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Riflessioni


Visitatore Etna

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Visitatore Etna

L'EROE NEL TERZO MILLENNIO

 

La prima domanda da porsi è : c'è ancora bisogno di eroi?

E' stato scritto(Brecht):"Sfortunato quel paese che ha bisogno di eroi!"

L'occidente,quindi,è un blocco fisico/politico sfortunato!!

Mai come oggi invece avrebbe bisogno di eroi non avendo più da secoli,una regolare produzione di individui siffatti.

La contraddizione in termini è solo e puramente apparente.

Molto genericamente l'Occidente è come seduto dopo una lunga e sfibrante corsa attraverso immensi bagni di sangue.

Oggi ci culliamo tutti nella civiltà ormai acquisita,consolidata,in questa apparente cornice di diffuso benessere e dell'allungamento della vita media

Mete e obbiettivi sono ormai ben differenziati,ben altri!

L'eroe è "fuori moda",è "scontato",è "inutile",perfino banale!

L'anti-eroe è sicuramente più richiesto.

Un esempio su tutti è il Pelide Achille riproposto oggi nei panni dell'americanissimo Brad Pitt.

Achille ,eroe per eccellenza ,ancorché "immortale",paradossalmente sconosciuto nei confronti dei più celebrati "Odisseo" - "Zorro" - "Robin Hood",eroi purissimi

come l'oro e senza macchia ,così come li vuole lo stereotipo.

Ma Omero l'aveva vista giusta già migliaia di anni prima : ETTORE.

Chi non è stato dalla parte di Ettore,l'eroe più "umano",forte,serio,deciso e padre.

Eroe con tutte le sue debolezze e mancanze!

E quanto è più facile stare dalla sua parte?

E qui non c'entrano i parametri di catalogazione del bene e del male.

L'eroe del terzo millennio è quello che deve conquistare qualcosa,che è disposto a giocarsi e perdere anche tutto,poco o niente importa se sia moralmente criticabile,anzi,egli "deve" essere trasgressivo.

Il bene e il male non c'entrano,come pure l'etica,la morale,il ruolo contestuale.

Ciò che conta è essere per così dire "all'opposizione",magari anche solo per partito preso.

Un tempo era tutto molto più semplice:le guerre erano più semplici,la distinzione fra amico e nemico era più semplice come pure

la distinzione fra buono e cattivo,forse perchè i parametri per configurare la storia erano più riduttivi,più esigui!

Il bene e il male,il buono e il cattivo,godono oggi di un periodo estremamente proficuo perchè è difficile individuarli,metterli a fuoco,forse perchè tutti mossi da motivazioni o quanto meno meritevoli di essere considerati in qualche misura .In un clima poi di revisionismo storico non poteva certo venir meno la tentazione fortissima di rivisitare eventi e personaggi nella loro globalità.

Le generazioni passate s'interessavano meno di politica e non pensavano affatto a perdersi nei meandri del revisionismo;tutto più semplice e scorrevole.

Molto dobbiamo alle tempeste mediatiche che quotidianamente attraversano le nostre esistenze ,e che in misura devastante ci confondono le idee e ci portano perfino a profonde crisi di identità.

L'ideologia è un fattore opzionale che resta comunque forte e prevalente.

Si parta dall ‘assunto che la società e l'ordine costituito siano entrambi responsabili oggettivamente del quotidiano malfunzionamento di qualsiasi cosa.

Eroe è il "normale",il "furbo",il "cialtrone" che poi si riscatta.

Ed è proprio quest'ultima, la figura eroica prevalente un po ovunque :ovvero è eroe solo colui che si riscatta e si redime,esaltato e contraddistinto da scarsa nobiltà e assenza di valori estetici.

Colmare il vuoto d'eroi a questo punto,è cosa semplicissima e poco impegnativa sia dal punto di vista morale/etico sia nella pragmatica necessità quotidiana.

Ma come non chiedersi : che razza di eroi sarebbero?

Entità fisiche ma sopratutto spirituali destinate a non lasciare nè traccia nè ricordo;a basso costo tutto sommato.

Ma quanti,sarebbero privati di modelli,in cui, in qualche modo,potersi identificare??

E che diffusione avrebbero in definitiva le gesta di costoro?

Si potrebbe asserire che l'eroe è figlio del suo tempo,ma con una valenza dubbia,perchè troppo "scontata".

Prendiamo ad esempio i cosiddetti "sbirri" televisivi e non.

Fin quando ci sarà una maggioranza, che nelle loro azioni, riuscirà a distinguere il "non comune" e perché no ,l'eroe di turno,la stessa parola non suonerà come un semplice nomignolo,un attributo qualsiasi,

tipo "Bobbies" di marca britannica;ma il termine "sbirro" viene anche impiegato per definire il "nemico", l' infame" che è dalla parte della legge e che per antonomasia ci è contro,poco importa se perde la vita per difendere la legge

o il nostro prossimo. Eppure si cade in una stridente contraddizione in termini ! Il cosiddetto"sbirro"è ben lungi dall'essere

un eroe senza macchia e senza manchevolezze e sopratutto senza debolezze umane.

