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65 Militari Della Rsi Al Campo Della Memoria


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Scusami Marco ma una sentenza, per di più di un tribunale militare ora come non mai nell'occhio del ciclone della giustizia, non è testimonianza molto utile se si vuole riflettere obbiettivamente.

 

 

Obbiettivamente?

 

La storia e obbiettiva nei confronti di questi Uomini?

 

Prendila come vuoi, penso che molti non conoscano il testo sopra riportato e visto che citi la legge nuova e SACROSANTA, riporto quanto accaduto in aula.

 

DISEGNO DI LEGGE

 

Art. 1.

 

1. I soldati, i sottufficiali e gli ufficiali che prestarono servizio nella Repubblica sociale italiana (RSI) sono considerati a tutti gli effetti militari belligeranti, equiparati a quanti prestarono servizio nei diversi eserciti dei Paesi tra loro in conflitto durante la seconda guerra mondiale.

 

Art. 2.

 

1. I Distretti militari provvedono, ai sensi della presente legge, ad annotare sui fogli matricolari dei soggetti di cui all’articolo 1 il relativo servizio prestato, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

2. La presente legge non presenta oneri a carico della finanza pubblica.

 

EccoVi la relativa discussione in Aula:

 

Onorevoli Senatori. – La sentenza del 26 aprile 1954 n. 747 del Tribunale supremo militare, riconosceva ai soldati della Repubblica sociale italiana (RSI) la qualifica di militari combattenti, al di là del fatto che dopo l’8 settembre il Governo legittimo fosse quello del Sud, e che il Governo della RSI «fosse soltanto un Governo di fatto privo di legittimità», ma con tutte le caratteristiche di Governo operante sul territorio sottoposto alla sua sovranità effettiva. La sentenza richiamata analizzava attentamente la situazione venutasi a creare in Italia all’indomani dell’8 settembre e della successiva proclamazione della RSI datata 23 settembre 1943, affermando che: «quando vuol darsi una definizione giuridica di una organizzazione insurrezionale è, pertanto, necessario non solo prendere in esame il suo ordinamento giuridico e la sua sfera di autonomia nel territorio ad essa soggetto, ma guardare altresì detta organizzazione al cospetto degli altri Stati, con particolare riferimento al Governo legittimo. Se lo Stato nazionale domina, nonostante l’insurrezione, la situazione che si è creata, e ha la possibilità e la capacità di esaurirla in breve termine, allora può discutersi e forse anche negarsi l’esistenza di un Governo di fatto insurrezionale. Ma quando tale capacità non esiste, quando il Governo legittimo è addirittura alla mercé del nemico, e l’autorità del Governo insurrezionale si consolida nei suoi ordinamenti, e la sua vita è di non breve durata, allora non è più possibile negare a quest’ultimo il carattere di un Governo di fatto, secondo i principi comunemente accolti nella dottrina internazionalistica.

 

Pertanto deve concludersi che la Repubblica sociale italiana era retta da un Governo di fatto dalla quale nozione scaturiscono le conseguenze giuridiche che tra breve saranno esaminate». Una di queste conseguenze logiche e giuridiche è il riconoscimento della qualifica di militari belligeranti della RSI.

Per ulteriore chiarezza si vuole ricordare il contenuto di un documento proveniente dal Ministero della Guerra datato 30 maggio 1945 dal quale risulta a chiare lettere lo status di militari belligeranti di quanti appartennero alle forze armate della RSI.

Trattasi della circolare del gabinetto del Ministro della guerra, datata appunto 30 maggio 1945, n. 112644/I.1, con la quale si comunica allo stato maggiore, ai vari comiliter ed alle altre autorità militari italiane che «per disposizione del quartier generale forze armate (AFHQ) coloro che appartennero at formazioni militari pseudo repubblica fascista sono da considerarsi prigionieri di guerra delle forze armate alleate ed pertanto ovunque catturati virg. dovranno essere consegnati al più vicino centro americano od inglese di prigionieri di guerra alt quanto sopra per norma e conseguenti disposizioni enti dipendenti alt Ministro della Guerra Casati. Il Capo di Gabinetto f.to Col. Luigi Lombardi».

La circolare è chiarissima. Ribadita la illegittimità della pseudo repubblica fascista, coloro che appartennero alle formazioni militari della RSI furono subito considerati prigionieri di guerra degli alleati, da internarsi nei campi di concentramento (Modena, Coltano ecc.).

