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I Dannati Di Vlassov


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Titolo: I DANNATI DI VLASSOV

Autore: Adriano Bolzoni

Editore: Mursia, Milano

Anno:2009

Pagine: 27w, 12 fotografie in b/n

Dimensioni: cm 14 x 21, brossura

Prezzo: Euro 18,00

reperibilità: facile (in vendita c/o TUTTOSTORIA)

 

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Uno degli aspetti meno noti e approfonditi della storia della seconda guerra mondiale, in particolare se riferita al fronte orientale, è la partecipazione di numerosi reparti di etnia russa, ucraina e cosacca alle fasi di consolidamento dell’ “Operazione Barbarossa”, in appoggio all’attacco sferrato dalla Germania all’Unione Sovietica.

Queste vicende si innestano sulla particolare situazione che – negli anni immediatamente successivi alla Rivoluzione d’Ottobre – vide il procrastinarsi di scontri e combattimenti tra i “Russi Bianchi” (variamente appoggiati dai governi occidentali) e le formazioni bolsceviche, sino al definitivo prevalere di queste ultime al termine di una lunga e sanguinosa guerra civile.

Un forte sentimento anticomunista e antisovietico, alimentato tra diversi strati della popolazione nel corso degli anni Venti e Trenta da purghe, epurazioni e deportazioni, ebbe un riscontro pratico – nel marzo 1942 – nell’azione del generale Andrej A. Vlassov il quale, caduto prigioniero dei tedeschi a Volkhov, si affrettò a costituire un Esercito di liberazione nazionale russo (Russkaia Osvoboditel’naja Armiya – ROA) che, ben presto, iniziò ad affiancare la Wehrmacht in numerose operazioni condotte sul fronte russo e nell’Europa orientale.

Le truppe russe del ROA furono impiegate anche in Cecoslovacchia, in Polonia, nei Balcani, in Francia e addirittura in Italia: nella fattispecie, ebbero modo di distinguersi reparti di cavalleria cosacca che – nell’appoggio alle armate tedesche – rivendicavano diritti etnici e autonomistici che si rifacevano (anche nelle uniformi, nelle bandiere e nel cerimoniale militare), al ruolo di preminenza ricoperto dai cosacchi nell’ambito dell’Esercito zarista pre-rivoluzionario.

Al termine del conflitto, numerosi reparti del ROA si arresero agli Alleati con la speranza di vedere riconosciuti e sostenuti da questi ultimi i propri diritti e le proprie rivendicazioni nei confronti del regime staliniano. Tuttavia, a fronte di un atteggiamento maggiormente morbido da parte americana (che portò, in effetti, al “salvataggio” e all’istradamento negli USA di alcune migliaia di militari russi antisovietici), ciò che ebbe realmente peso fu l’intransigente posizione del governo inglese che – per motivi di opportunità politica verso l’URSS sostenuti dal premier Clement Attlee, subentrato a Churchill nel marzo del 1945 – considerò la gestione dei prigionieri russi una “questione interna” dell’Unione Sovietica, dando disposizioni per un’immediata consegna alle autorità di Mosca del personale del ROA catturato o arresosi agli Alleati.

A queste consegne forzate seguirono eccidi di massa, deportazioni nei gulag e feroci repressioni anche nei confronti delle famiglie di quanti avevano combattuto l’URSS insieme alle truppe germaniche: una tragica situazione su cui calò subito un velo di silenzio e che solo con gli scritti di dissidenti quali Sacharov e Solzenycin iniziò a venire rivelata, tanto in patria quanto all’estero, sul finire degli anni Settanta.

Il volume del giornalista Adriano Bolzoni (1919-2005) è stato originariamente pubblicato – sempre da Mursia – nel 1991 e rivede ora le stampe, dopo dociannove anni, nella collana “Testimonianze tra cronaca e storia”. Tuttavia, il trascorrere del tempo non ha influito sulla valenza delle ricerche e dell’opera di documentazione condotta dall’autore. Anzi, talune sue ipotesi di allora sui possibili sviluppi della situazione in quella che – all’epoca – era ancora l’Unione Sovietica si sono rivelate profetiche: dalla convinzione che il processo riformistico di Gorbaciov non avrebbe potuto venire completato per endemiche deficienze strutturali della società e del sistema produttivo, alla possibilità di secessioni (puntualmente verificatesi) dell’Ucraina e delle Repubbliche baltiche e caucasiche, ad una generale rivalutazione politico-culturale dell’era zarista, come pure a un ritorno della guida spirituale della chiesa ortodossa ai vertici “morali” del paese.

Si tratta di un’ottima e documentata opera (in alcuni ma non frequenti casi forse un poco “sbilanciata” verso la parte tedesca degli attori del secondo conflitto mondiale) dalla quale i lettori più preparati sapranno trarre numerose indicazioni e spunti di approfondimento. L’unico vero appunto va mosso alla decisione dell’autore di non aver raggruppato i numerosi testi e documenti consultati in un’apposita sezione bibliografica; tutta la letteratura in merito, comunque, è opportunamente citata nelle numerose note a piè di pagina che costituiscono esse stesse un importante valore aggiunto di questo interessante e valido volume.

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