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Triangolo Bermude :ipotesi Sulla Causa Sparizioni


Red

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Ipotesi di un gruppo di scienziati della Arctic University di Norvegia sulle sparizioni

di navi ed aerei nel Triangolo delle Bermuda

Ecco l'articolo apparso oggi :

http://www.msn.com/it-it/notizie/mondo/triangolo-delle-bermuda-%c2%abecco-il-perch%c3%a9-delle-sparizioni%c2%bb-la-teoria-di-un-gruppo-di-ricercatori/ar-BBqyFPd

 

RED

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Quante frescacce in un solo articolo.

Il "Triangolo delle Bermuda" semplicemente non esiste. Le sparizioni inspiegabili sono state inventate negli anni '60 da alcuni scribacchini da quattro soldi, che hanno distorto la storia di incidenti normalissimi di un tratto di mare assai frequentato; il resto è stato fatto dalla creduloneria del pubblico e dei giornalisti, soliti copincollare liste e "descrizioni" di queste scomparse senza fare uno straccio di verifica.

Mi permetto di riportare in questa sede un articoletto che avevo scritto tempo addietro. Non sono andato a cercare in chissà quali archivi, ho soltanto cercato su Internet notizie un po' più dettagliate su un po' dei casi riportati dai creduloni come "esempi" di questa colossale farsa.

Guarda un po' che cosa salta fuori...

 

"Una delle montature più clamorose è indubbiamente quella della Raifuku Maru, nave da carico giapponese che viene citata nelle liste (tutte pressoché uguali, frutto di copia-incolla effettuati senza nemmeno verificare le fonti) di navi “inghiottite” dal triangolo come “scomparsa ad est delle Bahamas” nel 1922 o “scomparsa tra le Bahamas e Cuba, nel 1924”. Alcuni siti danno qualche particolare in più: la Raifuku Maru sarebbe scomparsa “in una tranquilla giornata dell'aprile 1925” dopo aver lanciato un messaggio che diceva “Venite presto, è tremendo! Non possiamo fuggire”.

È tutto molto interessante, ma falso. Il 21 aprile 1925, infatti, data della “scomparsa” della Raifuku Maru, era una giornata tutt’altro che tranquilla:al largo delle coste americane infuriava una violenta tempesta e la Raifuku Maru vi era incappata, trovandosi in difficoltà. Il messaggio partito dalla nave era sì drammatico,ma differente da quello riportato: “Now very danger! Come quick!” ossia “Ora grave pericolo! Venite presto!”. Si trattava semplicemente dell’SOS della nave, che era in procinto di affondare e chiedeva aiuto in uno storpiato inglese (non dimentichiamoci che l’equipaggio era composto per intero da giapponesi, in un'epoca in cui questa non era ancora divenuta una lingua internazionale). Inoltre, la Raifuku Maru non scomparve nel nulla, ma affondò sotto gli occhi di centinaia di persone: equipaggio e passeggeri del transatlantico britannico Homeric, accorso dopo aver ricevuto la richiesta di aiuto. Purtroppo pochi uomini dell’equipaggio della nave giapponese riuscirono a gettarsi in mare e annegarono tutti: a causa del mare grosso, l’Homeric non riuscì a trarre in salvo nessuno (e questo fu causa di una controversia con il governo giapponese, che sostenne che il capitano dell’Homeric non aveva voluto perdere tempo a salvare dei giapponesi, accusa comunque infondata). Esiste, tanto per annullare ogni dubbio, una foto che mostra la Raifuku Maru in affondamento, sulla prima pagina dell’edizione del 23 aprile 1925 del “New York Times”. Quella della Raifuku Maru fu una delle tante tragedie del mare, un evento drammatico, ma non certo un mistero! Solo un bugiardo e tanti creduloni l'hanno trasformato in tale.

Certe liste (poche, per fortuna) giungono ad includere nella lista della navi scomparse nel triangolo persino il Waratah. Si tratta di un grosso piroscafo passeggeri, scomparso il 27 giugno 1909 al largo del Sudafrica. Sudafrica! Il Waratah scomparve mentre era in rotta da Durban a Capetown, due città sudafricane. Il triangolo delle Bermuda si estende fra Porto Rico ,le isole Bermuda e la Florida, ossia nell’Atlantico nordoccidentale, al largo dell’America centro-settentrionale, distante centinaia di miglia dal luogo della sparizione del Waratah. La scomparsa del Waratah e delle 211 persone a bordo resta uno dei più noti misteri del mare, ma è ben lungi dall’essere inspiegabile: la nave, infatti, scomparve in una violenta tempesta ed era nota per i suoi seri problemi di instabilità.

Tornando al Triangolo, tra le prime sparizioni si parla così, nei vari siti in cui, lo ripeto, si mettono spesso testi copiati a tavolino: “nel 1800, la USS Pickering sparì tra la Guadalupa ed il Delaware; nel 1814 la USS Wasp scomparve nei Caraibi; e poi il Grampus, la Mary Celeste, l'Atlanta”.

Vediamo le prime tre. La USS Pickering era un brigantino, la USS Wasp uno sloop-of-war (in pratica una corvetta), la USS Grampus una goletta; in tutti e tre i casi si trattava di unità della US Navy, di dimensioni abbastanza ridotte.

La USS Pickering fu vista l’ultima volta a Newcastle, nel Delaware, il 20 agosto 1800. Era diretta in Guadalupa. È pur vero che scomparve senza lasciare traccia assieme ai 90 uomini dell’equipaggio, ma è altrettanto vero che in settembre, in quella zona, ci fu una burrasca. L’acqua poteva sfondare i portelli dei cannoni delle navi da guerra dell’epoca, e una volta che aveva iniziato ad entrare non c’era più modo di fermarla: la nave affondava. All’epoca era ovviamente impossibile essere informati dell’affondamento di una nave, quindi le ricerche partivano in ritardo e non avevano comunque mezzi per esplorare rapidamente vasti tratti di mare; figurarsi poi quando non si aveva idea di dove fosse avvenuta la scomparsa! In sintesi, la scomparsa di un veliero a inizio del XIX secolo non poteva certo dirsi un mistero inspiegabile. Ne sparirono a centinaia, in ogni angolo del globo.

A titolo di esempio cito il caso della USS Hornet. Si trattava di un brigantino abbastanza celebre per i suoi vittoriosi combattimenti nella guerra del 1812. Il 29 settembre 1829 affondò in una tempesta al largo di Tampico (Messico) assieme a tutti i 145 uomini a bordo. Se non fosse stata vista affondare, sarebbe probabilmente finita nell’elenco delle unità “misteriosamente scomparse”.

