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Sistema Punteria Corazzate Littorio


Comsubin

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Salve comandanti.

In un recente documentario sulla R.N. Roma, sono rimasto impressionato dal quanto fossero avanzati i suoi sistemi di punteria per i 381. Con la poca tecnologia elettronica che c'era in quel periodo (visto che doveva essere ancora sperimentata su larga scala), gli ingegneri italiani riuscirono a costruire un sistema di stabilizzazione per l'apparato di puntamento dei cannoni. Questo sistema elettro-meccanico manteneva la struttura di punteria e quindi i suoi strumenti di puntamento perfettamente stabilizzati anche col pare mosso, dando quindi punti in più alla precisione dei nostri cannoni.

Ora mi chiedo, la Roma faceva parte di 4 gemelle (inclusa l'Impero, mai ultimata). Sulla Roma questo sistema c'era, ma sulle sue gemelle già in mare? Sulla Littorio e sulla Vittorio Veneto c'era questo sistema? O è stato implementato solo dalla Roma in poi?.

La Vittorio Veneto delle bordate le sparò in guerra, ma non eccelse in risultati. Devo presumere che ho non aveva questo sistema o allora il sistema di stabilizzazione non era preciso come pubblicizzato.

In ultima analisi, le classi nemiche, avevano sistemi simili?

Ciao

Furio

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La stabilizzazione del tiro sulle Corazzate da te citate non erano frutto di sofisticati impianti elettronici ma di asservimenti elettromeccanici che prendevano il segnale della verticale dato dal giroscopio (sistema che come principio di funzionamento è ancora in uso). Mediante dei metaconformatori e metadinamo questo segnale di verticale veniva inviato ai "pezzi" e mediante degli motori asserviti correggevano tutti i movimanti di sbandamento, rollio e becheggio sulle canne. Vi erano addirittura alcune torrette di direzione del tiro dei pezzi più piccoli completamente stabilizzate ovvero il personale lavorava sempre con l'ambiente parallelo all'orizzonte. Anche alcuni pezzi del 90 erano copletamente stabilizzati ovvero proprio tutta la struttura del cannone era stabilizzata così come alcune torrette di avvistamento antiaereo erano completamente stabilizzate.

 

Sulle navi moderne, oltre a stabilizzare il tiro delle artiglierie viene anche stabilizzato l'antenna dei sistemi radar onde farli lavorare sempre sul'orizzonte.

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Va anche detto, comunque, che l'efficacia del tiro si raggiunge mediante numerosi fattori dei quali la stabilizzazione della punteria è solo uno di questi fattori. Alcuni problemi, per esempio, si aveva con la qualità dei munizionamenti ovvero non erano perfettamente calibrati e si notava quale principale problema un apertura della salva. Ovvero delle tre bordate sparate contemporaneamente dagli impianti trinati si aveva un apertura di salva cioè i tre proietti cadevano a distanze fra loro elevate. questo accadeva per la scarsa calibrazione e taratura della quantità dell'esplosivo nella carica di lancio.

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  • 2 weeks later...

Mi risulta che il principale problema dei nostri grandi calibri fossero essenzialmente i proiettili che avevano tolleranze dimensionali (peso, calibro, lunghezza ecc.) nell'ordine dell'1%; su una salva di tre colpi avremmo potuto avere:

- un 381, un 383 e un 377 mm

- un proietto da 885, uno da 893 e uno da 877 kg

- e così via

 

Non sono esperto di balistica ma a 42.000 m (per quello che ricordo dei miei studi al "geometri2 e ad architettura) potremmo avere uno scarto di parecchie centinaia di metri.

 

Altri problemi erano legati alla lente zza di caricamneto e a quella di movimento dei pezzi, che tecnicamente parlando non erano poi malaccio.

 

MINO

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Dimenticavo: tedeschi, americani ed inglesi avevano tolleranze nell'ordine dell'1 per mille, mentre i francesi nel '40 erano attorno al 7-8 per mille.

