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Dopo aver rimesso in sesto Gisella, mi è capitato per puro caso, aiutando un amico ad armare il suo gozzo a vela latina, di trovare un gozzo in legno abbandonato e condannato al rogo. Sempre per puro caso mio padre conosceva il proprietario, che ha già un'altra barca da pesca e che voleva risparmiare al suo vecchio gozzo una lenta agonia sulla spiaggia. Gli abbiamo detto che se ce lo avesse ceduto avremmo provveduto noi a rimetterlo in sesto e ce lo saremmo portato via; ben contento di non dover dare fuoco alla sua vecchia barca, ha accettato. Per accaparrarcelo abbiamo dovuto scalzare la temibile concorrenza di una coppia che voleva portarselo via per farne un abbellimento da giardino... Capo Horn, così si chiama la bestia, è un gozzo da 18 palmi (4 metri e mezzo) costruito dal cantiere Fazio a Varazze fra il '70 ed il '71. Uno come tanti, erano costruiti praticamente in serie, come linee e dimensioni è identico al mio A di Ape di cui alla discussione che già conoscete... ( http://www.betasom.it/forum/index.php?showtopic=36620 ) ... con la differenza che questo è costruito in legno di abete, rovere e mogano anziché in paglia di vetro e stucco all'amianto. E scusate se è poco. Ha avuto una vita intensa e proficua, andando in mare il più delle volte con 4 persone, attrezzatura da sub e 1200 metri di tremari a bordo, tornando carico di tutto quello più due palmi d'acqua, e si vede nello stato delle sue strutture. Tuttavia il legno è sano, quindi è recuperabile. Ha un bello scafo largo ma al contempo ben avviato che promette bene per un altro armo a vela latina. Deciso a mantenere il primato di "disoccupato più occupato d'Italia", il lunedì dopo la domenica della benedizione di Gisella ero già in spiaggia a fare il sopralluogo e lo studio di fattibilità. Si comincia il lavoro dall'opera viva, capovolgendo il gozzo su due cavalletti di quelli usati per sostenere le bare ai funerali (gli unici che nessuno oserebbe fregare, ma non chiedetemi come li abbiamo trovati) da mettere sotto la prua per impedire alla pernaccia di toccare. Una cura di flessibile col disco di cartavetro per portare a legno lo scafo; un settore di un corso del fasciame era effettivamente così rovinato da meritare la rimozione immediata, il che spiega il buco dalla ruota di prua. Il capo di banda, il corso più alto dello scafo (quindi il più basso nella foto), era fatto per essere lasciato verniciato a flatting e dunque era in legno di mogano e con buchi dei chiodi otturati coi tappi di legno. Ho iniziato a sverniciarlo ma il flessibile lo segnava troppo e mi son fermato lì.