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La Grande Strategia Dell'impero Bizantino


Alagi

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Titolo: La Grande Strategia dell'Impero Bizantino

Autore: Edward L. Luttwak

Editore: RCS Rizzoli, Milano

Anno: 2009

Pagine: 540 (otto cartine fuori testo)

Dimensioni: cm 16 x 23

Prezzo: 25 Euro

reperibilità: facilissima

 

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Inserisco la recensione che segue su autorizzazione del forum "Imperobizantino.it" ( http://www.imperobizantino.it/ ), ove è stata pubblicata poco tempo fa. Collaboro da diverso tempo con "Imperobizantino.it", una realtà web ormai "di riferimento" rivolta a tutti gli aspetti della millenaria storia dell'Impero Romano d'Oriente.

Ritengo che il volume di Luttwak, dedicato anche alle notevoli implicazioni di strategia, tecnica e storia navali riferibili a Bisanzio, possa risultare di interesse anche qui su Betasom.

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Questo volume – sin dalla sua comparsa in libreria lo scorso mese di novembre – ha suscitato reazioni, commenti, apprezzamenti e critiche spesso di segno opposto ma, sicuramente, indici del grande interesse che ha fatto nascere tra tutti gli esperti e gli appassionati di storia bizantina.

Premetto che la mia analisi è quella di un semplice cultore della materia, e lascio quindi a persone più preparate e “professionali” un giudizio definitivo su questa opera che non ha comunque mancato di coinvolgermi ed interessarmi profondamente (talvolta anche in senso critico), nel corso di tutta la sua lettura.

La figura di Edward N. Luttwak è già ben nota nell’ambiente della storiografia tardo-antica sin dalla pubblicazione della prima edizione (1976) de La Grande Strategia dell’Impero Romano, opera di grande rilievo più volte ristampata e divenuta, sotto diversi aspetti, un testo di riferimento del settore. Consulente militare e strategico di Agenzie governative statunitensi, Luttwak svolge anche un’intensa opera di pubblicista su argomenti contemporanei di storia, politica e attualità militari.

 

Innanzitutto, e indipendentemente dal giudizio che ciascun lettore potrà dare, va detto che La Grande Strategia dell’Impero Bizantino è un volume sicuramente approfondito e destinato ad un pubblico che – per comprendere al meglio gli elementi storici descritti dall’autore, i suoi giudizi e le sue conclusioni – deve necessariamente avere una preparazione di base sulla storia e la storiografia bizantine. Non è quindi un’opera per neofiti, i quali dovranno approfondire qualche testo di storia bizantina “generale” prima di affrontarne la lettura.

La tesi esposta da Luttwak è quella di un impero bizantino che – conscio della sua essenza, della sua multiforme composizione, della sua preminente posizione culturale e della sua multietnicità – si è trovato in un migliaio d’anni di storia a fronteggiare nemici ed “opponents” dalla più diversificata natura e tali da porre in atto sfide di volta in volta diverse, innovative e spesso esiziali per la sopravvivenza stessa della sua entità statale.

Il resistere e il superare crisi, guerre e contrapposizioni di natura così diversa tra loro rese quindi necessaria l’elaborazione di una strategia che solo in parte si basava sull’uso della forza militare: per la stessa sopravvivenza dell’impero era necessario fare affidamento su complesse reti di alleanze, su matrimoni dinastici, sull’intelligence e sull’uso più strategico che tattico della forza militare, limitando per quanto possibile i grandi scontri in campo aperto e sfruttando al meglio contrapposizioni e contrasti all’interno delle coalizioni nemiche. In pratica, la “grande strategia” bizantina si basava su un’indiscussa superiorità culturale che – in quanto tale – garantì la prosperità e la continuità dell’impero per un lungo periodo di tempo.

Il volume è diviso in tre parti:

• L’invenzione della strategia bizantina (con ampi riferimenti agli scontri con popolazioni barbare e con gli Unni in particolare, ampie digressioni sulla tecnica costruttiva di archi ed altre armi e l’emergere – in buona sostanza – di una strategia di base duttile, versatile e innovativa).