 

Chiaro che a parità di cannone un (ipotetico, per gli americani) 381 americano, tedesco o inglese poteva avere una dispersione teorica a 40.000 di 80 m (+o - 1xmille); uno francese di 5-600 m e uno ns. di 800 m.

 

MINO

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Va anche detto che le nostre unità furono penalizzate dal fatto che non erano equipaggiate di sistemi radar come le pari classe americane e inglesi,ciò comportava una forte penalità nell'impiego operativo riducendo le reali capacità dell'unità rendendole praticamente inefficaci di notte e con cattivo tempo.

:s01:

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Dimenticavo: tedeschi, americani ed inglesi avevano tolleranze nell'ordine dell'1 per mille, mentre i francesi nel '40 erano attorno al 7-8 per mille.

 

Chiaro che a parità di cannone un (ipotetico, per gli americani) 381 americano, tedesco o inglese poteva avere una dispersione teorica a 40.000 di 80 m (+o - 1xmille); uno francese di 5-600 m e uno ns. di 800 m.

 

MINO

 

 

Secondo Iachino questo fatto era noto gia' dopo la prima guerra mondiale ..

Perche' non sia stato affrontato e risolto è ancora ignoto credo :s06:

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Va anche detto che le nostre unità furono penalizzate dal fatto che non erano equipaggiate di sistemi radar come le pari classe americane e inglesi,ciò comportava una forte penalità nell'impiego operativo riducendo le reali capacità dell'unità rendendole praticamente inefficaci di notte e con cattivo tempo.

:s01:

 

A Punta Stilo le navi inglesi non avevano radar per il controllo del tiro.

A Savo i giapponesi senza radar ingaggiano per prima le navi americane coi radar.

La Graf Spee aveva il radar di puntamento che aveva un margine di errore superiore alla dispersione delle salve dei suoi cannoni.

La storia dei radar è una scusa di comodo che viene tirata fuori ogni volta che si parla delle deficienze della marina italiana. Nessuno si chiede come fecero i giapponesi senza radar.

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Visitatore Mattesini

A Matapan le unità della prima divisione non furono percepite in avvicinamento dai radar delle tre corazzate britanniche e della portaerei "Formidable", ma avvistate soltanto con i binocoli. Nella distruzione del convoglio "Duisburg" il radar non ebbe ugualmente alcuna influenza. I 2 incrociatori e i 2 cacciatorpediniere britannici della Forza K videro otticamente le navi italiane (7 mercantili, 2 incrociatori e 10 cacciatorpediniere) alla distanza di circa 9.000 metri, le tennero d'occhio per 17 minuti, avvicinandosi ad esse prima di aprire il fuoco, senza essere stati avvistati dalle nostre unità, e in sette minuti distrussero l'intero convoglio e uno dei cacciatorpediniere di scorta, danneggiandone altri tre, per poi sottrarsi perfettamente indenni al tiro degli incrociatori pesanti italiani. Anche in altri scontri che seguirono quasi sempre le navi britanniche riuscivano ad avvistare quelle italiane prima di stabilire il contatto radar. Ma c'è da chiederci: a bordo delle nostre unità erano tutti ciechi, oppure dormivano sempre ?".

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A Punta Stilo le navi inglesi non avevano radar per il controllo del tiro.

A Savo i giapponesi senza radar ingaggiano per prima le navi americane coi radar.

La Graf Spee aveva il radar di puntamento che aveva un margine di errore superiore alla dispersione delle salve dei suoi cannoni.

La storia dei radar è una scusa di comodo che viene tirata fuori ogni volta che si parla delle deficienze della marina italiana. Nessuno si chiede come fecero i giapponesi senza radar.

 

Non mi stavo riferendo a sistemi di controllo del tiro,bensì ai radar di scoperta,come dici giustamente tu riferndoti alla Graf Spee che ne era provvista tali sistemi spesso(la tecnologia era agli albori)erano inefficaci.

