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CSS HUNLEY: CRONACA DEL PRIMO ASSALTO SUBACQUEO


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CSS HUNLEY CRONACA DEL PRIMO ASSALTO SUBACQUEO

di Marco Soggetto

La Guerra Civile americana, nata a seguito di un'inarrestabile escalation economico-politico-militare tra il polo meridionale e settentrionale del Paese, conobbe episodi di straordinaria ferocia caratterizzati da un altissimo rateo di perdite umane: basti pensare a quanto accadde a Gettysburg, luogo fortuitamente scelto da un generale unionista per reperire migliori calzature ai suoi uomini, per comprendere alla perfezione l'enorme quantità di vittime che si sono verificate tra i militari dei due schieramenti e, naturalmente a causa delle potenti artiglierie schierate da ambo le parti, tra quelle popolazioni civili che non erano riuscite ad evacuare in tempo.

Tuttavia, nonostante questo incredibile coacervo di distruzione indiscriminata e di morte, questa guerra civile fu anche testimone di grandi e nobili imprese, che si possono senza dubbio paragonare alle grandi epopee cavalleresche proprie di epoche meno recenti, come ad esempio il Medio Evo europeo. Tra i molteplici esempi di eroismo, coraggio e virtù militari che costellano questa tragica guerra, non possiamo dimenticare l'epico combattimento tra le due cannoniere rivali Monitor e Merrimac, né soprattutto la brillante azione bellica che portò al primo, storico affondamento navale provocato da un battello sommergibile: il famoso CSS Hunley.

 

L'Hunley entrò a fare parte della storia mondiale durante una fosca mattina del 1864, precisamente il 17 febbraio. Era ancora inverno, ed in quella mattina così cupa e crepuscolare, dopo aver passato tante ore allo scoperto sui ponti loro assegnati, le vedette delle navi unioniste alla fonda al largo di Charleston Harbor dovevano essere quantomeno provate; nondimeno, nonostante fosse risaputo che le poderose guarnigioni del porto sudista erano ormai state ridotte al silenzio dai continui bombardamenti, i marinai ed i loro sottufficiali erano tenuti a conservare la massima attenzione. Uno strano ordine recentemente diramato dagli alti gradi della Marina dell'Unione li esortava a diffidare da qualsiasi possibile stranezza incontrata durante il loro turno di guardia, allo scopo da non esporre le proprie navi agli eventuali attacchi di "macchine infernali" del nemico.

Un ordine veramente singolare, che molti su quelle navi devono aver giudicato come il risultato di uno dei tanti, illusori ed effimeri avvistamenti in tempo di guerra… Del resto, non ci è possibile criticare l'ipersensibilità ed il naturale scetticismo di quegli uomini, visto che simili "fantasmi" continuano ad apparire anche al giorno d'oggi, nel bel mezzo delle nostre guerre ad alta tecnologia: basti pensare al mitologico Baghdad Billy, e soprattutto, alle vittime che questi misteriosi avvistamenti ed attacchi hanno provocato tra le truppe della Coalizione Alleata, nel 1991.

Ad ogni modo, l'allerta sulle navi alla fonda al largo del porto confederato era massima, e, seppure con una certa incredulità, l'ufficiale unionista John Crosby diede prontamente l'allarme quando, dal ponte di poppa della USS. Housatonic, avvistò un'enorme sagoma scura che, muovendosi miracolosamente sotto il pelo dell'acqua, dirigeva direttamente sulla nave da babordo.

Erano le 08.45 quando gli uomini assonnati cominciarono a riversarsi fuori dalla coperta, ancora ignari dell'essenza del pericolo incombente ma consci dell'agitazione che pervadeva gli ufficiali già sui ponti, mentre le vedette di turno cominciavano ad aprire il fuoco con le loro armi individuali, prevalentemente fucili e carabine a canna lunga. Nonostante il fuoco sostenuto e la mira precisa degli addetti al ponte, e sicuramente di qualche altro marinaio provvidenzialmente armato, fu tutto inutile: la grande massa sottomarina era stata avvistata quando ormai distava poche decine di metri dalla fiancata di babordo della nave, né del resto poche fucilate avrebbero potuto scalfire la corazza di ferro che si avvicinava sott'acqua.

