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Affondare Con La Propria Nave? Un Problema Di Etica Navale (Da Un Articolo Del 1942)


GM Andrea

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Mi è capitato fra le mani, fortunosamente, un eccezionale volume pubblicato nel 1942 da Americo Bertùccioli, professore di francese in Accademia Navale.

Trattasi di "Per le azzurre vie del mare": è la riedizione aggiornata di un'opera omonima, del 1922, consistente in una corposa antologia di scritti marinareschi, per la penna di ufficiali e letterati più o meno celebri.

 

In essa compare un brano inedito del CV Ubaldo degli Uberti, che ricopriva allora il non indifferente ruolo di capo dell'Ufficio Stampa e Propaganda della R. Marina. Il che vuol dire che il suo pensiero era quello della Forza Armata.

 

L’articolo, che riporto in calce, ha per tema la questione etica se un comandante debba (o possa) decidere deliberatamente di affondare con la propria unità.

La questione in quel periodo non era di poco conto, almeno in Marina. E’ risaputo che dopo alcuni atti simili compiuti da comandanti – Borsini, Banfi, Botti etc. – Supermarina fece sapere che pur ritenendo il gesto nobilissimo la cosa era da sconsigliarsi, per la semplice ragione che la vita stessa di un comandante – per formare il quale ci vogliono lustri – fa parte del potenziale bellico, e quindi non va “sprecata” (con plurime virgolette).

 

Ubaldo degli Uberti con questo articolo propone il tema al pubblico, e la cosa non è di poco conto. Gli esempi citati furono e sono, giustamente, portati all’attenzione dell’opinione pubblica come luminosi esempi di valore. Pur tuttavia l’autore evidenzia come non vi fosse nessuna regola scritta o non scritta che lo imponesse: anzi, da grande conoscitore di ogni recondita faccenda marinaresca parla espressamente di una “tradizione che non esiste” per poi affermare che “tra i doveri di un Comandante c’è quello di non far gettito della sua vita che è consacrata al servizio della Patria e della Marina”. Con l’occasione inoltre smonta la vulgata per cui Cappellini, sul Palestro, avrebbe atteso stoicamente la morte propria e del suo equipaggio: riprendendo così un'osservazione a suo tempo fatta da Jack la Bolina, testimone dei fatti e buon conoscitore del Cappellini.

Banfi, Fontana, Botti e gli altri fecero tutto quanto il dovere imponeva loro nei confronti dell’equipaggio e della nave. Poi però “disubbidirono” (degli Uberti usa proprio questo verbo).

Ma chi conosce l’autore sa che questa considerazione non si poteva accompagnare a un giudizio di disvalore: anzi, “nessuno è tanto in alto da poterli giudicare”.

 

Trovo significativo che, soprattutto in tempo di guerra, siano state pubblicate considerazioni tanto originali e al di fuori di una facile retorica.

 

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".....nessuno è tanto in alto da poterli giudicare.

Inchiniamoci in riverente silenzio "

:Italy::Italy::Italy:

 

A ricordo del Com.te Borsini e del Marinaio Ciaravolo,entrambi M.O.V.M.

nella Sez. "Gli Uomini" sono state postate delle schede.

 

RED

 

P.S.: Certo è che certe "chicche" le becchi solo tu.... !!!

 

Grazie

Modificato da Red
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Strano che l'ammiraglio Ubaldo degli Uberti, sommergibilista durante la I G.M., non abbia riportato questo significativo e pertinente evento, narrato invece dal c.te Guido Milanesi in "L'ancora d'oro" del 1929:

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Ciao,
C.
Modificato da chimera
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Strano che l'ammiraglio Ubaldo degli Uberti, sommergibilista durante la I G.M., non abbia riportato questo significativo e pertinente evento, narrato invece dal c.te Guido Milanesi in "L'ancora d'oro" del 1929:

 

In verità U.d.U. aveva ben presente l'episodio: il secondo del Nereide, TV Corrado Boggio, era il suo più caro amico, sin dall'Accademia, e ne parla commosso nella prefazione del suo Sommergibili - Vecchie storie, pubblicato proprio nello stesso 1942.

 

Forse non lo ha rammentato perchè l'episodio di Pelagosa è leggermente diverso: Corrado del Greco, a differenza di Baroni, Borsini, Botti etc., non scelse deliberatamente di affondare con la sua unità quando ormai il possibile era stato fatto: come riportato da Milanesi, cercò invece di immergersi per mettere in salvo l'unità, anche se ben sapeva di non avere che poche speranze.

