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I Generali Del Deserto


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Titolo: I generali del deserto

Autore: Correlli BARNETT

Casa editrice: Longanesi & C., Milano

Anno di edizione: 1961

Pagine: 501 (con 25 cartine)

Dimensioni: 19 X 12

Prezzo: Euro 20,00

Reperibilità: medio/rara, successive ristampe nella BUR

Sinossi: se un generale sconfitto può essere oggetto a critiche, censure o – addirittura – alla dannatio memoriae uno vincitore non può che godere di fama imperitura. E invece no. Correlli Barnett compie un impietosa disamina dei generali che comandarono l’esercito inglese nel nord Africa tra il 1940 e il 1943. Quello ad uscire più malconcio è Bernard L. Montgomery, ultimo esponente di una schiatta militare che sembra aver più influenzato i dettami della moda che della strategia. Che le prospettive dell’arte militare fossero rimaste ferme al primo conflitto mondiale appare evidente nello svolgimento della battaglia di El Alamein: decisiva per Montgomery è la concentrazione del fuoco di artiglieria, lungo i 50 km di fronte (dalla depressione di Qattara al mare era stato collocato un 88/27 ogni 19 metri) in ossequio al dettame “l’artiglieria conquista, la fanteria occupa”, realizzata – non senza difficoltà – la rottura del fronte avversario si limitò a tallonare l’armata italo-tedesca sino in Tunisia, senza neppure tentare di accerchiarla. Una visione, unita all’impiego dei corazzati quali meri mezzi di rottura e accompagnamento delle fanterie interamente legata al precedente conflitto. Dalla serrata critica di Barnett è l’unico dei generali inglesi ad uscire indenne (giustamente definito “il vincitore dimenticato”) è il brigadiere generale O’Connor che condurrà la Western Desert Force ad un passo dalla completa vittoria nella campagna del dicembre 1940/febbraio 1941. Ma, soprattutto, se nel parlare dei generali vincitori non vengono usate mezze misure, nei confronti dei vinti non vengono utilizzate inutili parole di spregio, proprio perché una parte del valore del vincitore è proprio dovuta al valore del vinto.

Un libro quindi che ha meritato la ristampa e merita di essere presente nello scaffale dell’appassionato di studi militari.

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Quello ad uscire più malconcio è Bernard L. Montgomery, ultimo esponente di una schiatta militare che sembra aver più influenzato i dettami della moda che della strategia. Che le prospettive dell’arte militare fossero rimaste ferme al primo conflitto mondiale appare evidente nello svolgimento della battaglia di El Alamein: decisiva per Montgomery è la concentrazione del fuoco di artiglieria, lungo i 50 km di fronte (dalla depressione di Qattara al mare era stato collocato un 88/27 ogni 19 metri) in ossequio al dettame “l’artiglieria conquista, la fanteria occupa”, realizzata – non senza difficoltà – la rottura del fronte avversario si limitò a tallonare l’armata italo-tedesca sino in Tunisia, senza neppure tentare di accerchiarla. Una visione, unita all’impiego dei corazzati quali meri mezzi di rottura e accompagnamento delle fanterie interamente legata al precedente conflitto. [...] Ma, soprattutto, se nel parlare dei generali vincitori non vengono usate mezze misure, nei confronti dei vinti non vengono utilizzate inutili parole di spregio, proprio perché una parte del valore del vincitore è proprio dovuta al valore del vinto.

 

Che Montgomery non fosse un genio della strategia (secondo alcuni , non era un genio tout court...-) lo so PERFINO io. Però ha vinto.

Punto e a capo.

ha avuto certamente c++o, senz'altro anche capacità, astri e quadranti cosmici :s14: dalla sua parte, o chessoio, comunque ha vinto. Pur seguendo un vecchio concetto: "I generali sono pigri, e per pigrizia, combattono sempre la guerra precedente". Gli è andata bene (all'ultimo momento, ma lo scacco matto è stato suo)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Certo, fa sempre piacere che qualcuno lo ridimensioni.... :s10:

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Visitatore giovannibandenere

E' argomento al quale mi è difficile sottrarmi, mi consento di esporre due o tre opinioni mie.