Lo speronamento fu inevitabile.

Quando avvenne, l'esplosione fu tremenda, sollevando quasi lo scafo del robusto steam sloop unionista, e lasciandolo ricadere in pezzi. Lo squarcio aperto sotto la linea di galleggiamento della nave era talmente enorme, che l'acqua si trovò ad invadere immediatamente il ponte superiore: pochi minuti, e l'intera nave sparì definitivamente sotto la superficie marina, tragicamente indifferente agli uomini trascinati con essa o ancora appesi alle sartie degli alberi, quasi in cerca di un inesistente rifugio. Nell'acqua gelida di febbraio rimasero a dibattersi qualche decina di marinai ed ufficiali, ancora sotto choc per l'accaduto, ma fortunosamente vicini alle centinaia di rottami lignei provenienti dallo scafo disintegrato. L'oggetto attaccante non venne mai più avvistato, tanto che si ipotizzò una sua ulteriore operabilità: per molti mesi, sulle navi nordiste il turno di notte venne enormemente potenziato, mentre appositi battelli erano soliti aggirarsi attorno alle loro navi madri per prevenire altri attacchi subacquei.

 

Il "mostro" inarrestabile che aveva colato a picco la USS. Housatonic a sole quattro miglia di distanza dalla costa non era un animale antidiluviano o un altro prodigio naturale, bensì più semplicemente una nuova arma segreta dei confederati, il primo battello sommergibile ad aver effettivamente conseguito un qualche risultato durante un'operazione, se si vuole eccettuare il vecchio Nautilus di Robert Fulton, che pure aveva affondato un brigantino.

Le modalità del suo attacco, la violenza dell'esplosione e la gravità dei danni provocati, uniti al suo mancato ritorno in porto, contribuirono ad alimentare le più grandi leggende sul suo conto, da entrambe le parti belligeranti. Effettivamente, si era trattato di un'operazione condotta in modo assolutamente brillante, che aveva ottenuto un risultato altrettanto eclatante. Ma dov'era finito il sommergibile? E soprattutto, è opportuno definire un simile prototipo "sommergibile"?

Per capirlo, occorre innanzitutto risalire alle origini della storia dell'Hunley, una storia che, al di là del suo eclatante ed ammirevole finale, presenta aspetti perlopiù tragici.

Questo battello nacque a causa della disperata necessità confederata di fronteggiare la più potente Marina nordista, forte di navi appositamente progettate e costruite per la guerra in mare o per il tiro controcosta, mentre invece le navi sudiste erano spesso dei vapori mercantili prebellici, successivamente modificati per le esigenze di una guerra navale. Occorrevano mezzi sufficienti a riequilibrare questo pesante deficit, per cui, quando tre progettisti di macchine a vapore di New Orleans -James McClintock, Baxter Watson e soprattutto Horace Lawson Hunley- offrirono la loro ultima creatura, un innovativo e stupefacente battello subacqueo, le autorità della Marina confederata diedero loro carta bianca.

Questi tre progettisti avevano precedentemente costruito altri due battelli, di cui però il primo era caduto in mani unioniste -e da lì, forse, derivò la voce che mise sull'allerta i nordisti-, mentre il secondo era andato perso durante le prove in un mare troppo agitato. Il terzo battello, però, era quanto di meglio si potesse ottenere con la tecnologia e l'inventiva dell'epoca, e seppe ritagliarsi la sua piccola parte di gloria nella storia della guerra navale: l'Hunley, appunto, così chiamato in onore del suo principale costruttore, un confederato dalla nascita che avrebbe voluto vedere questo ed altri sommergibili spezzare definitivamente il blocco navale unionista che bloccava da sempre i porti del sud.

