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Descrizione Del Torrione Corazzato !


Von Moraht

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Si, il torrione di comando esisteva pure sugli incrociatori.

Già sugli incrociatori leggeri della prima guerra mondiale addirittura. Se guardi le fotografie dei nostri Ancona o Taranto, che sono appunto incrociarori leggeri ex tedeschi, vedi molto bene che davanti al palco di comando (che ha ancora una struttura abbastanza semplice) c'è un cilindro di dimensioni contenute che reca delle feritoie sulla parte alta. Quella è sostanzialmente una stazione di comando e di controllo che aveva una corazzatura equivalente o superiore a quella massima dell'unità e, in qualche modo, ne garantiva le funzioni vitali. Anche se meno visibile, perché inglobata nelle installazioni leggere del palco di comando, una stazione molto simile esisteva anche sulle equivalenti costruzioni itakiane. Non ti so dare misure precise della protezione, perchè sto scrivendo a braccio, e non ho possibilità di documentarmi.

Nelle costruzioni italiane degli anni trenta il torrione raggiunse il massimo dell'evoluzione per quanto riguarda gli incrociatori. Nei sei ultimi Condottieri assunse la notissima forma tronco-conica che li caratterizzava, e che risultava particolarmente visibile perchè era stata privata di tutte le sovrastrutture non resistenti. Il concetto nasceva dalla esigenza di abituare lo stato maggiore dell'unità ad operare in tempo di pace negli identici locali preposti alla conduzione dell'unità in cmbattimento (il principio venne in parte smentito con la successiva applicazione, sul davanti del torrione, di una plancia finestrata -collegata con i locali protetti- da utilizzare nella normale navigazione. O s'era capito che dagli oblò del torrione si vedeva molto poco, o si erano verificati pericolosi attacchi di claustrofobia).

In ogni caso il disegno e la struttura del torrione dei Condottieri, e questo anche per rispondere alla tua domanda specifica, erano visibilmente simili (non negli spessori di corazzatura, evidentemente) a quelli installati sulle Cavour e sulle Doria.

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A supporto di quanto detto da Marat, ecco tre immagini "esplicative" (il torrione corazzato è indicato dalla freccia):

 

Incrociatore Ancona, foto 1932:

anconazx7.jpg

 

Il torrione dell'incrociatore da battaglia britannico Hood (foto 1939)

hoodms4.jpg

 

Una foto (1939/ inizo 1940) della n.b. Doria durante la ricostruzione: la struttura del torrione è particolarmente evidente in quanto non sono stati ancora installati i vari palchi e plance tutto all'intorno.

doriaku7.jpg

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Ma oggi i torrioni corazzati, su le navi moderne potrebbero essere utilizzati ancora?

 

Ormai, in pratica, non ce n'è più traccia. Taluni locali possono venire protetti con strutture in "kevlar", ma la natura stessa delle costruzioni è ormai orientata verso concetti completamenti diversi. La protezione è affidata alle contromisure elettroniche o ai sistemi missilistici per la difesa, tanto "di punto" quanto "di area".

Successivamente alla Guerra delle Falkland (1982), la tendenza progettuale ha portato a sostituire, soprattutto nelle sovrastrutture, l'alluminio con l'acciaio (al fine di evitare incendi), ma ci si è fermati qui.

D'altro canto, in considerazione della generale "leggerezza" costruttiva delle attuali unità militari, l'installazione di un torrione corazzato dal peso di alcune centinaia di tonnellate creerebbe enormi problemi di stabilità, come pure di fatica strutturale per gli altri elementi della costruzione ad esso circostanti.

L'unica eccezione attuale a questo stato di cose è costituita dai ponti di volo delle portaerei statunitensi che - dalla classe "Midway" dell'immediato dopoguerra sino alle attuali "Nimitz" e "Nimitz" migliorate - presentano spessori compresi tra i 150 e i 250 mm circa.

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Esatto, era un bunker che garantiva il controllo dell'unità anche in presenza di danni estesi.

Certo che avrebbe un senso anche oggi. Ma oggi non c'è niente su una nave che possa resistere nemmeno a una sassata ben assestata.