Le stesse considerazioni valgono per la Wasp. Infatti fu vista l’ultima volta verso la metà dell’ottobre 1814 nei pressi dei Caraibi, da un mercantile svedese. È però riportato che la probabile causa della scomparsa sia stata una tempesta.

Stesso discorso per la Grampus. Fu vista l’ultima volta il 15 marzo 1843 al largo di Saint Augustine (Florida) ma è data come probabile causa della sua perdita la burrasca avvenuta in quel periodo al largo di Charleston. Tutti i 48 uomini a bordo perirono.

Altre liste riportano un’altra scomparsa, quella dell’USS Insurgent, avvenuta nel 1816,con ben 340 persone a bordo. L’Insurgent, in realtà – fregata catturata alla Francia nel 1799 – scomparve sì, ma non nel 1816, bensì dopo l’8 agosto 1800, data della sua partenza da Hampton Roads per le Indie Occidentali. Peccato che il 20 settembre 1800 una violenta tempesta abbia devastato le Indie Occidentali…

Venendo a tempi ben più recenti,la musica non cambia. Nelle solite liste compare “1951 – SAO PAULO (incroc. a rimorchio, 20.000 tonn.) scomp. a sudovest delle Azzorre, 8 persone”. Intanto, giusto per essere pignoli: il Sao Paulo non era un incrociatore (né, come mi è capitato di vedere, un transatlantico), ma una corazzata. Una delle prime corazzate tipo dreadnought del Brasile, entrata in servizio nel 1910: all’epoca della sua sparizione aveva quindi 41 anni. Molti per una nave: nel 1951 quasi tutte le corazzate contemporanee alla Sao Paulo erano state smantellate. Il fatto che fosse definito incrociatore “a rimorchio” avrebbe dovuto accendere un primo campanellino d’allarme, e il fatto che una nave da 20.000 tonnellate avesse appena otto persone a bordo avrebbe dovuto accenderne un secondo.

Qualche sito riporta le circostanze della perdita. “Il caso della São Paulo è uno dei più impressionanti. Questa nave era destinata ad essere demolita e aveva un equipaggio di soli otto uomini. Navigava rimorchiata da due rimorchiatori oceanici nei pressi delle Azzorre ed improvvisamente sparì nella notte tra il 3 e il 4 ottobre 1951. Nella notte del 3 uno dei rimorchiatori aveva sganciato le gomene per la furiosa burrasca; il mattino seguente i cavi del secondo rimorchiatore erano spezzati e della nave non vi era né vi fu mai più traccia.” Questo racconto corrisponde al vero. Il punto è: che c’è d’impressionante: una vecchia corazzata, ormai superata e radiata (già dal 1947), ridotta ormai ad un rottame, viene rimorchiata verso il cantiere di demolizione. Durante una burrasca i cavi di rimorchio si spezzano e i rimorchiatori non trovano più la nave. Che c’è di strano? Non è certo un caso isolato. Più di una nave in rimorchio verso il cantiere di demolizione è affondata, senza nemmeno bisogno di tempeste. La Sao Paulo, se non era a rimorchio, non poteva fare niente: ammesso che le macchine fossero ancora utilizzabili, otto persone non sarebbero mai bastate a governarla. Semplicemente, andò alla deriva in balìa delle onde sino all’affondamento. Pensare di trovare otto uomini, al buio e con il mare in tempesta, è pura follia. Caso chiarito.

Scorrendo la lista, ecco un altro esempio:“1925 - COTOPAXI (nave-cargo) scomparsa sulla rotta Charleston-L' Avana”. Il Cotopaxi, un piroscafo da carico con 32 persone di equipaggio, affondò in effetti senza superstiti il 1° dicembre 1925. Peccato che la nave non scomparve senza lasciare traccia: inviò infatti un SOS nel quale si diceva che la nave era sbandata e stava imbarcando acqua. Dov’è il mistero?

E ancora, un caso fra i più noti: “1963 - MARINE SULPHUR QUEEN (nave-cargo) scomparsa nello stretto della Florida, 39 persone.” La Marine Sulphur Queen, ex nave cisterna di tipo T2, fu tra l’altro la prima nave cisterna al mondo a effettuare il trasporto dello zolfo liquido. Il 2 febbraio 1963 partì da Beaumont (Texas) carica di zolfo e due giorni dopo, al largo della Florida, inviò la sua ultima comunicazione ordinaria, nella quale segnalava la propria posizione. Poi più nulla: furono ritrovati solo alcuni salvagenti e pochi rottami. L’inchiesta della guardia costiera rivelò però particolari interessanti. La Marine Sulphur Queen era continuamente afflitta da incendi, tanto che gli ufficiali avevano persino perso l’abitudine di suonare l’allarme. Inoltre, le navi tipo T2 avevano la tendenza a spezzarsi in un preciso punto della chiglia (solitamente a centro nave) quando questa era corrosa e consumata dal tempo. Nel 1963 la Marine Sulphur Queen aveva 19 anni di età, tutt’altro che nuova. Avrebbe dovuto subire un controllo nel gennaio 1963, controllo rinviato dai proprietari per i ritardi nelle consegne. Uno dei membri dell’equipaggio aveva definito la nave “a floating garbage can”, ossia “un bidone della spazzatura galleggiante”. Infine, il 4 febbraio 1963 il mare nella zona della Marine Sulphur Queen era molto mosso, con onde di quattro metri e venti di 25-46 nodi. Insomma,una sparizione non poi così misteriosa. La nave era instabile e aveva difetti strutturali derivanti dall’adattamento al trasporto di zolfo. Con ogni probabilità, aiutata dal mare mosso, si era spezzata in due ed era andata a fondo. Il fatto che la perdita potesse essere dovuta ai difetti strutturali di questo tipo di nave sembra essere confermata dall’analoga scomparsa di una nave gemella della Marine Sulphur Queen, la Sylvia L. Ossa, anch’essa “svanita” nel Triangolo nel 1976, e dall’incidente capitato ad un’altra T2, la Schenectady, che nel 1943, completata da meno di un anno, si spezzò in due senza apparente motivo mentre era in porto.

Più famoso è il mistero della USS Cyclops, carboniera americana svanita nel 1918 che detiene il triste primato di nave scomparsa con il maggior numero di persone a bordo nel XX secolo: ben 304, fra equipaggio e personale della US Navy e dei Marines a bordo come passeggeri.

Il 4 marzo 1918, con un carico di manganese, la nave partì da Bridgetown (Barbados) diretta a Baltimora (aveva iniziato il viaggio a Rio de Janeiro). Fino al 5 marzo scambiò messaggi con un’altra nave, la Vestris, segnalando bel tempo; poi più nulla. Svanita.