• La diplomazia bizantina (con riflessi nel campo religioso, dinastico e geografico) e la self-consciousness che permeava il potere imperiale, tali da consentire a Bisanzio di agire quasi sempre in posizione di vantaggio economico e culturale.

• L’arte bizantina della guerra (ove sono riportati ampi stralci dallo Strategikon di Maurizio, scritti di Leone VI sulla guerra navale e un’approfondita disamina delle campagne persiane di Eraclio).

Il volume si conclude con un elenco degli imperatori, un utile glossario e un’ampissima sezione (più di quaranta pagine) di note bibliografiche realmente esaustive, spesso riferite a fonti e documentazioni originali e che – di per sé – costituiscono un ulteriore “valore aggiunto” dell’opera.

 

Sin qui, la struttura del libro che – tuttavia – come già detto ha ricevuto un’accoglienza diversificata. Buona parte dei commenti sono positivi e favorevoli, riconoscendo al volume di Luttwak un approfondimento e un’esaustività di livello superiore. Altre valutazioni sono invece risultate negative, valga per tutti l’intervento di Silvia Ronchey pubblicato sul quotidiano “La Stampa”, ove La grande Strategia dell’Impero Bizantino viene vista come una mera “giustificazione” e una fonte di suggerimenti per la politica estera degli Stati Uniti, con negative valutazioni anche sulla scelta attuata da Luttwak di privilegiare determinati periodi storici, non approfondendo in misura analoga – ad esempio – i periodi comneno e paleologo o i rapporti con le repubbliche marinare.

 

La mia valutazione è “mediana” e “mediata” rispetto ai due opposti appena indicati.

La Grande Strategia dell’Impero Bizantino è un volume realmente esaustivo, ampio e ben strutturato che consente di apprezzare al meglio le linee-guida della politica e dell’ “arte militare” bizantine. Proprio nel campo militare Luttwak dimostra tutte le sue capacità di valutazione e analisi: la terza parte del volume – dedicata, in pratica, alla manualistica militare bizantina ed al suo ponderato e documentato commento – è, a mio avviso, un ottimo compendio dell’argomento senza tuttavia avere a soffrire delle limitazioni che un compendio comporta e risultando, anzi, quanto mai vasta ed approfondita.

Luttwak, sempre a mio parere, tende però ad attualizzare spesso (e troppo) la materia, con continui riferimenti alla storia militare del XIX° e XX° secolo, e con particolare rilevanza a fatti e situazioni che coinvolgono la politica estera e militare statunitense di oggi e del recente passato. Si tratta sicuramente di una scelta voluta, che può essere valutata secondo un doppio criterio: da un lato, Luttwak ha inteso “didascalizzare” e attualizzare la storia bizantina in riferimento ad un pubblico (quello americano) sicuramente meno preparato di quello europeo e meno portato all’approfondimento di specifiche tematiche nell’ambito di ricerche – perlomeno bibliografiche – approfondite e specifiche. Da un altro punto di vista sorge tuttavia, se non il sospetto, perlomeno la “sensazione” che non poche valutazioni siano espressamente dedicate ad uso della dirigenza politica e militare di Washington, cui viene rivolto un monito a voler riconsiderare la strategia bizantina quale positivo esempio di conduzione e governo statali “di riferimento”, tanto più se confrontati con talune iniziative che vedono ingenti forze militari di Washington impantanante in conflitti di dubbia risolvibilità, anche a causa dell’asimmetria che caratterizza la contrapposizione degli schieramenti. Un certo numero di riferimenti alle “lobbies” parlamentari americane o al Corpo dei Marines sono in effetti davvero fuori luogo in un’opera come questa.

