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Amici,

è da tempo che vorrei realizzare il modello del battiscafo Trieste, sono alla ricerca di foto, disegni, e quant'altro si riesca a reperiore su questo mezzo.

Qualcuno di voi mi sa dare qualche informazione? :s41:

Sentitamente e anticipatamente Ringrazio :s10:

DB

Posted (edited)

Ti interessa Trieste I o quello che ha il record di profondità (il II)?

O forse era l'I...non ricordo... :s68:

Edited by Lefa
Posted (edited)

Salve comandante dasboot su youtube c'è il filmato fatto su ACQUAMITING dove fa bella figura un modello del trieste

con relative eliche propulsive funzionanti.

E veramente BELLO!!!!!

In quale scala lo faresti?

Facci sapere. :s10:

Edited by profondità
Posted (edited)

grazie a tutti, per l'aiuto.

andrò a vedere il filmatino che mi consiglia "Profondità".

Credo sia il Trieste uno che detiene il record di profondità se non erro fossa delle marianne 11.000 metri............ :s44: ma potrei sbagliare.

Per rispondere ad Anteo l'idea per il momento è di realizzarlo statico...poi magari in futuro se trovo dei bei disegni quotati..

Riamango sempre in stand by per ulteriori notizie.

grazie ancora e buon modeliismo.

DB

Edited by dasboot
Posted
Ti interessa Trieste I o quello che ha il record di profondità (il II)?

O forse era l'I...non ricordo... :s68:

 

Il record è del Trieste II alla Fossa delle Marianne, 10916 mt.

Il TRieste I è arrivato a mt.3000 a Ponza

 

http://www.betasom.it/forum/index.php?show...c=31781&hl=

 

PS.: ho poi chiarito con un esperto i miei problemi di riproduzione foto: dipendono dal retino che si usava all'epoca per la stampa...insomma, se qualcuno volesse. dovrebbe provare e riprovare la risoulzione dello scanner fino ad azzeccare al meglio possibile il retino di stampa originale...

Posted (edited)

Quest'inverno ho trovato su una bancarella di libri usati "Profondirà 11.000 metri" di Jacques Piccard.

Potremmo organizzare un caffè od un'aperitvo in V.le Gorizia...

 

Lazer_ :s02: ne

Edited by lazer_one
Posted

 

 

PAROLE D'ORO :s67:

Grazie :s68: :s68:

 

Quest'inverno ho trovato su una bancarella di libri usati "Profondirà 11.000 metri" di Jacques Piccard.

Potremmo organizzare un caffè od un'aperitvo in V.le Gorizia...

 

Lazer_ :s02: ne

 

e perchè no!..si puo fare amigo... :s53:

do volentieri un'occhiata al testo.

Decidi tu giorno e ora

DB

  • 2 weeks later...
Posted (edited)

da base artica, marco

 

........! http://www.bathyscaphtrieste.com/

 

 

p9303284.jpg

 

Uploaded with ImageShack.us

 

normalfrotzlertrieste2.jpg

 

Uploaded with ImageShack.us

 

normalfrotzlertrieste1.jpg

 

Uploaded with ImageShack.us

 

su ebay.com sovente escono in hobby e toys su voce plan.

ma conosco qulacuno che ha i disegni, ..il figlio di picard......oppure il signore che ha costruito il modello in foto in austria.

saluti marco

 

 

http://it.wikipedia.org/wiki/Trieste_(batiscafo)

 

Tipo Batiscafo

Classe

Numero unità {{{numero_unità}}}

Costruttori {{{costruttori}}}

Cantiere Acciaierie di Terni/Cantieri Riuniti dell'Adriatico, Trieste e Castellamare di Stabia (NA)

Matricola

Ordine

Impostazione

Varo 26 agosto 1953

Completamento

Entrata in servizio

Proprietario U.S. Navy dal 1966

Radiazione 1º giugno 1971

Destino finale In mostra al Museo Navale delle Marina U.S.A. a Washington dal 1976.