E quindi perché non coglie il favore dei più,considerando che sono proprio gli "imperfetti" a godere di maggiori simpatie e considerazione?

E non può non venire alla mente il grande Scipione :

Ingrata patria,non avrai mai le mie ossa!

L’eroe non incassa gratitudine alla fin fine,anzi,se reclama viene messo da parte,dimenticato senza la minima considerazione. Perché ?

Perché l’ipocrisia e l’ingratitudine fan parte delle nostre debolezze umane sulle quali ci adagiamo e speculiamo a piene mani;l’eroe è colui che deve fare l’eroe senza nulla aspettarsi in cambio. Se reclama non è più un eroe puro ! Di certo oggi non è più tempo d’eroi ! Il motivo unico è : nessuno fa niente per niente!

Nessuno fa qualcosa a titolo gratuito , meno che mai per solidarietà!

E quindi anche l’eroe si adegua al millennio appena inaugurato.

Un eroe a gratis ? Manco a parlarne!

“DO UT DES†citavano i nostri gloriosi avi,la gloria ancorchè imperitura non paga,ed essa dovrebbe essere l’unica mercede per gli eroi.

Oggi non è più di moda anzi non fa tendenza,non è “trendy†.

Molto meglio godersi quella degli altri al cinema o in poltrona,al caldo e con tutte le comodità davanti al “piccolo schermoâ€,magari pensandoci nei panni dell’eroe di turno e sognando una gloria più facile e su misura.

A chi non è capitato al termine di una pellicola “eroica†di alzarsi e camminare

fiero ed impettito confuso fra la folla,ma convinto di esserne al di sopra ?

Chi è davvero eroe ? Forse colui che pur sapendo di affrontare un rischio per se stesso,sa che non può fare diversamente,perché la sua coscienza lo condannerebbe

in eterno ai suoi stessi occhi e perderebbe il rispetto di se stesso.

Eroe è quello che alla fine,presa la fatale e consapevole decisione conclude

semplicemente pensando : “Pazienza ! “

ETNA

 

PS

Caro amico JeanPaul , perdonami l’ardire nel reclamarti per nome,ma a questo punto,

se avrai avuto pazienza e bontà di leggermi non puoi non rendermi l’immenso

piacere di una tua visione del concetto.

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Visitatore Perla
Chi è davvero eroe ? Forse colui che pur sapendo di affrontare un rischio per se stesso,sa che non può fare diversamente,perché la sua coscienza lo condannerebbe in eterno ai suoi stessi occhi e perderebbe il rispetto di se stesso.

 

.....questo è esattamente quello che io avrei risposto se mi avessero posto la domanda "chi è per te un eroe?"....eroe è colui che posto di fronte ad una decisione suprema, sceglie la via più difficile (compreso l'eventualità del sacrificio personale) solo perchè, se sceglierà l'altra, dopo non avrà più il coraggio di guardarsi allo specchio......

Certo è che la vita ci pone a volte davanti la possibilità di compiere piccoli atti di eroismo e di metterci alla prova.....

 

p.s. A proposito di Ettore....quello si che era un eroe!.....purtroppo la mia opinione (formatasi nell'adolescenza e sui testi scolastici e quindi suscetibile della superficialità ed emotività tipica della giovinezza e mai maturata da allora ...purtroppo non ho più approfondito il testo omerico!) sul "Pelide Achille" non è esternabile in pubblico.....

sempre per rimanere in tema...il modello omerico dell'eroe di oggi?....sicuramente Ulisse!.....ma non dimentichiamoci comunque che era un marinaio, nè..... :s02: :s43:

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Io sono figlio di uno che a diciotto anni andò a combattere sulle pietraie del Grappa. Non perché lo avesse scelto, visto che lui semmai aveva fatto quel niente che era in suo potere fare perché quella guerra non si facesse. Ma perché ce lo mandarono. Di uno che, dato che oramai c’era (c’era la guerra, c’era lui, e c’era lui dentro la guerra) se la fece con animo e senza mai tirarsi indietro di un palmo.

Sono figlio di uno che aveva come suo unico orgoglio (lui, interrogato sul punto, disse che non era orgoglio, tutt’al più fortuna) di non essersi mai trovato nella necessità di uccidere per non essere ucciso. E come inestinguibile dolore quello di non avere saputo salvare un ungherese trovato agonizzante. E come rischio reale quello di avere sfiorato la Corte marziale per essersi avventato contro un cappellano che, a sua opinione, aveva umiliato dei prigionieri austriaci.

Sono figlio di uno che queste cose badava bene e non raccontarmele e che si sarebbe imbestialito se avesse saputo che me le raccontavano i suoi compagni d’armi, e che da qualche parte si imbastialirà adesso ad accorgersi che impunemente le racconto io.