In relazione all’eccessiva “contemporaneizzazione” di fatti ed eventi, La Grande Strategia dell’Impero bizantino appare controverso e non sempre imparziale, come risulta in particolare dai punti che seguono:

• Pag. 147 et al.: eccessivi riferimenti alla guerra santa musulmana (o Jihad) come unico – o perlomeno preponderante – elemento della contrapposizione araba e turca all’impero di Bisanzio.

• Pag. 171 et al.: riferimenti all’attuale situazione della Russia post-sovietica che, prescindendo da quanto di bizantino e ortodosso ha sempre caratterizzato la cultura russa, appaiono forzatamente inseriti sotto la forma di fatti di cronaca o di recente attualità politica.

• Pag. 195: è realmente troppo forzato il riferimento alla mancata collaborazione tra Germania e Giappone nella guerra sottomarina tra il 1941 e il 1945 quale giustificazione (in quanto ricorso storico) di un’impossibile alleanza tra Bisanzio e Impero indiano nel VII° secolo, a causa delle distanze che dividevano le due entità statali.

• Pag. 315: affermare che i lancieri della cavalleria europea del XVIII° e XIX° erano impiegati analogamente ai kataphractoi bizantini non è corretto, perché si decontestualizza l’impiego di queste formazioni dalla presenza di artiglieria portatile e campale, tale da rendere quelle cariche di cavalleria molto meno determinanti di quando le armi da fuoco erano ancora di là da venire.

• Pag. 453: paragonare la guerra di movimento bizantina alla guerra di movimento che – sul fronte orientale – coinvolse la Wehrmacht e l’Armata Rossa nel 1942-1945 non è corretto perché si prescinde dalla meccanizzazione dei due eserciti, molto più preponderante e determinante. in termini di mobilità. delle cavallerie e delle salmerie di età classica, tardo-antica e medioevale.

 

E’ ovvio che il volume è soprattutto un libro di strategia e non di storia religiosa, ma in quest’ultimo campo sono presenti diverse inesattezze, tra cui (pag. 139) dati poco chiari se non errati in relazione al Mandylion (di cui non sono riportati i collegamenti – se non addirittura l’equivalenza – con la Sindone), come pure riferimenti non corretti sulla reale collocazione della reliquia in Costantinopoli.

Un elemento in parte negativo è costituito dalla traduzione (di Domenico Giusti ed Enzo Peru) che – per quanto formalmente corretta e tale da rendere il libro di agevole lettura – manca non raramente di quel “taglio” professionale e culturale che ci si aspetterebbe dalla versione italiana di un’opera così complessa e ponderosa. Tra i molti casi, citiamo uno stridente “Michele VIII il Paleologo” (ove il termine dinastico è confuso con un appellativo che l’uso dell’articolo “il” sembra riservare solo a questo imperatore, al pari di Porfirogenito, Monomaco, Bulgaroctono ecc.), e l’inappropriato e reiterato uso del termine “navi da battaglia” per indicare, più genericamente” le navi “da guerra” o “militari”. (“Nave da battaglia” è un termine ben specifico, che individua le grandi corazzate costruite dopo il 1905, successivamente all’introduzione dell’armamento monocalibro a partire dalla britannica Dreadnought).

I punti di cui sopra (storia religiosa e traduzione) portano a pensare che la casa editrice, per la versione italiana del volume, non si sia avvalsa dell’opera di un consulente editoriale, ossia di un esperto della materia che rivede la traduzione finale del volume: non già per interventi di merito sui suoi contenuti, ma per evitare la pubblicazione di errori (o strafalcioni!) dovuti al traduttore che – spesso – per quanto capace e preparato non è un esperto della materia.

 

Il giudizio è quindi in via generale positivo, e il lavoro di Luttwak – soprattutto per gli aspetti più strettamente connessi alla strategia e al mondo militare diplomatico – è di indiscutibile valore.

Tuttavia – a parere di chi scrive – questo interessante e ponderoso volume (che – si badi bene – va letto assolutamente) soffre però di alcune limitazioni, difetti e forzature che, in termini assoluti, lo rendono meno “monumentale” di quanto forse ci si sarebbe potuto aspettare dal suo autore e dalle sue precedenti opere.