 

 

Il Trieste è stato un batiscafo equipaggiato per resistere alle enormi pressioni delle profondità marine in grado di contenere un equipaggio di due persone. Il 23 gennaio 1960 fece il record finora imbattuto di profondità raggiunta con una discesa a 10.902 metri nel punto più profondo del pianeta: la fossa delle Marianne. Questa esperienza non fu mai più ripetuta con la presenza di un equipaggio all'interno di un batiscafo, dal momento che gli unici due sommergibili che hanno ripetuto l'impresa del Trieste (Kaiko tra il 1995 e il 1998 e Nereus nel 2009) erano privi di equipaggio.

 

scafo

Il Trieste fu disegnato dallo scienziato svizzero Auguste Piccard ed in seguito (nel 1958) acquistato dalla U.S. Navy per 250.000 $.

 

Il batiscafo era costituito fondamentalmente da una camera riempita di benzina per permettere il galleggiamento del Trieste e da una sfera a pressione costante separata dal resto della struttura. Questa struttura rivoluzionò il metodo di immersione: mentre prima una sfera era calata in acqua da una nave, rimanendo sempre collegata ad essa tramite un cavo, il Trieste era in grado di muoversi liberamente, senza essere collegato in alcun modo alla nave durante l'immersione.

 

Il Trieste era lungo più di 15 m, ma buona parte della sua grandezza era dovuta alla presenza di una serie di galleggianti riempiti con 85 m³ di benzina e di compensatori riempiti d'aria. L'equipaggio doveva stare nella sfera di 2,16 m, attaccata al fondo della struttura, per raggiungere la quale era necessario attraversare un tunnel che passava attraverso il galleggiante.

 

La sfera in cui si trovava l'equipaggio era accessoriata per permettere la vita dei due all'interno completamente indipendente tanto dalla nave in superficie quanto dal resto della struttura. Con un sistema a circuito chiuso simile a quello utilizzato nelle navicelle spaziali, l'aria entrava nella sfera da cilindri in pressione e l'anidride carbonica veniva eliminata passando attraverso scatole metalliche a calce sodata. Il sistema era alimentato da batterie.

 

La sfera fu costruita dalla Società delle Fucine a Terni, in Italia. Fu costruita in due pezzi (semisfere) forgiati e temprati in olio. Per sostenere la pressione di 110 MPa (1,25 tonnellate per cm²) calcolata nella parte inferiore, le pareti della sfera furono costruite di 12,7 cm (lo spessore fu aumentato in modo da permettere alla sfera di sopportare pressioni anche superiori a quelle previste). La sfera pesava 13 tonnellate. Il galleggiante era necessario perché era impossibile progettare una sfera abbastanza grande per mantenere una pressione sopportabile per un uomo ed allo stesso tempo con delle pareti abbastanza sottili da permetterne il naturale galleggiamento. Fu scelta la benzina come liquido per riempire i galleggianti perché è meno densa dell'acqua e mantiene le sue caratteristiche di incomprimibilità anche a pressioni elevate.

Lo scafo fu invece costruito nel cantiere navale di Monfalcone dei Cantieri Riuniti dell'Adriatico di Trieste, verso la fine del 1952. La sfera fu quindi fissata allo scafo nel cantiere navale di Castellammare di Stabia (NA), e la prima immersione avvenne il 26 agosto 1953 nelle acque di Capri.

 

L'unico contatto visivo con l'esterno era reso possibile da un singolo blocco a forma di cono di Plexiglass, unico materiale trasparente che potesse sopportare pressioni così elevate. L'illuminazione esterna fu resa possibile con delle speciali lampadine al quarzo, in grado di resistere a pressioni superiori alle 1000 atmosfere senza subire modificazioni.

 

Nove tonnellate di ferro in forma di palle di cannone furono agganciate alla struttura in modo da permetterne l'immersione, poiché le pressioni estreme non avrebbero permesso l'immissione di aria nelle eventuali zavorre. Questo ferro fu attaccato allo scafo tramite elettromagneti, in modo tale da permettere al Trieste di risalire immediatamente in superficie in caso di guasto all'impianto elettrico.