La circolare è altresì importante perché emanata dal Ministro italiano della guerra del Governo legittimo, e quindi assunta per decisione unanime degli alleati dei quali l’Italia era cobelligerante.

Tornando alla sentenza del Tribunale supremo militare, presidente Buoncompagni, relatore Ciardi, a seguito di ricorso di alcuni ufficiali della «Legione Tagliamento» ricorrenti contro la sentenza del Tribunale militare di Milano, che aveva tra l’altro negato che la RSI avesse costituito un Governo di fatto e che pertanto, i suoi ordini potessero ritenersi legittimi, si riportano alcuni brani della motivazione in ordine al problema relativo al fatto che i combattenti della RSI dovessero ritenersi belligeranti: «Per esaminare a fondo il problema occorre rifarsi all’origine della belligeranza.

Quanto fu pubblicato l’armistizio dell’8 settembre 1943, una parte delle forze armate italiane non lo accettò e proseguì nelle ostilità contro il nemico, e, cioè contro gli alleati che avevano messo piede in Italia.

Indubbiamente i comandanti dei reparti che non obbedirono agli ordini del Governo legittimo violarono la norma di cui all’articolo 168 codice penale militare di guerra, con cui si punisce l’arbitrario prolungamento delle ostilità. Questo fatto non sopprimeva, di fronte agli alleati, la qualità di belligeranti che spettava a tutti i combattenti; di fronte agli angloamericani e loro alleati, tuttora nemici, anche in clima di armistizio, non potevano i combattenti italiani – sia pure ribelli agli ordini del supremo comando italiano – perdere il loro carattere di belligeranti, così come è stabilito nelle convenzioni internazionali e come è comunemente accettato. Mai è avvenuto nella storia di tutte le guerre, di negare tale caratteristica alle truppe che non accettano la resa. Colpevoli i combattenti che non obbedirono agli ordini del Re, di fronte allo Stato italiano, ma sempre soldati e belligeranti di fronte al nemico. I combattenti che non si arresero ritennero di dover mantenere fede all’alleato tedesco e fronteggiarono a viso aperto l’avversario, venendo dal medesimo fino all’ultimo trattati come combattenti e come belligeranti.

L’art. 40 del citato regolamento annesso alla Convenzione dell’Aja dichiara che ogni grave infrazione dell’armistizio, commessa da una delle parti, dà diritto all’altra di denunciare e, in caso di urgenza, anche di riprendere immediatamente le ostilità. Nella specie che ci occupa non ci fu infrazione da parte dello Stato italiano, ma solo da parte di considerevoli unità di terra, di mare e dell’aria. Ed allora il conflitto non ebbe a cessare: gli alleati fronteggiarono ugualmente truppe tedesche e italiane e solo più tardi, molto stentatamente, si attuò la cobelligeranza coi reparti regolari italiani, fiancheggiati dalle formazioni partigiane. Ciò appartiene alla storia.

Non può, pertanto, negarsi, alla stregua dell’art. 40 suddetto, che gli appartenenti alle forze armate della RSI abbiano conservato la qualità di belligeranti, né è possibile concepire che tali forze avessero detta caratteristica solo di fronte agli alleati e non al cospetto dei cobelligeranti italiani.

Ecco come si spiega il trattamento di prigionieri di guerra concesso dagli alleati – d’accordo col Governo legittimo italiano – ai militari delle forze armate della Repubblica sociale italiana sin dai primi mesi del 1944. Ciò vale a smentire quelle teorie unilaterali che, ormai, sono del tutto superate, con cui si vuole negare il carattere di belligeranti ai combattenti della Repubblica sociale italiana, argomentando in maniera erronea e fallace, in base alle norme della legislazione italiana postfascista, che, come si è rilevato, non ha, sotto il profilo del diritto internazionale, alcuna veste e alcuna autorità al riguardo.

Belligeranti, dunque, erano i combattenti del centro-nord, anche se ribelli o insorti e, quindi, punibili secondo il diritto interno in base allo svolgimento di regolari giudizi. Ma pure da un altro punto di vista si conferma la tesi su esposta. Accertato che la Repubblica sociale italiana concretava un Governo di fatto, soggetto di diritto internazionale, entro certi limiti, non poteva, sotto questo riflesso, negarsi ai suoi combattenti la qualifica di belligeranti.