 

Maurizio Brescia

Modificato da Alagi
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Quindi è proprio "quel" Luttwak...quello, diciamo, "senza peli sulla lingua"...non sapevo che fosse un esperto di storia e strategia bizantina.

Bellissima recensione, assai professionale ed impegnativa! :s20: Sono perfettmente d'accordo che la storia -e in genere il passato: letteratura, arte, pensiero ecc.- non vada letta forzandone i riferimenti al'attualità, o, ancora peggio, alla luce del pensiero attuale e locale.

Comunque mi chiedo se la "dirigenza politica e militare di Washington," lo leggerà come "un monito a voler riconsiderare la strategia bizantina quale positivo esempio di conduzione e governo statali “di riferimento”"....voglio dire, mi chiedo se lo leggerà....non so quanto Alessio Comneno, Michele Paleologo, monofisimo e quant'altro abbiano riscontro da quelle parti....magari più comprensibili gli scontri tra Azzurri e Verdi :s02:

Modificato da malaparte
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Bellissima recensione, assai professionale ed impegnativa!

Sei una persona squisita! (Come disse il cannibale all'esploratore) :s03: :s03: :s03:

 

....magari più comprensibili gli scontri tra Azzurri e Verdi :s02:

... o - meglio ancora - il taglio del naso e delle orecchie, spesso utilizzati a Bisanzio in funzione didattica e pacificatrice.

 

Naturalmente scherzo! :s03:

Modificato da Alagi
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... o - meglio ancora - il taglio del naso e delle orecchie, spesso utilizzati a Bisanzio in funzione didattica e pacificatrice.

 

Una recensione estremamente kulturnyi, che mi stimola a ricordare un precedente dello stesso segno del libro di Luttwak, anche se molto più celebrato : "A World Restored" di Henry Kissinger (Victor Gollancz Ltd, 1973), saggio sulla Restaurazione post-Congresso di Vienna. Kissinger infatti si guarda bene dal valorizzare il ruolo dell'Inghilterra nella fase post-napoleonica (sarebbe stato banale), ma punta a rivalutare il ruolo dell'Impero austriaco, e di Metternich in particolare, nell'ottica di esprimere apprezzamento per il conservatorismo cui si ispirano (e giocoforza) i grandi stati multinazionali, in declino o meno che siano. Naturalmente, un saggio destinato ad influenzare l'opinione degli americani che contano, un po' come Luttwak. Ma anche una lettura che mi ha insegnato molte cose, confermando la mia opinione per cui la (tanto vantata) superiorità culturale europea ahimè deve fare i conti con il soft power d'Oltreatlantico, che è sopratutto culturale (il cinema è americano e solo americano, Television is American , Internet non ne parliamo, e via dicendo: certo si può sempre disprezzare cinema, TV, web, e amare tanto Umberto Eco, ma)...

 

Non parliamo dei traduttori, che sono quasi sempre un'espressione del ritardo culturale dell'editoria italiana (a chiacchiere tutti sanno l'inglese, quindi i traduttori si possono pagare poco, e il loro prodotto vale altrettanto poco): ne so qualcosa, perché da giovane, a fine anni '60, ho tradotto Veblen per Einaudi e UTET.

 

Dulcis in fundo (venenum in cauda?), voglio rischiare per davvero il taglio del naso e delle orecchie da parte del Commodoro. :s02: L'espressione "navi da battaglia" era già in uso in epoca nelsoniana, in quanto i 64 e i 74 (e superiori) si definivano "line-of-battle ships", cioè navi della linea di battaglia, in breve "ships of the line", navi di linea. Di qui la definizione abbreviata "battleships", sopravvenuta quando il concetto del combattimento in linea è ovviamente divenuto solo un ricordo (ultimo Jutland?); mentre corazzate deriva direttamente da ironclads.