Non furono trovati superstiti, né cadaveri, né rottami. È però da notare che fu solo il 13 che ci si accorse che la nave era in ritardo, e il 15 aprile – un mese e dieci giorni dopo la scomparsa ! – non erano ancora iniziate serie operazioni di ricerca. In un simile intervallo di tempo non ci sarebbe minimamente da stupirsi se il mare avesse disperso i rottami. Inoltre, se è pur vero che il Cyclops aveva indicato “bel tempo” nei suoi ultimi messaggi, è altrettanto vero che il tempo era destinato a restare bello per ben poco. Non dove la Cyclops si trovava, infatti (Indie Occidentali), ma più a nord, dov’era diretta, spiravano sin dai primi di marzo venti anche di 30-40 nodi, che, dopo una pausa fra l’8 ed il mattino del 9 marzo, aveva ripreso con maggiore intensità, raggiungendo punte di 60 nodi nella giornata del 10 marzo. A New York i venti avevano raggiunto gli 84 nodi, causando una vittima, e 375 miglia a nordest di Norfolk il piroscafo cisterna Amolco era stato investito fra il 9 e l’11 da quella che il comandante definì la peggior tempesta che avesse mai incontrato. L’Amolco aveva subito la deformazione di chiglia e plancia, aveva avuto le macchine seriamente danneggiate e le scialuppe distrutte, con danni per 150.000 dollari. Niente di più facile che la Cyclops fosse incappata in quella tempesta. L’esistenza di questa tempesta è però dimenticata dalla maggior parte dei cultori dell’ignoto. Che non dimenticano però che nel 1941, a poche settimana di distanza l’una dall’altra, scomparvero nel Triangolo due delle gemelle di quest nave. La Cyclops apparteneva infatti ad una classe di sette carboniere, tutte con nomi ispirati alla mitologia greca: Orion, Neptune, Cyclops, Proteus, Nereus, Jason e Jupiter. Il 25 novembre 1941 la Proteus scomparve nel Mar dei Caraibi con i suoi 58 uomini d’equipaggio, seguita il 12 dicembre nella stessa area dalla Nereus con 61 persone a bordo. Entrambe le navi, cariche di bauxite, erano partite da St. Thomas (Isole Vergini). I sostenitori dell’ignoto usano la scomparsa di Nereus e Proteus per rafforzare l’alone di mistero che grava sulla Cyclops, ma in realtà esse non fanno che diradarlo.

Le navi della classe Cyclops, infatti, avevano nei loro elementi strutturali delle grosse travi in ferro che correvano per tutta la lunghezza dello scafo. Nel 1932 uno degli ufficiali del Jason, il tenente di vascello Charlie Allen, entrando nella stiva della carboniera, si accorse che delle massicce travi che avrebbero dovuto correre per tutta la lunghezza della stiva non restavano che cunei arrugginiti ad indicare dove esse erano state. Poco dopo quella scoperta, il Jason fu messo in disarmo e quattro anni dopo demolito. La Proteus e la Nereus erano rimaste in arsenale ad arrugginire anche di più del Jason; e la Cyclops poteva, dopo otto anni di servizio, essersi ritrovata con le travi in ferro parzialmente corrose, sia pure non al punto del Jason, anche perché il suo malconcio motore faceva “sobbalzare” non poco lo scafo. Si aggiunga che l’Orion, nel 1925, era stato investito da una violenta ondata nella Chesapeake Bay che aveva distorto lo scafo a mezza nave,e che nel 1926 il Chuky, un mercantile giapponese costruito appena cinque anni prima, più piccolo del Cyclops ma con una struttura molto simile, si era spezzato improvvisamente in due mentre si dirigeva in Giappone, dopo essere stato investito da un’onda di grosse dimensioni. La prua era affondata all’istante, la poppa era rimasta a galla solo il tempo necessario per calare una scialuppa. Qualche tempo prima la gemella Toco era svanita nella stessa zona.

Si può in definitiva concludere che Cyclops, Nereus e Proteus, con le travi che ne costituivano un importante elemento strutturale ormai corrose, erano incappate nel mare mosso e si erano spezzate in due affondando rapidamente, senza scampo per gli uomini a bordo. Per la cronaca, un’altra ipotesi riguardo le sole Nereus e Proteus è che siano state silurate da U-Boote.

Un ultimo appunto. Nel 1968 l’unità statunitense USS Pargo,durante le ricerche del sommergibile atomico USS Scorpion, indivuduò un relitto a 70 miglia da Cape Henry, sbandato di 40 gradi, alla profondità di una cinquantina di metri. Nel 1969 fu inviata per identificare il relitto l’USS Killiwake e un esperto sommozzatore, Dean Hawes, vi si immerse e osservò una nave con ogni probabilità del primo ‘900, dalla struttura molto singolare. Quando in seguito, casualmente, vide un quadro della Cyclops, non ebbe dubbi: era lei. La posizione fu annotata a 37°26’ N e 74°41’ O. Ma nel 1974 una più approfondita ricerca sul punto del ritrovamento trovò tutt’altra nave: il mercantile greco Ethel C., inabissatosi senza vittime il 15 aprile 1960. Tuttavia Hawes era sicuro: quella non era la nave che aveva visto. Tuttavia questa non fu più rintracciata: anche ulteriori ricerche nel 1983 non portarono a nulla.

Altra sparizione fra le principali fu quella della nave scuola HMS Atalanta, una fregata britannica che “svanì” con 290 persone a bordo. Il 31 gennaio 1880 la nave partì da Bermuda per Falmouth e non se ne seppe più nulla. Se non che, due settimane dopo la partenza, una violenta tempesta colpì la zona dove avrebbe dovuto trovarsi. La commissione d’inchiesta ascoltò un ex membro dell’equipaggio dell’Atlanta, che disse che la nave era piuttosto instabile, sbandava fino a 32 gradi ed il comandante aveva affermato che se fosse sbandata di un altro grado sarebbe andata a fondo. La commissione d’inchiesta riscontrò poi che,dei 290 uomini a bordo, solo 11 erano marinai esperti, mentre la maggior parte era costituita da allievi completamente inesperti ed incapaci, che soffrivano il mal di mare e avevano paura di salire sugli alberi (secondo quanto detto dall’ex membro dell’equipaggio). Sembra chiaro che una nave instabile e con un equipaggio del genere si sarebbe venuta a trovare in grosse difficoltà in caso di tempesta. Si tenga poi conto che il 19 aprile la cannoniera HMS Avon, rientrata a Portsmouth dal Cile, riportò di aver visto enormi quantità di rottami nei pressi delle Azzorre; riportò che “il mare era coperto di alberi”. Non si può sapere con certezza se quei rottami provenissero dall’Atlanta, ma facendo due più due, e sommando l’inesperienza degli allievi, la carenza di marinai esperti, l’instabilità della nave, la quantità di rottami, la tempesta, la scomparsa della nave scuola britannica non sembra poi questo gran mistero.