E' cambiata la filosofia di concezione e di impiego. Una nave oggi serve a proteggere se stessa e le unità che scorta, ma si ritiene he debba farlo con l'uso di sistemi d'arma "attivi" che neutralizzino l'attaccante. Di fronte alla potenza delle armi attuali (non esclusa quella nucleare) non ha senso dotarla di sistemi di difesa "passiva" che sarebbero facilmente superati. Questo è quelo che si pensa, ma sono in molti ad avere il dubbio che una qualche protezione assicurerebbe una vita più lunga alle navi, anche perché dopotutto l'acciaio costa molto meno dell'elettronica.

Alle Malvinas ci furono navi che letteralmente si "squagliarono", perché le sovrastrutture erano costruite in lega leggera. Pecori Giraldi, ancora agli inizi degli anni cinquanta, quando gli esperimenti nucleari di Bikini erano già stati compiuti, sosteneva che in combattimento vince la nave che resta di più a galla, e che una nave per restare a galla deve essere protetta.

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in effetti ogni marina adotta il concetto di difesa che reputa più opportuno e questo è spesso funzione del teatro in cui si ipotizza opererà l'Unità e dell'importanza che la stessa riveste nella forza armata.

 

ci sono marine impostate sul mordi e fuggi, quindi il concetto di difesa è impostato sul massimizzare le capacità stealth a scapito di quelle di sopravvivenza.

 

altre impostano sulla difesa fino all'ultimo respiro e quindi sono iperarmate, spesso con i locali più importanti impostati in un regime di ridondanza, un'elevata compartimentazione e anche con "corazza"in materiali compositi di una certa importanza.

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in effetti ogni marina adotta il concetto di difesa che reputa più opportuno e questo è spesso funzione del teatro in cui si ipotizza opererà l'Unità e dell'importanza che la stessa riveste nella forza armata.

 

Su Marine Forum c'é proprio in queste ore un acceso dibattito su questo tema. E alla ironia con la quale uno degli intervenuti commentava che i cantieri costruttori del La Fayette vantavano la capacità delle murate di resistere a proiettili del calibro di 20 (venti) mm. , un altro ha risposto che è inutile fare del sarcasmo, che si può anche fare navigare un blocco di calcestruzzo foderato di Kevlar ma non si sarà comunque risolto il problema, perché tanto un modo di mandarlo a fondo ci sarà sempre.

E' vero, sembra che una nave non desideri altro che di andare a fondo e non si acquieti prima di averlo fatto, ma è anche vero che un attacco missilistico di saturazione sarà sempre in grado di far superare ad almeno un vettore lo sbarramento che qualsiasi supersofisticato sitema di difesa attiva possa mettere in atto. Quantomeno perché i missili antimissile che imbarca una nave restano numericamente limitati, mentre i vettori destinati ad attaccarla limitati per definizione non sono.

E allora che facciamo ? Se è inevitabile che una nave prima o poi debba incassare un'offesa (ed è inevitabile) il ritenerla indifendibile e rinunciare a qualsiasi protezione non equivale a darla per spacciata cià dal momento che esce dal porto ? E' vero che io mi aspettavo un attacco contro le unità americane sia dagli iracheni che dagli jugoslavi, e che questo attacco non c'è stato. E' vero che gli argentini hanno esaurito in poche azioni le loro venticinque armi. ma non è pensabile combattere solo contro gli iracheni, gli jugoslavi (che manco esistono più) e gli argentini.

E poi, qualcuno ha pensato al costo in vite umane di un missile che penetri nel lamierino di queste navi ?

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per quanto mi "costi" dirlo, il costo in vite umane non è un elemento fondamentale dell'equazione, lo è la capacità residua di combattere.

 

Lasciando da parte le varie ironie, dovute a logiche di mercato, ci sono vari studi nel settore e non solo discendenti dalle Falkland.

 

In genere la tendenza odierna nel mondo occidentale è di tornare a corazzare leggermente i punti sensibili come la COC ma non in funzione di scontri aperti.

