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I Ricuperi Marittimi-Art.1948


Red

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Cari Comandanti,

considerando l'interesse dato in questo Forum a riguardo dei ricuperi navali effettuati

in tempo di guerra e nel dopoguerra posto quest'articolo, che credo interessante,

tratto dalla rivista " Le vie d'Italia " del Marzo 1948-Anno LIV-N° 3 .

In esso possiamo trovare molte interessanti informazioni oltre che immagini poco cono-

sciute. Spero,come al solito,sia di vostro gradimento.

Grazie.

 

RED

 

I RICUPERI MARITTIMI

 

Una delle conseguenze più disastrose della guerra,è stata senza dubbio la distruzione del naviglio

di ogni genere,mercantile e da guerra,ma soprattutto mercantile.

La Marina mercantile italiana,che era riuscita ad assicurarsi un posto di prim'ordine per il suo ottimo

materiale,è stata una delle più sacrificate; non si sono salvate che poche unità rifugiate in porti neu-

trali o riuscite ad evadere dalle zone pericolose.

Il tonnellaggio del nostro naviglio mercantile era,al 31 dicembre 1939,di tonnellate 3.535.600 stazza

lorda (di cui 142.600 tonnellate di velieri e motovelieri); quello delle navi da guerra,di ton.1.000.000.

Si sono perdute, per causa di guerra,316.778 tonnellate di navi mercantili,294.000 di navi militari.

Si sono ricuperate 254.000 tonnellate di navi di mercantili e 119.000 tonnellate di navi da guerra.

Come vedasi,la Marina mercantile è andata quasi completamente perduta. A ricostituirla si sono ag-

giunte alle navi ricuperate e a quelle restituite (10 per 87.000 tonnellate st.l.),178 unità acquistate

all'estero (complessivamente 973.000 tonnellate st.l.) e 148 unità di nuova costruzione (complessi-

vamente 105.000 tonnellate st.l.),cosìcchè la consistenza attuale della nostra Marina mercantile

è di tonnellate 819.000,ossia la metà dell'anteguerra.

Alla distruzione del naviglio s'è aggiunta la devastazione e l'inutilizzazione dei porti,con demolizione

di banchine,di magazzini,d'impianti. Alcuni porti,come quello di Livorno e di Civitavecchia,sono stati

danneggiati che ci vorranno ancora parecchi anni di lavoro prima che essi possano riavere la primi-

tiva efficienza.

Assai difficile,per non dire impossibile,è il ricupero delle navi affondate al largo,perchè oltre i 40-50

metri di profondità il lavoro subacqueo dei palombari diventa difficilissimo e non può essere esegui-

to che con apparecchi speciali.

Ha fatto epoca il ricupero dell'oro dell' "Egypt",al largo di Brest,in un fondale di circa 130 metri,impresa

brillantemente condotta a termine dalla Società Sorima di Genova,che vi impiegò diversi anni di tena-

cissimo lavoro. Questo importante ricupero fu eseguito per mezzo di una torretta di acciaio resistente

ad oltre 13 atmosfere di pressione,dentro alla quale si calava un uomo per dirigere il lavoro di demoli-

zione della nave affondata per mezzo di mine,sì da poter raggiungere il locale dove il tesoro era depo-

sitato,la cossidetta "bullion room" .

Il successo dell'impresa,portata a termine nell'estate del 1932,ebbe risonanza mondiale : in una carica-

tura dell'epoca si vede Mac Donald che,preso per un braccio un palombaro dell' "Artiglio" (la nave ap-

poggio che servì di base per i lavori),lo vorrebbe condurre a Ginevra per fargli salvare qualche cosa

del relitto dell" "Europa". Segno premonitore del grande conflitto internazionale che esploderà otto anni

dopo.

 

1-Come si presentava l' "Egypt" in fondo al mare,sopra lo squarcio praticato nei ponti

dai palombari dell' "Artiglio" per accedere alla camera del tesoro,sono visibili la benna

e la torretta d'osservazione.(Da un disegno di D.Scott,pubblicato sul "Times").

33nx76b.jpg

 

2-Invito a un grande ricupero,questa vignetta inglese del 1932 ci mostra il primo ministro

R.Mac Donald che invita un palombaro dell' "Artiglio" a recarsi a Ginevra per tentare il sal-

vataggio del relitto dell' "Europa" .