Non sto usando una scusa di comodo contro la nostra marina,solo che le più grandi marine belligeranti adottarono i radar(di scoperta) sulle loro unità maggiori e la nostra non lo fece perchè i vertici della marina semplicemente non credevano in tale tecnologia.

:s02:

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. Nella distruzione del convoglio "Duisburg" il radar non ebbe ugualmente alcuna influenza. I 2 incrociatori e i 2 cacciatorpediniere britannici della Forza K videro otticamente le navi italiane (7 mercantili, 2 incrociatori e 10 cacciatorpediniere) alla distanza di circa 9.000 metri,

 

Nel libro di Giorgerini " la guerra italiana sul mare " si legge che gli inglesi avvistarono colo radar il convoglio Duisburg ad una distanza di 9 miglia

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Visitatore Mattesini

L'amico Giorgerini, come spesso gli capita, non ha sufficientemente analizzato l'argomento dell'annientamento del convoglio "Beta" ("Duisburg"), sulla base degli ultimi aggiornamenti. Riporto pertanto quanto ho scritto nella seconda parte del saggio "Il disastro del convoglio Duisburg", Parte Seconda, L'attacco della Forza K al convoglio:

 

Alle ore 00.39 del 9 novembre, in una posizione delimitata dalle coordinate lat. 36°55'N, long. 17°58'E, corrispondente a circa 180 miglia ad est di Malta e quindi molto vicina a quella prevista dal commodoro Agnew, si verificò da parte dell'Aurora l'avvistamento del convoglio "Beta". Dal ponte di comando dell'incrociatore fu infatti localizzato dalle vedette, per mezzo dei binocoli, su rilevamento 30° e alla distanza di circa 9 miglia, un gruppo di navi oscurate con rotta sud. In una relazione dell'ammiragliato britannico, fatta pervenire all'Ufficio Storico della Marina Militare, l'avvistamento delle navi italiane è stato descritto nel modo seguente.

 

Alle 0040/9 a 100 miglia Est-Sud-Est da Capo Spartivento fu avvistato alla distanza di circa 9 miglia sul rilevamento 30° un gruppo di navi oscurate con rotta 170 approssimativamente. Le condizioni del tempo erano ideali per l'intercettazione: vento Nord-Nord-Ovest, forza 3, nubi leggere, calma di mare e onda bassa, ottima visibilitè con luna splendente su rilevamento 100° alta 45° .

L'AURORA ridusse a 20 nodi ed accostò a sinistra per 350° per mettere il convoglio contro luna prima di attaccarlo sulla dritta.

Alle 0050, all'altezza di un cacciatorpediniere di poppa al convoglio, L'AURORA accostò a dritta e puntò dritto sul cacciatorpediniere. Il convoglio sembrava costituito da otto mercantili scortati da 4 cacciatorpediniere. Alle ore 0052 fu avvistato in secondo gruppo di navi per 350° distante circa 6 miglia e costituito da due cacciatorpediniere e da due navi maggiori

 

L'avvistamento del secondo gruppo di navi si riferiva alla 3^ Divisione Navale. Essa fu individuata dall'Aurora per nord-est (ancora una volta per mezzo dei binocoli e quindi senza l'ausilio del radar la cui portata era d'altronde in quel periodo molto limitata), mentre l'incrociatore britannico stava compiendo indisturbato la sua manovra di avvicinamento verso il convoglio che si profilava contro la luna sorgente, dopo aver ridotto la velocita da ventotto a ventinove nodi (105).

Ignorando la presenza degli incrociatori pesanti della 3^ Divisione Navale, che navigando sulla sinistra del convoglio dopo aver raggiunto il punto piu settentrionale del percorso di pendolamento, stavano scendendo con rotta sud alla velocita di dodici nodi, gli inglesi ritennero che il secondo gruppo di navi avvistate verso nord est fosse costituito da mercantili e cacciatorpediniere di scorta, e pertanto di esse il commodoro Agnew [Comandante della Forza K] non si preoccupò eccessivamente per concentrare la propria attenzione sul convoglio suo principale obiettivo.