Modificato da de domenico
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Dulcis in fundo (venenum in cauda?), voglio rischiare per davvero il taglio del naso e delle orecchie da parte del Commodoro. :s02: L'espressione "navi da battaglia" era già in uso in epoca nelsoniana, in quanto i 64 e i 74 (e superiori) si definivano "line-of-battle ships", cioè navi della linea di battaglia, in breve "ships of the line", navi di linea. Di qui la definizione abbreviata "battleships", sopravvenuta quando il concetto del combattimento in linea è ovviamente divenuto solo un ricordo (ultimo Jutland?); mentre corazzate deriva direttamente da ironclads.

Concordo con l'amico De Domenico. Il mio commento era tuttavia riferito espressamente all'uso della locuzione "navi da battaglia" nel volume di Luttwak. Va considerato che oggi, nella terminologia navale italiana, per "nave da battaglia" si intende l'unità post-Dreadnought, quindi l'aver utilizzato tale termine nella traduzione* del libro di Luttwak, non può che portare alla spiacevole senzazione che il passaggio dall'inglese all'italiano sia stato fatto - perlomeno in taluni casi - abbastanza "a braccio"... :s02:

Tra l'altro, nel volume di Luttwak il termine "navi da battaglia" è riferito anche a piccole barche per uso fluviale o a lance a remi di uso costiero... :s25: :s25:

 

* ove - a mio avviso - non si è sicuramente pensato alla sua accezione nelsoniana, ma il cui uso è dovuto alla mera impreparazione del traduttore.

Modificato da Alagi
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Ma insomma è un libro da comprare o no?

 

Secondo me va letto, ma dato che - a mio avviso - i riferimenti all'attualità sono troppo accentuati e di parte, se non si ha una conoscenza pregressa (e quanto più possibile oggettiva della storia bizantina) si rischia di avere, perlomeno su taluni punti, una visione parziale se non distorta della realtà storica.

Quindi, suggerirei di comperare anche un paio di testi molto validi da leggere prima, da scegliere magari tra questi:

- G. Ostrogorsky, Storia dell'Impero bizantino, Torino, Einaudi, 1993

- A. Cameron, I bizantini, Bologna, Il Mulino, 2008

- A.P. Kazhdan, Bisanzio e la sua civiltà, Bari, Laterza, 2004

- C. Mango, La civiltà bizantina, Bari, Laterza, 2008

- S. Runciman, La teocrazia bizantina, Firenze, Sansoni, 2003

- W. Treadgold, Bisanzio e il suo esercito – 284-1081, Gorizia, Libreria Editrice Goriziana, 2007 (anche per quest'ultimo testo la traduzione non è eccezionale, ma i giudizi sono più oggettivi e svincolati da collegamenti troppo forzati con la realtà odierna).

Modificato da Alagi
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Secondo me va letto, ma dato che - a mio avviso - i riferimenti all'attualità sono troppo accentuati e di parte, se non si ha una conoscenza pregressa (e quanto più possibile oggettiva della storia bizantina) si rischia di avere, perlomeno su taluni punti, una visione parziale se non distorta della realtà storica.

Quindi, suggerirei di comperare anche un paio di testi molto validi da leggere prima, da scegliere magari tra questi:

- G. Ostrogorsky, Storia dell'Impero bizantino, Torino, Einaudi, 1993

- A. Cameron, I bizantini, Bologna, Il Mulino, 2008

- A.P. Kazhdan, Bisanzio e la sua civiltà, Bari, Laterza, 2004

- C. Mango, La civiltà bizantina, Bari, Laterza, 2008

- S. Runciman, La teocrazia bizantina, Firenze, Sansoni, 2003

- W. Treadgold, Bisanzio e il suo esercito – 284-1081, Gorizia, Libreria Editrice Goriziana, 2007 (anche per quest'ultimo testo la traduzione non è eccezionale, ma i giudizi sono più oggettivi e svincolati da collegamenti troppo forzati con la realtà odierna).