Altri casi di perdite che sono attribuibili a tempeste: “1926- SUDUFFCO (nave-cargo) scomparsa a sud di Port Newark con 29 persone”. Peccato che il New York Times riporti che nell’area e nel periodo della “sparizione” erano avvenute violente tempeste. Il capitano di un’altra nave, che era venuta a trovarsi nella stessa zona, dichiarò che non aveva mai visto un tempo così brutto.

Il 21 marzo 1973 il grosso mercantile (164 metri di lunghezza, una delle più grandi navi scomparse) Anita svanì in rotta da Norfolk alla Germania con 32 uomini a bordo. Scribacchini: “Nel marzo 1973 l'Anita, la più grande nave da carico mai scomparsa (balla, nda: la più grande nave scomparsa nel Triangolo fu la Sylvia L. Ossa, lunga 180 metri, “svanita” nel 1976. Scomparsa comunque spiegabile. La nave “svanì” in una tempesta ed essendo gemella della Marine Sulphur Queen ne condivideva con ogni probabilità i difetti, oltre ad essere ben più vecchia), salpò da Norfolk e di lei non si seppe più nulla.” O ancora:“ 1973 - nave-cargo ANITA scomparsa a E di Norfolk, Virginia”

Peccato che “svanì” in un uragano.

Tra l’altro, nello stesso uragano affondò anche la Norse Variant, nave pressoché gemella dell’Anita. La Norse Variant colò a picco in appena cinque minuti e su 30 persone a bordo vi fu un solo sopravvissuto; se quell’uomo fosse morto, si può ragionevolmente pensare che anche la Norse Variant sarebbe finita accanto all’Anita nell’elenco delle navi “misteriosamente scomparse” nel Triangolo. Questo dimostra un noto assioma: in un naufragio, la presenza o meno di un superstite fa la differenza fra un evento drammatico ma perfettamente spiegabile e un “mistero del mare”.

“1954 - SOUTHERN DISTRICTS (nave-cisterna) scomparsa al largo della Carolina, con 23 persone”. Secondo quanto riferito da tre ex membri del suo equipaggio, la Southern Districts era una nave insicura. L’Anacostia, un’altra imbarcazione, vide una nave – verosimilmente la Southern Districts – lottare contro il mare in tempesta, al largo della Carolina del Sud. Infine, furono ritrovati molti rottami appartenenti a questa nave. Insomma, anche qui non è poi questo gran mistero.

E ancora: “1958 - REVONOC (yacht) scomparso sulla rotta tra Key West e Miami, Florida, con 5 persone”. Il Revonoc era uno yacht a vela, più precisamente uno yawl, una barca a due alberi. “Scomparve” in un violento uragano, e qualche giorno dopo il suo gommone fu ritrovato su una spiaggia. C’è qualcosa di strano?

Di nuovo i creduloni: “Il mese seguente (al luglio 1969, nda), anche Bill Verity, un navigatore esperto, scomparve nel Triangolo.” Peccato che Larry Kusche, autore di cui si parlerà in seguito, abbia parlato al telefono con lo “scomparso”, tempo dopo la “sparizione”. Cos’era successo? Un uragano aveva messo fuori rotta il navigatore solitario facendolo risultare disperso per qualche settimana, ma poi era riuscito a tornare a San Salvador.

Non fece invece più ritorno un altro famoso navigatore solitario, Joshua Slocum, che nel novembre 1909 partì per le Indie Occidentali con la sua barca a vela Spray e poi svanì nel nulla. Molti fanno rientrare la sua scomparsa fra quelle del Triangolo. Tuttavia, ad andare a fondo, non c’è molto da stupirsi. Howard Irving Chapelle, curatore di storia marittima allo Smithsonian nonché esperto di imbarcazioni a vela, rilevò che la Spray era stabile in certe circostanze, ma se si fosse trovata a sbandare con un’angolazione anche poco elevata, si sarebbe facilmente capovolta. Inoltre Slocum era un esperto marinaio, ma non sapeva nuotare perché lo riteneva inutile.

Elenchi: “1910 - U.S.S. NINA (piroscafo a vapore) scomparso a Sud di Savannah, Georgia.” Al di là della specificazione “piroscafo a vapore” abbastanza inutile (può un piroscafo non essere a vapore?) si tratta ancora una volta di una scomparsa tutt’altro che inspiegabile. L’USS Nina, piroscafo a elica della US Navy, era una unità per appoggio sommergibili risalente al 1865 (aveva più volte cambiato ruolo nel corso della sua vita). Significa che nel 1910 il Nina aveva 45 anni, non poco. Ma soprattutto si capisce molto dalle informazioni sul suo ultimo viaggio: salpò da Norfolk con 31 uomini di equipaggio, diretto a Boston, il 6 febbraio 1910. L’ultima volta che fu visto, si trovava in mezzo ad una tempesta.

Ma proseguendo: “1941 - MAHUKONA (nave-cargo) scomparsa 600 miglia ad est di Jacksonville”. Al di là del fatto che le sparizioni in tempo di guerra difficilmente sono misteriose (si perde il conto delle navi “svanite” in tempo di guerra: urto contro mina, siluramento senza identificazione o con l’affondamento del sommergibile attaccante prima del rientro alla base, etc.), il Mahukona non è proprio “scomparso”. Per puntiglio, intanto, questo piroscafo era stato costruito nel 1919 ed apparteneva alla Matson Line. Il punto è che, nel 1940, fu venduto al Brasile e cambiò nome da Mahukona in Santa Clara. Quindi dare come scomparsa nel Triangolo una nave a nome Mahukona è errata:la nave che vi finì i suoi giorni era divenuta ormai Santa Clara. E comunque, lo ripeto, non fu una sparizione: il 14 marzo 1941 affondò per un’esplosione (questa, sì, dalle cause non conosciute, ma non certo inspiegabile), a sudest delle Bermuda, in posizione precisa (niente male, per una nave “svanita”!) 30°48’ N,68°42’ O.
Meno spiegabile è il ritrovamento di navi alla deriva. Ma anche qui, in non pochi casi si trova di che confutare.