Mantenendo la rotta verso la poppa del convoglio, con una manovra ardita meritevole di essere citata in un manuale di tattica navale, che pero il commodoro Agnew si sarebbe ben guardato dall'effettuare se avesse conosciuto la presenza delle unita della 3^ Divisione a cui si avvicinava pericolosamente, l'incrociatore Aurora si appresto a far fuoco sui cacciatorpediniere italiani della scorta con l'armamento principale dei 152, asservito al radar tipo 284. Contemporaneamente le artiglierie secondarie di sinistra furono tenute pronte a sparare contro le unita della 3^ Divisione avvistate piu¹ a nord, che il cacciatorpediniere Lance ritenne costituito da due navi mercantili e uno, o possibilmente due, cacciatorpediniere.

Alle 00.56 il Lively stimo la rotta del convoglio per 150° e la sua velocita di otto nodi, mentre l'apparato radar del cacciatorpediniere apprezzo la distanza della nave capo scorta Maestrale a 11.000 yards e quella delle navi mercantili a 9.000 yards (108).

Alle 00.57, diciassette minuti dopo il primo avvistamento britannico, trascorsi senza che gli italiani avessero avuto alcun sospetto sulla presenza della Forza K, la quale fu individuata soltanto all'ultimo momento dal cacciatorpediniere Bersagliere, i due incrociatori del commodoro Agnew aprirono simultaneamente il fuoco su due cacciatorpediniere della scorta sulla dritta del convoglio, in quel momento distanti circa 5.500 yards, pari a 5.029 metri.

L'Aurora usando il suo radar tipo 284, che serv al direttore del tiro per correggere la distanza del bersaglio preso di mira, diresse il fuoco delle sue artiglierie principali sul Grecale, che si trovava a poppa del convoglio. Il Penelope sparo sul Maestrale, individuato in testa alla formazione dei mercantili. Il cacciatorpediniere Lance, anch'esso usufruendo del radar per la direzione del tiro, fece fuoco, con effetti devastanti su due navi mercantili, probabilmente il Maria e il Sagitta, distanti 4.000 yards, e poi lo sposto sul cacciatorpediniere Fulmine. Infine il cacciatorpediniere Lively comincio a sparare alle 01.00, prendendo a bersaglio in piroscafo Duisburg, che era in testa al convoglio sulla colonna di sinistra, e lo centro con sei salve da 120.

L'Aurora dopo aver sparato tre salve da 152 sul Grecale, sul quale furono visti cadere colpi a poppa e svilupparsi un forte incendio, alle ore 00.59 accosto a dritta, seguita dalle altre unita e diresse a sud parallelamente alla rotta del convoglio impegnando successivamente ogni bersaglio, finche questi saltava in aria o si

Dopo aver spostato il suo tiro sul piroscafo Rina Corrado colpendolo ed incendiandolo con quattro granate da 152, l'incrociatore diresse il tiro delle mitragliatrici pesanti da 40, con effetti devastanti, sul cacciatorpediniere Fulmine che, gia colpito dalle artiglierie da 120 del Lance, alle ore 01.05 fu preso sotto il tiro del Penelope, restando immobilizzato e fuori combattimento.

Arrestato fin dalla prima salva dell'Aurora, che spense la luce e causo il rallentamento e poi l'arresto delle motrici, e colpito anche dal tiro delle mitragliere dei piroscafi, i quali sparavano bassi, ritenendo di essere attaccati da aerosiluranti, il Fulmine ebbe complessivamente sei colpi a bordo e fu raggiunto da numerose schegge di granate esplose in mare e nelle vicinanze dello scafo.

Il cacciatorpediniere reagi all'attacco con il complesso prodiero da 120 mm. sparando otto salve a punteria diretta, grazie allo spirito di iniziativa del Direttore del Tiro, tenente di vascello Garau. Quindi per lo scoppio di una caldaia, comincio a sbandare a sinistra per poi affondare in soli dodici minuti dal momento dell'inizio dell'attacco, trascinando nell'abisso centoquarantuno uomini, tra cui il tenente di vascello Garau, e il capitano di corvetta Mario Milano, il quale, con un braccio asportato da una scheggia e dopo aver svolto la sua opera di comando dell'unita fino all'ultimo, fu visto morire in mare per dissanguamento.