Monty non era un genio militare, del resto il genio militare non esiste, esiste il generale/ammiraglio giusto nel posto giusto e nel momento giusto. Monty era un organizzatore/amministratore (come Ike) e si è trovato a combattere contro l'Italia+ Rommel in ASI e Italia+Kesserling in Italia. L'Italia non aveva la struttura ossea per una guerra di quella portata; e Rommel deve essere ridimensionato. Rommel era un genio tattico, ma un pessimo stratega. In questo senso ElAlamein se l'è andata a cercare da solo, si è allontanato troppo e troppo in fretta dalle basi di rifornimento in Cirenaica salvo poi lamentarsi che non aveva più rifornimenti. Se avesse ascoltato i Generali italiani, più prudenti e più saggi di lui, sarebbe avanzato più lentamente dando il tempo alle basi di rifornimento di seguirlo nella sua offensiva. In quelle condizioni era già predestinato a perdere e Monty non ha fatto altro che aspettare il suo momento; tutto il resto è tattica sul terreno, in questo senso, bravo Monty. Chiaramente non sarebbe cambiato il corso finale della guerra.

In Italia era insieme al Gen Clark; Monty seguiva la dorsale adriatica e Clark quella tirrenica. Ed infatti contro Kesselring non ha vinto nè l'uno nè l'altro. Kesselring, che frallaltro proveniva dalla Luftwaffe, era un grande ripiegatista, ha ripiegato il suo Gruppo Armate dalla Sicilia al Brennero non solo indisturbato ma con pericolose capacità offensive. Al punto che, alla resa del Reich, il suo Gruppo Armate era ancora ancora quasi intatto ed in condizioni di dare del filo da torcere agli alleati. Ma non era un genio, era soltanto il generale giusto nel posto giusto e nel momento giusto. Come Montgomery.

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Per essere sinceri, una certa memorialistica anglosassone considera Monty solo uno stizzoso raccomandato, un asino pieno di spocchia (letteralmente), che ebbe, e mantenne, il posto conquistato grazie a un incidente aereo, giusto per una parentela con la casa reale, e vinse solo perché non poteva perdere, il che è completamente diverso dall'aver vinto nonostante tutto. Basti ricordare Market-Garden, un disastro senza se e senza ma: nelle parole attribuite a Patton (che sottoscrivo ampiamente) un'idiozia partorita da un grosso idiota dopo una sbornia colossale. Un saliente di centinaia di chilometri in territorio nemico (ammesso e non concesso quell'ultimo ponte che, nelle parole del generale Browning appariva troppo lontano, fosse stato occupato, consentendo di mettere in sicurezza Arnhem) avrebbe occupato truppe preziose altrove solo per essere difeso dai continui attacchi tedeschi, ed era chiaro a chiunque avesse analizzato il piano senza farsi travolgere dall'entusiasmo (o dall'ubriacatura) per la veloce avanzata in Francia; perfino a un buon tattico, ma non eccelso stratega, come George Smith era apparso subito chiaro. Tanto valeva occupare tutta l'Olanda. E sorvoliamo sulla figuraccia fatta nelle Ardenne, che costrinse Churchill a smentirlo pubblicamente ai Comuni...

 

Il discorso sulla validità dei generali è molto ampio, a prescindere da una guerra che sarebbe stata vinta (o persa, dipende dal punto di vista) comunque. Spesso, i migliori sono sconosciuti, come von Manstein fra i tedeschi, o Lightning Joe Collins fra gli americani, o l'ottimo Alexander fra gli inglesi, anche se il suo nome è legato a una ritirata, quella delle truppe dell'Impero Britannico in Birmania. Ma fu una ritirata da considerare capolavoro, in quelle condizioni.

