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Ali Di Legno Sul Mare


GM Andrea

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Titolo: ALI DI LEGNO SUL MARE

Autore: CC Mario Loffredo

Casa editrice: Bizzocchi

Anno di edizione: 1983

Pagine: 163

Dimensioni: 21x15

Prezzo originale: L. 8.000

Reperibilita: difficile

 

loffredoff1.jpg

 

Un autentico gioiellino. Altrimenti non si potrebbero definire le memorie di guerra di Mario Loffredo, che qui presento.

L'Autore, fiorentino di nascita ma in realtà reggiano, Ufficiale di Marina di carriera, poco prima della guerra venne spedito alla scuola per osservatori, e in tale specialità trascorse tutto il conflitto. Nel dopoguerra si congedò conseguendo la laurea in Ingegneria.

Si guadagnò 3 MBVM e 3 MAVM, di cui una "sul campo" e con questa motivazione:

 

Ufficiale Osservatore nella 288° Squadriglia Ricognizione Marittima. Pluridecorato per salvataggi compiuti in Mediterraneo e nel Mar Jonio Abbattuto in mare un attaccante, con l'apparecchio in fiamme, mentre il primo pilota tentava l'ammaraggio in mare aperto, si prodigava per l'incolumità dei suoi compagni di volo. Calcolata e trasmessa la posizione provvedeva al rapido sgombero dell'apparecchio ormai completamente in fiamme. Durante tutto il tempo che i naufraghi rimanevano aggrappati ad alcuni rottami, incitava i dipendenti a resistere infondendo loro serenità e coraggio. Stremato di forze veniva raccolto, dopo circa trenta ore, da un apparecchio di soccorso.

 

La peculiarità del libro, purtroppo abbastanza raro, sta nel tono decisamente umoristico e "allegro"; lo stile per intenderci è quello di Sergio Nesi nella trilogia dell'Alcione. Loffredo non scelse volontariamente di fare l'osservatore, ma ci venne mandato d'ufficio. Tuttavia accettò l'incarico con filosofia, memore dell'insegnamento che ogni militare - specie di carriera - dovrebbe tenere presente (lo ricorda lui stesso):

L'hai voluta 'a sciabbolella? E mo' ti f***i!!! (testuale)

 

Il buon Loffredo si sciroppò centinaia di missioni sui Cant Z 501 (i Mammaiuto) e sui 506, venendo poi abbattuto come narra la motivazione su riportata. Va rammentato che nessuna categoria di Ufficiali di Marina, nemmeno i sommergibilisti, riportò una percentuale di perdite tanto elevata quanto gli osservatori. Loffredo lo fa presente, ricordando uno per uno i suoi amici Caduti; ma non per questo viene meno il tono scanzonato del racconto.

 

Eccone qualche esempio. Anzitutto i due disegni iniziali:

 

l1dj8.th.jpg

l2ak3.th.jpg

 

La apocrifa Preghiera dell'osservatore:

 

Dio di potenza e di gloria

che doni l'arcobaleno ai nostri cieli

che fai il giorno e fai la notte

che comandi i venti e le tempeste

che con il sole dai vita alla terra;

fa che girando solo nel cielo nemico

non incontri mai caccia

nè antiquati nè moderni,

se li incontro fa che non mi vedano;

se mi vedono che non mi inseguano;

e se mi inseguono fa che non basti

loro la benzina;

inceppa loro le armi o comunque

fa che desistano dall'intento malvagio;

se non puoi fare niente di tutto questo

fa che la missione sia di altri e non la mia.

E così sia.

 

Si noti tuttavia che la chiusa è solo ironica: nessuno in realtà rifiutò alcuna missione, anzi spesso i comandanti di gruppo sceglievano per se le missioni più rischiose lasciandoci la ghirba (come ad es. la MOVM Casana).

 

Per un anno poi, dall'ottobre del '40, Loffredo fu imbarcato - sempre come osservatore - sull'Abruzzi, nave di bandiera della VIII Divisione Navale. Comandante dell'incrociatore era il buon CV Bacigalupi. Ma comandante della Divisione era il temibile Amm. Legnani, sommergibilista, di lì a poco Com.te di MARICOSOM.