54yogk.jpg

 

Imprese come quelle dell' "Egypt" possono convenire quando si tratti di ricuperare dal fondo del mare mate-

riali preziosi o carichi di molto valore;altrimenti i ricuperi in alti fondali sono eccessivamente onerosi e non

convenienti economicamente.

Generalmente i ricuperi riflettono le navi affondate in bassi fondali o parzialmente emerse.

I porti e le rade,alla fine della guerra,erano diventati dei veri cimiteri di navi,e quello che non avevano fatto

i bombardamenti aerei,avevano per farlo i tedeschi in ritirata,col loro barbaro sistema di tutto distruggere

alle loro spalle.Alcuni ricuperi si imposero subito per liberare le banchine e gli specchi d'acqua dall'ingombro

che le navi affondate costituivano per il traffico dei porti.Quelli di Genova e di Livorno hanno ancora le entrate

parzialmente ostruite da relitti di navi affondate.

I ricuperi più urgenti furono subito affrontati dalla nostra Marina da guerra che costituì in tutte le sedi più impor-

tanti dei Gruppi Avanzati Ricuperi con lo scopo precipuo di rendere nuovamente praticabili i porti.

Così pure si dovette procedere allo sminamento delle acque dei porti,che erano state disseminate di ordigni

esplosivi,prima dagli aerei alleati,poi dai tedeschi in ritirata.

La ricerca delle mine e degli altri ordigni esplosivi viene fatta dai sommozzatori per zone successive,ed ogni

volta che viene rintracciata una mina viene avvicinata con tutte le precauzioni e quindi viene inutilizzata e ri-

cuperata per farla esplodere al largo.

E' un lavoro estremamente delicato e pericoloso,che ha avuto anche le sue vittime,fortunantamente pochis-

sime in relazione all'immenso lavoro eseguito.

Infatti le mine disattivate e distrutte dal 1945 ad oggi sono : 7900 ad urto,90 acustiche,360 magnetiche; l'area

esplorata è complessivamente di 450 km.quadrati.

Tornando ai ricuperi veri e propri ,diremo che si cominciò coi ricuperi più facili,specialmente quelli delle unità

minori-come motovelieri,galleggianti di uso locale,rimorchiatori,pontoni-molte delle quali erano erano state

affondate dai proprietari stessi per sottrarle alla cattura o alla distruzione.

Il ricupero delle unità maggiori non prese subito un grande sviluppo per difficoltà di ordine pratico derivanti

dalla necessità di non creare intralci all'urgente traffico della guerra e dell'immediato dopoguerra e anche

per la difficoltà di mettere d'accordo gli interessi spesso contrastanti degli armatori,delle assicurazioni (per

le unità assicurate) e dell' autorità militare (per le unità requisite).

Le operazioni necessarie per rimettere a galla le navi affondate sono semplicissime a enunciarsi,ma difficili

da attuarsi.Una volta fu domandato il parere di un tecnico sulle cause di affondamento di una nave,ed egli

scherzando rispose che la nave era affondata perché si era riempita d'acqua.

Facendo il caso contrario,si può dire che per rimettere a galla una nave basta svuotarla dell'acqua che l'ha

invasa;ma questa operazione non è tanto facile da eseguire.Anzitutto è indispensabile chiudere tutte le aper-

ture che mettono la nave in comunicazione col mare: falle,portelli,prese d'acqua,scarichi,ecc.

Sono centinaia,e non sempre facilmente accessibili in una nave affondata,che può poggiare sul fondo sbandata,

abbattuta,capovolta,infangata.Difficile è la chiusura delle falle,che spesso si presentano in vaste proporzioni,

a contorni irregolari e frastagliati che occorre preventivamente regolarizzare con piccole cariche splosive

o con apparecchi di taglio di non facile impiego.

Lo svuotamento o esaurimento dell'acqua dai singoli compartimenti si può fare con pompe o con aria compressa,

ma non sempre l'operazione riesce alla prima: occorre quasi sempre un paziente lavoro di ritocco dei tampo-

namenti,di rintraccio di aperture sfuggite nelle prime ispezioni.Talvolta per un tamponamento mal fatto o per

un foro o una falla rimasta nascosta sotto il fango e di difficile accesso si possono perdere parecchie giornate

di lavoro senza riuscire a far diminuire il livello dell'acqua in qualche compartimento importante.