Il Rubicon, per esempio. Vediamo che cosa dice il solito elenco: “1944 - RUBICON (nave-cargo) ritrovato abbandonata, eccetto che per un cane”. Non saprei confermare la veridicità del simpatico particolare del cane, ma il ritrovamento della Rubicon è tutt’altro che inspiegabile. Larry Kusche, vero demolitore dei “misteri” del Triangolo, trovò un vecchio articolo del New York Times che spiegava tutto. Nel 1944,mentre il Rubicon era ormeggiato a L’Avana (Cuba) e il suo equipaggio si trovava a terra, un uragano aveva colpito il porto devastando il molo. Gli ormeggi della nave si erano rotti ed essa era andata alla deriva fuori dal porto, venendo poi recuperata. Viene quasi da ridere.

“1854 - BELLA (goletta) ritrovata abbandonata nei pressi delle Indie occidentali.” In realtà questa nave non fu ritrovata alla deriva, ma scomparve, e comunque al largo del Brasile, ben al di fuori dell’area del Triangolo. Furono rinvenuti rottami appartenenti alla nave, che lasciarono pochi dubbi sul fatto che fosse affondata per una burrasca. Pare inoltre il caricò di caffè della nave fosse stato stivato impropriamente. Vale quanto detto per le varie Pickering, Wasp, Grampus etc.

Tornando ai siti dei triangolisti, si trova: “Nell'ottobre 1902 è la volta del brigantino tedesco Freya a essere ritrovato abbandonato.” Oppure “1902 - FREYA (brigantino) ritrovato abbandonato sulla rotta Cuba-Cile.” Peccato che il Freya fu sì ritrovato abbandonato, ma nell’Oceano Pacifico. Un po’ lontano dal Triangolo…

Infine, il brigantino tedesco non fu rinvenuto in buono stato come, per esempio,la Mary Celeste. Fu ritrovato sbandato su un fianco ed in parte disalberato. Probabile che una tempesta lo avesse ridotto in quelle condizioni; e non c’è da stupirsi che l’equipaggio abbia abbandonato una nave così conciata, probabilmente ritenendo che stesse per affondare. Nelle sconfinate distese del Pacifico, per un ridotto numero di uomini su una scialuppa, morire di fame prima di essere ritrovati o semplicemente non essere ritrovati non sarebbe poi stata una cosa molto strana. Senza tener conto che forse l’equipaggio era stato spazzato via dalla tempesta stessa. E comunque, come già detto, tutto questo non ha nulla a che fare con il Triangolo.

Ma ancora i soliti siti: “E andando indietro nel tempo, nell'agosto 1935 l'imbarcazione La Dahama fu incrociata in perfetto stato nel Triangolo delle Bermuda diversi giorni dopo che un'altra imbarcazione l'aveva vista in procinto di affondare.” Però!

Vediamo cosa dice il buon Kusche. Il La Dahama fu abbandonato dall’equipaggio in stato di affondamento, e l’equipaggio fu recuperato da un’altra nave, il Rex. La nave, come capita a volte, non affondò completamente ma restò semisommersa e alla deriva,trascinata dalla corrente, tenuta a galla probabilmente da sacche d’aria intrappolate nello scafo. In questo stato fu individuata da un’altra unità, l’Aztec. Insomma, non proprio in perfetto stato. E soprattutto, l'equipaggio era tutt'altro che scomparso.

Uno dei casi più citati è quello del “Connemara IV, yacht trovato abbandonato a 640 chilometri a sud ovest di Bermuda, nel settembre 1955”. Peccato che, come al solito, la realtà sia un po’ differente. Il Connemara IV si trovava vuoto e ormeggiato quando il porto dove si trovava fu investito dall’uragano Edith; lo yacht ruppe gli ormeggi e andò alla deriva, esattamente come il Rubicon.

Una cosa che io trovo veramente comica. In alcuni siti (pochi, per fortuna) sembra quasi che metà delle navi inghiottite dal triangolo fossero fregate. Sono riportate come fregate, in più di un sito, l’Anita, la Rubicon, la Stavenger (scomparsa nel 1934) e altre navi che in realtà sono mercantili. Perché? Molto semplice. Questi autentici geni, traducendo gli elenchi delle sparizioni dall’inglese, non hanno nemmeno notato la differenza tra ‘freighter’ e ‘frigate’. ‘Frigate’ significa appunto fregata; ma ‘freighter’, dicitura corrispondente appunto all’Anita, al Rubicon, alla Stavenger e ad altre, significa semplicemente nave da carico. Ogni commento è superfluo.

Tornando alle navi trovate abbandonate, il caso indubbiamente più famoso è quello della Mary Celeste, divenuto simbolo di tutti i misteri del mare.

Il 7 novembre 1872 la nave, un brigantino goletta, partì da New York per Genova, al comando di Benjamin Briggs, con a bordo 1701 barili di alcol. L’equipaggio era composto da dieci uomini.

Il 14 dicembre il brigantino a palo Dei Gratia avvistò, in posizione 38°20’ N,17°15’ O, un veliero che navigava in condizioni piuttosto strane. Solo due o tre vele erano issate; le altre erano in parte strappate (verosimilmente dal vento) e in parte ammainate alla meglio. Così anche il sartiame e i cordami, intatto quello fisso, parzialmente distrutto quello mobile.

Dato che, anche se non inviava segnali di soccorso, la nave sconosciuta sembrava in difficoltà, il comandante del Dei Gratia, Morehouse, inviò una scialuppa verso il brigantino goletta. Ciò che trovarono gli uomini che salirono sulla Mary Celeste è stato oggetto nei decenni di infinite speculazioni, aggiunte fantasiose (alcune anche da penne illustri, come quella di Arthur Conan Doyle), invenzioni ed altro. Secondo la leggenda, a bordo furono trovati, tra l’altro, un gatto addormentato; un pasto caldo e tre tazze di tè anch’esso caldo, un piatto di porridge ed un involtino, il tutto sul tavolo della cabina; un flacone di sciroppo per la tosse col tappo aperto; in cambusa altri pasti cuocevano su una stufa ancora calda; su un tavolo c’erano spartiti e libri religiosi aperti. Altri raccontano che l’orologio del comandante ancora ticchettava, sul tavolo c’era un pasto consumato a metà, divise da marinaio erano appese ad asciugare e le scialuppe pendevano dalle loro gru. Tutto in perfetto stato, anche le vele, issate e al loro posto. Come se l’equipaggio fosse stato lì fino ad un minuto prima.

Molto suggestivo,magnifico materiale per un buon film horror, manna per ogni teorico dell’occulto. Peccato che non una parola di questi racconti risponda a verità.

