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La Battaglia Alla Grotta Del Ribelle Di Zeret (Etiopia) Nell'aprile 1939


malaparte

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Gian Paolo Rivolta

La battaglia alla Grotta del Ribelle di Zeret (Etiopia) nell'aprile 1939

Centro Ricerche e Studi sill'Ambiente, gli ipogei e le acque carsiche

s.l.

2011

(recuperabile tramite Club Alpiino Italiano)

zeret_zpse7dc3be2.jpg

 

 

 

 

 

Comincio a provare un po’ di simpatia per Matteo Dominioni, autore del libro “Lo sfascio dell’impero” che attribuiva ai militari italiani operanti in Etiopia efferati episodi di violenza bellica non solo durante la campagna di conquista, che fu decisamente rapida, ma anche e soprattutto nei cinque anni successivi, che furono caratterizzati da una vera e propria guerra dell’esercito italiano contro i partigiani etiopici: ci furono violenze da ambedue le parti, ma le rappresaglie italiane in certi momenti furono eccessivamente crudeli. Ciò non giustifica tuttavia il Dominioni che fa della grotta di Zeret “La fossa etiopica delle ardeatine”. Provo simpatia per Matteo Dominioni perché prima o poi doveva scontrarsi con scienziati e storici decisi a studiare questo fatto, visto e considerato che, nei villaggi vicini alla grotta di Zeret, la tradizione orale, così importante e così precisa nel mantenere vivi i ricordi storici di quei luoghi, ignora quasi del tutto la “strage italiana”, mentre indica, ancora oggi, la grotta come quella “del ribelle di Zeret" che, prima dei partigiani etiopici, abitava la grotta e ne usciva solo per razziare e terrorizzare le popolazioni vicine che, non riuscendo a difendersi, chiesero aiuto perfino agli italiani. Anni dopo un distaccamento dell’esercito italiano con a capo il tenente colonnello Gennaro Sora, viene inviato a Zeret per stanare un grosso nucleo di partigiani etiopici guidati da Tesciommè Sciancùt e Abebè Aregai, mitici capi della resistenza partigiana, asserragliati all’interno di grotte apparentemente inespugnabili.

 

Ma occupiamoci ora dell’Autore di questo libro per capire chi ha di fronte questa volta Dominioni. Gian Paolo Rivolta, ingegnere chimico, è uno speleologo di fama, avendo raggiunto la presidenza della commissione Centrale di Speleologia del CAI.

Rivolta ricorda nella prefazione che le grotte rappresentano un luogo assolutamente stabile e che conservano in maniera perfetta tutto ciò che vi è riposto, offrendo allo speleologo esperto la chiave di lettura degli avvenimenti naturali e storici avvenuti nel loro interno. Naturalmente ci vuole fisico e coraggio per penetrare negli spazi che ogni tanto la terra crea, ma l’autore possiede tutto in abbondanza. È per puro caso che qualcuno gli parla di Zeret un Etiopia; è nata da una coincidenza la possibilità di organizzare una piccola spedizione alla grotta in Etiopia, è stata la fortuna a spianargli la strada ed è stata sempre la buona sorte a permettergli di visitare la grotta di Zeret due volte.

 

In sintesi riporto gli esiti delle esplorazioni, dei rilievi e degli studi effettuati dal Rivolta:

1 - Esegue un esatto rilievo topografico della grotta di Zeret in tutta la sua estensione e rileva i tipi di roccia che la conformano

2 - Misura la superficie e la profondità del piccolo lago interno, ne determina l’apporto idrico e il numero di persone che possono sopravvivere usufruendo solo di quell’acqua

3 - Valuta con esattezza le modalità possibili dell’uso di armi da fuoco leggere e pesanti, di gas tossici e dell’aviazione per stanare centinaia di persone asserragliate nella grotta

4 - Studia le testimonianze di pochi anziani abitanti sopravvissuti alla guerra e al tempo

5 - Ricostruisce perfino alcune scene della battaglia

6 - Trae conclusioni basandosi su dati certi, facendo “raccontare” alle grotte e ai testimoni la vera storia di Zeret

 

Come storia di guerra fu una pagina cruda, ma donne e bambini furono salvati e non decedettero affatto per postumi da iprite. Ai combattenti partigiani fu offerta più volte la possibilità di arrendersi, ma nulla riuscì a convincerli e solo l’iprite, parzialmente attiva, date le difficoltà di lanciarla all’interno della grotta, inquinò l'acqua del lago interno, minando la loro resistenza e permise di stanare gli abissini i cui capi riuscirono a fuggire. I partigiani catturati furono fucilati.

Non ci furono rappresaglie, ma solo battaglie, pure connesse all'assedio della grotta, dove anche numerosi italiani ed ascari (123) persero la vita e 376 furono feriti.

 

Il lavoro di Gian Paolo Rivolta, varesino, è dettato dall'abitudine a voler scoprire ciò che la grotta nasconde ed a cercare la verità, che ora viene restituita alla storia, mantenendo per l'alpino Gennaro Sora, eroe romantico per i bergamaschi, che a piedi aveva cercato di portare aiuto alla spedizione Nobile al Polo Nord dopo il disastro del dirigibile Italia, il ricordo di onesto e romantico esploratore.

Foresto Sparso, il suo paese natale, gli dedicò un monumento nella piazza principale.

Edited by malaparte
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