Anche a voler considerare, per dannata ipotesi come fa la sentenza impugnata, i reparti della Repubblica sociale italiana quali milizie alle dipendenze del tedesco invasore, egualmente dovrebbe ad essi riconoscersi la qualità di belligeranti, perché comandati da capi responsabili, portavano segni distintivi e riconoscibili a distanza, apertamente le armi, e si conformavano, per quanto era possibile, nei confronti dell’avversario belligerante, alle leggi e agli usi di guerra (i partigiani non erano belligeranti, come si vedrà in seguito); né può far velo a tale soluzione giuridica la caratteristica insurrezionale di tali reparti, poiché l’art. 1 della Convenzione dell’Aja non fa distinzioni di sorta. D’altronde l’interpretazione pressoché autentica, di questi princìpi è fornita dall’articolo 4 della Convenzione di Ginevra, 8 dicembre 1949, relativa al trattamento dei prigionieri di guerra, convenzione che ha reso normativo quello che già era accettato nell’attuazione pratica del diritto internazionale bellico.

Infatti il n. 2 del detto art. 4, prendendo evidentemente le mosse dall’articolo 3 del Regolamento annesso alla Convenzione dell’Aja, il quale dichiara che gli appartenenti alle forze armate delle parti belligeranti hanno diritto, in caso di cattura, al trattamento di prigionieri di guerra, precisa che sono prigionieri di guerra i membri delle altre milizie e i membri degli altri corpi volontari, ivi compresi quelli di resistenza organizzati, appartenenti ad una parte in conflitto e agenti fuori e all’interno del loro territorio, anche se questo territorio è occupato, purché queste milizie o corpi volontari, ivi compresi i movimenti di resistenza organizzati, adempiano le condizioni seguenti:

 

a) avere a capo una persona responsabile per i suoi subordinati;

 

b) avere un segno distintivo fisso e riconoscibile a distanza;

c) portare apertamente le armi;

d) conformarsi, nelle loro operazioni, alle leggi e agli usi di guerra.

 

Questi princìpi erano stati già applicati durante la guerra, tant’è che gli alleati ottennero dalla Germania il trattamento di legittimi combattenti alle formazioni della “Francia libera“ del Generale De Gaulle, nonostante la resa dello Stato francese.

 

L’impugnata sentenza tratta in modo troppo semplicistico il problema della belligeranza, considerando l’organizzazione militare della Repubblica sociale italiana come “rivolta alla ribellione contro lo Stato legittimo, e quindi non aventi alcun valore le norme, gli ordini, i vincoli di subordinazione e i poteri gerarchici da essa emanati“.

Pertanto, rifacendosi solo al diritto interno, negando la caratteristica di Governo di fatto alla Repubblica sociale italiana, che perfino il Pubblico ministero aveva riconosciuto con serena obiettività e profondità di argomentazioni – pur non traendone le necessarie conseguenze – ha finito col non ritenere la belligeranza degli avversari, per potere, in prosieguo di motivazione, trattare soltanto da ribelli i combattenti della Repubblica suddetta, ed escludere, quindi, le fondamentali discriminanti dell’adempimento del dovere e dello stato di necessità di cui si dirà in seguito. In tal modo, disavvenendo a tutte le norme in materia, si perpetua una particolare valutazione dei fatti che, se era spiegabile nei primi dolorosi anni del dopoguerra, oggi non può essere consentita, nel clima dell’auspicata pacificazione e delle sopite passioni politiche, e nell’austera applicazione del puro diritto».

Eravamo nel 1954.

Prosegue la sentenza affermando che «la storia dirà un giorno – e la cronaca già si sofferma su questo punto – se i gerarchi della Repubblica sociale italiana si opposero, con i mezzi a loro disposizione, ai piani del tedesco, e se mirarono – sia pure ponendosi contro il Governo legittimo – al solo bene dell’Italia, quale essi lo ritennero. Certo è che, nella disamina delle responsabilità occorre avere presenti i proposti quesiti in tema di dolo, al fine di accertare quale fu il movente e quale lo scopo per cui si attuò, nei singoli casi, la collaborazione. La suprema Corte di Cassazione, dopo una prima rigorosa giurisprudenza, che risentiva del clima in cui ebbe a formarsi, ha, sin dal primo semestre del 1947, discusso e ammesso la possibilità, nella soggetta materia, delle discriminanti dell’adempimento del dovere e dello stato di necessità. Per lo contrario l’impugnata sentenza ha, con criterio unilaterale, come si è superiormente rilevato, ritenuto che l’organizzazione militare della Repubblica sociale italiana era rivolta alla ribellione contro lo Stato legittimo, donde nessun valore poteva attribuirsi alle norme, agli ordini, ai vincoli di subordinazione e ai poteri gerarchici che da essa promanavano.

