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La Fine Del " Porto Said "


Red

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Altro episodio tratto dal libro " Fumi all'orizzonte " di Italo Sulliotti

 

Buona lettura !

 

LA FINE DEL " PORTO SAID "

 

A quaranta miglia da Derna, sulla rotta dell'Egitto, un piroscafo italiano naviga la mattina del 10 dicembre 1915.

Il tempo è splendido : una di quelle giornate invernali in cui il Mediterraneo sembra sprigionare dalle sue acque

calme ed azzurre tutto un fosforescente sfavillio.

I passeggeri che il " Porto Said " - postale della " Marittima Italiana " - porta verso i tepori del Mar Rosso, assa-

porano in coperta la dolcezza della giornata primaverile.

Non pensano alla guerra. O se ci pensano è soltanto per riflettere sui sistemi, per lo meno curiosi, coi quali i nostri

piroscafi viaggiano : senza cannone, senza scorta, alla mercè di Dio.

Non un'ombra di preoccupazione dei nostri marinai ; allo scoppio della guerra essi hanno semplicemente iscritto

nei rischi del mestiere l'incontro coi sommergibili e il salto nella " gran tazza "..........

Ma i " civili " - le donne soprattutto - hanno una certa ragione di preoccuparsi. E di tratto in tratto il Comandante

e gli ufficiali sentono rivolgersi l'eterna domanda, che è fatta sorridendo e vorrebbe essere disinvolta : " li incon-

treremo ? "

Incontrarli ? Chissà ! Il mare è grande e le vie della Provvidenza sono infinite.

Ed ecco che - a mezzogiorno preciso - il Comandante Dolce guarda con maggiore attenzione l'orizzonte limpidis-

simo. Poi chiama a sè il primo ufficiale Serra, e gli sussurra, in modo che gli altri non sentano :

- Guarda bene sulla dritta. E' un veliero, o c'è del fumo ? -

Qualcosa si inquadra rapidamente, nelle lenti dei binocoli. Qualcosa che è fermo, sul mare.

E' un piccolo piroscafo da carico, al quale sembra affiancata una barca a vela. Bizzarro incontro. Non si usa - in mare

guerreggiato - fare dei colloqui sentimentali, bordo contro bordo.

Per ogni buon fine, Dolce comanda : - A tutta forza. - Il " Porto Said " freme ed accelera.

E' una buona, vecchia barca, che può dare ancora le sue quattordici miglia, e che l'Italia del 1915, in regime di sov-

venzioni, manda a rappresentare la nostra Nazione sulle linee della Somalia e dell'Africa inglese.........

Ha uno Stato Maggiore scelto, formato da liguri : dura razza che conosce tutte le insidie del mare, che ha navigato

al lungo corso oltre tutti i Capi e tutti gli Stretti, e che , prima di fare guardia sul ponte dei " pacchetti ", ha imparato

a bracciare i controvelacci o dar terzaruoli alle rande, sulla vecchia e gloriosa marina veliera.

E' di guardia - nel momento in cui s'avvista il bizzarro piroscafo - uno dei secondi ufficiali, Alberto Mario.

Ma in verità sono di guardia tutti gli ufficiali ; dal primo, Serra, ai due terzi : Gazzano e Giordano.

Il " Porto Said " ha un centinaio di passeggeri di ogni classe ; funzionari, quasi tutti, che si dirigono alle nostre Colonie

del Mar Rosso. Vi sono fra gli altri, due ufficiali della Regia Marina : il capitano di fregata Stagno e il tenente di vascello

Viale. Vanno - il primo come Comandante in seconda - a rilevare gli ufficiali dell'incrociatore " Calabria ", stazionario

a Massaua. Da pochi minuti il " Porto Said " ha accelerato la marcia. Ed ecco che, attraverso il binocolo, Dolce comin-

cia a veder chiaro nella faccenda. Il veliero si stacca da fianco del piroscafo......e sotto la vela triangolare spunta

e s'intaglia sul mare corruscante di sole la sagoma ben nota di un sommergibile, lungo una settantina di metri, che inal-

bera a poppa la bandiera austroungarica.

Contemporaneamente il piroscafo presenta la poppa, e si può leggere chiaramente il nome : " Crisopolis " - Pireo......

Non c'è bisogno d'altro : gli italiani hanno capito tutto.

Da molti mesi, per coloro che appartengono alle Marine alleate, l'incontro in mare largo d'un piroscafo greco con un

sottomarino affiancato, non ha bisogno di spiegazioni nè di interpretazioni : il sommergibile sta succhiando dalla gene-

rosa mammella del " neutro " il latte per i suoi motori.

E c'è poco da fare. Il postale italiano è disarmato, perchè i nostri Comandi, nel 1915, trovavano preferibile lasciar

marcire negli arsenali i cannoni che potrebbero servire per la difesa e per la caccia.