Per quel che riguarda vele e cordami, si è già detto. Due boccaporti erano scoperchiati e la chiesuola era danneggiato, la bussola distrutta. La tuga prodiera era semiallagata, così come buona parte dei ponti. Cronometro, sestante, libro di navigazione, registri, quasi tutti i documenti e gli apparecchi necessari alla navigazione erano spariti. Le cabine erano bagnate, con lenzuola e coperte sparse e inzuppate d’acqua. L’acqua non era entrata da falle ma, con ogni probabilità, da oblò e boccaporti. Niente pasti sui tavoli né qualcosa che potesse far presumere che un pasto stesse venendo preparato o consumato prima della scomparsa dell’equipaggio.

L’ultima annotazione sul giornale di bordo risaliva al 25 novembre e sulle carte nautiche il percorso della nave era segnalato fino al 24. Le cassette con il corredo per i marinai erano nei loro locali, e c’erano provviste per sei mesi. Ma soprattutto, non c’era più l’equipaggio, ma nemmeno le scialuppe: dalle tracce rimaste si poteva capire che la Mary Celeste aveva a bordo una sola scialuppa, e che questa era stata calata.

Insomma, tutto a bordo lasciava presumere che l’equipaggio avesse abbandonato la nave in gran fretta, non certo che si fosse volatilizzato come invece molti vorrebbero far credere.

Sono sorte molte spiegazioni del mistero della Mary Celeste, ammutinamento, mostro marino, frode assicurativa, alieni, malattie, tromba d’aria, pirati, onda anomala, abbordaggio da parte dello stesso Dei Gratia, e una marea di altre spiegazioni, alcune possibili, altre completamente assurde.

Quella ritenuta più probabile è la seguente. Il maltempo per un tratto del viaggio aveva costretto a tenere i boccaporti chiusi, cosa che aveva favorito l’accumulo di vapori di alcool nella stiva. Questi vapori avevano poi trovato un innesco – forse la stufa in cambusa,che fu infatti trovata fuori posto – e avevano generato un’esplosione, tale da non danneggiare molto la nave, ma da intimorire l’equipaggio. Briggs, che era un comandante di discreta esperienza ma non aveva mai trasportato alcool, decise di far aprire i boccaporti per ventilare la stiva; intanto che essa si ventilava, per non correre rischi, lui e l’equipaggio si sarebbero imbarcati sull’unica scialuppa, che sarebbe stata legata alla nave tramite un cavo. Una volta che il pericolo fosse cessato, sarebbero potuti risalire a bordo; se invece la nave fosse esplosa, si sarebbero comunque salvati. Ma il cavo si sfilò o si ruppe e la scialuppa, rimasta indietro, andò alla deriva. Gli occupanti morirono di fame e di sete: visto che, da quanto si poteva dedurre da carte nautiche e libro di bordo, la nave era stata abbandonata il 25 novembre, ed era stata trovata solo il 14 dicembre, erano passati 19 giorni senza che nessuno avesse idea della sorte della Mary Celeste; e in 19 giorni dieci uomini su una lancia possono facilmente morire di fame, anche perché nulla faceva pensare che si fossero portati dietro qualche provvista. Nove dei 1701 barili di alcool erano in effetti vuoti.

Il principale ostacolo a questa teoria è dato dall’assenza di tracce di un incendio o un’esplosione.

Se non che nel 2005, all’Università di Londra, è stato effettuato un esperimento con un modellino in scala della Mary Celeste, nel quale sono state ricreate condizioni simili a quelle della presunta esplosione. In effetti lo scoppio si è verificato, facendo sobbalzare la nave e scoperchiando le coperture della stiva; ma le fiamme, per quanto violente, non sono state sufficientemente calde da lasciare tracce di bruciature. Questo spiega appieno l’assenza di tracce evidenti di un incendio sulla Mary Celeste e dà una ragionevole spiegazione al mistero.

Altro caso noto è questo:“10 luglio 1969: Trimarano Teignmouth Electron del navigatore solitario David Crawhurst ritrovato dal Picardy, abbandonato.” Al di là del fatto che il navigatore si chiamava in realtà Donald Crowhurst, la sua scomparsa e il ritrovamento alla deriva del Teignmouth Electron non sono poi questo gran mistero. Crowhurst stava partecipando ad una gara di giro del mondo in solitaria, e per buona parte del percorso aveva falsato le notizie sulle sue imprese e sui suoi progressi, raccontando di essere ben più avanti di quanto non fosse. Finché, assalito forse dal senso di colpa, forse dalla solitudine, era impazzito. Era caduto in uno stato di prostrazione, di delirio; tutto questo era testimoniato da quel che aveva lasciato scritto a bordo del suo trimarano. Era evidente che negli ultimi giorni doveva aver definitivamente perso il lume della ragione. Con ogni probabilità, ormai in preda alla follia, si era suicidato gettandosi in mare.

In ultimo, una considerazione. Che i “misteri” del triangolo siano perlopiù dovuti a tempeste, difetti strutturali, ritardo nei soccorsi e conseguente assenza di superstiti o rottami, è dimostrato dal semplice fatto che con il migliorare delle comunicazioni,delle costruzioni navali, dei sistemi di soccorso, il numero di navi “inghiottite” dal triangolo è calato in quantità e qualità. L’ultima sparizione di una grande nave risale al 1980,anno della scomparsa del Poet, grosso mercantile di 11.000 tonnellate e 34 uomini d’equipaggio, partito il 24 ottobre da Philadelphia per Port Said con un carico di grano. Non furono trovati relitti, ma in effetti la nave era incappata in una tempesta fra il 25 ed il 26 ottobre. Il pilota Gary Harper, che aveva guidato la nave sul fiume Delaware, riportò che era pesante a prua e lenta nel rispondere al timone. La Guardia Costiera concluse che doveva essere stata la burrasca, unitamente a un qualche problema della nave, a causarne la fine. Da notare che il Poet risaliva, con modifiche e cambiamenti di nome e proprietario, al 1944: non esattamente una nave nuova di zecca. Comunque su questa nave si avventarono non tanto i cultori del mistero, quanto i teorici del complotto. Alcuni siti affermano infatti che il Poet avrebbe trasportato in Iran armi da scambiare con gli ostaggi statunitensi, e che sarebbe poi stato deliberatamente affondato per evitare che l’equipaggio potesse diffondere la notizia. Altri che sarebbero invece stati gli iraniani a catturare l’equipaggio, in vista di un ricatto con gli USA; o che la nave era stata coinvolta in una storia di traffico di stupefacenti. Inutile dire che non esiste uno straccio di prova a supporto di queste fantasiose ipotesi…

Dal 1980 nel Triangolo le uniche navi scomparse sono stati pescherecci, yacht, barche a vela, piccoli mercantili per il traffico costiero.

