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Italiani Brava Gente


caringello

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TITOLO: Italiani Brava Gente

Titolo Russo: Oni shli na Vostok

Titoli Inglesi: Italiano brava gente / Attack and Retreat

ANNO: 1965

NAZIONE: Italia - URSS

GENERE: Azione, Drammatico, Guerra

DURATA: 156m. (B/N)

REGIA:Giuseppe De Sanctis

 

INTERPRETI PRINCIPALI: Raffaele Pisu, Andrea Cecchi, Riccardo Cucciolla, Peter Falk

 

Locandine Varie:

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TRAMA

 

1941-1943: sono gli anni della campagna italiana in Russia. Sul treno che trasporta i nostri soldati al fronte regna un moderato ottimismo, suffragato dal tepore della buona stagione. Alcuni sono certi di trovar facile gloria nella terra dei soviet. Ma i più anziani si mostrano scettici al riguardo: è il caso del colonnello Sermonti, leale comandante di un variopinto reggimento del quale fanno parte soldati provenienti da tutte le regioni d'Italia. Il soldato emiliano Loris Bazzocchi non riesce a credere ai suoi occhi quando vede che i contadini sovietici lasciano marcire il grano nei campi: è un contadino egli stesso e, dinanzi alle sconfinate distese di grano pettinate dal vento, dimentica la dura logica della guerra. Bazzocchi finirà ucciso da un aereo che mitraglia i campi di girasole. Il soldato Giuseppe Sanna, di Cerignola, nasconde sotto la coriacea scorza meridionale il suo viscerale antifascismo. Invece, Ferro Maria Ferri, ufficiale milanese, è un fascista fanatico, con tanto di mano di legno (anche se falsa) e voce roboante, il quale finirà per fondare il corpo dei Superarditi. Libero Gabrielli, stagnaro di Roma, è un soldatino che sogna di tornare a casa per sposare "Ginetta sua": di tanto in tanto suona l'armonica e qualche volta si diverte a sfottere i fascisti più seriosi accennando le note dell'Internazionale. Il tenente Mario Salvioni (Peter Falk, proprio lui, il Tenente Colombo!!), giovane ufficiale medico, è il tipico gagà napoletano che in guerra si trasforma in uno strano miscuglio di coraggio e di codardia: risponde all'appello dei russi che richiedono l'intervento di un medico per salvare la vita a un compagno ferito e, sulla via del ritorno, viene ucciso dai tedeschi, insieme ai partigiani che lo riportano al campo italiano. I rapporti tra le truppe italiane e l'esercito nazista sono alquanto tesi. Il soldato Sanna assale un nazista che vuole impedirgli di dividere il proprio pane coi prigionieri russi. Qualche tempo dopo è il colonnello Sermonti a ordinare di sparare due o tre raffiche davanti ai baldanzosi motociclisti del Reich, i quali tentavano di passare per primi su un ponte che gli italiani hanno faticosamente strappato ai partigiani sovietici. «Se voi sparare ancora su piedi tedeschi, noi sparare su teste italiane!», protesta stizzito il colonnello nazista, masticando il suo cattivo italiano. Per i nostri soldati la convivenza quotidiana con gli alleati tedeschi è quasi insostenibile: non ne condividono l'esagerazione fanatica e il sadismo. E si rifiutano di obbedire al maresciallo nazista che ha ordinato di far fucilare una ragazza russa. La tattica dei russi consiste nell'indietreggiare, attirando il nemico verso l'interno del paese, per poi contrattaccare col favore della stagione fredda. Tra gli italiani e i tedeschi già si sente odore di vittoria, quando inizia il contrattacco sovietico. Il reggimento del colonnello Sermonti si trova in una prima linea che manca di collegamenti adeguati con le retrovie. Sotto il violento assalto dei russi, la prima linea cede di schianto. E la ritirata si rivela disastrosa, anche perché i nazisti non forniscono il carburante necessario agli automezzi: le truppe italiane sono, dunque, costrette a lunghe e sfibranti marce in una Russia imbiancata dalle tempeste di neve. E' l'inverno del 1942: nella fuga gli uomini hanno ormai perso il conto dei giorni e non sanno nemmeno quando "festeggiare" il Natale. I soldati si disperdono in ogni direzione. Libero Gabrielli e Giuseppe Sanna, amici per la pelle, fuggono insieme, anche se non sanno bene dove andare: s'imbattono per caso in un simpatico tedesco che ha scoperto un rifugio sotterraneo pieno di viveri e li invita a dividere con lui tutto quel bendiddio. All'indomani si separeranno: Gabrielli si mette in marcia con l'intenzione di raggiungere le truppe italiane e tedesche in ritirata. Sanna e il tedesco, invece, sono decisi a consegnarsi ai russi, ma vengono colpiti a morte dalle granate che piovono da tutte le parti. Gabrielli, ex campione di marcia, prosegue imperterrito il suo cammino verso sud: incontra Sonja, una ragazza russa che ha collaborato coi nazisti e adesso è costretta anch'ella alla fuga: insieme a lei, passa una notte in un carro armato abbandonato. Per qualche tempo, poi, i due si aggirano insieme nella neve, con la speranza di trovar rifugio in un villaggio che la ragazza dice di conoscere. Ma il villaggio non esiste più e Sonja non è capace di andare avanti: Libero prosegue da solo la sua marcia. Ma la distanza che lo separa dalla salvezza è enorme e il bianco panorama nel quale si agitano bufere e tormente sembra non dover mutare mai: nemmeno lui riuscirà a scampare alla morte.