 

 

 

Il Trieste partì da San Diego il 5 ottobre 1959 alla volta dell'isola di Guam, per dare inizio al progetto Nekton (una serie di immersioni nella profondissima fossa delle Marianne)

 

Il 23 gennaio il Trieste raggiunse il punto più profondo della fossa delle Marianne con a bordo Jacques Piccard, figlio di Auguste, e Donald Walsh, della U.S. Navy. Questa fu la prima volta che un batiscafo, con o senza equipaggio, raggiunse quella profondità. I sistemi di bordo indicarono una profondità di 11.521 m, anche se successivamente questo dato fu portato a 10.916 m, e misure ancor più precise nel 1995 portarono la profondità a 10.911 m. sino ad una misurazione definitiva del 2009 pari 10.902 m.

 

Per portare a termine la discesa ci vollero 5 ore, e i due uomini rimasero nel punto più profondo della crosta terrestre per circa venti minuti. Una volta raggiunta la profondità massima, Piccard e Walsh riuscirono inaspettatamente a rimettersi in contatto con la nave di supporto in superficie con un sistema sonar/idrofono. I messaggi, per percorrere la distanza che separava il Trieste dalla superficie, impiegavano 7 secondi.

 

I due dell'equipaggio osservarono sul fondo dell'oceano la presenza di sogliole o platesse, che provano l'esistenza di forme di vita anche a questi valori di pressione.

 

Dopo il Trieste solo due batiscafi hanno raggiunto le profondità della fossa delle Marianne:

 

il Kaiko (senza equipaggio), nel 1995, ma lo scafo si perse in mare durante una missione nel 2003;

il Nereus (senza equipaggio), nel 2009.

 

 

Nell'aprile del 1963 il Trieste fu modificato per essere utilizzato nell'Oceano Atlantico. Nell'agosto dello stesso anno fu utilizzato per la ricerca dell'USS Tresher. Quest'ultimo fu ritrovato nei pressi del New England a 2,56 chilometri al di sotto della superficie.

 

Dopo questa missione il Trieste fu smantellato e la sua sfera pressurizzata fu utilizzata nel Batiscafo Trieste II. I batiscafi di tipo Trieste furono definitivamente eliminati nel 1983 per essere sostituiti dai sommergibili di tipo Alvin. Questo nuovo tipo di sommergibili, tuttavia, non è in grado di raggiungere le estreme profondità della fossa delle Marianne, ma è più resistente e più duraturo per profondità di 6 chilometri al massimo.

 

La sfera pressurizzata originale del batiscafo Trieste è tuttora nell'U.S. Navy Museum a Washington.

 

DISCESA NEGLI ABISSI

 

L'avventura sottomarina del batiscafo "Trieste".

 

 

di Gianluca Casagrande

 

 

 

Qualcuno dei vecchi operai di allora ricorda ancora il Professore. Una figura magra e seriosa, dietro gli occhiali. A Monfalcone su August Piccard c'erano opinioni divergenti. I bene informati dicono che i rapporti con le maestranze, tutto sommato, fossero ottimi: ma qualcuno aveva affibbiato al Professore il nomignolo di "Greta Sgarbo" e la cosa aveva avuto successo.

Il sistema comunque funzionava benissimo: i tecnici e gli operai italiani erano la miglior squadra che Piccard avesse mai trovato da quando si occupava di batiscafi; e dalla sua aveva, invece, il carattere pragmatico e la padronanza della teoria.

Nel 1952, ai cantieri della "San Marco" di Trieste, col finanziamento di un gruppo privato, era in allestimento un batiscafo per grandi profondità; all'operazione partecipavano anche le Acciaierie di Terni e la Navalmeccanica di Castellamare.

 

Un aspetto peculiare della macchina era la sua completa indipendenza per la navigazione subacquea; si trattava di esperimenti che ormai Piccard conduceva da tempo, pur con alterna fortuna. Il "Trieste" doveva potersi comportare, sott'acqua, come un sommergibile perfettamente autonomo quanto alle manovre: ma doveva poter raggiungere profondità impensabili per un normale mezzo sottomarino.