 

Lo scontro aperto è ancora condizionto dagli affondamenti della seconda guerra mondiale dove non c'era corazzata che tenesse testa a uno scontro aeronavale. un po per le armi nucleari un po per i missili è emersa una tendenza a fare navi non corazzate ma bensi "spendibili".

 

Il ritorno alla protezione dei punti sensibili è da imputare alle minacce trasversali (leggasi terrorismo) dove un missile spalleggiabile può essere opportunmente puntato da una distanza dove le contromisure elettroniche sono inefficaci. la lezione delle Falkland è stata l'eliminazione dell'alluminio e un diverso management della difesa passiva della nave

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per quanto mi "costi" dirlo, il costo in vite umane non è un elemento fondamentale dell'equazione, lo è la capacità residua di combattere.

 

Appunto, la capacità di mantenere una qualche efficienza residua dipende dalla attitudine a reggere attacchi che non siano devastanti. Non tutti gli attacchi lo sono, e non per ogni unità può essere usata una testata nucleare.

L'esperienza della guerra mondiale dimostra che ci furono navi per le quali un unico colpo risultò fatale, e navi che incassarono dozzine di colpi conservando quanto meno la capacità di galleggiamento.

Se navi occorre continuare a costruire (non è obbligatorio, quando si è deciso che i cavalli non erano più buoni a fare la guerra li abbiamo lasciati nelle stalle) non è infame pensare che debbano essere fatte in modo da continuare a svolgere il loro ruolo almeno sino ad un certo livello di danneggiamento e non diventare dei rottami dopo la prima schioppettata.

Non c'era bisogno di aspettare la liquefazione dello Sheffield per capire che costruire le sovrastrutture in lega leggera costituiva un brillante esercizio di idiozia.

E se poi una nave più protetta potesse reggere anche ad offese più consistenti di quelle recate da un manipolo di block busters, e questo contribuisse ad abbassare la "spendibilità" dell'equipaggio, la cosa non mi creerebbe particolare disturbo.

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Non c'era bisogno di aspettare la liquefazione dello Sheffield per capire che costruire le sovrastrutture in lega leggera costituiva un brillante esercizio di idiozia.

 

credo sia l'unica frase che non posso quotare, caro marat!

 

non c'è stata Marina, tra gli anni 60 e gli 80, che non abbia costruito le sovrastrutture in lega leggera. questo dimostra che il "brillante esercizio di idiozia" aveva effettivamente bisogno dell'esperienza Sheffield (ma non solo) per abbandonare quella modalità costruttiva.

 

In effetti i progettisti non avevano calcolato che l'incendio arrivasse a temperature simili e il vantaggio della leggerezza sembrava allora davvero consistente. e non è l'unica lezione tratta da quel conflitto, ci sono altre esperienze che col senno di poi possono dare adito a frasi "ma come hanno fatto a non pensarci!".

 

Col senno di poi, purtroppo....

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Appunto, la capacità di mantenere una qualche efficienza residua dipende

dalla attitudine a reggere attacchi che non siano devastanti. Non tutti

gli attacchi lo sono, e non per ogni unità può essere usata una testata

nucleare.

L'esperienza della guerra mondiale dimostra che ci furono navi per le

quali un unico colpo risultò fatale, e navi che incassarono dozzine di

colpi conservando quanto meno la capacità di galleggiamento.

Se navi occorre continuare a costruire (non è obbligatorio, quando si è

deciso che i cavalli non erano più buoni a fare la guerra li abbiamo

lasciati nelle stalle) non è infame pensare che debbano essere fatte in

modo da continuare a svolgere il loro ruolo almeno sino ad un certo

livello di danneggiamento e non diventare dei rottami dopo la prima

schioppettata.

Non c'era bisogno di aspettare la liquefazione dello Sheffield per

capire che costruire le sovrastrutture in lega leggera costituiva un

brillante esercizio di idiozia.

E se poi una nave più protetta potesse reggere anche ad offese più

consistenti di quelle recate da un manipolo di block busters, e questo

contribuisse ad abbassare la "spendibilità" dell'equipaggio, la cosa non

mi creerebbe particolare disturbo.

 

Ogni nave viene costruita con un determinato scenario in mente.

