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Ot: El Alamein, Il Ricordo Di Un Eroica Sconfitta


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Intervista a Pasquale De Rosa, uno degli ultimi reduci della mitica battaglia

di Marcello Adam

 

 

Si incontreranno ad El Alamein, un piccolo villaggio situato sulla costa mediterranea nella parte più interna del Golfo Arabico, dove sessantadue anni fa (il 23 ottobre) si svolse una delle più cruente battaglie della campagna del nord Africa durante la Seconda Guerra Mondiale.

 

Si ritroveranno, come ogni anno, reduci Italiani, Tedeschi, Inglesi , Australiani e Sudafricani a ricordare quelle giornate in cui si affrontarono da nemici senza esclusione di colpi e senza alcuna pietà; e a commemorare da amici i loro commilitoni che non ebbero la fortuna di ritornare vivi a casa.

 

In questa occasione non si distinguono i vincitori dai vinti; il tempo ha ormai seppellito odi e contrasti del passato, lasciando solo ricordi, molto spesso vaghi e scoloriti, di persone avanti nell’età che sanno di aver vissuto in quei luoghi momenti importanti della storia del Novecento.

 

Il nostro intento non è di dare un contributo storico scientifico alla ricostruzione della battaglia di El Alamein, ma di rappresentare attraverso la diretta testimonianza di un reduce, la dura realtà della guerra e in modo particolare della battaglia di El Alamein fatta di atti eroici ma soprattutto di morte e disperazione.

 

Abbiamo incontrato il signor Pasquale de Rosa nella sua casa alle porte di Roma, dove vive con la sua famiglia. Nonostante l’età avanzata e qualche acciacco, ha deciso di affrontare il lungo viaggio per El Alamein con l’entusiasmo di un ventenne. Al punto che l’imminente partenza non gli impedisce di dedicarci un intero pomeriggio per raccontare la sua storia.

 

D - Signor De Rosa quando arrivò in Africa?

R - Sbarcai a Tripoli alla fine del mese di marzo del 1941 a soli ventidue anni con il 61mo Reggimento Fanteria Motorizzata della Divisione Trento. Ero il sergente maggiore responsabile dei collegamenti radio con i nostri aerei ricognitori. L’arrivo in Africa fu a dir poco scioccante. La nostra divisione infatti proveniva direttamente dal fronte occidentale del Nord Italia. E con le divise invernali i primi giorni fu un vero inferno per il caldo.

 

D - Il cosiddetto battesimo del fuoco?

R - Pochi giorni dopo. Il periodo di acclimatazione fu infatti molto breve; venimmo spediti immediatamente in prima linea presso El Agheila . Con l’appoggio aereo degli Strukas tedeschi e insieme alla divisione Bologna attaccammo con successo le linee inglesi.

 

D - E nei mesi successivi?

R - Si susseguirono avanzate e ripiegamenti, vittorie e sconfitte. Ma fin dall’inizio della campagna non si ricevettero più dalle retrovie rifornimenti di cibo, armi e benzina . Le navi che provenivano dall’Italia venivano intercettate e affondate dai sommergibili Inglesi che incrociavano nelle acque del Mediterraneo. Ben presto fummo costretti a prendere i fucili e le munizioni degli inglesi uccisi o fatti prigionieri per poter continuare a combattere. Si soffriva la fame e iL clima del deserto non rendeva le cose più facili; la presenza di forti escursioni termiche, tipiche di quelle zone fra il giorno e la notte, pregiudicò spesso la salute di molti di noi. Scabbia, pidocchi, problemi intestinali furono all’ordine del giorno fra la truppa

 

D - E con gli alleati tedeschi?