 

Ma com'era strutturato il battello?

La sua forma era essenzialmente cilindrica, pur avendo una carena decisamente più schiacciata, e rinforzata, proprio come sulle navi di superficie. Lo scafo era costituito da una robusta corazza di ferro, che terminava a prua in una specie di sperone ricurvo, ed a poppa nei piani di controllo dell'elica, intubata e seguita dal piccolo timone. Vi erano tre sezioni, internamente: un ampio serbatoio d'immersione a prua, ed uno minore a poppa, allagabili e svuotabili dall'interno del mezzo, che confinavano con lo scompartimento dell'equipaggio.

Quest'ultimo settore era costituito da uno spazio semicircolare che seguiva la sagoma del battello, ed era molto spartanamente attrezzato con alcuni sedili sui lati, che avrebbero potuto ospitare un massimo di otto operatori; verso prua, sotto una delle due torrette dotate di vetri circolari per la navigazione e l'avvistamento del nemico, c'era infine il posto riservato all'ufficiale di bordo.

La torretta, in particolare, era accuratamente rastremata in avanti, forse per prevenire l'incaglio ad opera di reti o relitti galleggianti in superficie; l'uomo che avrebbe occupato tale sezione avrebbe anche manovrato gli appositi timoni di profondità, due ampie superfici di controllo applicate sulla verticale della torretta stessa, verso prua, che avrebbero permesso di iniziare, mantenere e concludere l'immersione. I piani d'immersione erano così ampi, che avrebbero garantito la riuscita delle manovre in immersione senza necessitare ulteriori modifiche al volume d'acqua contenuto nei due grandi serbatoi di prua e poppa.

In caso di emergenza, sulla carena del battello erano anche fissati alcuni grossi pesi di ferro, sganciabili dall'interno, che avrebbero teoricamente permesso l'alleggerimento e la risalita del battello sinistrato.

La propulsione avveniva per mezzo di un sistema a manovelle (!), con otto terminali della stessa linea disponibili per ciascun operatore: l'intera serie di manovelle, mossa dalla forza motrice di tutti i marinai, terminava in una grande ruota sul fondo del compartimento dell'equipaggio, alla poppa estrema, che convertiva tale forza motrice nei movimenti dell'elica.

A poppa vi era una seconda torretta similare alla prima, corrispondente alla postazione dell'ultimo operatore, dotata a sua volta di vetri circolari e rastremata, che ospitava ovviamente un secondo portello: tra le due torrette vi erano due serie di piccoli oblò fissi, che avrebbero dovuto rischiarare in qualche modo l'interno del battello mediante la luce proveniente dalla superficie.

Naturalmente, visto che l'intero battello poteva navigare in completa immersione, era quantomeno necessario un qualche tipo di collegamento con la superficie, per poter continuare a ricevere nuova aria respirabile: dietro alla torretta di prua, infatti, era montato un supporto a cupola da cui si alzavano due lunghi tubi metallici, che, mediante uno speciale soffietto manovrabile dall'interno del mezzo immerso, avrebbero potuto rifornire d'aria l'Hunley.

Ad ogni modo, questo primitivo ma efficace snorkel si poteva utilizzare unicamente quando il battello navigava in prossimità della superficie: per testare la riserva d'aria utile dell'Hunley, alcuni volontari si erano chiusi al suo interno mentre il mezzo si posava sul fondale, accorgendosi che dopo circa mezz'ora le candele poste al suo interno non avevano più ossigeno sufficiente a continuare la loro combustione.