 

Infine vorrei ricordare come la medesima memorialista che stronca il Visconte di El Alamein, riconosca senza mezzi termini che il mediocre Rommel, che a Salerno andava a caccia di partigiani coi panzer invece di scagliarli contro la testa di ponte alleata, cosa che avrebbe costretto probabilmente le truppe a reimbarcarsi, con quali effetti psicologici e pratici possiamo solo immaginare, sia stato elevato al rango di Sommo Condottiero solo per giustificare in qualche maniera le figuracce collezionate dal suo rivale.

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Visitatore giovannibandenere

« Il più abile di tutti i generali tedeschi fu probabilmente il Feldmaresciallo Erich von Manstein. Di questo avviso erano tutti quelli con cui ho parlato della guerra, da von Rundsted in giù. Aveva uno straordinario senso strategico, cui si abbinava una comprensioni delle armi meccanizzate superiore a quella di ogni altro generale che non appartenesse alla stessa scuola dei corazzati. » Liddel Hart.

 

"...In quelle condizioni era già predestinato a perdere e Monty non ha fatto altro che aspettare il suo momento..."

 

gbn

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  • 5 months later...
E L'Italia non aveva la struttura ossea per una guerra di quella portata; e Rommel deve essere ridimensionato. Rommel era un genio tattico, ma un pessimo stratega. In questo senso ElAlamein se l'è andata a cercare da solo, si è allontanato troppo e troppo in fretta dalle basi di rifornimento in Cirenaica salvo poi lamentarsi che non aveva più rifornimenti. Se avesse ascoltato i Generali italiani, più prudenti e più saggi di lui, sarebbe avanzato più lentamente dando il tempo alle basi di rifornimento di seguirlo nella sua offensiva. In quelle condizioni era già predestinato a perdere e Monty non ha fatto altro che aspettare il suo momento; tutto il resto è tattica sul terreno, in questo senso, bravo Monty. Chiaramente non sarebbe cambiato il corso finale della guerra.

 

Oddio, fermo restando che Rommel stava eseguendo quegli ordini che gli venivano sia da Roma che da Berlino, e che Cavallero non contrastò di sicuro (Rommel prevedeva di avanzare dal 24 al 28 agosto, sfruttando le fasi lunari, ma la cosa doveva, secondo gli Italiani, essere approvata da Mussolini), il Feldmaresciallo chiese il 22 agosto che, entro il 25 agosto, arrivassero i convogli previsti con 2000 t di carburante, 500 t di munizioni ecc, che entro il 27 arrivassero altre 2000 t di carburante; che sempre entro il 27 arrivassero gli automezzi per motorizzare i 6 battaglioni e le 5 batterie della Folgore e del XX corpo; e che per il 30 agosto si fosse sicuri di trasportare altri 3600 t di carburanti e 2000 t di munizioni.

 

In caso diverso, l'impresa dell'attacco all'Egitto sarebbe stata rielaborata e spostata ad altra data.

 

Rommel sapeva benissimo che in settembre il nemico sarebbe passato all'offensiva con forze assai superiori, che lui non avrebbe mai potuto contrastare con i suoi pochi rimpiazzi. Poi, resta il dubbio di quanto in se fosse (aveva chiesto di essere sostituito per malattia).

 

L'ACIT a fine agosto disponeva di 67 battaglioni di fanteria, 515 carri di cui 243 M e 38 L (!!) italiani, 335 aerei da bombardamento e assalto, 365 da caccia.

 

L'armata britannica, aveva 66 battaglioni di fanteria, 576 cannoni, 450 carri, 500 bombardieri, 600 caccia.

 

Con l'unica differenza che l'Asse non poteva in pratica avere rinforzi, mentre l'8° armata cresceva di giorno in giorno.