Le dreadnought vennero costruite con in mente lo scambiarsi mazzate con

una pariclasse, le portaerei di squadra americane della seconda guerra

mondiale vennero costruite con in mente il pacifico e le sue enormi

distanze mentre quelle inglesi con in mente il mar del nord ed il fatto

che potevano trovarsi a portata di tiro di qualche nave da battaglia ecc

ecc.

Gli "idioti" che progettavano navi negli anni 60/80 che scenario avevano

in mente? Uno scenario ove le Iowa sparano proiettili nucleari dal loro

armamento principale, dove i sottomarini hanno siluri con testata

nucleare, gli aerei hanno a disposizione missili AA a testata nucleare,

le bombe di profondità erano nucleari ecc ecc ecc. Con un simile

scenario ha senso corazzare una nave? Io direi di no, e neanche gli

"idioti". O forse pensa che la Iowa o la Vanguard sfanghino una salva

con proiettili da 50kt?

Sulla saturazione.

Ipotizziamo che un gruppo di battaglia americano venga attaccato da

tutti i blackjack della Russia.

Ogni Tu160 porta 4 SS-N-22 Sunburn. Ipotizzando una disponibilità del

100% siamo a 20 Tu 160 per un totale di 80 SS-N-22 Sunburn.

Ipotizziamo pure che sono scortati da dei Sukhoi-37 Super Flankers

Intanto questi aerei verrebbero immediatamente dai radar volanti della

flotta che manderebbe in aria tutti i suoi uccelli per eliminare la

minaccia. I nuovi F18 superhornet possono abbattere i Sunburn.

Se bucano il primo livello di difesa c'è il secondo.

AEGIS.

Un sistema AEGIS di ultima generazione può ingaggiare 280 bersagli

contemporaneamente. Un sistema di scorta moderno composto da:

2 Ticonderoga

1 Burke

1 Perry

Può svuotare i propri magazzini in circa 15 secondi visto che i Ticonderoga hanno celle da 16 (per gli ESSM un pochino di più visto che sono in celle da 4). Circa 500 cosini

simpatici in aria.

Buca anche questo?

Abbiamo i sistemi di difesa di punto.

Buca anche questo? Allora siamo contro il buon Dio e contro di lui si

può poco.

 

Ed i TU 160 che fine fanno? Anche ipotizzando un rateo di perdite basso, 1 su 5, di fatto significa la fine della minaccia strategica rappresentata da questo aereo.

Bucare le difese di una task force è dura, specie se non si hanno tanti aerei e tanti missili come avevano i sovietici. Oppure bisogna avere qualche cosa tipo quello che stanno progettando i cinesi, ma qualcosina mi dice che un Mthel possa essere la risposta.

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credo sia l'unica frase che non posso quotare, caro marat!

 

La frase non è di rarefatta eleganza, ma non è cattiva. Non potrebbe esserlo: non ho titolo per esprimere opinioni che siano più qualificate di quelle di un qualsiasi passante. Mi limito a considerazioni espresse nel limitato recinto in cui ha governo la ragionevolezza, e in cui la necessità della preparazione specifica non sia ancora esigenza imperativa. Ci metto, in più, la possibilità di non capire dove stia esattamente il confine tra i due territori.

E devo essere ancora suggestionato dalla recente rilettura degli interventi svolti in sede parlamentare ai tempi della costruzione del primo Duilio (quanto distanti i tempi in cui i senatori del Regno si ritenevano in obbligo di discettare sul concetto di galleggiabilità di una nave e sulle dimensione che dovesse assumere la batteria per ovviare al rischio di ribaltamento).

 

Ma il punto in questione non riguarda una filosofia d'impiego. Riguarda l'utilizzo di un materiale che ha caratteristiche (virtù, ma anche deficienze) ben note a chiunque. Non si trattava di alberature di yacht a vela, non si trattava di capire, dopo secoli di legno, che lega di alluminio impiegare perché l’albero flettesse sotto raffica nella maniera appropriata a consentire l’apertura della balumina.

Si trattava di una faccenda infinitamente più semplice. Si trattava di tenere conto di due certezze.