Il tenente pilota Paolo Manfredi, che si trovava imbarcato sul cacciatorpediniere capo scorta Maestrale per coordinare l'attivita delle scorte aeree, in una relazione inviata al Comandante dell' Aeronautica della Sicilia, generale di squadra aerea Renato Mazzucco, scrisse che l'attacco contro il convoglio "Beta" ebbe inizio approssimativamente con salve contemporanea al convoglio e alla scorta sparate dai 90° ai 110° a ponente rispetto al convoglio, e rispetto ai punti cardinali fra i 270° e i 290°, ed a circa 6000/7000 metri di distanza. Egli affermo che La manovra di attacco della Forza K fu rapida e tempestiva, e nel contempo agevolata dalla copertura bassa e parziale del cielo a ponente (direttrice di attacco), e dalla luna a circa 40°/45° sull'orizzonte a levante, a cui andavano Aggiunti i numerosi razzi illuminati lanciati dalle navi attaccanti alle quote di 600/1000 metri, che fecero pensare, nel primo momento, ad un attacco aereo (112).

Ne consegui che i piroscafi, ritenendo di essere attaccati dal cielo, e in particolare da aerosiluranti, aumentarono la confusione aprendo il fuoco con le armi contraeree, e quindi tardarono a sparpagliarsi prima di rendersi conto dell'insidia fatale, che porto alla rapida eliminazione di tutte le navi da carico e di due terzi della scorta.

Il fatto che tutti i piroscafi fossero rimasti, immobilizzati nello spazio di pochi minuti, dette agli inglesi l'impressione che il convoglio italiano non avesse fatto alcun tentativo di diradarsi . Lo stesso capitano di vascello Agnew ritenne che le navi mercantili stessero attendendo il loro turno per essere distrutte.

Da una relazione di un superstite della Conte di Misurata si apprende che i primi piroscafi ad essere colpiti furono il Maritza e il Sagitta, i quali si trovavano sulla dritta del convoglio. Il comandante del Conte di Misurata, capitano Mario Penco, nel tentativo di disimpegnarsi, ordino di mettere la poppa al fuoco nemico e di aumentare al massimo la velocita. Dopo pochi minuti due bengala illuminarono il convoglio, ed uno di essi fu visto scendere lentamente proprio sulla nave cisterna, che fu subito inquadrata da salve d'artiglieria, restando colpita alla linea di galleggiamento e al fumaiolo per poi arrestarsi in fiamme.

La nave britannica che tra le 11.10 e le 01.15 aveva portato a termine l'azione contro la cisterna era l'incrociatore Aurora, il quale, dopo aver incendiato il piroscafo Rina Corrado e poi la Conte di Misurata, continuando la sua opera di distruzione, apri il fuoco sulla cisterna Minatitland, che fu centrata con salve dirette dall'ausilio del radar tipo 284.

Nelle condizioni di completa sorpresa in cui si verifico l'attacco delle navi britanniche, caratterizzato da un tiro estremamente preciso, la relazione dei cacciatorpediniere italiane della scorta del convoglio si dimostro tardiva e insufficiente; anche perchè, come abbiamo visto, due unita sulle sei che componevano la squadriglia Maestrale, restarono subito immobilizzate fin dai primi colpi. Ne consegui che il Fulmine ando a fondo, mentre il Grecale (capitano di fregata Giovanni di Groppello), raggiunto da otto granate da 120 e da 152 dell'Aurora rimase senza acqua, ebbe ventitre morti, trentacinque feriti gravi e ventuno feriti leggeri. In tali condizioni questo cacciatorpediniere, prima di arrestarsi restando immobilizzato, non potè condurre a fondo le manovre per attaccare col siluro, per due volte iniziate.