Per pompare l'acqua dai compartimenti che si trovano a non molta profondità sotto il livello del mare si applicano

di solito delle tramogge o garitte sui boccaporti o si fanno delle specie di ture emergenti dall'acqua per isolare

i compartimenti da pompare : un sistema di questo genere venne applicato in grande scala per il ricupero della

corazzata " Conte di Cavour ",affondata in seguito a bombardamento aereo nelle acque del Mar Grande di Taranto

l'11 novembre 1940.

 

3- Applicazione laterale del cilindro di spinta per il raddrizzamento

di una nave affondata sul fianco.

5pnhc.jpg

 

4- Cilindri a coppie per aiutare il ritorno a galla di una nave rimasta

diritta sul fondo del mare.

103c12f.jpg

 

L'esaurimento con aria compressa si effettua immettendo aria in pressione nel locale da vuotare,ermeticamente chiuso

un'apertura nella parte inferiore per la sfuggita dell'acqua.Il livello dell'acqua si abbassa di tanti metri quanti sono i decimi

di atmosfera della pressione dell'aria,finchè questa non trovi qualche via d'uscita: in tal caso,la perdita si avverte subito

dal gorgoglio dell'acqua ,e il palombaro può mettervi il riparo.

Questa operazione riesce più agevole applicando al locale da esaurire una campana d'aria,come quelle che vengono usate

per le fondazioni delle pile dei ponti o dei muraglioni di sponda dei fiumi e dei porti.

Il locale diventa accessibile attraverso la campana d'aria, e gli operatori possono entrare nel suo interno e tamponare tutte

le aperture man mano che si scoprono con l'abbassarsi del livello dell'acqua sotto la spinta dell'aria compressa.

Ad ottenere la forza di sollevamento necessaria per far galleggiare la nave affondata si può contribuire ache con mezzi

esterni,come sarebbero cassoni o cilindri di spinta, da aggiogare ai fianchi con mensoloni o imbragature di cavi d'acciaio.

L'aggiogamento si fa naturalmente dopo aver affondato i cassoni riempiti d'acqua,in modo che,espellendo l'acqua dal loro

interno per mezzo di aria compressa,essi creino lo sforzo di sostentamento necessario per sollevare la nave.

L'impiego dei cilindri o altri mezzi di spinta esterni è spesso indispensabile per ottenere il raddrizzamento della nave,quando

essa nell'affondare si sia abbattuta su un fianco.In questo caso i cilindri vengono applicati da un lato perché diano la spinta

eccentrica per il raddrizzamento.

I cilindri sono spesso necessari anche per assicurare la stabilità della nave riportata a galla.

Altra operazione che conviene quasi sempre eseguire per il ricupero delle navi affondate è quella dello sbarco di pesi (carico

o altro) specialmente nelle parti più elevate,per alleggerire il peso della nave da sollevare e migliorare le condizioni di stabilità

a nave galleggiante.Talvolta è necessario liberare i fianchi della nave affondata dal fango o dalla sabbia che la tengono

imprigionata ,e ciò può ottenersi con draghe o pompe succhianti.Può essere pure necessario scavare dei canali sotto il corpo

della nave per far passare le imbragature di cavo di acciaio necessarie ad assicurare i cilindri di spinta.

Le operazioni qui sommariamente indicate sono spesso ostacolate dall'esposizione della nave affondata alle onde marine

o alle correnti dei fiumi,dalla poca chiarezza delle acque,da qualche ostacolo prossimo alla (banchina,o altra nave affondata)

che impedisca l'accesso ai palombari o l'aggiogamento dei cilindri.

Come mezzi di lavoro sono utilissimi i pontoni biga che possono esercitare sforzi fino a diverse centinaia di tonnellate;essi

possono contribuire anche a creare in tutto o in parte lo sforzo necessario per far galleggiare la nave,specialmente quando

si tratti di nave di piccola mole.

La Marina militare italiana possiede un pontone biga, l'"Anteo",che può alzare 400 tonnellate.