Ma la vera ragione d'essere di questo battello si trovava a prua, anzi, ben oltre la prua. Sull'estremità inferiore della prua vi era infatti un supporto che sosteneva un'asta lunga quasi nove metri, alla cui estremità era piazzata una grossa carica contenente 135 libbre di polvere nera. La carica era dotata di innesco a pressione, ma poteva essere fatta detonare dall'interno del mezzo; era anche dotata di una sorta di arpione appuntito e rastremato, per agganciarsi meglio alla carena delle navi.

La storia dell'Hunley, però, non si conclude con il suo ultimo assalto. Questo battello venne costruito a Mobile, una cittadina dell'Alabama confederata, nella primavera del 1863; successivamente venne portato con uno degli ultimi convogli ferroviari a Charleston, ma le precarie condizioni di quel porto così lungamente assediato e bombardato ne resero necessario il trasferimento a Sullivan Island, dove il mezzo poté cominciare la sua carriera subacquea.

Le prime prove, però, furono completamente negative: un vero fallimento. Il primo equipaggio sperimentale fallì miseramente nel corso delle manovre, dimostrando sin dall'inizio la pericolosa tendenza dell'unità a sfuggire al controllo degli uomini a bordo; tuttavia, le autorità militari del porto di Charleston erano comprensibilmente impazienti di ottenere un qualche risultato contro le navi da guerra unioniste che pregiudicavano la loro operabilità marittima, e così venne costituito un nuovo equipaggio.

Il nuovo ufficiale di bordo, il tenente John Payne, non era però più idoneo a simili operazioni. Non si è mai saputo esattamente cosa ne provocasse l'affondamento, se l'onda provocata dal passaggio di uno steamer o piuttosto la manovra azzardata del tenente stesso, che avrebbe fatto iniziare al battello la manovra d'immersione quando ancora i portelli erano aperti; tuttavia, l'Hunley colò rapidamente a picco, provocando la morte di cinque dei nove uomini dell'equipaggio. Successivamente recuperato, affondò nuovamente, dopo sole sei settimane; questa volta, il comando del battello era stato assunto da Horace L. Hunley stesso, che probabilmente sbagliò a chiudere una valvola d'allagamento, facendo sì che un uragano d'acqua gelida penetrasse con forza all'interno del compartimento dell'equipaggio.

Si trattò di un disastro completo: il battello affondò all'istante, senza permettere ad alcuno degli otto uomini dell'equipaggio di abbandonarlo in tempo. A questo punto, sembrò che le operazioni dell'Hunley, ormai tristemente noto, fossero destinate a subire un brusco e definitivo arresto. Tutte le vittime che aveva causato, e soprattutto le indescrivibili condizioni dei cadaveri successivamente ritrovati al suo interno, avrebbero sicuramente scoraggiato chiunque altro; inoltre, gli ufficiali unionisti avevano già proclamato che chiunque avesse nascostamente attaccato le loro navi alla fonda, sarebbe stato impiccato come pirata. Ma le autorità militari del porto assediato insistettero ancora, ed altri uomini vennero reclutati sulla CSS. Indian Chief, per una missione segreta e d'importanza capitale.

Così, quella mattina del 17 febbraio 1864, l'Hunley partì nuovamente per quella che sarebbe stata la sua ultima missione. Lasciata Sullivan Island con il favore dell'oscurità ancora incipiente, il battello navigò in immersione per qualche tempo, allontanandosi dalla fascia degli osservatori costieri unionisti: il suo obiettivo, le navi da guerra alla fonda, si trovava leggermente più al largo.

Possiamo solamente tentare di immaginare le incredibili sofferenze patite da quell'eroico equipaggio, chiuso per lungo tempo in un cilindro claustrofobico e male aerato, praticamente al buio, oppressi dal terrore che qualcosa potesse andare storto, e più che consapevoli della fine che li avrebbe comunque attesi, anche in caso di successo: una molto probabile esecuzione, se non fossero riusciti ad allontanarsi in tempo.

Solo i due uomini, rispettivamente a prua e poppa, che si trovavano direttamente sotto i portelli di uscita avrebbero avuto qualche chance di sopravvivenza, infatti.