 

Da quanto ho scritto, dopo aver consultato tutta la disponibile documentazione italiana e britannica, appare senza ombra di dubbio che l'avvistamento del convoglio "Duisburg" avvenne esclusivamente con i binocoli, mentre invece il radar servi alle navi britanniche soltanto in ausilio alle apparecchiature ottiche, in particolare ai telemetri delle Direzioni del Tito.

 

Sull'azione a fuoco della 3^ Divisione dell'ammiraglio Brivonesi ho gia avuto modo di parlare in questo "Betasom".

 

Francesco Mattesini

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La ringrazio , il suo saggio è apparso sul " Bollettino d' Archivio della MMI " ?

 

 

 

certoo che la vigilanza notturna sulle nostre navi non doveva essere al top :s05:

riguardo ai binocoli usati dagli inglesi ( superiori ai nostri a quanto si dice ) non si comprende come mai la nostra intelligence non fosse riuscita a procurarsene qualche esemplare nel periodo prebellico , in fin dei conti si trattava di oggetti di piccole dimensioni facili da asportare .

Se non si riusciva a sottrarli agli inglesi potevamo chiederli ai tedeschi che avevano un industria ottica di buon livello

Booh :s06:

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Visitatore Mattesini

In effetti, appena i nostri sommergibili arrivarono a Bordeaux, una delle prime richieste fatte ai tedeschi fu quella della cessione di binocoli "Zais", dal momento che era apparso subito palese che una delle nostre maggiori deficienze negli avvistamenti notturni riguardava la mancanza di adeguati strumenti a grande luce.

 

L'ammiraglio Donit cedette inizialmente un certo numero di binocoli, con i quali fu possibile assegnarne quattro ad ogni sommergibile in modo che ne fosse fornito almeno il personale delle vedette in torretta.

 

Successivamente tutti i nostri sommergibili operanti in Atlantico ebbero abbondantemente in datazione gli Zais. Per le nostre unità operanti nel Mediterraneo non mancavano soltanto gli Zais, ma le nostre navi difettavano soprattutto di efficaci tellemetri a grande luce notturna. Ed era con questi strumenti, ma anche con l'attiva vigilanza e con un efficace addestramento, che si potevano contrastare efficacemente gli attacchi notturni delle navi nemiche ai nostri convogli e alle nostre formazioni navali.

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Non mi stavo riferendo a sistemi di controllo del tiro,bensì ai radar di scoperta,come dici giustamente tu riferndoti alla Graf Spee che ne era provvista tali sistemi spesso(la tecnologia era agli albori)erano inefficaci.

Non sto usando una scusa di comodo contro la nostra marina,solo che le più grandi marine belligeranti adottarono i radar(di scoperta) sulle loro unità maggiori e la nostra non lo fece perchè i vertici della marina semplicemente non credevano in tale tecnologia.

:s02:

 

Mi sono spiegato male.

Il radar era più preciso dei cannoni e non viceversa.

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avevano tolleranze dimensionali (peso, calibro, lunghezza ecc.) nell'ordine dell'1%; su una salva di tre colpi avremmo potuto avere:

- un 381, un 383 e un 377 mm

 

A parte il fatto che 381+4=385 e non 383: nemmeno la più scalcinata officina di provincia di un paese del Quarto Mondo avrebbe avuto problemi a realizzare un semilavorato metallico a forma di proiettile con una tolleranza inferiore all'1% sul diametro.

 

La tolleranza era sul peso del blocco metallico (NON del proiettile).

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Rinnovo l'invito a Mattesini ad evitare commenti sui colleghi, specialmente quando poco lusingeri ed impossibilitati a rispondere perche non frequentatori di questo forum.

 

per quanto riguarda i binocoli sono certo che sia un errore di battitura (anche se molto frequente): i binocoli erano della Karl Zeiss di Jena.

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Iachino scrisse che con proiettili del genere il colpire qualcosa era in buona parte merito della fortuna .

Ma possibile che durante gli anni venti e trenta nessuno si mosse per risolvere il problema ???

