malaparte* Inviato 31 Gennaio, 2015 Segnala Share Inviato 31 Gennaio, 2015 Il 12 settembre 1857 il battello a vapore Central America, al comando di William Lewis Herndon, affondò durante un uragano con 477 passeggeri, 101 uomini d'equipaggio e 11 tonnellate d'oro. Un società di cacciatori di relitti nel 1988 localizzò il luogo ed avviò il recupero dell'oro. Ma poi uno dei soci sparì con l'oro e dopo anni di indagini è stato recentemente arrestato. Però non si sa dove sia finito l'oro da lui trafugato. Nel frattempo si sta continuando a estrarre dal relitto monete e lingotti... Su QN di ieri i dettagli : http://www.quotidiano.net/uomo-oro-abissi-lingotti-1.620081 Qui altri dettagli dulla Central America http://en.wikipedia.org/wiki/SS_Central_America Citare Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
danilo43* Inviato 31 Gennaio, 2015 Segnala Share Inviato 31 Gennaio, 2015 Il libro di John Wright, titolo italiano "Alla ricerca dei tesori sommersi", tratta la storia di 50 relitti contenenti carichi preziosi. Per ciascuno di essi l'autore racconta la storia, le circostanze del naufragio, le condizioni di conservazione del carico e i tentativi fatti per recuperare i tesori: uno di questi è il Central America. La cronaca è molto più circostanziata di quanto pubblicato dalla stampa: vorrei riprodurre come documento di testo qualche pagina che, quantomeno, interesserà Malaparte. Da notare che il relitto si trova ad una profondità di 2440 metri. Citare Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
malaparte* Inviato 31 Gennaio, 2015 Autore Segnala Share Inviato 31 Gennaio, 2015 (modificato) QN riporta semplicemente alcune notizie tratte da Wikipedia...per allungare il brodo. 2400 m. sotto il lm non sono noccioline. L'interesse ai relitti tra questi utenti è diffuso. Modificato 31 Gennaio, 2015 da malaparte Citare Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
danilo43* Inviato 31 Gennaio, 2015 Segnala Share Inviato 31 Gennaio, 2015 (modificato) L'opera originale: Encyclopedia of Sunken Treasure è stata pubblicata nel 1995 (traduzione italiana: Alla ricerca dei tesori sommersi, 1997). Il contenuto è pertanto da considerarsi come antefatto a quanto riportato da Malaparte in merito alle successive vicende giudiziarie. La differenza nella quantità del carico potrebbe esser frutto di un errato calcolo della traduttrice nella conversione tra libbre e chili. CENTRAL AMERICA Il primo nome della Central America era George Law. Era un piroscafo a ruote in pino e quercia, rivestito di rame lungo 84,7 metri e largo 12,2. La Central America venne costruita all’East River di New York e varata nell’ottobre del 1853 per svolgere regolare servizio fra Panama e New York. Ne era proprietaria la US Mail Steamship Company. Naufragò durante un uragano a 225 miglia a sud-est di Charleston al largo della costa della Carolina del Sud, USA, Oceano Atlantico. Alle 4 del pomeriggio del 3 settembre 1857 la Central America, al comando del Capitano William Herndon, salpò da Panama con 476 passeggeri a bordo e 102 uomini di equipaggio facendo rotta per New York, via Avana. Questo era il suo quarantatreesimo viaggio bimestrale di andata e ritorno fra New York e Aspinwall (ora parte di Colon, Panama). La Central America trasportava un carico di 3 tonnellate d’oro (Internet e la più recente stampa fanno riferimento a 30,000 pounds,14,000 kilogrammi n.d.D.), compresa la consegna mensile per San Francisco di monete coniate e di altri pagamenti destinati a banche e “valutate 1,25 milioni di dollari, oltre a probabilmente 750.000 dollari nelle mani dei passeggeri” (The Numismatist, ]uly 1990, p. 1066). A San Francisco l’oro era stato caricato sulla Sonora, ed era giunto a Panama City dove era stato trasportato attraverso l’Istmo di Panama per essere