte è unica si deve diminuire la prontezza cioè scendere a un compromesso tra velocitá di reazione ad un attacco e usura fusica del personale. Si dovrá quindi consentire al pilota di attendere la chiamata in sala attesa volo e alla squadra del ponte di essere pronta su chiamata a ridosso per non rimanere lunghi periodi esposta alle intemperie o al troppo caldo. Con queste precauzioni, essendo il personale meno stressato, lo stand-by può durare più a lungo (ma comunque non a tempo indefinito senza una rotazione) ma i tempi d'intervento, ovviamente, si dilatano.

Last but not the least, questo secondo metodo funziona se si dispone di un early warning, cioè una capacitá di scoperta degli attaccanti ad una distanza tale che la CAP in stand-by possa decollare, secondo le necessarie procedure, in tempo per contrastare gli attaccanti prima che arrivino a bombardare la formazione (dopo l'intervento sarebbe punitivo e non difensivo). Faccio presente che l'early warning nella maggior parte dei casi è costituito da un radar di scoperta aerea a lunga portata (oggi giorno anche di velivoli radar, ma non è questo il caso che stiamo trattando) ma non solo.

Conoscendo la base di decollo degli aerei attaccanti l'early warning può essere dato anche da un velivolo da ricognizione o tramite informazioni d'intelligence.

Tutto questo pistolotto per dire che, a volte, ciò che può sembrare semplice e scontato non è ne l'uno ne l'altro (che prontezza era stata ordinata? quanti piloti per velivolo erano presenti a bordo? Di quale capacita early warning si disponeva? ecc.)

Ciao,

C.

Modificato da chimera
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Spero che la seconda parte del suo intervento non debba essere letto come un invito a non affrontare l'argomento "a prescindere". Ma se così fosse la prego di essere più esplicito e ovviamente, da ospite per lo più ultimo arrivato, ovviamente mi atterrò. Se invece, come immagino, non si riferisce alle mie richieste di chiarimenti, animate da solo spirito di conoscenza, proseguo.

Assolutamente NO! E' ovvio.

Ognuno è libero di esporre ciò che pensa - quando ciò è fatto in termini di correttezza e educazione - e/o di rispondere, se non è d'accordo da quanto esposto da un alto utente, sempre nei medesimi termini.

Quindi, nessun problema di tipo "censorio", ci mancherebbe

Ho semplicemente espresso un parere personale derivante da anni di attività e di esperienza nel campo pubblicistico e della storia navale, nel cui ambito ho potuto verificare che "l'accanimento" nell'approfondire dettagli non sostanziali può condurre ad allontanarsi dall'essenza del problema e alla sua corretta valutazione, portando - nel contempo - a conclusioni che non tengono conto, come nel caso dell'impiego dei velivoli imbarcati sulle tre n.b. italiane il 9 settembre 1943, di una visione più ampia, generale e corretta del problema e di tutti gli aspetti operativi che coinvolsero le unità al comando dell'amm. Bergamini in quell'evenienza.

 

Sulla ininfluenza dei Re2000 sull'attacco e soprattutto sull'affondamento della Roma concordo parzialmente, io credo vada fatta una riflessione quantitativa e non qualitativa,

Non concordo: soltanto tre o quattro aerei, impiegati in base alle modalità e nelle condizioni che io e soprattutto Chimera abbiamo cercato di evidenziare, avrebbero potuto fare ben poco, non potendo intervenire essendo già in volo. Difatti, se è vero che le unità italiane avvistarono velivoli di nazionalità non identificata anche prima dell'attacco, se si fossero lanciati i caccia in precedenza non li si avrebbe poi avuti disponibili nel momento di maggior necessità. E quando questo momento si presentò, per le motivazioni che io e Chimera abbiamo esposto, se i velivoli fossero stati ancora a bordo il loro lancio non avrebbe potuto avvenire con le necessarie tempistiche.

 

 

(...) staremmo dicendo che tutto il programma di adattamento e imbarco dei Re2000 sulle corazzate sia stato uno spreco di tempo e soldi.

In effetti... non siamo lontani dalla realtà, secondo me.

 

Non conosco cosa scrisse la commissione d'inchiesta sull'argomento "impiego dei Re2000", immagino nulla di specifico altrimenti avrei trovato da tempo risposte ai miei dubbi. Da qualche parte ricordo di aver letto persino che l'ammiraglio Oliva aveva eccepito sul mancato impiego dei Re2000 prima dell'affondamento della Roma.

Ma è la questione del lancio di Re2000 dopo l'affondamento della Roma che vorrei chiarirmi se fosse mai possibile, se c'è stato, se si di quanti aerei (uno o due?) e di cosa fecero una volta in aria. Nei casi dove ho trovato cenno al fatto che almeno un caccia efficiente fu lanciato poi si continua dicendo che non ottenne nulla per difetto di autonomia o di tangenza, tutte e due mi sembrano spiegazioni monche viste le prestazioni note dei Re2000.