Anche riguardo alle sparizioni di aerei si trova da dire.

Prendiamo il caso del velivoli tipo Avro Tudor IV “Star Tiger”, di proprietà della British South American Airways. Il 29 gennaio 1948 scomparve 611 miglia a est di Bermuda, con le 31 persone a bordo. L’inchiesta condotta al tempo non concluse nulla e dichiarò il caso irrisolto. Recentemente, tuttavia, la BBC ha interpellato alcuni esperti che hanno notato che il velivolo, prima ancora di fare scalo alle Azzorre, aveva incontrato vari problemi, sia tecnici che atmosferici. Era stato necessario tenerlo a duemila piedi (circa 610 metri) di altezza, con un consumo di carburante molto più elevato del previsto. Niente di più facile che esso si sia esaurito e che l’areo sia dunque precipitato in mare. Qualunque serio cercatore di relitti può confermare che è assurdo pensare di trovare il relitto di una nave senza nemmeno sapere la zona precisa in cui è affondata, figurarsi il relitto di un aereo. Il caso dell’Airbus A330 francese precipitato nel 2009 nell’Atlantico meridionale è un esempio. Se con i mezzi attuali non è stato possibile rintracciarne i rottami se non a distanza di due anni, figurarsi con quelli del 1948 (ma c’era chi cercava di far rientrare anche l’Airbus A330 fra i velivoli scomparsi nel Triangolo, sebbene l’incidente fosse avvenuto a migliaia di chilometri di distanza…).

Il 17 gennaio 1949 un altro Avro Tudor IV, lo “Star Ariel” diretto a Santiago del Cile (era partito da Londra) scomparve 611 km a sudovest di Bermuda. Venti persone vi trovarono la morte.

Le condizioni climatiche erano diverse, ma un’ipotesi plausibile esiste: una perdita di vapore, venuta a contatto col sistema di riscaldamento, avrebbe generato un’esplosione. All’epoca i voli di linea transatlantici erano ancora agli albori, e i sistemi antincendio non esistevano.

Nell’intervallo tra la scomparsa dello “Star Tiger” e quella dello “Star Ariel” si ebbe un’altra sparizione. Il 28 dicembre 1948 un Douglas DC-3, partito da San Juan (Portorico) e diretto a Miami con 32 persone a bordo, scomparve nel nulla.

In mancanza di rottami da analizzare la commissione d’inchiesta non seppe formulare un’ipotesi, ma evidenziò vari elementi:le batterie dell’aereo erano quasi scariche; l’aereo lasciò San Juan con un carico di 53 chili superiore al massimo consentito; iniziò a spirare un vento forte abbastanza da portare l’aereo fuori rotta ed esso ne fu avvertito, ma non esiste la certezza che il messaggio sia stato ricevuto (forse la radio aveva cessato di funzionare per via delle batterie scariche e questo spiega anche l’assenza di richieste d’aiuto); gli apparati elettrici del velivolo non funzionavano al meglio già prima della partenza da San Juan.

Con tutti questi elementi, la scomparsa del DC-3 appare ancora così inspiegabile?

Ma veniamo al “caso aeronautico” indubbiamente più famoso del Triangolo, forse quello, più ancora delle sparizioni navali, che ha contribuito ad alimentarne il mito. La leggendaria Squadriglia 19.

La storia è nota. Il 5 dicembre 1945 cinque aerosiluranti statunitensi Grumman TBF Avenger partirono da Fort Lauderale (Florida) per una normale missione di addestramento. Caposquadriglia era Charles Carroll Taylor, aviatore con 2500 ore di volo, mentre gli allievi avevano circa 300 ore di volo delle quasi 60 sugli Avenger. Gli aerei avrebbero dovuto volare a est per 90 km, effettuare un’esercitazione di bombardamento, proseguire per altri 105 km verso est, virare per 346° e percorrere 117 km in tale direzione fino a sorvolare l’isola di Grand Bahama, infine modificare la rotta per 241°, tornando a Fort Lauderale dopo altri 193 km. Ironicamente, la forma della loro rotta era quella di un triangolo.

La leggenda (perché di leggenda si tratta) vuole che questi siano stati gli ultimi messaggi provenienti dalla Squadriglia 19: “Non sappiamo neanche dove sia l’ovest! Qui non funziona più niente... Strano... Non possiamo accertare nessuna direzione... Il Sole... non sembra a posto! Perfino l’oceano non appare come dovrebbe essere..” e per ultima cosa “Stiamo entrando nell’acqua bianca... Siamo completamente smarriti...”.

Peccato che, tanto per cambiare, questi messaggi non siano mai esistiti. Di seguito i veri messaggi.

Dapprima fra un altro volo addestrativo (comandato dal tenente Robert F. Fox) e la Squadriglia 19:

Powers (uno degli allievi della Squadriglia 19): “Non so dove siamo. Dobbiamo esserci persi dopo l'ultima virata.”

Fox: “Qui è FT-74, aereo o nave con nome 'Powers', identificarsi in modo da poter ricevere aiuto.”

Una parte degli allievi rispose chiedendo suggerimenti, e un aereo identificato come FT-28 (quello di Taylor) rispose.

Fox: “FT-28, qui è FT-74, qual è il vostro problema?”

Taylor: “Entrambe le mie bussole sono andate e sto tentando di trovare Fort Lauderdale, Florida. Sono sopra la terraferma ma è interrotta. Sono sicuro di essere alle Keys (nota: le Florida Keys) ma non so a che altitudine e non so come raggiungere Fort Lauderdale.”

Fox informò la base di quanto stava accadendo,poi suggerì a Taylor di volare lungo la costa verso nord, fino a Fort Lauderale.

Alle 16.45 Taylor trasmise: “Stiamo puntando per 030 gradi per 45 minuti, poi volare verso nord per assicurarci di non essere sopra il Golfo del Messico”. Gli fu indicato di trasmettere sulla frequenza 4805 kHz, poi 3000 kHz, ma la risposta fu: “Non posso commutare le frequenze. Devo mantenere il mio aereo? Intatto.” Più tardi, verso le 17, furono intercettati due messaggi: uno era di Taylor, che ordinava “Modificare rotta per 090 est per 10 minuti”, l’altro di due allievi, che imprecavano: “Maledizione, se potessimo volare a ovest saremmo a casa; vira verso ovest, maledizione.”