La burocrazia trova che non è " regolare " armare i mercantili e che questi hanno, tutt'al più, il diritto di andare a picco.

Mentre il " Porto Said " forza l'andatura, l'austriaco - che è probabilmente un tedesco - apre il fuoco.

Il suo pezzo da centoventi ha preso la parola e i passeggeri del postale vedono le nuvolette di fumo bianco seguirsi

precipitose sulla prua del sommergibile mentre l'aria limpida rintrona di secche detonazioni.

Serra guarda il Comandante.

- Che cosa facciamo ? -

Dolce ha chiamato sul ponte il capo macchinista.

- " Scià sente " la nave è nelle sue mani. Io non alzerò bandiera bianca se non quando avrò visto l'impossibilità asso-

luta di cavarcela. Per ora i colpi non arrivano.-

Infatti i colpi cadono in mare a trecento metri dalla poppa.

Ma il sommergibile si è messo in moto e segue la preda, continuando a sparare. Ha perfettamente ragione ; che cosa deve

temere da una vecchia nave inerme che sta dando già il massimo sforzo delle sue macchine asmatiche ?

Gli ufficiali del " Porto Said " sanno perfettamente come andranno a finire le cose.

E, come sempre avviene nelle tradizioni non mai smentite dalla nostra Marina, pensano semplicemente ai passeggeri.

Ognuno di loro, in attesa dell'ordine che verrà, carezza con lo sguardo la lancia affidata al suo comando e vaglia la possi-

bilità di imbarcarvi in ordine i passeggeri. In un angolo del ponte il capitano di fregata Stagno si morde le mani, coll'ansiosa

nostalgia di un buon cacciatorpediniere " sotto i piedi ".....

Ed ecco che l'avventura precipita. S'ode sul ponte di comando un fracasso spaventevole di vetri infranti; schegge di legno

saltano da ogni parte. Il primo colpo è arrivato a bordo ed un secondo lo segue, sventrando i mastelli d'incendio, fortunatamente

senza ferire nessuno.

Dolce alza la mano, e si toglie il berretto, come dinanzi a un'agonia.

Il Comandante ha vagliato tutte le possibilità, e apprezzato - nella sua coscienza di marinaio - ciò che gli impone il dovere

e ciò che gli suggerisce l'onore. La nave virtualmente è già " morta " : proseguire la fuga inutile vuol dire esporre cento pas-

seggeri al massacro.

I comandi risuonano a bordo, secchi, brevi, calmissimi.

- Macchina ferma. A posto di salvataggio. Lance in mare ! -

Frettolosamente, i passeggeri si sono riuniti attorno alle imbarcazioni sospese ai paranchi. Nessun grido : non si sente

volare una mosca. Le donne sono pallide e stringono al petto i bambini. Il " Porto Said " s'arresta " sciando " sul mare e vira

in modo da presentare il fianco. Una bandiera bianca, improvvisata con una tovaglia annodata con le nocche, s'alza lenta-

mente sul gherlino lungo l'albero di maestra.

........e continua a udirsi nell'aria il tonfo sordo dei proiettili che il sommergibile in cadenza ritmica continua a inviare attraverso

le sartie del vinto........

Ecco: quattro lance, gremite, sono già discese a contatto coi flutti. Il terzo ufficiale, Giordano, si è accostato a quella affidata

al suo comando, ed ha l'impressione che le cose non vadano bene.

La lancia è stracarica; trenta persone sono già a posto.

Due marinai la stanno filando in mare. Uno " lavora " bene, in perfetto ordine. Ma l'altro ha i nervi meno saldi.

Un proiettile ha trapassato la murata, a pochi metri di distanza. L'uomo ha un attimo di smarrimento e svolge bruscamente

il tirante dalla caviglia senza precauzione.........

Una catastrofe è imminente. La lancia sotto il peso dei passeggeri, affonda bruscamente nel vuoto, dalla parte in cui non è

più sostenuta.

Si leva un grido di terrore : se l'imbarcazione tocca il mare in quelle condizioni, si capovolge ad un tratto, perchè l'abbrivio

non si è ancora arrestato.

Giordano ha visto di colpo il pericolo. Senza esitare s'avventa sul tirante dell'imbarcazione e riesce a dare " mezza volta "

sulla caviglia, frenando la discesa precipitosa. Ma nello stesso momento chiude gli occhi sotto l'impressione d'un dolere

spaventevole........

Il grosso cavo di manilla, filando vertiginosamente nel cavo della mano, fra l'indice e il pollice, ha aperto un solco sanguinolento

e strappato un largo brandello di pelle. La sofferenza è indicibile, ma i passeggeri sono salvi........