La prima è che il fuoco su una nave da guerra non è evento imprevedibile, che la sua eventualità non è cosa rara, che il suo controllo non può in nessun caso essere dato per certo.

La seconda é che una lega di alluminio è materiale altamente vulnerabile alle temperature sviluppate da un incendio.

Tenere conto di questi due condizioni date è esercizio di deduzione logica che non ha bisogno dell’esperienza operativa per poter essere formulato. Così come omettere di considerarle non è la logica conseguenza del concetto di impotenza di fronte allo strapotere dell’offesa.

Non vorrei smentire clamorosamente la premessa: ma pagare consapevolmente il guadagno di peso con la certezza che al primo svilupparsi di un incendio l'unità si affloscerà come un soufflé mal riuscito, è operazione di logica progettuale talmente improponibile da sfiorare il concetto giuridico di colpa grave.

Modificato da marat
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O forse pensa che la Iowa o la Vanguard sfanghino una salva

con proiettili da 50kt?

 

No, non lo penso. E tuttavia sono persuaso che sono ipotizzabili vari livelli di conflitto, che le armi nucleari non si trovano dall'armaiolo sotto casa, che una nave deve pur avere il "diritto" di sopravvivere ad una offesa che non sia portata al massimo livello ipotizzabile.

Nell’evoluzione degli armamenti al crescere dell’offesa si è sempre risposto con l’apprestamento di nuovi mezzi di difesa. O con la rinuncia a determinate armi (i cavalli, dicevo prima).

Mi sembra che sia la prima volta che al crescere esponenziale dell’offesa (nucleare, missili) si risponda sia con il concetto di "spendibilità" (tanto vale considerarle "perse" in partenza), sia con quello di "invulnerabilità" (risparmiamo la protezione passiva, tanto "loro" non passeranno mai). Concetti che sono antitetici fra di loro, ma che conducono al medesimo effetto.

Ho l’impressione che, come quando l’esperienza della marineria velica si dissolse in un batter di ciglia, ci troviamo sulla soglia di una mutazione epocale. E che come in tutte le evenienze simili, non sia dato capire che direzione prenderemo.

Modificato da marat
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Non vorrei smentire clamorosamente la premessa: ma pagare consapevolmente il guadagno di peso con la certezza che al primo svilupparsi di un incendio l'unità si affloscerà come un soufflé mal riuscito, è operazione di logica progettuale talmente improponibile da sfiorare il concetto giuridico di colpa grave.

 

forse è qui il dubbio che dovrei chiarire: nessuno prima delle Falkland ipotizzava che a bordo si sviluppassero temperature così alte da innescare la combustione di alcuni componenti delle leghe leggere e, ovviamente, l'ulteriore incremento di temperatura che avrebbe fuso i materiali più sensibili.

rimane il fatto che volontariamente le Marine abbiano rinunciato alla corazzatura puntando su altri punti di forza. le corazzate sono scomparse per la minaccia aerea (Yamato, Roma...) e proprio perchè non sembrava esistere corazzatura adeguata si è scelta la strada delle contromisure elettroniche e della superiorità tecnologica. Strada che ancora oggi rimane ancorchè implmentata con nuovi concetti di difesa passiva e ridondanza di apparati/sistemazioni. Può sembrare strano ma alle falkland (come in molti altri incidenti gravi) è stato il fumo a rendere l'unità incapace di combattere e non il fuoco

 

c'è un'altra cosa che mi ha colpito del tuo discorso Marat ed è il problema della spendibilità, che non significa darle per perse in partenza. In effetti anche qui potrebbero coesistere la folosofia sovietica e quella occidentale. In quella occidentale la spendibilità è intesa come aumentare la potenza di fuoco distribuendola su un numero più grande di piattaforme (una sorta di ridondanza) mentre le unità sovietiche erano iperarmate per sostenere isolate una battaglia, eventualmente fino a soccombere.

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nessuno prima delle Falkland ipotizzava che a bordo si sviluppassero temperature così alte da innescare la combustione di alcuni componenti delle leghe leggere e, ovviamente, l'ulteriore incremento di temperatura che avrebbe fuso i materiali più sensibili.