Lo scopo era portare due uomini nella profondità degli abissi, a quote mai raggiunte prima di allora.

 

Il Trieste misurava 18 metri in lunghezza, 3,50 in larghezza e il suo dislocamento normale era di 150 tonnellate.

L'architettura ideata da Piccard era, concettualmente, piuttosto semplice.

Lo scafo era cilindrico, sormontato dalla torretta di accesso e dal relativo tunnel fino all'abitacolo vero e proprio. Questo era sferico ed installato al di sotto dello scafo.

All'interno del cilindro erano ricavati 6 serbatoi. Quattro venivano riempiti con benzina avio che fungeva da liquido idrostatico. Incomprimibile, ma più leggera dell'acqua, la benzina avrebbe fornito alla macchina una certa spinta positiva (cioè una tendenza a salire).

Per immergersi, il "Trieste" poteva imbarcare acqua negli altri due serbatoi e anche, all'occorrenza, in quelli della benzina. Un ulteriore appesantimento era dato inizialmente da una zavorra in sfere d'acciaio.

Queste ultime erano contenute nello scafo con un sistema di elettrocalamite, attivate dalle stesse batterie dei motori di manovra. In caso di malfunzionamento, la smagnetizzazione delle chiusure avrebbe rilasciato la zavorra, facendo riemergere da solo il batiscafo.

Chiave di tutto era la perfezione strutturale.

La cabina, una sfera di acciaio fusa in un sol pezzo, doveva essere completamente priva di cricche o disomogeneità del materiale. A 3000 metri di profondità, una bollicina d'aria nella lega metallica, o una qualunque imperfezione, avrebbero facilmente ceduto. La pressione esterna avrebbe sparato dentro un getto d'acqua come "una raffica di mitraglia", subito prima che l'intero abitacolo implodesse.

 

I lavori si conclusero nel 1953. Il "Trieste" iniziò le prove in mare nell'estate. Il batiscafo veniva accompagnato da una nave appoggio che restava in zona per effettuare il recupero: ma non c'era alcun vincolo fra le due macchine.

Le prime immersioni servirono a collaudare il natante e le procedure di supporto; ma anche ad addestrare il pilota del veicolo: Jacques Piccard, il figlio poco più che ventenne del grande progettista.

 

La prima immersione tecnica reale venne pianificata per il 30 settembre 1953, nella "Fossa del Tirreno" al largo dell'isola di Ponza. Intorno alla nave appoggio si trovavano altre imbarcazioni; tecnici, scienziati, giornalisti.

Il Professor Piccard si imbarcò sul Trieste insieme al figlio e, alle 8.18, il batiscafo scomparve sott'acqua. La velocità di discesa era di circa 1 metro al secondo.

Alle 10.40 lo scafo fu visto riemergere e fu subito raggiunto dalla nave appoggio. Nella trepidazione generale, il vecchio Piccard si issò fuori della torretta:

-Ho toccato quota 3'150.-

Un boato improvviso di ovazioni travolse quel commento laconico.

Il Professore c'era abituato fin da quando, trent'anni prima, costruiva mongolfiere sperimentali in grado di raggiungere la stratosfera. Come puntualmente faceva da trent'anni, mandò un telegramma alla moglie lontana per annunciarle il successo dell'impresa:

"3'150 ben riuscita. Affettuosità. Auguste."

 

Quella sarebbe stata l'ultima immersione di Auguste Piccard. Il Professore ormai era troppo anziano; continuò tuttavia a dirigere le operazioni, e di lì a poco il figlio ribadì il successo: nel 1956, il "Trieste" discese nel Golfo di Napoli fino a 3'800 metri. L'industria navale italiana e le imprese finanziatrici avevano riportato un grande successo.

Il "Trieste" rappresentava una nuova filosofia nel campo dell'esplorazione abissale; l'idea di un mezzo completamente autonomo, in grado di scendere a grandi profondità e di condurvi anche operazioni di ricerca.