Alla meglio, stringendo i denti, Giordano fascia la ferita col fazzoletto e discende, coi marinai nella lancia.

Il " Porto Said " è deserto. Le imbarcazioni si sono già " allargate " di una trentina di metri, e Dolce è disceso nell'ultima,

per ultimo, come si conviene al Comandante.

Il piroscafo è fermo, in mezzo alla calma luminosa.

Il sommergibile ha cessato il fuoco e si è avvicinato.

Dalla torretta, un ufficiale parla, in perfetto italiano, e domanda lo " stato civile " del piroscafo, annotando le informazioni che il

secondo ufficiale gli dà, seccamente.

Ad un tratto gli uomini del sommergibile gettano in mare una " cima ". Hanno visto un ascaro ferito che nuota penosamente.

Lo raccolgono a bordo e lo passano poi su una delle lance. Il gesto è generoso, ed è bene registrarlo, perchè serve a stabilire-

salve in poche eccezioni - gli uomini del mare conoscono, sotto qualunque bandiera, le leggi della pietà.

Intanto il sommergibile si avvicina continuamente.

Scivola fra le imbarcazioni e le invita, col megafono,ad allontanarsi al più presto.

Gli uomini arrancano ai remi : le lance s'avviano sulla rotta del sud, verso la terra d'Africa che è la più vicina.

Ora il nemico si è fermato a cinquanta metri dal " Porto Said " che gli presenta il fianco, e sembra un grosso animale ferito,

inerte nella leggera nebbia del sole.

Dalle lance - che si sono arrestate - gli uomini guardano col respiro sospeso.

Ed ecco : fra il sommergibile ed il piroscafo un grosso delfino sembra attraversare saltellando lo specchio dell'acqua sormon-

tato da una bizzarra decorazione di bolle d'aria. Uno schianto enorme, una colonna liquida che si leva in alto e ricade come

una cascata di neve.

Il siluro ha toccato in pieno e aperto lo squarcio mortale, in cui l'acqua del Mediterraneo si ingolfa muggendo.

Il " Porto Said " drizza in alto la prora tagliente, poi s'impenna come un cavallo, la prua emerge dall'acqua, enorme, stillante,

mentre la poppa sprofonda. Poi la nave " va giù " in questa posizione, e un'enorme serie di cerchi concentrici segna la tomba

liquida del " pacchetto " della Somalia.........

Tutto è finito. Ora le imbarcazioni hanno ripreso la voga ritmica e arrancata. Una di esse si dirige verso il piroscafo greco,

che non si è mosso, ed ha assistito - da buon neutro impassibile - all'operazione.

Il greco è carico di uova e di fave : è partito da un porto dell'Attica, ed è diretto in Inghilterra.

- Vedremo se si rifiuterà di raccogliere i naufraghi - mormora un ufficiale - e se occorrerà una scarica di buoni pugni italiani.......-

Ma sull'orizzonte spuntano due colonne di fumo : due navi accorrono velocemente. Sono il " Capitano Verri " - il notissimo yacht

armato della Regia Marina, che sotto il nome di " Derna " costituì il " casus belli " nella prima guerra italo turca - e la torpediniera

d'alto mare " Orsa ". Chiamate dalla radio esse sono uscite dai porti della Cirenaica per dare la caccia ad un'altro sommergibile

segnalato lungo le coste della piccola Sirte.

Capitano proprio in mezzo ai naufraghi del " Porto Said " e ne assumono la protezione.

Nessuna speranza, ormai, di raggiungere e punire il sommergibile affondatore.

L' " Orsa " si è accostata al greco e gli intima di prendere a bordo una parte dei naufraghi : quindi di seguirlo e di far rotta per Derna.

Una visita sommaria del bastimento è sufficiente a determinare le funzioni esatte.

Sotto il carico georgico delle uova e delle fave, i doppi fondi sono ancora abbondantemente provvisti di benzina.

E il libro di bordo è regolarmente " vistato " dal Comandante del sommergibile austriaco.

I " neutri " tengono a far le cose in ordine e a non avere sorprese di contabilità, quando gli agenti della Imperial Regia Marina

dovranno compensare, davanti ai tavoli delle bettole levantine, i servizi puntualmente e onestamente resi.........

Del resto il greco aveva preso le sue precauzioni.

Aveva convenientemente sfasciato due tubi del molinello, per dimostrare che gli era stato impossibile dar fondo e preparare

la celere fuga : quella che non è riuscita per l'intervento tempestivo e persuasivo delle nostre navi.

Navi, naufrago e neutri, giungono poche ore dopo a Derna.

E il " Crìsopolis " non ne esce più. Qualche volta - anche ai neutri ! - le uova si rompono nel paniere..........

 

FINE

 

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