Sono figlio di uno che, quand’ero ragazzino, mi montava dopo cena il mio spettacolo di cabaret privato, dove lui recitava la parte dell’imbranato che era un miracolo se la guerra non era stata persa per causa sua.

Sono figlio di uno che un po’ di anni dopo, dalla finestra di una clinica dove gli stavano contabilizzando il pochissimo che gli restava da vivere, mi indicava i manovali che giù nel cortile rendevano l’anima a Dio sotto il sole di un luglio siciliano, e mi diceva che sì, la vita era matrigna, ma s’era ingegnata ad esserlo con quegli uomini e non certo con lui

 

Da queste premesse, da questi annali di cronache familiari, capisci bene che difficilmente i miei sogni di ragazzo si sarebbero popolati di rulli di tamburi e di cavalli al galoppo.

Da questa ordinarietà di vita, da queste cose davvero di poco conto, è inevitabilmente venuto fuori quello che mi ha segnato e che ha fatto di me quello che sono. Amico mio, come faccio a essere all’altezza di quello che mi chiedi ?

Quando mia figlia mi ha chiesto perché il nonno non si fosse rifiutato di andare in guerra, visto che non gli piaceva farla, ho passato un bruttissimo quarto d’ora, perché lei aveva sei anni. Poi ha trovato il modo di dirle che ci possono essere cose che non condividi e che fai lo stesso, che anzi trovi indispensabile fare, con l’identica serietà che ci avresti messo se le avessi condivise, perché, se non hai modo di convincere gli altri che tu stai guardando più in là e più in alto, non per questo hai il diritto di tirarti da una parte. E che anzi è giusto accettare il registro degli altri, anche se questo può costarti tutto quello che hai

E che del resto, pure accettando quello che ti chiedono di fare, e facendolo bene, c’è sempre spazio per applicare le regole tue; e che se proprio quello spazio non dovesse essersi, e ti chiedessero -per esempio- di sparare su un uomo inerme, c’è sempre il modo di applicare le regole tue e di non sparare. Basta pagare il prezzo che questo comporta

 

Non so rispondere alle tue domande, Guglielmo. Ho una dimensione minimalista di questi concetti, familiare, dimessa. Mi sarebbe probabilmente più facile parlare di di dignità, di fede nelle cose in cui si crede, di testardaggine nel mantenere intatte l'una e l'altra.

Non so se è vero, come lasci intenderei, che non è più tempo di albatri (in giro in effetti non ne vedo) ma solo di vaiazze che hanno rinunciato al mare per le discariche di monnezza. Io ho il sospetto che un tempo in cui gli albatri si incontravano al banco del bar non c'è stato mai, e che nell'annuario del pollaio ci sia stata sopratutto la gente comune e la vita che ci è dato vivere.

Io mi accontento di cercare in questa, Guglielmo. Nella vita di chi non ha diritti, di chi ce li ha ma non sa di averli, di chi ce li ha e sa di averli ma non li rivendica. Nella vita di chi lavora da sempre e viene privato del frutto del proprio lavoro.

Di chi dedica il proprio lavoro agli altri. Di chi non passa mai, nemmeno per una volta, all’incasso. Di chi paga, per una volta, o per tutti i giorni della sua vita, il dazio imposto a chi non rinuncia alle regole in cui crede. Di chi accetta di morire in silenzio e tutto quello che si aspetta è di trovare la forza di farlo con dignità

Di questo pollame comune, di questo pollame di cui non parlano i giornali e di cui non si accorge nessuno, io credo, Guglielmo, che in giro ce ne sia sempre a vagonate.

Perdonami

Jan Paul

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Visitatore Etna

Hai già risposto Michele,eccome se hai risposto.

Con una lezione di vita vera e vissuta,con sentimenti di straordinaria vivacità e immediatezza.

Grazie. Ecco perchè ho sollecitato una tua visione ; sapevo che da te non poteva venire altro che una replica

di cui far tesoro.

Ora sono io in debito.Al prox rifornimento di Spalletti (Rosso) mi sdebiterò come si conviene.

Una forte stretta di mano

ETNA/Guglielmo

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Visitatore Marcuzzo

Vorrei rispondere ma, sinceramente, avrei poco da dire dato che quanto necessario è già stato detto.

Indubbiamente un tema molto delicato che è stato trattato in mdo completo fino in fondo.

:s20: :s20: :s20: :s20:

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Sono convinto che gli Eroi, lo diventano al momento giusto,senza saperlo,...

non si nasce Eroi, ne lo si diventa per soldi o per altro...

e' la motivazione che nel momento estremo fa diventare una persona EROE...

Oggi c'e' ancora bisogno di Eroi?....Boh!!!...Dipende dalla motivazione ....

 

BERILLO

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Grazie, Guglielmo e Grazie Michele, per le belle parole, i sentimenti personali e quanto di profondo e positivo ci avete saputo trasmettere.

Sembra una frase fatta, ma per me è un onore avervi tra i miei amici.

 

Maurizio

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