Costruito per il salvataggio di sommergibili affondati,fu anch'esso affondato durante la guerra,ma è stato ricuperato ed è già

ritornato in servizio dando un prezioso contributo alle operazioni di ricupero.

 

5-Il ricupero della " Leonardo da Vinci " affondata nel Mar Piccolo di Taranto

il 2 agosto 1916 in seguito ad esplosione.La nave entra in bacino capovolta,

sono bene in vista i cilindri di spinta.

34gswur.jpg

 

L'Italia è stata sempre all'avanguardia nel campo dei ricuperi marittimi.

Alcuni ricuperi sono rimasti celebri,come quelli dell'incrociatore " San Giorgio" a Capo Posillipo e nello Stretto di Messina,

il ricupero della corazzata " Leonardo da Vinci " nel Mar Piccolo di Taranto,quello dell'incrociatore " Pancaldo" ad Augusta,

della corazzata " Cavour " a Taranto,e tanti altri.

Specialmente importante fu il ricupero della " Leonardo da Vinci " ,affondata capovolta nel Mar Piccolo di Taranto il 2 agosto

1916 in seguito all'esplosione dei depositi di munizioni di poppa.

La nave si era profondamente conficcata nel fango con tutte le torri corazzate e le sovrastrutture ,aveva due larghe falle sui

fianchi ed una estesissima zona del ponte di coperta asportata.

Essa fu fatta galleggiare capovolta ,espellendo l'acqua a mezzo dell'aria compressa con applicazione di campane di equilibrio.

Le torri,con paziente lavoro eseguito dall'interno sotto aria compressa ,furono abbandonate sul fondo e ricuperate in un secondo

tempo per mezzo di un galleggiante anulare appositamente costruito.

La nave galleggiante capovolta fu rimorchiata in bacino e quivi tamponata accuratamente : fattala quindi uscire nuovamente,

venne raddrizzata con immissione d'acqua in alcuni compartimenti laterali :l'operazione di raddrizzamento fu eseguita in mezzo

al Mar Piccolo il giorno 24 gennaio davanti ad un folla entusiasta di spettatori,tra cui tutti gli addetti navali esteri convenuti

a Taranto.Il ricupero della " Leonardo da Vinci " fece scuola e con analogo sistema furono rimesse a galla tutte le unità tedesche

affondate a Scapa Flow. Come è noto,dopo la resa della Germania,al termine della prima guerra mondiale,tutte la navi da guerra

tedesche furono portate dagli inglesi a Scapa Flow e quivi lasciate disarmate con piccoli equipaggi tedeschi.

Erano 75 le unità,di cui 11 navi e 5 incrociatori da battaglia,8 incrociatori leggeri e 51 cacciatorpediniere.

Il giorno 21 giugno 1919,profittando di una temporanea assenza delle navi inglesi di vigilanza,che erano uscite per esecitazioni,

fu alzato un segnale convenuto e tutte le unità si autoaffondarono con apertura delle prese d'acqua.

Le operazioni di recupero durarono parecchi anni e furono eseguite dalla ditta inglese Cox and Danks,la quale,a quanto risulta,

era in possesso di una relazione particolareggiata sul ricupero della " Leonardo da Vinci ".

Le unità minori furono ricuperate e demolite sul posto,le maggiori portate in bacino a Posith e quivi smantellate.

Un'altra ecatombe di navi come quella di Scapa Flow ebbe luogo a Tolone il 27 novembre 1942.Tutte le navi da guerra francesi

presenti in porto e in rada,per non cadere in possesso dei tedeschi che investivano la piazza,si autoaffondarono ed alcune furono

incendiate.La Marina italiana ebbe il compito di ricuperare la massima parte di esse.

A questa impresa concorsero dieci ditte italiane,consorziate da un Ente ricuperi (ERIT), e in meno di un anno furono rimesse

a galla quasi tutte le unità più importanti e tutto il naviglio minore.

Peccato che,poco dopo,in seguito allo sbarco degli Alleati in Francia,molte delle unità ricuperate siano state riaffondate;ma l'opera

compiuta dalle ditte italiane sarà sempre ricordata come esempio di abilità di tecnica e di sapiente organizzazione.

 

6-Il caccia francese " Foudroyant " ,affondato a Tolone e ricuperato

dalla ditta italiana " La Marinara ".