Ho letto che durante la crisi italo- britannica dovuta alla guerra d' Etiopia ( 1935 /36 ) nell ambito della Regia Marina si penso'di affrontare le corazzate inglesi con i nostri incrociatori pesanti .

Per riuscire a danneggiare le corazze nemiche con i nostri pezzi da 203 mm si ipotizzo 'di sparare a grande distanza dal nemico in modo tale che l angolo d ' impatto dei nostri colpi sui ponti delle corazzate britanniche fosse tale da perforarli .

Ma con proiettili cosi' " balordi " come si sperava di poter colpire qualcosa a distanza elevata ?

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Buona serata a tutti..

 

non vorrei infilarmi in un prunaio, come dicono in Maremma ma.. la dispersione delle salve non era data da errori nelle tolleranze del peso dei proietti in quanto tali ma da errori nelle tolleranze nella confezione delle cariche di lancio che, nelle artiglierie di grosso calibro, consistevano in "elementi" (sacchetti di cordite/balistite/solenite e simili).

Le cariche erano studiate allo scopo di raggiungere, anche in maniera esasperata, le massime velocità iniziali e di conseguenza le massime gittate sia pur a scapito della precisione.

Allo stesso tempo i pezzi erano ottimizzati per lo stesso scopo, ovvero per raggiungere le massime velocità iniziali. Addirittura un premio per ogni metro al secondo di V iniziale era concesso ai costruttori..

 

A questo scopo è interessante vedere come si non si ebbero problemi con i pezzi di pb austro-ungarica e tedesca finchè essi ebbero il loro munizionamento originale.

 

 

 

Un caro saluto

:s02:

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Per quanto ne so io, i 149 di Ancona, Bari e Taranto avevano una precisione di tiro (dispersione della salva) del tutto sconosciuta sui ns. 152; questo fino a qundo si utilizzarono proietti e cariche austro-tedesche.

 

Ovviamente nelle caratteristiche dimensionali dei ns. 381 ho esagerato per quanto riguarda le tolleranze sul diametro (un cannone da 381 farebbe fatica a sparare un 382, figuriamoci un 385!); comunque problemi dimensionali c'erano anche sui proietti e non solo sulle cariche di lancio (sopratutto di peso).

 

Mino

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Per quanto ne so io, i 149 di Ancona, Bari e Taranto avevano una precisione di tiro (dispersione della salva) del tutto sconosciuta sui ns. 152; questo fino a qundo si utilizzarono proietti e cariche austro-tedesche.

 

E' solo una leggenda metropolitana (pur se riportata su enne libri).

 

In realtà, è vero il contrario: i nuovi proiettili italiani erano più precisi dei vecchi proiettili tedeschi.

 

Leggasi Giuliano Colliva, Questioni di Tiro... e altre, in Bollettino d'Archivio USMM non-ricordo-più-di-che-anno.

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Visitatore Mattesini

L'ammiraglio Iachino, nel suo libro "Tramonto di una grande Marina", partendo dal concetto che "durante la prima guerra mondiale, era stato notato che le salve delle navi inglesi, francesi e austriache erano sempre assai folte, e avevano una dispersione assai inferiore alla nostra", ha specificato:

 

"Alla fine della prima guerra mondiale, avendo incorporato in Marina alcune unità nemiche, sperimentammo a lungo i cannoni di costruzione germanica e austriaca col loro munizionamento originale, rilevando una precisione di tiro assai superiore ai nostri cannoni di ugual calibro. Ma, quando poi fu impiegato sulle stesse artiglierie straniere il nuovo munizionamento costruito in Italia, si presentò di nuovo il fenomeno delle grandi dispersioni, perchè le nostre norme regolamentari per il collaudo delle munizioni erano assai meno rigorose di quelle in uso nelle Marine estere".

Modificato da Mattesini
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Il mio intervento in merito alle artiglierie di pb era riferito proprio a quanto riportato sopra da Mattesini.