 

Quando gli operatori addetti al movimento della serie di manovelle necessitavano un istante di riposo, per ritemprare le forze, la grande ruota posta a poppa del mezzo continuava per qualche tempo la sua corsa, aiutando così l'equipaggio a mantenere invariata la velocità di navigazione.

Riemerso, l'Hunley venne riportato in superficie dal suo nuovo comandante, John Dixon, il quale navigò per qualche tempo sporgendosi fuori dalla torretta di prua, allo scopo di avvistare il suo nemico: quando, alla fine, egli scorse in lontananza gli alberi e le fioche luci di posizione di un bastimento sconosciuto, comprese che era venuto il suo momento.

Il portello venne chiuso, il battello adeguatamente oscurato in modo che neanche il più flebile lucore interno potesse trasparire in superficie, allertando anzitempo le vedette nemiche. Mediante i piani di profondità, e calcolando attentamente la sua rotta, Dixon portò l'Hunley in rotta di collisione con la nave che aveva appena avvistato: forse, l'agitazione e le urla di allarme che sorsero sulla USS. Housatonic pochi istanti prima dell'impatto non riuscirono a penetrare l'acqua ed il ferro dello scafo, ma sicuramente lo fecero il clangore delle innumerevoli pallottole sparate da bordo.

Il battello, ormai in completa immersione, aumentò la sua velocità, fermo sulla sua rotta. Dalla nave, nessuno riuscì mai a manovrare, per evitarlo, ed alle 08.45 del 17 febbraio 1864 lo sperone della carica posta sulla lunga asta dell'Hunley impattò violentemente contro il fasciame della nave unionista, provocando la violentissima detonazione che ne disintegrò lo scafo.

Non sappiamo cosa sia successo dopo questi ultimi istanti. L'Hunley sarebbe scomparso per la bellezza di 131 anni, finché il famoso romanziere ed esploratore subacqueo Clive Cussler non l'avrebbe ritrovato; ma all'epoca, i pochi, frammentari resoconti degli unici testimoni possibili -i superstiti della USS. Housatonic- non chiarirono sicuramente cosa fosse successo al battello che li aveva attaccati dalle profondità marine.

 

L'Hunley, infatti, era colato a picco assieme alla sua preda, e venne successivamente rinvenuto a non più di cinquanta metri di distanza da essa, sul fondale. Tuttavia, rimase il mistero sul destino degli uomini a bordo: solo il recente recupero del battello, avvenuto l'8 agosto 2000, ha contribuito a fare luce su questo mistero.

Probabilmente, la terribile detonazione danneggiò letalmente il battello, provocandone l'inarrestabile affondamento: si potrebbe quindi pensare che la stessa detonazione, o meglio l'onda d'urto da essa provocata, abbia quindi ucciso anche l'equipaggio del battello immerso, tanto rapidamente da impedire loro di assumere quegli ultimi atteggiamenti di panico -posizioni scomposte, espressioni terrorizzate che possono essere rimaste impresse nella posizione spalancata delle mascelle, e così via-, ma sulle ossa rinvenute non sono stati trovati particolari segni di un trauma così grave.