1o3ntl.jpg

 

Alcune ditte furono richiamate dopo l'armistizio in Francia per il ricupero di alcune importanti unità affondate nel porto di Marsiglia.

Ciò sta a dimostrare quanto sia apprezzata all'estero l'opera delle maestranze e dei tecnici italiani anche in questo campo.

Essi sono stati pure ricercati per lavori di ricupero sulle coste dell'Africa e perfino in Estremo Oriente.

Un ricupero importante è stato fatto a Le Havre,col concorso di ditte italiane,per la rimessa a galla del grande transatlantico "Libertè".Il ricupero delle navi di Tolone è stato fatto quasi completamente mediante pompe,dopo aver chiuso le falle e tutte

le aperture sommerse;ma era stata avanzata anche l'ardita proposta di prosciugare tutto lo specchio d'acqua del porto per con-

temporaneamente all'asciutto tutte le unità affondate,tamponarle quindi galleggiare riallagando la zona.

La proposta era attuabile,poichè gli accessi al porto al porto militare di Tolone non sono molto ampi e potevano essere facilmente

sbarrati,ma vi si rinunciò per considerazioni di ordine pratico e pricipalmente per il timore di recar danno alle banchine,che avreb-

bero potuto subire cedimenti,per la mancata spinta dell'acqua da un lato.

Si ricorderà che un sistema del genere era stato attuato per il ricupero delle navi romane affondate nel lago di Nemi.

 

7- I cacciatorpediniere " Mogador " e " Valmy ",dopo il ricupero,effettuato

dalla ditta italiana " IRMI "

120rss2.jpg

 

Potenti pompe aspirarono l'acqua da lago fino ad abbassarne il livello ad disotto delle navi affondate,che si poterono così invasare

e tirare a terra,quindi ricoverarle sotto ampi capannoni appositamente costruiti.Purtrppo quest navi non esistono più,essendo state

distrutte dal tedesco invasore.

Abbiamo cercato di dare un'idea sommaria di tutto quanto si riferisce ai ricuperi marittimi,che nel dopoguerra hanno assunto,per

forza di cose,un'importanza grandissima.Il lavoro già fatto è imponente,ma c'è ancora molto da fare e non solo in Italia,ma in tutti

i mari dove la bufera della guerra è passata.

Molte navi ricuperate sono già rientrate in servizio e altre si apprestano a rientrarvi.

Le più danneggiate vengono demolite per inviarne i rottami alle ferriere,che li trasformano in altri materiali di costruzione per unità

ancor più belle e potenti.

Così tutto si rinnova e si perfeziona,e si dimenticano i guai passati.

Odoardo Giannelli8-8-8-8-Veduta parziale di Genova,nello sfondo di un piroscafo affondato nel suo porto

e già in via di ricupero.

2zf1tfl.jpg

 

FINE

Modificato da Red
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Richiamo altri due saggi sull'argomento, non credo riproducibili per diritti di copyright:

 

- I recuperi navali nel Golfo di Trieste alla fine della seconda guerra mondiale - di E. Bagnasco e A. Rastelli, Rivista Marittima novembre 1992.

(Qualche errore di riconoscimento di un paio di unità, già noto a pochi appassionati di quell'epoca, non inficia il valore del saggio)

 

- Il porto di Genova alla fine della seconda guerra mondiale - degli stessi AA, Rivista Marittima luglio 1993.

 

La situazione del naviglio affondato da Porto Corsini alle Foci del Tagliamento, è ampiamente trattata in una relazione compilata dall'Ufficio Recuperi R. Marina, a firma dell'allora capo ufficio Maggiore G. N. Renato Lendaro, datata 28.2.46, che mi è stata regalata in copia a fine anni '60. Si tratta di oltre 200 relitti di cui vengono minuziosamente descritte caratteristiche, stato dei fatti, avanzamento lavori ed estratti planimetrici delle ubicazioni. Il documento è integrato da un successivo in 4 fogli della MM del 1953, illustrante quanto ancora in quella data non recuperato

Riproduco intanto il primo, l'intestazione; se di comune interesse posso condividerlo per intero con la Base: sono 16 paginoni 50x 25 cm; meglio, credo, in Biblioteca.

 

hnKr2R.jpg

Modificato da danilo43
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