 

Di norma quando qualcuno pretende di parlare di diritto (non di politica del diritto, o di logicità di determinate sentenze, ma proprio di tecnica di interpretazione della norme, specie di quelle procedurali) succede che umanamente mi arrabbio –anche se cerco di non darlo a vedere. Questo è un paese (altra detestabile frase fatta) dove, fatta eccezione per la fisica subatomica, tutti pontifichiamo su tutto e massimamente quando ci convinciamo (cioè sempre) di dover insegnare a qualcuno il mestiere che pratica da una vita.

Non vorrei quindi che tu pensassi che replico con questo spirito o per la presunzione di avere l’ultima parola. E’ solo l’esercizio della ragione che legittima il divagare in campi che non sono i propri.

E quindi, ragionando (tentando di farlo) insisto. Non è accettabile che un progettista non sappia vita morte e miracoli di un materiale che va ad usare. Si esige che lo faccia per una caffettiera, lo si potrà esigere quando progetta un DDG. Le leghe di alluminio non hanno subito mutazioni genetiche nel sud dell’Atlantico: hanno fatto il mestiere che sanno fare, hanno preso fuoco. Che i progettisti non lo sospettassero non è circostanza che allevi la loro responsabilità, caso mai la aggrava. E non di poco.

Sul concetto di spendibilità non voglio insistere. Io non ho rimpianti per le Nb, e non sono per nulla convinto che costruire cattedrali che andavano per mare a tirarsi addosso cannonate fosse esercizio di intelligenza suprema. Casomai penso l’esatto contrario.

Rinunciare a quel concetto di marina è cosa altamente sensata, è addirittura una forma concreta di disarmo, è la dimostrazione che l’evoluzione tecnologica può anche avere per effetto l’inutilità di determinati strumenti bellici (è l’argomento che uso con un giovane amico, pacifista ad oltranza).

Mi limito a ribadire quello che ho già detto: mi pare che, in un momento storico in cui la partita è saldamente nelle mani degli strumenti di offesa, ci sia da constatare l’evidenza di una rinuncia a dotarsi di strumenti di difesa passiva che molto potrebbero fare, malgrado la potenza distruttiva che si trovano a fronteggiare.

Modificato da marat
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hai ragione Marat, ma sono i dati di partenza che non sono totalmente corretti.

 

stando ai calcoli teorici di allora l'esplosione di un missile non avrebbe provocato temperature per tempi e valori sufficienti all'incendio delle leghe leggere. inoltre non esistevano ancora prove fatte su bersagli in lega leggera, i bersagli erano ancora unità che avevano fatto la guerra e quindi in "volgare ferraccio" da poco poste in disarmo e opportunamente pulite da tutti i residui petroliferi.

 

provo a fare un paragone un po ingenuo mettendomi nei panni di un progettista anni 60:

dai miei studi, peraltro suffragati dalle tendenze operative degli stati maggiori delle marine di mezzo mondo, le corazze sono superate dalla micidialità degli ordigni e dalle capacità della guerra elettronica.

devo quindi progettare unità (sempre su requisito operativo degli stati maggiori) che possano imbarcare un elevato numero di sistemi d'arma e al tempo stesso siano leggere per risparmiare sulle spese degli apparati di propulsione (sia come acquisto che come consumi di combustibile).

la lega leggera, già impiegata da altre marine, sembra un ottimo compromesso. ottima resistenza, leggerezza e duttilità. il punto di fusione è a (dico una fesseria) 2000° centigradi e una esplosione raggiunge una simile temperatura in un punto molto ristretto e localizzato. questo significa che i danni da esplosione saranno superiore ai danni da temperatura.

 

Non mi è invece noto che il magnesio contenuto nelle leghe leggere tende a separarsi dalla lega e a bruciare producendo temperature dell'ordine dei 3000° perchè emergerà solo da sperimentazioni succesive a quanto è successo alle Falkland. Nel senso che la "lesson learned" (una cosa santa, che dovrebbe avere ben più proseliti in Italia) prospettata era: la nave brucia dove la ritenevamo sicura: perchè? facciamo degli esperimenti e verifichiamo. OK abbiamo verificato che il magnesio si separa e bruciando produce temperature altissime.

