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La Sciarpa Azzurra - Racconti Marinareschi - Bruno Ducati


GM Andrea

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Titolo: La sciarpa azzurra - ricordi marinareschi
Autore: Bruno Ducati
Editore: Lattes & C.
Anno: 1925
Pagine: 334
Dimensioni: cm 18 x 12
Reperibilità: medio - difficile

 

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Si osservi la copertina: parrebbe un innocuo volumetto per adolescenti, come andavan di moda negli anni '20, tutto improntato ai buoni sentimenti et similia.

Macchè. Qui siamo di fronte a un trattato di cattiveria navale, a un monumento all'astio e al rancore fra gallonati.

Due parole sull'autore. Bruno Ducati entra in Accademia navale nel 1897, da "pivolone", vale a dire da studente d'università, entrando da allievo alla pari di chi aveva iniziato il corso l'anno prima. Fra i suoi colleghi - alcuni dei quali saltan fuori ogni tanto nel testo - cito: la MOVM Andrea Bafile; gli ammiragli Wladimiro Pini e Silvio Salza; il TV Alessandro Vitturi (caduto sul smg. Medusa), Rodolfo Borghese, il precursore dei sommergibili Achille Gaspari Chinaglia, comandanti di siluranti in guerra come Morisani, Puccio, Pertusio, Spinola, e con loro Guido Po e Guido Almagià, entrambi capi dell'Ufficio Storico della Regia Marina.

 

Uscito dall'Accademia nel 1899, il GM Ducati presta servizio dapprima sulle navi della Squadra e poi sulla Nave Scuola Mozzi Miseno. Si stufa presto e si dimette, sottotenente di vascello, nel 1902. Si dedica a tutt'altro, divenendo avvocato ed esperto di tutto quanto attiene al mondo islamico (storia, diritto, religione, lingua), tanto da divenire negli anni '30 docente universitario di Istituzioni islamiche.

 

Allo scoppio della Grande Guerra Ducati viene richiamato in servizio da TV, dapprima alla difesa di Porto Corsini - ove prende parte anche a qualche ricognizione aerea coi primi idro - e poi a Suez quale addetto navale.

 

Cattiveria pura, dicevo. Ducati è chiaro sin dalla premessa: sintenticamente richiama i "ricordi dell'ambizione e del sacrificio - dell'orgoglio e della fede - della passione e del dovere -dell'amore e del rancore - del grottesco e del sublime". L'autore non ce l'ha con la Marina, cui si dice tuttora legatissimo, ma con alcuni personaggi - appunto - "grotteschi" e meritevoli del suo fiele rancoroso.

Con un facile espediente Ducati nasconde i nomi dei personaggi storpiandoli, ma con opera di intelligence - più o meno faticosa - si può risalire ai personaggi citati.

Già avevo dato conto qui del caratterino dell'Autore, alle prese col suo bersaglio principale, l'odiato CF Guido Milanesi (il comandante Torinesi, nemmeno in grado d'imboccare il canale navigabile di Taranto): https://www.betasom.it/forum/index.php?showtopic=41606, a suo dire scrittore da quattro soldi, benchè infinitamente più popolare del Ducati.

I compagni di corso Morisani, Puccio e Chinaglia divengono Tospani, Cuppio e Nicaglia, e così via. Talora si fa invece nome e cognome del personaggio, se estrememamente positivo: è il caso del valido com.te Ermenegildo Zezi.

ll volume abbonda di aneddoti e storielle più o meno facete, in un periodo che va dal 1897 al primo dopoguerra.

Vediamo un po ' di personaggi maltrattati, meritevolmente o meno chissà, da Ducati: per quanto, va detto, nei numerosi capitoli non mancano storielle romantiche ed edificanti.

S'inizia con il comandante della nave scuola Caracciolo, "in fondo un brav'uomo, solo un po' troppo devoto a Bacco" e "battezzato come il nipote di Costanza imperatrice". Non occorre essere dantisti per individuarvi il CF Alberto Manfredi, gratificato del titolo - a quanto pare assai popolare - di Pirofesso a vela.

Altra nave scuola, questa volta il vecchio Vespucci: s'avanza il "comandante Floris", alias CV Eduardo Flores, relitto della marina borbonica, a quanto si dice ignorante, superstizioso, villano, altezzoso, incivile e scorretto (probabilmente ormeggiava pure il Vespucci negli spazi per i portatori di handicap, così, a spregio). Non fa una bella figura neppure un tenente di vascello addetto agli allievi, il "TV Cinastro" (Salvatore Nicastro).