All’uopo la sentenza ricorda che, secondo la legge sulle sanzioni contro il fascismo, deve parlarsi di “sedicente Repubblica sociale italiana“ e che tale appellativo è sintomatico per la soluzione della questione.

Deve in proposito, rilevarsi che il termine “sedicente“ intende contrapporre tale Repubblica allo Stato italiano legittimo; essa fu solo “sedicente“, perché non ebbe il pieno riconoscimento internazionale, né si sostituì allo Stato legittimo. Queste locuzioni “Stato di diritto“, “Stato legittimo“, non rispondono pienamente alla terminologia del linguaggio tecnico-giuridico, ma sono utilmente adottate per significare che non si tratta di uno Stato di fatto (altra locuzione praticamente utile), ma dell’unico, vero, legittimo Stato. Con tali argomenti il giudice di merito ha posto il veto e ha risolto ogni premessa per la discussione e l’ammissibilità delle discriminanti parole. È mai possibile che, in tal modo, siano annullati i princìpi posti dal codice penale e dai codici penali militari, da ogni legislazione civile, dichiarando in blocco inapplicabili tali cause di esclusione?

In definitiva, quando la resistenza e l’insurrezione armata assume, in grande stile, forme di organismo militare vero e proprio, quando non si tratta di una ribellione di pochi, ma di imponenti masse, è ovvio che, nei limiti consentiti e in omaggio alle esigenze dell’umanità i Governi di fatto non possono essere trattati senz’altro come Governi aventi giurisdizione su un’accolita di ribelli e di fuori legge, ché altrimenti, accertata l’originaria e libera volontà di porsi agli ordini della Repubblica sociale italiana, risulterebbe imponente il numero dei colpevoli di collaborazionismo, sia pure beneficiati di amnistia: in questa ipotesi la delinquenza politica si sarebbe palesata come generalità di vita vissuta da centinaia di migliaia di uomini e non come eccezione; il che non può essere, perché è l’eccezione che delinque e non la generalità. D’altronde, come può oggi parlarsi più di una accozzaglia di ribelli, quando la Convenzione di Ginevra ha inteso proprio tutelare i movimenti di resistenza organizzata, come sopra detto?

Più che dall’essere la Repubblica sociale italiana un Governo di fatto, le discriminanti in questione traggono origine dalla riconosciuta qualità di belligeranti ai combattenti della Repubblica suddetta. Si comprende che, negata loro tale qualità, ne deriva che essi fossero un’accozzaglia di ribelli, di traditori e di banditi, nonostante che imponente fosse il numero dei reparti, degli ufficiali, dei decorati che non vollero deporre le armi; ammessa, invece, tale qualifica nell’indiscutibile spirito delle Convenzioni internazionali dell’Aja e di Ginevra, il problema delle cause discriminanti può e deve senz’altro essere posto e risolto.

Lo Stato italiano punisce i suoi sudditi, per l’opera collaborazionistica col tedesco invasore, ma nel contempo è innegabile, per le cose dette che occorre tenere presente l’inquadratura militare della Repubblica sociale italiana, delle gerarchie costituite, degli ordini emanati e della legge militare colà imperante (quella italiana), né può da un lato riconoscersi la belligeranza e da un altro negarsi l’esistenza di un ordinamento militare, fondato sull’obbedienza e sulla disciplina militare.