Quando gli aerei si trovavano probabilmente circa 322 km a est della Florida, Taylor trasmise: “Voleremo per 270 gradi verso ovest fino all'atterraggio o al termine del carburante”, poi richiese un controllo del meteo. Più tardi ancora Taylor: “Voleremo per 270 gradi verso ovest fino all'atterraggio o al termine del carburante”. Le condizioni meteorologiche erano peggiorate ed il sole era ormai tramontato. Alle 18.20 Taylor trasmise ai suoi per l’ultima volta: “Tutti gli aeroplani si avvicinino ...dobbiamo resistere fino all'atterraggio ...quando il primo aereo scende sotto i 10 galloni, andremo giù assieme.”

Poi più nulla.

Dopo le 18 un idrovolante Consolidated PBY Catalina partì alla ricerca dei cinque aerosiluranti, e dopo il tramonto fecero lo stesso due Martin PBM-5 Mariner (anch’essi idrovolanti). Uno dei due Martin Mariner, il BuNo59225, svanì dopo aver inviato un messaggio di routine alle 19.30. Sebbene la sua sparizione, grande classico del mistero (“un aereo/nave partì in soccorso,ma scomparve a sua volta…”) sembri ampliare il mistero del Volo 19, è invece perfettamente spiegabile. Alle 19.50 la petroliera Gaines Mills e la nave militare USS Solomons avvistarono un’esplosione nel cielo, nello stesso momento e nello stesso punto in cui il Martin Mariner scomparve dai radar. Le fiamme bruciarono sul mare per una decina di minuti. Nessun superstite fra i 13 uomini sull’idrovolante, che andavano così ad aggiungersi ai 14 del Volo 19. Tuttavia la scomparsa del Martin Mariner non può dirsi misteriosa: fu visto esplodere in volo, non svanì nel nulla. Con ogni probabilità si era trattato di un guasto meccanico.

Al di là dei già smentiti particolari sul “Sole fuori posto” e sull’“acqua bianca” (due enormi boiate cui, purtroppo, i più continuano a credere), sento il bisogno di far notare un’altra cosa: nella versione popolare, si dice che le ricerche “Trovano mare calmo, cielo limpido e venti normali fino a 64 km/h e nient'altro.” È pur vero che non furono ritrovati rottami. Ma dire che trovarono il mare calmo è una colossale idiozia. Il mare era agitato fin dalla partenza degli aerei e le condizioni peggiorarono durante il volo. Altro che mare calmo! Inutile dire che, con mare agitato, gli aerei, dopo un ammaraggio di fortuna, possono essere sprofondati senza lasciare il tempo agli occupanti di uscirne. Del resto, se anche ci fossero riusciti, come si sarebbero salvati un un mare agitato, con le ricerche che non avevano idee di dove trovarli?

La sparizione del volo fu determinata con ogni probabilità da un errore di Taylor (che, sebbene fosse un esperto pilota, aveva la tendenza a “volare di propria iniziativa e istintivamente, smarrendosi varie volte nel passato”) unito forse a qualche guasto degli apparati dei velivoli. Gli aerei finirono fuori rotta e, esaurito il carburante, dovettero ammarare nel mare agitato; per i piloti non ci fu scampo, come detto più sopra.

Aggiungo infine che il 18 maggio 1991 i giornali di mezzo mondo diedero la notizia che, al largo di Fort Lauderale, una società di recuperi sottomarini aveva individuato i relitti di cinque Avenger, proprio gli aerei della Squadriglia 19. Grande fu la delusione quando si scoprì che in realtà erano sì Avenger, ma altri esemplari, gettati in mare perché vecchi (uso comune da parte dell’aviazione americana a Fort Lauderale). Nel 1992 altre ricerche hanno individuato molti rottami sul fondale, purtroppo non identificabili. Così come non era stato identificabile il relitto di un singolo Avenger, individuato nel 1986 al largo della Florida durante le ricerche dello Space Shuttle Challenger e ripescato quattro anni più tardi. Se in effetti l’Avenger ritrovato nel 1986 fosse uno di quelli della Squadriglia 19, la sua posizione confermerebbe la tesi statunitense dell’errore di rotta e dell’esaurimento di carburante. Joh Myer, archeologo dell’Aviazione, ritenne che quel velivolo fosse uno degli scomparsi del Volo 19, ma non si poté averne la certezza, perché l’aereo non era identificabile.

In definitiva, riguardo al Triangolo sembra apparire chiaro ciò che affermò Larry Kusche:

  • Il numero di navi disperse è paragonabile, percentualmente, a quello di ogni altra zona dell'oceano.
  • In una zona di tempeste tropicali, molte delle scomparse sono facilmente spiegabili, oltre che per nulla misteriose.
  • Il numero di perdite è stato enormemente esagerato da una ricerca falsata.
  • Le circostanze delle scomparse sono state riportate in modo falsato da Berlitz (uno dei principali esaltatori del Triangolo,anzi uno di coloro che ne hanno creato il mito, nda): il caso più comune riguarda navi che sono date per disperse con mare calmo e assenza di vento, quando in realtà le registrazione dell'epoca mostrano tempeste o peggio (per non parlare dei problemi strutturali delle varie navi e aerei, nda.
  • "La leggenda del Triangolo delle Bermuda è un mistero fatto ad arte... mantenuto in vita da scrittori che volontariamente o meno fanno uso di dati errati, argomentazioni falsate, ragionamenti svianti e sensazionalismo" (Epilogo, p. 277).

 

Questo è quanto... senza bisogno d'invocare spiegazioni fantascientifiche.

Modificato da LColombo
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Sul sito della Arctic University non ho trovato traccia di una notizia del genere.http://www.uarctic.org/

Sul sito del Sunday Times si parla genericamente di "Scientists" scienziati, non meglio identificati. http://www.thesundaytimes.co.uk/sto/news/uk_news/Science/article1677701.ece che ne avrebbero parlato alla European Geosciences Union (sul cui sito la notizia non compare....) http://www.egu.eu/news/all/

Inoltre:

 

http://www.butac.it/leggende-urbane-il-triangolo-delle-bermuda/

http://www.butac.it/nave-riappare-dopo-90-anni/

e via sbufalando... :laugh:

 

Però l'articolo di Colombo merita di essere conservato. Magari sposto in QU, magari, se Red non ha nulla in contrrario, cambiando leggermente il titolo...

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Complimenti davvero LColombo per la ricerca e l'approfondimento di tanti particolari che chiariscono i presunti misteri del Triangolo delle Bermuda.

Non vorrei averti come avvocato controesaminatore in un'aula di tribunale; riusciresti a smontare qualunque testimonianza o tesi accusatoria!

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