E ora a bordo della nave scuola mozzi Miseno. Eroe positivo è il comandante in seconda, il STV "Nocia" (Costanzo Ciano), antitetico al comandante, "un tipaccio che aveva rovinato tanta gente", nevrastenico, "TV anzianissimo dal nome pontificale, che, dieci anni dopo e alla vigilia di essere promosso ammiraglio, chiamato sotto un'accusa infamante davanti a una commissione di disciplina, si fece giustizia da sè conficcandosi una palla di pistola nel cranio".

Di chi si tratta? Del TV Adolfo Ferretti (cognome pontificale come Pio IX), suicidatosi alla Spezia nel 1912 da CV appunto perchè sotto inchiesta. Nessuna pietà.

 

E veniamo al capolavoro: "La lettera di Marinelli". E' una (finta) lettera spedita da un marinaio comune della Difesa di Porto Corsini, espediente usato da Ducati per descrivere fatti e persone. Il destinatario è il precedente comandante (si capisce benissimo chi è: il CF Dentice di Frasso), al quale il fantomatico Marinelli descrive cosa è successo da quando se ne è andato.
Buona parte della lettera è dedicata all'attuale comandante. Non se ne fa il nome, ma si comprende senza difficoltà: chi se non il CF Guido Milanesi? Ducati ne parla ovviamente malissimo. Malignamente il marinaio Marinelli si lamenta di questo ufficiale bravo a scrivere romanzi e rapporti, specie quello sull'episodio del 28.06.1917 (un trabaccolo in fiamme nel Canale Candiano), che valse a Milanesi - mercè un rapporto scritto da se medesimo - la medaglia d'argento.

Tuttavia Ducati parla ancor peggio del vicecomandante della Difesa. Non ne fa il nome, o meglio lo chiama "conte Sozzoni", anziano capitano di fregata richiamato, aduso agli ambienti di corte, personaggio deleterio sotto ogni punto di vista. Individuarlo non è stato facile, mi ci è voluto una giornata, ma grazie a un colpo di fortuna l'ho beccato: è il CF Francesco Giuseppe Tozzoni, da Imola, in effetti maestro di cerimonie a Casa Reale, in congedo da vent'anni. E anche lui è servito.

 

Pubblico infine la recensione del libro apparsa sulla Rivista mariittima dell'ottobre 1925. Ringrazio in questa sede il Direttore della RM per aver risposto prontamente a' miei disii. L'autore della recensione, G.A., è un compagno di corso, quel Guido Almagià che, capo dell'Ufficio Storico, fu congedato nel 1939 in quanto "di razza ebraica". Come si può vedere Almagià è alquanto imbarazzato e, fra le righe, prende un po' le distanze dall'ex collega, che francamente in taluni passaggi ebbe a esagerare. Scrive Almagià: "Forse il Ducati, che ha lasciato la Marina così presto per darsi ad altri studi, ha sentito ancora la nostalgia della carriera liberamente scelta e poi abbandonata, ed ha scritto questi bei racconti trasportato dai suoi ricordi...chi sa....". Tradotto: ti fai i fatti tuoi?

Nel commentare poi la citata prefazione Almagià sottolinea: "Queste poche parole ci dicono lo scopo del libro, e lo stato d'animo [maligno, n.d.r.] dell'autore".

 

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Be', a leggere il primo paragrafo tuo e gli ultimi due di Almagià ci si chiede se avete letto lo stesso libro. Tu a me non sei sembrato per nulla "dolcemente commosso". Potenza delle recensioni...

 

(per te che ami le genealogie - possibilmente complesse-) : Guido Almagià aveva qualcosa a che fare con Roberto Almagià geografo?)

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Almagià si riferisce al complesso del libro, in cui come dicevo non mancano capitoli romantici, "belli e istruttivi", a volte anche un po ' retorici.

Certamente il recensore non poteva scrivere quello che ho scritto io; in fin dei conti era un suo compagno di corso, che forse pure gli aveva chiesto - chissà - due righe sulla RM.

 

Sulla genealogia, mi risulta in effetti che Guido (classe 1877) fosse il fratello maggiore di Roberto (1884)

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