 

Ecco il motivo della 'spallata' di Rommel: sapeva che il tempo gli giocava contro, e tentò l'azzardo. Andò male, ma non aveva alternative.

 

Monty, dall'alto della sua formazione 'tradizionale' fece quello che doveva fare: concentro' le forze e sfruttò le sue superiorità. Che doveva fare, mettersi sul piano di Rommel e perdere tutte le battaglie?

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...Monty, dall'alto della sua formazione 'tradizionale' fece quello che doveva fare: concentro' le forze e sfruttò le sue superiorità. Che doveva fare, mettersi sul piano di Rommel e perdere tutte le battaglie?

 

si ma il succo non cambia, si fece bello con un piano non suo, le linee base del piano erano di chi lo aveva preceduto, non ricordo se Alexander, e, per me che non conto niente, rimane sempre un buffone...

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Visitatore giovannibandenere

Carissimo Mandmike, confesso che sono leggermente prevenuto nei confronti dei super-attaccanti di cui si parla troppo e che si sentono sotto i riflettori...ma è una mia impostazione.

Sappiamo bene che nè Berlino nè tantomeno Roma, men che mai Cavallero potevano intervenire su Rommel: lui aveva la fiducia incondizionata dell'ex caporale austriaco e poi tutti i riflettori erano già puntati su di lui; guai a contraddirlo.

Il tuo ragionamento non fa una grinza, è inappuntabile; Erwin era un attaccante di grido e ha attaccato. Per la gioia del Fuhrer. (Anche Paulus lo accontentò)

Ma devo allargare un pò l'orizzonte per potermi spiegare al meglio.

Alessandria (e poi Suez) era vitale prenderla entro l'estate '40, possibilmente da noi, possibilmente senza che ci cacciassimo nei pastici in Epiro tantopiù che ad Atene c'era un regime mezzo-fascista e bastava un soffio per farlo cadere tra le braccia di Mussolini.

Questo per dire che quand'anche Rommel fosse riuscito a prendere Alessandra, a quel punto era già troppo tardi, la guerra era comunque perduta; di li a poco gli Usa sbarcavano in Marocco.

In buona sostanza Rommel era, per me, il generale sbagliato nel posto sbagliato e nel momento sbagliato; pur restando un genio tattico attaccante.

L'Asse doveva organizzare una energica ed estenuante difensiva, ci voleva un "ripiegatista" (Kesselring ?), uno che non si lasciava annientare d'un colpo ma ti faceva correre da una parte all'altra del deserto senza concludere niente; e che alla prima occasione ti faceva vedere i sorci verdi (Anzio).

L'Asse non ce l'avrebbe fatta a vincere ma avrebbe dato tempo alla guerra e col tempo, chissà.

Naturalmente sono soltanto mie opinioni, un saluto Giovanni.

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Mi chiedo anch'io se qualcun altro al posto di Rommel avrebbe potuto fare meglio. Sono però dell'idea che metà della fortuna di Kesselring in Italia egli l'avesse trovata nel terreno: foreste e valli per nascondersi, montagne per tirare da posizioni dominanti, fango per bloccare i carri e la logistica degli alleati; tutto questo nel deserto non c'era. Il deserto al contrario esaltava l'importanza dei numeri, e questo spiega perché Montgomery ha vinto solo lì. Ma proprio per questo, dava anche un carattere inevitabile a quanto accaduto.

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Caro Giovanni, e' verissimo: ma appunto, non ascoltando Balbo (ma anche Bastico...) e non mandando i pochissimi corazzati e i pochissimi automezzi nel 40, si perse appunto l'occasione.

 

E non attaccando subito Malta, aggiungo.

 

Poi fu solo questione di tempo. E, come ho detto, Rommel sfruttò le sue poche opportunità per vincere qualche battaglia, e Monty, vecchio stile, la vinse coi mezzi e il fuoco: quello che lui aveva, e noi, no.

 

Un cordiale saluto.

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