Per raggiungere nuovi traguardi, tuttavia, i mezzi a disposizione erano insufficienti.

 

Nel 1958, col benestare dei Piccard che volevano portare avanti il programma, il "Trieste", costruito e collaudato in Italia, fu venduto alla U.S. NAVY che lo trasferì in California. Gli Stati Uniti avevano stabilito di raggiungere il massimo traguardo: 11'000 metri, la Fossa della Marianne, al largo dell'isola di Guam, nell'Oceano Pacifico.

Il "Trieste" fu rimesso in cantiere; bisognare irrobustire la cellula e soprattutto l'abitacolo. Fu realizzata una nuova sfera, simile alla precedente ma con uno spessore di 9 centimetri. L'oblò, circolare, aveva un diametro interno di appena 7 centimetri: era tutto quanto i due uomini avessero per guardar fuori.

Con Jacques Piccard fu designato a scendere il Tenente Donald Walsh.

 

Il 23 gennaio 1960 la nave appoggio "U.S.S. Lewis" si fermò 200 miglia a sud di Guam.

Il Trieste, messo in mare, le galleggiava accanto, a qualche centinaio di metri. Piccard e Walsh salirono su un gommone e raggiunsero il natante. Il cielo era nuvoloso e il mare appariva fortemente increspato. Qualche commento sulla situazione, poi ci si infilò nella torretta e la botola fu richiusa.

Il "Trieste" rimase in superficie qualche momento, durante la serie dei controlli. Poi Piccard e Walsh allagarono le camere d'acqua e il batiscafo si immerse.

La luce naturale, al di là del piccolo oblò, si spense in pochi minuti.

"Sotto i 150 metri il buio è completo". Avrebbe commentato Walsh.

Man mano che il Trieste scendeva, la temperatura nell'abitacolo diminuiva.

Improvvisamente, da sopra, si sentì una piccola scossa. Un rapido, febbrile controllo. Tutto sembrava funzionare correttamente, e la discesa procedeva bene. Si decise di continuare.

A 4 ore e 48 minuti dall'immersione, i fari del batiscafo illuminarono il fondo.

10'917 metri di profondità; pressione esterna indicata, 1'187 kg/cmq.

Il pavimento del "Challenger Deep", l'abisso più affascinante del pianeta, era una superficie uniforme, piatta. Quasi banale.

Guardando fuori dall'oblò, l'attenzione di Walsh fu improvvisamente attratta da un oggetto. Un pesce. Era là, sul fondo del Pacifico.

I due tecnici rimasero ad osservarlo, controllando periodicamente la strumentazione.

Il batiscafo sopportava bene le condizioni estreme. Due uomini erano scesi nel punto più profondo dell'oceano.

Dopo una mezz'ora di osservazioni, il "Trieste" iniziò la risalita; 3 ore e 17 minuti più tardi riapparve in superficie, sollevando uno sbuffo di schiuma.

Sulla nave appoggio ci fu il solito, piccolo trionfo, mentre in tutto il mondo si spargeva la notizia della missione.

Un controllo tecnico registrò l'incrinatura di un oblò esterno all'abitacolo: ecco spiegata la scossa durante la discesa. Niente di grave, comunque.

Il vecchio Piccard, stavolta, non c'era. Gravemente ammalato, aveva preferito restare a casa sua, nei pressi del lago di Ginevra, aspettando vicino al telefono. Jacques lo chiamò dalla "Lewis": il "Trieste" ce l'aveva fatta.

L'Uomo aveva dimostrato di poter cominciare una completa esplorazione degli oceani.

Edited by bussolino
Posted

Grazie Marco,

come sempre sei super!

I disegni......magari averli.

Tienimi informato.

DB

Posted

da base artica, marco

 

......contaci :s02: dammi tempo di metermi in movimento :s41: .

saluti marco

Posted (edited)

Salve comandanti !

:s20: :s07: Bello il modello del trieste , peccato x la posizione dei motori. Bastava metterli in modo giusto ed alimentarli separatamente x le manovre .

 

salutoni!

Edited by profondità

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