E' stata allora formulata l'ipotesi che l'equipaggio, definitivamente bloccato sul fondo e magari tramortito, sia semplicemente asfissiato; oppure, che qualcuno a bordo, resosi conto della fine che li aspettava, abbia preferito porre una più rapida e clemente fine alle proprie sofferenze allagando il battello. A questo scopo, non si può evitare di ricordare uno dei principali problemi che avevano afflitto il battello, sin dagli inizi della sua carriera subacquea: le grandi casse d'assetto di prua e poppa, seppur destinate a contenere l'acqua, non erano completamente isolate dal compartimento dell'equipaggio, bensì solo in parte. Infatti, esisteva un'intercapedine superiore che rimaneva aperta sopra il livello massimo (teorico) dell'acqua, comune in tutte e due le paratie interne: questo perché i progettisti avevano calcolato il volume d'acqua massimo sufficiente alla totale immersione del battello, e, accorgendosi che questo volume massimo non arrivava a riempire nessuna delle due camere, avevano deciso di utilizzare lo spazio restante come ulteriore riserva d'aria per l'equipaggio. Fu una scelta a dir poco catastrofica, e sicuramente poco lungimirante, se si considera che l'Hunley -malgrado la sua struttura indubbiamente solida- avrebbe dovuto sopportare lo stress di una o più detonazioni subacquee ravvicinate, e forse, causò più di una volta la perdita del battello: probabilmente, lo stesso Horace Hunley uccise se stesso ed il suo equipaggio per aver inavvertitamente superato la quota massima, peraltro difficilmente calcolabile, esponendo così il battello ad un aumento della pressione esterna che avrebbe facilmente provocato un innalzamento del livello dell'acqua nelle casse d'immersione, ed una sua fatale tracimazione.

 

Insomma, l'Hunley era un battello avveniristico per l'epoca, che tuttavia nascondeva numerose imperfezioni -a partire, secondo i nostri criteri odierni, dall'assoluta impossibilità di salvezza per l'equipaggio, che pure doveva affrontare fatiche così grandi solo per far procedere correttamente la navigazione dell'unità.

Possiamo definirlo "sommergibile"? Al di là dei meriti storici, militari, ingenieristici ed umani, che comporterebbero un'immediata attribuzione ad honorem, il dubbio rimane. E' vero che questo battello era idoneo ad operare per brevi periodi sotto la superficie marina, e soprattutto ad attaccare da essa, e che pertanto si meriterebbe la piena qualifica di unità sommergibile, cioè appunto adatta a temporanee operazioni subacquee; tuttavia, è anche vero che la propulsione ed i tanti limiti tecnologici ne pregiudicherebbero tale riconoscimento, specialmente se si vuole insistere nel paragonare l'Hunley a quelli che noi oggi definiamo i primi, veri battelli sottomarini, ovvero le svariate unità apparse attorno ai primi decenni del 1900.

Ad ogni modo, l'Hunley non deve rappresentare unicamente un cavillo tecnico, ma soprattutto il simbolo più vero di una sfida, l'eterna sfida umana contro l'ignoto… E contro i propri avversari, naturalmente. Chi progettò e guidò questo battello (Horace Lawson Hunley, perito nel corso degli esperimenti, il tenente Dixon che lo portò al suo ultimo successo, e tutti gli altri marinai confederati che vi perirono) seppe affrontare non solo la paura di un mondo all'epoca ignoto e spaventoso, com'erano gli abissi marini, ma anche raccogliere l'emozionante sfida di utilizzare quelli stessi abissi potenzialmente ostili come arma contro i propri nemici.

Noi oggi viviamo in un'epoca ben diversa da quella che vide la Guerra Civile Americana, e la nostra tecnologia ci ha aiutato a riconoscere i reali pericoli insiti nelle nostre eventuali spedizioni subacquee: ma nonostante ciò, nonostante tutte le differenze tecnologiche e sociali che ci separano dagli antichi equipaggi del CSS. Hunley, lo spirito d'amor patrio ed il senso di dovere che animarono quegli uomini ed i nostri marinai in partenza per le lunghe crociere subacquee sono sempre gli stessi.

Se il coraggio e l'abnegazione individuale hanno ancora un valore al giorno d'oggi, noi tutti abbiamo quantomeno il dovere di porgere un ammirato e rispettoso tributo a quei marinai del passato, che mostrarono tutto il coraggio possibile ed immaginabile nel condurre all'attacco un sommergibile così rudimentale e pericoloso, fino al suo primo ed unico successo.

 

Marco Soggetto

Vice-Presidente ITALIADIFESA

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