La varia bibliografia in merito tende a confermarlo (vedi varie opere del Com.nte Bagnasco) e quanto riportato da Davide Pastore non mi risulta anche perchè, purtroppo, il bollettino d'archivio non ha grande diffusione come meriterebbe: varrebbe la pena approfondire, se possibile!

 

Un caro saluto

:s02:

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Non è che si può recuperare almeno il riferimento di quel numero del bollettino d'archivio? Penso sarebbe costruttivo..

Ho fotocopiato l'articolo, ma nelle pagine non ci sono riferimenti nè al numero nè all'anno. E non ho pensato di prenderne nota.

 

 

Io potrei riportarlo.

Mi fa piacere: cominciavo a pensare di essermi inventato tutto.

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Visitatore Mattesini

Giuliano Colliva. "Questioni di tiro... e altre. Le esercitazioni di tiro della Marina italiana e le artiglierie degli altri paesi", Bollettino d'Archivio dell'Ufficio Storico della Marina Militare, Settembre e Dicembre 2003, marzo 2004.

Modificato da Mattesini
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Ecco un estretto dalle pagine 16 e 17 dell'articolo citato.

 

6kyhv2g.jpg

 

Mio commento: io all'epoca non c'ero, e credo nemmeno voi, per cui sono le parole di Colliva contro quelle di Fioravanzo, Iachino & C (riprese e ripetute verbatim da due generazioni di scrittori).

 

Siccome però le suddette due generazioni si limitano a dire "i tal proiettili andavano dieci volte peggio, perchè Ipse Dixit, punto", mentre Colliva per lo meno offre dei riferimenti (riferimenti che io non ho mai visto negli scritti della controparte), il mio parere personale favorisce quest'ultimo.

 

P.S. è ben vero che Colliva può offrire dei numeri solo nel caso dei 100 ex austriaci, non dei 149 ex-tedeschi. Per cui potrebbe darsi la possibilità che i cannoni austriaci facessero schifo mentre quelli tedeschi fossero fantastici. Ma considerando la fama della Skoda, io tendo ad escluderlo.

Modificato da Davide Pastore
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Ecco un estretto dalle pagine 16 e 17 dell'articolo citato.

 

6kyhv2g.jpg

 

Mio commento: io all'epoca non c'ero, e credo nemmeno voi, per cui sono le parole di Colliva contro quelle di Fioravanzo, Iachino & C (riprese e ripetute verbatim da due generazioni di scrittori).

 

Siccome però le suddette due generazioni si limitano a dire "i tal proiettili andavano dieci volte peggio, perchè Ipse Dixit, punto", mentre Colliva per lo meno offre dei riferimenti (riferimenti che io non ho mai visto negli scritti della controparte), il mio parere personale favorisce quest'ultimo.

 

P.S. è ben vero che Colliva può offrire dei numeri solo nel caso dei 100 ex austriaci, non dei 149 ex-tedeschi. Per cui potrebbe darsi la possibilità che i cannoni austriaci facessero schifo mentre quelli tedeschi fossero fantastici. Ma considerando la fama della Skoda, io tendo ad escluderlo.

 

Quindi l'elevata dispersione dei colpi italiani più volte riportata dalla Royal Navy da cosa dipende? Tutta colpa del ricalibramento?

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Quindi l'elevata dispersione dei colpi italiani più volte riportata dalla Royal Navy da cosa dipende? Tutta colpa del ricalibramento?

 

Sempre secondo il citato articolo (please non fatemelo digitalizzare tutto) la radice del problema sta nella radicata abitudine di quasi tutti gli ammiragli italiani nel 1) aprire il fuoco alla massima distanza, 2) mantenere tale massima distanza il più a lungo possibile, evitando di stringere le distanze per non farsi troppo male.

 

L'eccezione alla regola essendo Da Zara a Mezzo Giugno, azione che infatti nella nostra pubblicistica viene generalmente etichettata come fuori dal comune mentre invece in quasi tutte le altre marine del mondo rappresentava la normalità.

 

P.S. mi pare di averti già scritto le stesse cose su ICSM :s02:

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