Le scene della ritirata sono ovviamente congeniali alla trama del film ma i dialoghi e alcuni eventi sono tratti da "100.000 gavette di ghiaccio" di Guido Bedeschi.

 

 

COMMENTI

Questo film non può mancare nella videoteca dei comandanti di Betasom. La storia è struggente e non retorica, esalta il coraggio di chi ce l'ha, non nasconde la paura o l'eslatazione di chi ne è dotato, non disprezza le vittorie e non nasconde le sconfitte. Dato l'anno in cui fu girato, c'è da tener presente che ancora molte madri, mogli e figli in Italia aspettavano ancora il ritorno di un congiunto disperso, a distanza di tempo si avverte magari un pò di retorica, ma non è mai distorsiva o esagerata. A onor del vero va detto che è l'unico film che parla espressamente anche della Milizia Fascista. Intendiamoci, come è normale e giusto che sia la retorica del film è anrifascista e pacifista, ma un pacifismo costruttivo e non antimilitarista, è l'unico esempio storico-cinematografico dove si dice, che non solo gli Alpini morirono in Russsia, ma che anche sotto la camicia nera (nella sua tremenda negatività) c'era un filgio di una madre, il marito di una moglie e una persona umana. Il film è girato negli stessi posti della disfatta italiana in Russia; sul fronte del Don e su quello del fiume Bug, in Bessarabia, a Odessa e a Dniepropetrovsk. E' una co-produzione italo sovietica e sceneggiatori russi, cioè i veri vincitori, hanno collaborato alla stesura della trama e il risultato è equilibrato e giusto. Di conseguenza, eccettuati gli attori principali, gli "italiani" che vedete anche nelle scene della ritirata, sono comparse "russe". I costumi sono molto accurati, la divisa italiana è perfetta, ad eccezione dell'elmetto modello 33 che ha su dipinto il fregio della Fanteria Post-bellico, a riprova del fatto che l'Esercito Italiano ha prestato alla produzione elmetti autentici per contenere i costi. La divisa è completa, l'equipaggiamento è perfetto, dall'elmetto agli scarponi, l'armamento, il materiale da campo, telefoni, gavette, fucili, giberne, fasce mollettiere, pistole, fondine, colbacchi, bandoliere, coperte, tende, automobili, camion, carri armati e vettovaglie, un lavoro immane e costosissimo che però da grande fedeltà ed accuratezza al lavoro. Le divise dei tedeschi sono più approssimative. Unico grande KOLOSSAL nostrano alla "Il giorno più lungo" per numero di comparse tutte equipaggiate di tutto punto come un esercito vero, dinamicità della fotografia e spettacolarità delle scene. Una sola cinepresa riesce ad inquadrare una battaglia in corso su un terreno di diverse decine di chilometri, con spostamento di "truppe", "cannonate" e quant'altro. Nel vedere le scena della ritirata, c'è una impossibilità di distinzione tra quelle di repertorio e quelle girate per il film a causa della loro straordinaria veridicità. C'è tragedia in ogni fotogramma, come in ogni pagina di Bedeschi e dei reduci che l'hanno raccontata. Ogni scena è colma di urla, di morti in terra, la colonna si alleggerisce e si sfoltisce decimata dal freddo, dalle intemperie, dalle cariche di cavalleria, dai contrattacchi dei russi e dai mitragliamenbti aerei. Non c'è pietà e anche lo spettatore è portato ad augurarsi la fine della pellicola per non assistere oltremodo allo stillicidio. Le parole non bastano a descrivere. Le scene notturne della ritirata sono le più pungenti.

 

REPERIBILITA'

Purtroppo in Italia non è stato ridigitalizzato, se avete fortuna lo trovate su siti stranieri col titolo inglese in DVD ma non ho ulteriori notizie. Montato e più volte rimontato, gira attualmente, e solo in TV, una copia con 49 minuti in meno rispetto alla versione originale (156'). Manca la sequenza più espressiva: quella di centinaia di sbandati che, all'interno di un granaio circondato dal gelo, dormono in piedi, addossati uno all'altro.

 

 

La conquista del Ponte

 

L'Attacco dei Russi

 

La ritirata - in notturna

 

La ritirata - La Fine

 

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Il soldato Sanna (Riccardo Cucciolla), attende l'ordine di attacco

 

 

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I russi hanno squassato la prima linea italiana e avanzano

 

 

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Cala la prima notte sulla colonna in rotta

 

 

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La colonna in ritirata è fiocinata dall'alto...

 

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... e dalla cavalleria.

 

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Modificato da caringello
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da base artica, marco

come ex alpino sarebbe molto ...averne una ...nella mia videoteca :s08: .

se penso che l´ho visto in tv ai tempi di quando il vedeo registratore non si sapeva neppure cosa era, (veramente era gia fortuna avere la tv)...!

chissa che ....qualcuno non mi aiuti!!! :s10:

salutoni marco

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chissa che ....qualcuno non mi aiuti!!! :s10:

salutoni marco

 

Ah guarda, io l'ho visto una domenica mattina su Rai 3 praticamente per caso, sarà successo nel 2003 ma è stato un incidente, non ne avevo la più pallida idea e soprattutto il film mi era sconosciuto, lo presi che era iniziato da poco e non mi passò per la testa l'idea di metterlo a registrare pure se ne mancasse l'inizio. Non penso che dall'epoca ci siano stati altri passaggi televisivi... E intanto la Rai fa l'Isola dei famosi... :s17: :s17:

Modificato da caringello
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