Concordo che, per completezza della conoscenza dei fatti, questo aspetto potrebbe essere maggiormente approfondito: e - essendo i velivoli in carico alla Regia Aeronautica - penso che una ricerca approfondita in questo senso andrebbe svolta non soltanto all'USMM, ma anche e soprattutto all'Ufficio Storico dell'Aeronautica Militare.

Personalmente, resto comunque dell'idea che in ragione dei numerosi fattori che sono stati esposti, l'impiego degli Re.2000 non sarebbe stato possibile nei tempi necessari e che - visto il numero degli aerei attaccanti - difficilmente avrebbe portato a effetti tali da risultare determinante.

Modificato da Alagi
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Come giustamente fa rilevare Alagi, una volta avvistati gli aerei tedeschi (e non dimentichiamo che non era certa la loro ostilità, fino all'ultimo) semplicemente non c'erano i tempi per usare i RE. Oltre al tempo di lancio, vi era il tempo per salire in quota, quantificabile in MINUTI. L'attacco sarebbe quindi terminato.

 

L'unico impiego realistico per gli aerei sarebbe stato il lancio di una coppia, un oretta prima, che avrebbe pattugliato il cielo per poi andare ad atterrare in Sardegna o altrove.

 

Col risultato che se, FORTUNOSAMENTE, i tedeschi si fossero presentati in quel lasso di tempo, sarebbero FORSE riusciti a intervenire (il che non vuole dire SVENTARE L'ATTACCO).

 

era un palliativo per cercare di fornire una parvenza di copertura 'autonoma' alle Navi: ma d'altro canto, tutto l'impiego degli aerei imbarcati della IIGM da parte dell'Italia, RO43 compresi, meriterebbe un approfondita discussione.

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rammento che a bordo delle Regie Navi non poteva certo essere chiara la situazione a terra, con lo sbarchi alleati in corso, i tedeschi che stavano occupando rapidamente ogni struttura ed infrastruttura militare e civile Italiana (inclusi aeroporti...) in quello che forse fu l' ultimo Blitzkrieg (effettuato, attenzione, non lungo una direttrice a partendo da un fronte, ma a macchia di leopardo partendo dagli acquartieramente) e una situazione politica per niente chiara (eufemismo) forse si richiedeva troppo ai piloti... all' equipaggio di un Ro. 43 potevi ordinare di ammarare presso una silurante e autoaffondare l' idro, ma al pilota di un Re.2000 che ordini gli si poteva dare ?

 

Saluti,

dott. Piergiorgio.

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.

caioduilio, il 13 ott 2013 - 01:06, ha detto:

Sulla ininfluenza dei Re2000 sull'attacco e soprattutto sull'affondamento della Roma concordo parzialmente, io credo vada fatta una riflessione quantitativa e non qualitativa, i caccia imbarcati erano forse quattro, armati per lo più di sole due mitragliere da 12,7mm ciascuno, ed impiegabili solo una volta non essendo possibile recuperarli a bordo dopo il lancio, i bombardieri attaccanti più di venti. Solo una eccezionale combinazione di circostanze fortunate avrebbe potuto condurre quei pochi caccia a sventare l'altrettanto fortunato colpo mortale alla Roma.

 

...non concordo: soltanto tre o quattro aerei, impiegati in base alle modalità e nelle condizioni che io e soprattutto Chimera abbiamo cercato di evidenziare, avrebbero potuto fare ben poco, non potendo intervenire essendo già in volo. Difatti, se è vero che le unità italiane avvistarono velivoli di nazionalità non identificata anche prima dell'attacco, se si fossero lanciati i caccia in precedenza non li si avrebbe poi avuti disponibili nel momento di maggior necessità. E quando questo momento si presentò, per le motivazioni che io e Chimera abbiamo esposto, se i velivoli fossero stati ancora a bordo il loro lancio non avrebbe potuto avvenire con le necessarie tempistiche.

 

caioduilio, il 13 ott 2013 - 01:06, ha detto:

(...) staremmo dicendo che tutto il programma di adattamento e imbarco dei Re2000 sulle corazzate sia stato uno spreco di tempo e soldi.

In effetti... non siamo lontani dalla realtà, secondo me.

Personalmente, resto comunque dell'idea che in ragione dei numerosi fattori che sono stati esposti, l'impiego degli Re.2000 non sarebbe stato possibile nei tempi necessari e che - visto il numero degli aerei attaccanti - difficilmente avrebbe portato a effetti tali da risultare determinante.

