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Prigionieri dell'oceano | 1ª ed.

Donatello Bellomo

 

Un tragico episodio della seconda guerra mondiale viene rievocato in questo volume, che affianca alla cronometrica ricostruzione documentale la viva voce di un testimone dell'evento. Nella notte del 12 settembre 1942, il transatlantico inglese 'Laconia', con a bordo tremila passeggeri, fra i quali numerose donne e bambini e oltre milleottocento prigionieri italiani che avevano combattuto a El Alamein, sta navigando al largo delle coste occidentali dell'Africa, diretto in Inghilterra. Intercettato dal sommergibile tedesco U156 del capitano di fregata Werner Hartenstein, viene silurato e comincia ad affondare. Hartenstein si avvicina ai rottami alla ricerca del comandante quando sente delle invocazioni di aiuto in italiano. Raccoglie due naufraghi e apprende che nelle stive del 'Laconia', chiusi in gabbie di ferro, sono stipati centinaia di uomini, molti dei quali, intrappolati lì dentro, sono finiti in fondo al mare. Sconvolto dalla dimensione della sciagura e dalla vista di tanti innocenti in balia delle onde, infestate dai pescicani, il comandante tedesco ne trae a bordo duecento, prende a traino le scialuppe di salvataggio e informa con un rapporto cifrato l'ammiraglio Karl Donitz al Comando di Parigi. Donitz dirotta sulla zona due U-boot, distanti oltre 700 miglia, il sommergibile italiano 'Cappellini' e ottiene che la Repubblica di Vichy invii tre navi alla fonda nel porto di Dakar. Ma il tempo stringe: ora dopo ora, i sopravvissuti muoiono a decine, annegati o divorati dagli squali. Hartenstein decide così di trasmettere un messaggio 'in chiaro' e in inglese, in cui precisa il punto dell'affondamento e dichiara che nessuna nave nemica disposta a prestare soccorso verrà attaccata. Il 16 settembre, un quadrimotore americano bombarda l'U156, nonostante esponga sul ponte un'enorme bandiera della Croce Rossa: l'aggressione aerea danneggia gravemente il sommergibile, costringendolo a una rapida immersione e causando la morte di numerosi naufraghi. Gli Stati Uniti ammetteranno solo dopo molti anni di aver ordinato al pilota del Liberator di distruggere il sommergibile tedesco. Un libro avvincente e drammatico - arricchito da un inserto fotografico -, che all'incalzante sequenza dei fatti intreccia una vivida descrizione dei protagonisti: da Werner Hartenstein, che rischiò la propria vita per salvare altre vite, ai suoi commilitoni dei due U-boot, che non esitarono a raccogliere il suo appello dirigendo a tutta forza sul luogo dell'affondamento, al giovane ufficiale italiano imbarcato sul Cappellini, che s'innamorò di una ragazza miracolosamente sottratta all'oceano e agli squali e che qui è la voce narrante della vicenda. Una vicenda che in apparenza potrebbe assomigliare a tante altre accadute in quell'epoca cupa, ma che invece - provvidenzialmente portata alla luce dall'abilità investigativa dell'Autore - offre, sessant'anni dopo, un valido e attuale motivo di riflessione sull'insensatezza della guerra e sulla relatività della verità storica 'ufficiale'.

 

http://www.ita-bol.com/bol/main.jsp?action...an=978882003390

 

...PER NON DIMENTICARE!!

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Grazie Scirè, conoscevo la storia tant'è che ho voluto prendere come numero di unità proprio l'U-156. Alla faccia di chi dice che gli ufficiali tedeschi erano tutti dei fanatici carnefici!!!

 

Comprerò il libro quanto prima

 

:s02: :s01:

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L' U-156 è stato un grande sommergibile, comandato da un grande capitano e da un grande equipaggio. Purtroppo nessuno sopravvisse all'attacco portato da un Catalina americano (Sqdn VP-53/P-1) che attaccò il sommergibile con bombe di profondità l'8 marzo 1943, al largo delle Barbados, causando la morte di tutto l'equipaggio (53 uomini). :s14:

 

Invece il mio ha lasciato il suo scafo a Pantelleria (8 morti e 39 sopravvissuti, tra cui il comandante, Oblt. Kurt Diggins)

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Ieri in libreria ho trovato questo libro che mi guardava da uno scaffale, senza neanche aprirlo l'ho preso e sono andato verso la cassa. Adesso è nelle mie mani e pronto per essere letto avidamente!!!

 

:s02:

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Ribadisco il commento di Scirè, è un libro veloce che in max due giorni si legge. Rende comunuqe l'idea di come andarono i fatti e che spesso la parte del cattivo non è sempre recitata dalle stesse persone.

 

:s01:

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Dunque marescià vediamo un po': se al posto del caffè rifiliamo all'equipaggio un po' di sano surrogato, invece dei sigari toscani gli facciamo fumare per un paio di giorni le foglie di cicoria, il vino lo allunghiamo con l'acqua...sì... possiamo permettercelo. Ok si proceda con l'ordine di acquisto.

 

Grazie ragazzi, il vostro parere mi convince più di qualsiasi recensione. Provvedo all'istante.

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Il bello di questo libro, a mio modesto parere, è che lascia molto spazio alle emozioni al di là della narrazione asettica dei fatti.

 

QM credimi, se ti interessa conoscere la storia dell'U-156 e del Comandante Werner Hartenstein, sono soldi spesi bene!

 

:s01: :s02: :s01:

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Hai ragione Marco, ma la guerra è guerra; quando i fatti hanno girato a favore dei nostri, molti soldati italiani hanno restituito il favore!

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tu vuoi mettere qualche bella legnata...con aver le mani tagliate perchè provi a sfondare le gabbie che ti preculdono la salvezza???

 

 

In gabbia nella pancia del Laconia che affonda...e le guardie non aprono????

 

Sicuramente nessuno ne parlerà mai, chi vuoi che conosca questo martirio?

 

Come sempre ci sono buoni e cattivi...non tutti sono uguali...quelle "guardie" non si comportarono con la dignita e il coraggio che ha sempre distinto l'esercito polacco...

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MArco, ripeto la guerra è guerra! Pensa sei i carcierieri fossero stati italiani e i prigionieri polacchi; nei momenti di follia collettiva che precedettero l'affondamento del Laconia pensi che i nostri avrebbero avuto un comportamento corretto?

:s01:

 

Questo non faccia pensare che voglio trovare un alibi al comportamento delle guardie polacche. Voglio solo sostenere che in momenti di paura collettiva e non controllata qualsiasi persona tira fuori il peggio (ma a volte anche il meglio) di se.

 

:s01: :s01:

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intuisco quello che mi vuoi dire....ma è sempre l'uomo che fà la differenza...non l'occasione più o meno positiva.

 

 

S. Todaro che in emersione si fà 4 giorni con naufraghi a rimorchio in zona di guerra.....non era ne matto ne santo.....era solo S.Todoro con i suoi ideali di cavalleria!

 

:s02:

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per quanto riguarda "l'uomo" mi trovi d'accordo!

 

:s01: :s01:

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