R - I rapporti non furono buoni. Erano già venuti in nostro soccorso alla fine del 1940 dopo la disfatta delle nostre truppe comandate dal generale Rodolfo Graziani e ci consideravano pertanto incapaci e poco coraggiosi. Le loro truppe erano meglio organizzate anche perché riuscivano ad avere costantemente viveri e rifornimenti, che si guardavano bene dal dividere con noi. Mi ricordo che una volta alcuni soldati tedeschi ci provocarono gridando che stavano mangiando aranci della Sicilia e mele del Trentino. Ne scaturì una vera e propria battaglia che portò alla morte di alcuni soldati tedeschi e fece infuriare persino il generale Rommel.

 

D - Era difficile combattere in questa situazione?

R - Quasi impossibile. E nonostante ci trovassimo costantemente in inferiorità sia numerica che di armamenti, riuscimmo ad ottenere molte vittorie , come a Solum, contro le truppe australiane e a Tobruck contro gli inglesi, dimostrando sia nelle vittorie che nelle sconfitte un indomito coraggio.

 

D - E ad El Alamein che cosa successe?

R - La piana di El Alamein era l’estrema difesa di Alessandria da parte degli inglesi. Concentrarono il maggior numero di truppe possibile nella zona facendole arrivare dal Canale di Suez . L’Ottava armata era più forte che mai: contava di circa 220 mila soldati da ogni paese dell’impero britannico, e 1100 carri armati di cui 270 erano i formidabili Sherman americani, con l’appoggio dell’aviazione. Le forze dell’asse invece erano in una situazione quasi disperata: poterono contrapporre solo 100 mila uomini male armati e affamati e 200 carri armati dei quali soltanto 30 erano dei Mark IV, gli unici in grado di contrastare gli Sherman, con l’assenza quasi completa dell’aviazione. E per quanto riguarda i cannoni il rapporto fu di uno dell’Asse contro i sette inglesi.

 

D - Quando inizio l’attacco inglese?

R - Le prime schermaglie iniziarono verso metà ottobre. L’attacco vero è proprio fu scatenato la sera del 23 in una notte di luna piena proprio nella zona nord del campo di battaglia presieduta dalla mia divisione, la ‘Trento’. Eravamo il punto debole dello schieramento italo-tedesco: male armati e provati dalla fame e dalla fatica. Venimmo investiti da un incredibile quanto spaventoso cannoneggiamento da parte dell’artiglieria inglese. I mille cannoni di Montgomery aprirono il fuoco simultaneamente concentrando e distruggendo le nostre postazioni di artiglieria. Immediatamente dopo iniziò l’azione della fanteria. Nonostante l’inferiorità numerica e di armamenti resistemmo con coraggio e accanimento per tutta la notte, dovendo poi ripiegare di fronte allo strapotere delle forze alleate.

 

D - E dopo questo primo attacco?

R - Le forze inglesi sfondarono il nostro schieramento. I resti della divisione ‘Trento’ furono costrette in pochi giorni a ripiegare verso Fuka, località ad una decina di chilometri dalla prima linea. E il 4 novembre venimmo catturati dal contingente Australiano e portati nei campi di prigionia in Palestina. L’unica consolazione di quei tristi giorni, prima della cattura, furono le parole del generale Rommel: aggirandosi fra truppe ormai sfinite dalla lunga battaglia ci si avvicinò, riconoscendo che noi italiani eravamo stati dei soldati valorosi quanto i tedeschi.

 

....

 

 

Aggiungo io...

 

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Ad El Alamein la maggior parte dei carri armati dell Asse era rappresentata da M13 ed M14(pressocche' identici ,cannone da 47 mm,velocita' max 30 km /h,corazzatura max 40 mm).

Questo tipo di carro armato italiano era' piu' lento,meno protetto e decisamente peggio armato degli Sherman.....

Combattere su un aggeggio simile ad El Alamein era un suicidio :s05:

Nel corso della guerra in africa gli inglesi usarono diversi modelli di carri armati,sempre piu' moderni :Matilda,A13,Crusader,Stuart,Valentine,Grant,Sherman,etc

Noi invece sempre sempre gli stessi ...........

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