Il valore e l'eroismo sono i medesimi, solo è differente il "momento" e la finalità della scelta.

 

p.s.: ho dato un'occhiata alla documentazione e ai resoconti (testimonianza del STV da Zara, riportata anche da G. Pagano di Melito, che col Gianicolo attese poi per ore presso quella boa telefonica, nel suo Mine e spie). Per il vero non si dice che del Greco con tutto l'equipaggio fosse a terra, bensì che l'ordine di immergersi - con la fatale chiusura del portello - fu dato mentre era in corso la manovra di ormeggio.

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Opperbacco! E' vero!

Il buon Da Zara riporta, peraltro molto sinteticamente, l'episodio dell'affondamento del Nereide anche in "Pelle d'Ammiraglio"; Sembra quasi che il racconto sia focalizzato più sul "siluro" che riuscì a schivare lui a seguito del triste evento piuttosto che su quello che colpì il Nereide:

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La cosa che però più mi ha sorpreso è che lo stesso c.te Milanesi, stavolta "Sommergibili" edito nel 1917, racconti l'episodio in modo più coerente con le altre testimonianze:

 

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Forse la propaganda del 1929 aveva bisogno d'ingigantire gli eventi più di quanto già eroici fossero....
Una cosa è comunque certa al di là di retorica e propaganda: il valore e l'eroismo di questi uomini non potrà mai essere ne dimenticato ne, tantomeno, messo in discussione.
Concludo citando anche io il buon G.M. Andrea: nessuno è tanto in alto da poterli giudicare”.
Modificato da chimera
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Che interessanti articoli ... grazie!

 

Sono d'accordo che la vita di ogni Comandante non deve essere sprecata!

 

Mi ha colpito anche il "primo passaggio", forse perchè proprio oggi ho pensato all'anima di ogni nave: :rolleyes:

la nave che è stata fino a quel momento un essere animato, e dalle vene, che sono le vene degli uomini che l'armano, sgorgava sangue vivo, diventa ferraglia

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  • 1 month later...

Approfittando dell'estate sto leggendo Arcipelaghi in fiamme di Dobrillo Dupuis. Mi è capitato davanti un episodio che ha diversi punti in contatto con la vicenda di Borsini e Ciaravolo, e così ve lo propongo: si riferisce all'affondamento dell'USS Houston durante le vicende del mar di Giava nel 1942.

 

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Purtroppo il testo di Dupuis non cita la fonte precisa dell'episodio, né un veloce giro sul web mi ha fornito informazioni particolari. Qualcuno ha qualche riferimento in merito?

 

P.S. Molti testi fanno riferimento ad ordini della Regia Marina per evitare che i comandanti decidessero di perire volontariamente con la propria nave. Qualcuno sa di preciso quale comando emanò gli ordini e il loro testo preciso?

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P.S. Molti testi fanno riferimento ad ordini della Regia Marina per evitare che i comandanti decidessero di perire volontariamente con la propria nave. Qualcuno sa di preciso quale comando emanò gli ordini e il loro testo preciso?

 

 

 

Da quanto rammento - ma potrei sbagliare - si trattava di direttive ufficiose non formalizzate per iscritto, proprio per lasciare comunque una certa libertà di coscienza.

 

Traggo un episodio analogo dal poco noto Romanticismo velico, Vallecchi 1940, raccolta di ricordi marinareschi del celebre scultore Romano Romanelli - il quale in gioventù fu ufficiale di Marina. Destinato durante la Grande Guerra a Gibilterra per occuparsi dei convogli da e per l'Italia, Romanelli conobbe l'anziano contrammiraglio richiamato Giovanni Viglione, da Carmagnola, destinato ai convogli. Nel maggio del 1918 Viglione, responsabile di un convoglio e imbarcato sul p/fo Piero Maroncelli, dopo il siluramento dell'unità al largo della Sardegna volle perire con la nave.

Nel capitolo Un vecchio ammiraglio a riposo Romanelli - che non fa il nome nè dell'ammiraglio nè della nave - racconta che in porto Viglione si schermiva che in caso di naufragio non avrebbe tentato di salvarsi. sia perchè "troppo grasso e vecchio" sia perchè non consono al suo ruolo di capo. Diceva nel suo dialetto:

 

"Se an mandô a fônd, i' voei nen fé tanta fadiga par bütémi drinta la lancia di salvataggio. I' sôn trop gras e trop vej. E i' sôn d'ôpiniôn che ün cômandant a dev andésene anséma ìl suo bastiment".

 

Eccone la fine:

 

opgs.jpg

 

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