 

Ostrogorsky è fondamentale e rigoroso (la grande tradizione storica tedesca al suo meglio). Runciman, il famoso storico delle Crociate (con tutto il rispetto per Franco Cardini) è splendido (l'ironia laica inglese al top). Dopo la grande mostra a Londra di un anno fa, sono un po' più preparato in materia di Maria Hodegetria ecc.

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Ostrogorsky è fondamentale e rigoroso (la grande tradizione storica tedesca al suo meglio). Runciman, il famoso storico delle Crociate (con tutto il rispetto per Franco Cardini) è splendido (l'ironia laica inglese al top).

Anche se gli studiosi e la storiografia più recente tendono a sminuire un poco il valore dell'opera di Ostrogorsky, concordo con De Domenico su un giudizio più che positivo: inoltre, la tradizione storica tedesca si abbina in Ostrogorsky alle sue origini russe e alla sua naturalizzazione jugoslava, unendo quindi "anime" ancora oggi molto vive nel mantenimento dell'attualità della cultura bizantina (e ben al di là di quanto i passati regimi abbiano cercato di cancellare...).

Runciman, poi, è spettacolare: la sua "Storia delle Crociate" in due volumi non dovrebbe mancare nella biblioteca di chiunque sia appassionato di storia in senso lato. :s02:

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Secondo me va letto, ma dato che - a mio avviso - i riferimenti all'attualità sono troppo accentuati e di parte, se non si ha una conoscenza pregressa (e quanto più possibile oggettiva della storia bizantina) si rischia di avere, perlomeno su taluni punti, una visione parziale se non distorta della realtà storica.

Quindi, suggerirei di comperare anche un paio di testi molto validi da leggere prima, da scegliere magari tra questi:

- G. Ostrogorsky, Storia dell'Impero bizantino, Torino, Einaudi, 1993

- A. Cameron, I bizantini, Bologna, Il Mulino, 2008

- A.P. Kazhdan, Bisanzio e la sua civiltà, Bari, Laterza, 2004

- C. Mango, La civiltà bizantina, Bari, Laterza, 2008

- S. Runciman, La teocrazia bizantina, Firenze, Sansoni, 2003

- W. Treadgold, Bisanzio e il suo esercito – 284-1081, Gorizia, Libreria Editrice Goriziana, 2007 (anche per quest'ultimo testo la traduzione non è eccezionale, ma i giudizi sono più oggettivi e svincolati da collegamenti troppo forzati con la realtà odierna).

... e nient'altro ? :s01:

A questo punto bisognerebbe aggiungere anche buona parte della legislazione giustinianea.

 

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Prima di tutto un grazie al Comandante Alagi per l'attenta recensione (seppur già letta nel forum specifico) e per la bibliografia (che già dovrebbe costituire una buona base di partenza).

La cognizione che abbiamo dell'Impero Bizantino è sostanzialmente negativa. Bisanzio viene vista come un impero in decadenza, ricco di intrighi, con una burocrazia pletorica e impegnato in astratte discussioni filosofiche sul sesso degli angeli.

Nulla di più falso.

Spigolando il volume di Cameron ho trovato tante notizie e materiali che ci aprono ad un mondo complesso, ricco di sfumature e con una robusta cultura di cui restano eloquenti esempi. Una buona occasione, quindi, per entrare in un mondo misconosciuto.

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  • 2 months later...

Libro molto bello e ponderoso, Luttwak è un autore interessante anche se a volte certe sue affermazioni appaiono un pò "azzardate", soprattutto quando propone paralleli tra Bisazio e la geopolitica attuale. Comunque una lettura consigliata, soprattutto se, come me, vi interessa la storia orientale.. grazie ad Alagi per la sua splendida ed erudita recensione come pure per i consigli sulle letture integrative.. sono libri che mi procurerò al più presto, l'argomento mi affascina

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  • 2 years later...

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