Ciò premesso, per la serena valutazione dei fatti occorre fissare il punto di partenza, che nella sfera dell’ordine psicologico, prende le mosse dall’armistizio dell’8 settembre 1943. Si è rilevato che, inizialmente, una parte delle forze armate italiane non volle accettare l’armistizio e proseguì nelle ostilità contro il nemico della guerra sino allora combattuta, intendendo mantenere fede all’alleato tedesco; le armi italiane non furono inizialmente rivolte contro i propri fratelli, e se scontri inizialmente vi furono tra reparti italiani e reparti italiani, più che altro si verificarono per la fatalità delle circostanze. I reparti che avevano seguito l’ordine del Governo legittimo pensarono soprattutto a fronteggiare il tedesco invasore e, purtroppo, avvenne l’inevitabile, per cui si trovarono di fronte figli della stessa grande Madre. In quei giorni nefasti il potere regio era pressoché annullato, e solo formalmente esisteva, come si è dianzi rilevato, la sovranità italiana. L’esercito era disperso e infranto, gli alleati apparivano vittoriosi, tutto cadeva in rovina e grande era il disorientamento delle coscienze. In tale confusione, nella carenza dei poteri costituzionali, il soldato, l’ufficiale italiano fu chiamato a risolvere il tragico quesito, se mantenere fede all’alleato o ubbidire al Governo del Re.

Quando si afferma la tesi della libertà di determinazione dei singoli nella scelta del fronte, si dimentica la tragica situazione cui si è fatto cenno, si oblia che la guerra fraterna non fu inizialmente voluta, ma fatalmente sorse dalla disfatta, che, comunque, tutti gli italiani, salvo pochi, amarono di sconfinato amore la loro Patria, anche errando; che, se si può parlare di collaborazionismo e di tradimento nel senso giuridico, non si può certo affermare che le centinaia di migliaia di soldati che rimasero al nord a combattere contro gli alleati e le truppe regie, fossero un’accozzaglia di traditori. Accettare e consacrare alla storia una tesi simile, significherebbe degradare la nostra razza, annullare il retaggio di gloria e di valore che ci lasciarono coloro che nella guerra immolarono la vita, creare al cospetto delle altre nazioni una leggenda che non torna ad onore del popolo italiano.

Ricostruita così la verità storica degli avvenimenti, non deve da tale ricostruzione trarsi la stolida illazione che non vi siano colpevoli, poiché non v’ha dubbio che debbono essere inesorabilmente colpiti coloro che agirono in malafede, eccedettero in faziosità, compirono azioni delittuose, crudeltà efferate ed innominabili sevizie.

Tutta l’antecedente esposizione deve servire solo ad obiettare e a serenamente apprezzare i fatti, a non porre senz’altro le premesse di una ribellione, libera nella determinazione e totalitaria nei delittuosi scopi, per cui si giunga inesorabilmente a colpire quanto non è giusto colpire, e si perpetuino i rancori, gli antagonismi, le inimicizie, allontanando la auspicata pacificazione, che non può essere attuata se non nel clima di una tranquillante giustizia.

L’impugnata sentenza ha ritenuto che l’errore di fatto in cui possono essere caduti taluni imputati, nel ritenere legittimi gli ordini provenienti dagli organi della Repubblica sociale italiana, sia inescusabile in quanto l’illegittimità di tale organismo è elemento di norme penali che quella illegittimità sanciscono. Ciò non è esatto, perché il dolo domina tutti gli estremi del reato, e alla sua ricerca non si sottrae neppure l’estremo della illegittimità.

Ma v’ha di più! La tesi del giudice di merito non può essere accolta. Una volta riconosciuto che la Repubblica sociale italiana costituiva un Governo di fatto e che i suoi combattenti dovevano essere considerati belligeranti, ne consegue che gli ordini impartiti dai superiori ai loro subordinati dovevano essere eseguiti. Non può far velo alla soluzione del quesito, che è di ordine strettamente giuridico, il carattere insurrezionale del Governo suddetto, per trarne l’illazione generica della illegittimità di tali ordini.

La legittimità o l’integrità non è in funzione della insurrezione, della ribellione al potere regio, ma va posta in relazione alla organizzazione politica e militare che si era costituita con il suo ordinamento giuridico, con le sue leggi, con le sue autorità. Se lo sbandamento delle coscienze e la fatalità degli eventi portò molti combattenti nei quadri militari della Repubblica sociale italiana, non è esatto parlare a priori di illegittimità degli ordini, e tanto meno escludere discriminanti putative se, per giustificabile errore, i soggetti ritennero di adempiere al loro dovere e di agire nello stato di necessità».