prelevato, infine, dalla Central America. Durante il suo servizio la Central America ha trasportato circa un terzo del totale dell’oro estratto dai giacimenti auriferi in California. Negli anni fra il 1849 e il 1868 le monete d’oro coniate e spedite a New York via Panama sono state più di 2,9 milioni di libbre (1316 tonnellate) e varrebbero, oggi, più di 15 miliardi di dollari (23250 miliardi di lire), escludendo i patrimoni individuali o i carichi non registrati. (J. CONRAD, (edit), Story of an American Tragedy, Columbus-America Discovery Group, Ohio 1988, p. 13). La nave giunse all’Avana il 7 settembre, ripartendo alle 9 del giorno seguente. Il tempo era bello, con vento moderato da ovest. Il giorno successivo soffiava un vento fortissimo. Venerdì 11 settembre il vento si era trasformato in uragano, le onde erano alte come montagne. Durante la mattinata si apri una falla. George Ashby, capo macchinista, scrisse: “Alle 9 scoprii che la nave stava imbarcando molta acqua, più di quanta non ne imbarcasse in condizioni normali. Feci subito rapporto al Capitano Herndon e subito tutti gli uomini disponibili trasportarono il carbone in secchi e cesti nella sala caldaie. Il Capitano Herndon, su mia richiesta mando giù anche tutti i camerieri per aiutare a trasportare il carbone. La nave era talmente inclinata a tribordo che i nostri tentativi di trasportare il carbone erano del tutto inutili... alle 12 circa l’acqua invase il pagliolato del deposito di carbone, sia davanti che dietro, e il vapore che se ne sprigiono rese impossibile il lavoro. Si spensero anche tutte le nostre lampade” (New York Daily Tribune», 9 settembre 1857, p. 5). Alle 5.30 del pomeriggio, si erano spenti tutti i fuochi delle caldaie; si fermarono cosi i motori e le pompe di sentina. Sotto le sferzate del mare che spazzava violentemente i ponti, la nave cominciò a rollare. Nel tentativo di raddrizzare la nave il Capitano Herndon ordinò all’equipaggio di tagliare l’albero maestro, ma purtroppo neanche questa manovra sortì il risultato sperato. Nella sua relazione al ministro della Marina il luogotenente M.F Maury affermò in seguito: “A quel punto la nave era in balia delle onde e stava rollando nel mare come fosse stata un tronco... la vela di fortuna era stata strappata e il pennone di trinchetto cadde poi durante la notte. Facemmo altri tentativi permettere la nave con il vento in poppa, ma nessuna vela riusciva a resistere alla furia dell’uragano...” (CONRAD, op. cit., pp. 75-76). All’alba di Sabato 12 il vento diminuì leggermente, ma il livello dell’acqua a bordo continuava a salire. Verso mezzogiorno fu avvistata una vela, vennero sparati razzi di segnalazione e colpi di cannone e issata una bandiera di soccorso. La Marine, un brigantino che proveniva da Boston diretto alle Indie occidentali, rispose alle richieste di aiuto della nave. Sebbene fortemente danneggiata dall’uragano, il Capitano Burt della Marine accostò la propria nave il più possibile alla Central America. Anche una goletta, l’El Dorado, si avvicinò alla nave, ma non riuscì a fornire nessun aiuto. Vennero calate in mare tre delle scialuppe che erano ancora in buono stato e cento passeggeri - per lo più donne e bambini - furono tratti in salvo prima del calar della notte. La Marine, quindi si allontanò in attesa di riprendere le operazioni di soccorso al mattino successivo. Un passeggero, un certo Thomas Badger, annotò la sequenza di quei momenti terrificanti: “Alle 8 meno dieci il Capitano Herndon prese posizione alla timoneria insieme al secondo ufficiale, e sparò dei razzi bassi - il segnale per il brigantino e per la goletta che stavamo affondando rapidamente... Subito dopo, alle 8 di quel sabato sera, la nave colò a picco in pochi istanti inclinandosi di 45 gradi (la poppa per prima). ll