 

I requisiti operativi generali non sono variati di molto, si è aggiunta la sola variante del terrorismo che ha evidenziato la necessità di imbarcare sistemi di difesa leggeri e rapidi nonchè di proteggere alcuni punti sensibili con corazzature che non compromettano le caratterstiche stealth e la leggerezza del'Unità (i compositi).

 

PS per Marat: confermo quanto detto nel pm

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devo quindi progettare unità (sempre su requisito operativo degli stati maggiori) che possano imbarcare un elevato numero di sistemi d'arma e al tempo stesso siano leggere per risparmiare sulle spese degli apparati di propulsione (sia come acquisto che come consumi di combustibile).

 

Lo ammetto: sono prevenuto nei confronti dei progettisti. Esattamente come lo sono nei confronti di quegli avvocati che "su requisito operativo dei clienti" (e ritenuto che loro fanno gli avvocati e non gli assistenti sociali) progettano e costruiscono processi che si rivelano dei disastri immani per i loro assistiti.

Con l'unica (non decisiva) attenuante che gli avvocati non hanno laboratori per testare le loro ipotesi operative.

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No, non lo penso. E tuttavia sono persuaso che sono ipotizzabili vari livelli di conflitto, che le armi nucleari non si trovano dall'armaiolo sotto casa, che una nave deve pur avere il "diritto" di sopravvivere ad una offesa che non sia portata al massimo livello ipotizzabile.

 

Negli anni 60 non si pensava così.

Da un lato c'era il patto di Varsavia con un 15.000 carri da battaglia e dall'altro la Nato. Il piano Nato era semplice semplice. Appena le divisioni d'assalto della Guardia si affacciavano un paio di testate nucleari tattiche (c'era pure il lanciatore portatile David Crocket da 100kt) dovevano servire come misura di arresto. I soviet avevano un altro piano. Lanciare una mezza dozzina di testate tattiche per aprire un breccia di circa 30 km e far passare un armata d'assalto della Guardia e creare una simpatica sacca con dentro le divisioni d'elite della NATO. Poi in marcia per Parigi che è sempre bella.

In questo scenario ove anche i simpatici F106 hanno missili AA con testata nucleare (qualche foto http://sobchak.wordpress.com/2007/12/02/lorso-e-il-dardo/) il discorso è molto diverso da quello attuale. C'è una task force americana ed un sottomarino sovietico? Si va di nucleare direttamente. Durante la Crisi Cubana almeno un sottomarino sovietico era armato con siluri nucleari e la navi americane erano armate con bombe di profondità nucleari.

 

Nell’evoluzione degli armamenti al crescere dell’offesa si è sempre risposto con l’apprestamento di nuovi mezzi di difesa. O con la rinuncia a determinate armi (i cavalli, dicevo prima).

Mi sembra che sia la prima volta che al crescere esponenziale dell’offesa (nucleare, missili) si risponda sia con il concetto di "spendibilità" (tanto vale considerarle "perse" in partenza), sia con quello di "invulnerabilità" (risparmiamo la protezione passiva, tanto "loro" non passeranno mai). Concetti che sono antitetici fra di loro, ma che conducono al medesimo effetto.

Ho l’impressione che, come quando l’esperienza della marineria velica si dissolse in un batter di ciglia, ci troviamo sulla soglia di una mutazione epocale. E che come in tutte le evenienze simili, non sia dato capire che direzione prenderemo.

 

Il concetto di difesa è cambiato. Adesso la difesa non è più passiva ma attiva. Prima di tutto le nuove navi sono stealth ed in secondo luogo tendono ad evitare che il colpo arrivi a bordo. Prima ti ho postato qualche dato su quello che possono lanciare le scorte di una task force in una 20ina di secondi.

Le difese passive lasciano il tempo che trovano. La corazza viene bucata, sempre. I mari sono pieni di mostri "inaffondabili".

Queste difese funzionano? L'unico modo di saperlo è una simpatica guerra ove volino tanti missili e le difese vengano messe a dura prova. Altri metodi per testare seriamente un mezzo militare non esiste.

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