La citata sentenza del Tribunale supremo militare, della quale abbiamo riportato parte della motivazione che attiene al riconoscimento della qualifica di militari belligeranti dei soldati della RSI, non ha però evidenziato un’altra situazione del tutto peculiare. Alludiamo ai soldati di leva che risposero alla chiamata alle armi del «bando Graziani». Almeno la metà degli effettivi dell’esercito della RSI fu costituito da ragazzi di leva che furono posti di fronte all’alternativa dell’arruolamento o della renitenza alla leva, sanzionata con la pena di morte. La storiografia più recente ed anche la letteratura più attenta (da ultimo il libro di Giampaolo Pansa «I figli dell’aquila» e prima altri autori come Mazzantini, Vivarelli, Beppe Fenoglio, per citarne solo alcuni), hanno messo in evidenza il destino di questi giovani che, accanto ai volontari, si trovarono a combattere per la Repubblica sociale italiana contro gli angloamericani ad Anzio e Nettuno, sulla linea gotica, in Garfagnana, nelle valli di Comacchio, contro gli slavi sul confine orientale; difendendo Trieste, Gorizia, le valli del Natisone e quindi nel vortice della guerra civile.

Ebbene anche ai soldati di leva è stata contestata, come ai volontari, la qualifica di combattenti, con la motivazione che si batterono per la pseudo repubblica sociale.

Infatti sul foglio matricolare di chi vi militò si legge la annotazione «depennato il servizio prestato con la pseudo repubblica a seguito della circolare 28/5/1945 del M.G.». Una tale decisione presa all’indomani della fine della guerra, fu motivata dalla evidente volontà di negare alla RSI ogni legittimità, come giustamente rilevato dalla sentenza del Tribunale supremo militare, in una situazione che «se era spiegabile nei primi dolorosi anni del dopoguerra, oggi non può essere consentita, nel clima dell’auspicata pacificazione e delle sopite passioni politiche».

Ribadiamo ancora una volta che eravamo nel 1954.

A distanza di tanti anni appare giusto riconoscere ai reduci delle forze armate della RSI la qualifica di militari belligeranti che compete loro sul piano dei fatti e del diritto nazionale ed internazionale, qualifica che essi hanno sempre rivendicato con forza, al di là degli schieramenti politici del dopoguerra.

Il presente disegno di legge si fonda sulla puntuale applicazione dei principi giuridici contenuti nella più volte richiamata sentenza del Tribunale supremo militare del 26 aprile 1954, ai quali i presentatori si riportano integralmente, condividendone i contenuti storici e normativi. Il disegno di legge contiene due articoli: all’articolo 1 è riconosciuta la qualifica di militari belligeranti ai combattenti della RSI; all’articolo 2 è previsto che i Distretti militari devono conseguentemente provvedere ad annotare sui fogli matricolari dei militari il servizio prestato ai sensi della presente legge entro sei mesi dalla data dell’entrata in vigore.

Il presente disegno di legge non presenta oneri per lo Stato.

 

 

Iniziativa Parlamentare

Sen. Giovanni Collino (AN)

 

Cofirmatari

Alberto Balboni (AN), Francesco Bevilacqua (AN), Michele Bonatesta (AN), Giuseppe Bongiorno (AN), Luigi Bobbio (AN), Ettore Bucciero (AN), Giuseppe Consolo (AN), Carmine Cozzolino (AN), Vincenzo Demasi (AN), Michele Florino (AN), Lamberto Grillotti (AN), Renzo Gubert (UDC), Luciano Magnalbo' (AN), Giuseppe Menardi (AN), Franco Mugnai (AN), Giuseppe Mulas (AN), Lodovico Pace (AN), Mario Palombo (AN), Riccardo Pedrizzi (AN), Piero Pellicini (AN), Francesco Pontone (AN), Roberto Salerno (AN), Giuseppe Semeraro (AN), Filomeno Biagio Tato' (AN), Oreste Tofani (AN), Roberto Ulivi (AN)

 

 

Natura

ordinaria

 

Presentazione

Presentato in data 9 Maggio 2003; annunciato nella seduta n.392 del 13 Maggio 2003

 

Classificazione TESEO

REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA ( RSI ), RICONOSCIMENTO DI SERVIZI O PERIODI LAVORATIVI, PERSONALE MILITARE

 

 

Relatori

All'Assemblea di maggioranza (esterno) nominato in data 25 Febbraio 2004 Sen. Piero Pellicini (AN). In data 26 Luglio 2004 presentata la relazione; annuncio nella seduta n.645 del 26 Luglio 2004.