risucchio della nave trascinò tutti i passeggeri in acqua ad una certa profondità. Quando tornarono in superficie la lotta per la sopravvivenza fu terribile, c’erano grida e richieste di aiuto... Molti di quelli che non sapevano nuotare si aggrappavano a coloro che, invece, sapevano nuotare oppure a pezzi del relitto che, sovraccarichi, non offrirono più possibilità di salvezza... In dieci minuti non meno di trecento persone erano andate sott’acqua per non riemergere mai più. C’erano molti passeggeri che avevano indosso dei sacchetti di polvere d’oro e molti, senza dubbio, sono morti nel tentativo di salvare anche le loro ricchezze” (New York Journal of Commerce, 21 settembre 1857, p. 2). La Central America colò a picco in un mare profondo 2.438 metri insieme a 426 persone (fra equipaggio e passeggeri), compreso il Capitano Herndon. Alle 9 del mattino della domenica, la nave norvegese Ellen trasse in salvo cinquanta persone. Miracolosamente nove giorni dopo vennero tratti in salvo dal brigantino britannico Mary ancora quattro uomini, dopo essere andati alla deriva per 476 miglia senza cibo, né acqua. Columbus-America Discovery Group Thomas G. Thompson era un tecnico specializzato in ricerche oceaniche che lavorava per il Battelle Memorial Institute of Columbus, Ohio, che svolge ricerche su commissione del governo e dell’industria. Thompson si occupava di studi sulla possibilità di estrarre metalli dalle profondità degli oceani e cominciò a interessarsi anche ai relitti di navi: “Mi sono interessato ai relitti affondati in acque molto profonde, come ad esempio la Central America, in quanto ci sono minori possibilità che siano state già spogliate dei loro tesori, perché in realtà non c’era modo di arrivarci” (Los Angeles Times», 10 agosto 1987). Nel 1985 Thompson prese un periodo di aspettativa e insieme a due amici - Barry Schatz, giornalista e Bob Evans, geologo - fondò la Columbus-America Discovery Group. Il loro progetto riguardava il recupero della Central America. Thompson e i suoi soci trovarono 161 investitori che sborsarono 12,7 milioni di dollari per finanziare il progetto. Il gruppo acquistò un rompighiaccio canadese di trent’anni - l’Artic Discoverer - lungo 54,8 metri, 900 tonnellate di stazza, e lo adibì al recupero di relitti. I tecnici del gruppo disegnarono e costruirono anche un ROV (veicolo telecomandato) di 4 tonnellate, il Nemo, che poteva trasmettere immagini, prelevare oggetti pesanti o sollevare il più delicato dei manufatti. Una squadra di storici e di ricercatori raccolse informazioni importanti, carte geografiche, registrazioni metereologiche e di navigazione risalenti al 1857. I dati vennero inseriti in un computer che restrinse il campo di ricerca a un’area di 1.400 miglia quadrate, la cosiddetta Blake Ridge. “La dorsale oceanica è un posto ideale per le ricerche con il sonar perché e piatta ed uniforme e la nave dovrebbe essere ben Visibile” (Los Angeles Times», 10 agosto 1987). Grazie agli strumenti sofisticati il relitto venne localizzato in sole sei settimane. Nel luglio del 1987 il Nemo scopri i primi manufatti e pezzi di carbone disseminati in una zona molto estesa del fondale. La Central America aveva bruciato carbone di antracite. I manufatti e un campione di carbone vennero riportati in superficie e spediti - con l’aereo adibito al rifornimento - all’avvocato del gruppo, Richard Robol, che, a sua volta, inviò i campioni all’US District Court nel Norfolk, in Virginia, per richiedere i diritti di recupero. Il giudice Richard B. Kellam emanò un ordine provvisorio dando in esclusiva alla Columbus-America i diritti di recupero per la zona in cui erano stati ritrovati i reperti. Thompson sapeva che altri gruppi come la Boston Salvage Consultants Inc e la South Carolina Marine Archeology