 

sul primo punto mi sembra che concordiamo abbastanza invece, quando io parlavo di problema quantitativo volevo proprio sottolineare che i caccia a disposizione della flotta italiana erano quattro al massimo, contrapposti a più di due dozzine di bombardieri. Se i numeri fossero stati invertiti secondo me la questione sarebbe stata del tutto diversa

 

 

sul secondo punto ho dei dubbi invece, il concetto di intercettori lanciabili con catapulta era stato inventato dai britannici con le CAM del 1941 (catapult armed merchantmen) i cui Hurricane vennero considerati un "considerable deterrent" contro aerei nemici isolati. Isolati appunto, non contro un intero stormo come fu il 9 settembre 1943. Ritengo che questo significhi che il lancio di aerei su allarme aveva la sua utilità, è vero che i mezzi di scoperta all'epoca erano rudimentali, ma penso che nel 1943 la nostra flotta da battaglia ne avesse di migliori rispetto a mercantili britannici del 1941, e che la velocità di salita dei caccia era relativa, ma è anche vero che i bombardieri e i ricognitori andavano a 400 km all'ora o poco più e volavano a 5000 o 6000 metri. Insomma ho motivo di credere che i tempi di intervento di questi RE2000 catapultabili erano compatibili con il contrasto di minacce che volassero ad alta quota, alta per quell'epoca.

 

 

Come giustamente fa rilevare Alagi, una volta avvistati gli aerei tedeschi (e non dimentichiamo che non era certa la loro ostilità, fino all'ultimo) semplicemente non c'erano i tempi per usare i RE. Oltre al tempo di lancio, vi era il tempo per salire in quota, quantificabile in MINUTI. L'attacco sarebbe quindi terminato.

 

L'unico impiego realistico per gli aerei sarebbe stato il lancio di una coppia, un oretta prima, che avrebbe pattugliato il cielo per poi andare ad atterrare in Sardegna o altrove.

 

Col risultato che se, FORTUNOSAMENTE, i tedeschi si fossero presentati in quel lasso di tempo, sarebbero FORSE riusciti a intervenire (il che non vuole dire SVENTARE L'ATTACCO).

 

era un palliativo per cercare di fornire una parvenza di copertura 'autonoma' alle Navi: ma d'altro canto, tutto l'impiego degli aerei imbarcati della IIGM da parte dell'Italia, RO43 compresi, meriterebbe un approfondita discussione.

 

Ricordo che tra la prima bomba guidata che sfiorò un incrociatore e il colpo fatale alla Roma (il secondo a bordo) passarono circa 20 minuti, almeno così dicono le ricostruzioni che ho letto, e se contiamo il tempo a partire dall'avvistamento dei bombardieri arriviamo a circa 40 minuti. Il tempo per mettere la prua al vento e apprestare, lanciare e portare in quota un paio di Re2000 forse non c'era viste le giuste considerazioni che leggo qua, ma non abbiamo secondo me abbastanza dati per arrivare a conclusioni nette. Mi piacerebbe leggere uno studio ben documentato in merito ed è appunto quello che cerco da tempo e che mi ha spinto ad introdurre questo argomento qui vista l'ampia frequentazione di esperti e appassionati.

 

rammento che a bordo delle Regie Navi non poteva certo essere chiara la situazione a terra, con lo sbarchi alleati in corso, i tedeschi che stavano occupando rapidamente ogni struttura ed infrastruttura militare e civile Italiana (inclusi aeroporti...) in quello che forse fu l' ultimo Blitzkrieg (effettuato, attenzione, non lungo una direttrice a partendo da un fronte, ma a macchia di leopardo partendo dagli acquartieramente) e una situazione politica per niente chiara (eufemismo) forse si richiedeva troppo ai piloti... all' equipaggio di un Ro. 43 potevi ordinare di ammarare presso una silurante e autoaffondare l' idro, ma al pilota di un Re.2000 che ordini gli si poteva dare ?

 

Saluti,

dott. Piergiorgio.

 

Sulla chiarezza della situazione direi si e no, a quell'ora del 9 settembre le intenzioni dei tedeschi erano ormai chiarissime e il centro di Santa Rosa era restato in piena attività seppure fosse a pochi chilometri dalla III divisione Panzergrenadieren tedesca, mentre a Roma lo stato maggiore dell'esercito si era già praticamente dissolto.

 

Ma concordo assolutamente sulla sua definizione di "ultimo Blitzkrieg" che rende bene anche a mio parere quello che avvenne tra la sera dell'8 e quella del 10 settembre 1943 in Italia, mentre di solito si tende a mettere l'accento solo sul fuggi fuggi generale degli italiani, fuggi fuggi che purtroppo ci fu ma che iniziò solo 10 ore dopo l'avvio dei combattimenti quando era già evidente la decisione e capacità delle truppe tedesche. Ma questo è tutto un altro discorso.

Modificato da caioduilio
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Anche qui direi si e no, a quell'ora del 9 settembre le intenzioni dei tedeschi erano ormai chiarissime e nel fuggi fuggi generale il centro di Santa Rosa era invece restato in piena attività seppure fosse a pochi chilometri dalla III divisione Panzergrenadieren tedesca.

 

beh, avendo, tra l' Incisa della Rocchetta ed altri testi (ma non il relativo volume della storia ufficiale dell' USMM) una buona selezione del traffico finale di Supermarina, non mi sembra che ci fosse molto sull' effettivo controllo degli aereoporti, che poteva certo essere desunto o supposto dalle segnalazione dei movimenti tedeschi, ma non mi permetto certo di speculare sulle attività di SM tra il torrione e i locali Ufficiali di RN Roma.

 

Saluti,

dott. Piergiorgio.

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