Molti allora in Marina avevano soprannomi, e Legnani ne aveva ben due: Gatto soriano e Mortadella. Loffredo cita il secondo (senza fare il nome dell'Ammiraglio), e d'altra parte Legnani era una sua vecchia conoscenza. Comandava infatti anni prima il Pola in missione in Spagna, e lì questo "idolo sanguigno, massiccio, con il volto da mastino" infierì particolarmente sul giovane e timido GM Loffredo, affibbiandogli un bel po' di giorni di rigore per delle inezie nei turni di guardia (il che è la norma).

Per Loffredo l'imbarco aveva un aspetto antipatico: la catapulta. In effetti il lancio con questo aggeggio era causa di notevoli "strizze": un po' per la pericolosità intrinseca, un po' per la violenta accelerazione, un po' per il fatto che sull'Abruzzi l'aereo in decollo sembrava sempre andare a sbattere contro una vicina torretta. Inoltre, se le condizioni del vento e la rotta/velocità della nave non erano ideali, l'apparecchio rischiava cascare in acqua come un mattone.

 

Ecco che accadde un giorno a causa dell'improvvido Legnani:

 

l3du8.th.jpg

 

 

Loffredo evidenzia naturalmente le gravissime deficienze nella collaborazione tra Aeronautica e Marina. D'altra parte:

"se uno avesse chiesto ai Comandanti dell'epoca in che cosa consistesse il problema aeronavale, moltissimi (non tutti per fortuna) avrebbero risposto:

Il problema aeronavale consiste in questo: che io mi tengo a bordo due Ufficiali che mi stanno proprio sui...sulle scatole. Uno, d'Aeronautica, gironzola per la nave eternamente disoccupato e annoiato. L'altro, di Marina, appena può appende la sciarpa al chiodo e si squaglia in Aereoporto."

 

L'Autore sarcastico commenta così:

 

l4ao4.th.jpg

Edited by GM Andrea
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  • 1 month later...

Per combinazione, ho letto anch'io recentemente il libro. Stavo per preperarne una recensione :s68:

Concordo con GM Andrea. Aggiungo che, oltre al tono spigliato, è da notare l'undertstatement con cui parla delle sue missioni: non si vanta di aver partecipato a questo e quell'altro, ammette di aver compiuto errori di navigazione, dichiara tranquillamente di aver avuto una buona dose di strizza (parola su cui dà ampie e corrette spiegazioni lessicali), non accenna neanche alle medaglie ottenute.

Affascinato dalla tecnologia, e sempre consapevole dell'arretratezza italiana in questo campo ( a cominciare da apparenti stupidaggini come l'errata progettazione dei battellini di salvataggio), commenta: "Una nazione dove i giovani non amano lo studio e i politici, vecchi e nuovi, non amano il progresso scientifico, sarebbe bene non scendesse mai in guerra". Con la sua arguzia ed inventività, cercò di supplire a tali carenze...con una serie di invenzioni create con mezzi di fortuna. Eccezionale l'idea di creare un interfonico (mancante sul Ro43) usando una cannella da clistere e un imbuto ("quasi osceno ma efficace")

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  • 1 year later...

Credevo di proporre una nuova recensione e invece...

Tanto di cappello, prima di tutto, a GM Andrea, in possesso di una notevolissima biblioteca.

Le memorie di Loffredo, le uniche a mia cognizione provenienti dalla ricognizione marittima, affrontano un settore dell'aviazione storica ingiustamente ignorato. Eppure, a ben pensare, il primo compito cui il mezzo aereo assolse in campo militare è proprio quello della ricognizione.

Loffredo ebbe esperienze di volo sul CRDA Cant.Z.501 "Gabbiano", sull'IMAM Ro.43 e infine sul Cant.Z.506 "Airone". Senza entrare in una tematica strettamente tecnica di pregi, difetti e limiti di questi velivoli deve essere detto che le stesse modalità operative che portavano velivoli isolati in prossimità di formazioni o di basi navali avversarie portava all'alto rateo di perdite avuto dalla specialità. E tale sorte spetta anche a Loffredo ed all'equipaggio del 506. Vorrei porre in valore le ultime pagine del volume ove l'autore narra l'incontro, avvenuto nel 1979 in Inghilterra, con il pilota dell'aereo abbattitore, a sua volta unico scampato alla guerra. Un incontro di grande umanità che si conclude con un "Buona fortuna Windie, buona fortuna di cuore!".

Un libro casualmente rintracciato che ha aggiunto un'importante tessera alle mie ricerche in materia aeronautica e di cui vorrei trovare il modo di ristampare e diffondere, naturalmente avvalendomi delle moderne tecniche digitali.

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