Trust erano sulle tracce del tesoro della Central America. Thompson ordino dei nuovi software per i computer capaci di migliorare la definizione delle prime immagini trasmesse dal sonar; rivedendo quelle immagini si poté scorgere la sagoma del relitto. Il ritrovamento venne confermato quando il Nemo riportò in superficie la campana di bronzo della nave recante l’iscrizione: “Morgan Iron Works, New York 1853”. Dopo la presentazione di filmati, manufatti e rapporti sui progressi effettuati, il giudice Kellam concesse alla Columbus-America Group un'ingiunzione permanente contro i rivali, garantendo loro un diritto su una superficie di 20 miglia quadrate. Era la prima volta che venivano concessi dei diritti a dei privati in acque internazionali. Nell’estate del 1989 il Nemo, con le sue cinque telecamere e il braccio robotico di precisione, iniziò il recupero dell’oro. “Era assolutamente stupefacente, c’era un giardino di oro, un ponte di lingotti d’oro. I lingotti si erano accatastati sul legno, ma mentre questo si era disgregato, l’oro era rimasto cementato. L’oro è molto lucente a quelle profondità, c’erano fiumi di monete d’oro, tappeti d’oro. Erano incollati, le travi che li sorreggevano erano cadute, le borse che avevano contenuto l’oro si erano disintegrate da parecchio tempo, ma la polvere era ancora li, fusa, incollata. Il Nemo spazzò via il fango ed ecco apparire davanti agli occhi un tappeto di monete d’oro” (Los Angeles Times, 3 aprile 1990). A meta settembre il Nemo aveva effettuato quindici immersioni riportando in superficie circa una tonnellata d’oro, compreso un lingotto d’oro del peso di 28,100 kg. Quando si diffusero le notizie del successo della Columbus-America, si fecero avanti trentanove compagnie di assicurazione che reclamavano il diritto al denaro. Il giudice Kellam chiese agli avvocati delle diverse compagnie se avevano la possibilità di identificare la loro parte di oro; dato che ciò non era possibile, respinse le richieste di trentuno delle trentanove compagnie. Nel giugno 1990 un giudice federale riconobbe alla società il diritto alla proprietà di tutto l’oro e degli oggetti appartenenti alla Central America. Ci vorranno parecchi anni per recuperare tutto l’oro, che dovrebbe ammontare a circa 1 miliardo di dollari (1550 miliardi di lire), il tesoro più ricco mai affondato insieme a una nave (ibidem). Modificato 1 Febbraio, 2015 da danilo43 Citare Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
malaspina* Inviato 1 Febbraio, 2015 Segnala Share Inviato 1 Febbraio, 2015 Un bel libro che tratta le cause che portarono all'affondamento della nave, dopo che equipaggio e passeggeri avevano tentato tutti i mezzi per scongiurarlo, e le fasi del recupero da parte di una ditta america dei suoi tesori, sono trattati meticolosamente in questo libro: Gary Kinder L'ORO DEGLI ABISSI isbn 88-8274-215-6-92-1-01 Citare Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
danilo43* Inviato 1 Febbraio, 2015 Segnala Share Inviato 1 Febbraio, 2015 Infatti, cercavo proprio quello che probabilmente è frutto di un prestito mai reso Citare Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
STV(CP) * Inviato 1 Febbraio, 2015 Segnala Share Inviato 1 Febbraio, 2015 Un bel libro che tratta le cause che portarono all'affondamento della nave, dopo che equipaggio e passeggeri avevano tentato tutti i mezzi per scongiurarlo, e le fasi del recupero da parte di una ditta america dei suoi tesori, sono trattati meticolosamente in questo libro: Gary Kinder L'ORO DEGLI ABISSI isbn 88-8274-215-6-92-1-01 Ho letto un paio di volte quel libro.... é molto bello e concordo molto dettagliato. Non sapevo dei risvolti di cronaca..... Citare Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
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