All'Assemblea di maggioranza (esterno) nominato nella seduta n. 125 in data 19 Maggio 2004 Sen. Piero Pellicini (AN) ( proposto testo modificato ).

 

Assegnazione

Assegnato alla 4ª (Difesa) in sede referente in data 24 Giugno 2003. Assegnazione annunciata nella seduta n.420 del 24 Giugno 2003.

Pareri della Commissione1ª (Affari Costituzionali); 5ª (Bilancio)

 

Procedura regolamentare

 

DDL fatto proprio dal gruppo parlamentare AN nella seduta n.517 del 21 Gennaio 2004.

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Ripeto io non voglio fare della polemica ma solo uno scambio di idee. Sono stati rinvenuti una montagna di documenti e di atti su crimini di guerra perpetrati da alcuni reparti dell'esercito italiano e solo pochi sono stati condannati per quei crimini.

 

Una legge che tu consideri "SACROSANTA" può non esserlo per tutti, una proposta di legge è SEMPRE espressione di una parte politica.

 

Io non sto dicendo che erano tutti dei criminali sto solo dicendo che alcuni reparti erano sanguinari e si sono macchiati di crimini di guerra. Questo sta scritto in montagne di testimonianze oculari e tonnellate di denunce fatte proprio in quel periodo. Di tali reparti ne hanno tutt'ora orrore i nostri nonni e i nostri padri e ce ne sarà un motivo oppure sono tutti fiancheggiatori?

 

Ti parlo della Banda Carità, della Banda Koch, della LAM, della Tagliamento, e per finire ti cito un breve scorcio di una denuncia ad una delle ausiliarie del servizio femminile al comando della contessa Piera Fondelli Gatteschi:

 

"una di queste ausiliarie ha seviziato per 4 giorni il partigiano diciottenne Armando Grava, di Revine in provincia di Treviso, tagliuzzando gli zigomi e testicoli, fratturando i polsi, accecandolo con sigarette accese, versando acido muriatico sulle ferite" la testimonianza è stata resa in tribunale dalla madre del partigiano presente alle sevizie del figlio.

Per non parlare poi di ciò che c'è stato nel lager di Bolzano........

 

Su questo non si può fare finta di niente dicendo "è la guerra" ed si fa onore ai combattenti eroi di tutte le parti se li distinguiamo dai criminali.

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per quanto riguarda la legge...

 

è difficile pensare che una Legge non sia proposta da una parte del parlamento/schieramento/partito ecc. ecc....mi sfugge il perchè tu l'abbia sottolineato.

 

:s12:

 

I criminali se ci sono devono esser puniti, chi non ha ben chiaro questo concetto...manca di rispetto alle vittime.

Mi fà piacere la tua citazione....ma vorresti veramente che io ne citi altre?

Passo la mano, in questo caso....

 

 

 

la frase di chiusura:

"Su questo non si può fare finta di niente dicendo "è la guerra" ed si fa onore ai combattenti eroi di tutte le parti se li distinguiamo dai criminali."

 

non ho ben capito casa volevi dirmi?

:s09:

 

 

Polemiche zero... :s10: figurati,

i tempi sono maturi perchè queste finiscano e l'Italia possa Ricordare e Onorare chi ha combattuto per il suo Onore!

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C.te Shkval, ti ricordo che le stragi di innocenti non furono perpetrate, solo dall' RSI ma bensi' anche da gruppi partigiani, e spesso certe azioni da ambo le parti erano frutto dell'iniziativa personale di alcuni.

Molti forse troppi si sono fatti giustizia da soli, e altri sicuri di farla franca si sono dedicati a stragi contro la popolazione inerme.

Personalmente ricordo il racconto di un mio conoscente ex partigiano ormai morto, che diceva, che mentre era in perlustrazione, sulle montagne sopra Varzi, aveva visto un drappello, di repubblichini entrare in un piccolo paesino, (5 o 6 case) perlustrare casa per casa, e poi andare via, senza aver trovato niente, e senza aver fatto danni.

Appena allontanati questi, ha visto entrare un gruppo di partigiani che conosceva di vista, nel paese, saccheggiarlo, e uccidere tutti gli abitanti, probabilmente, perchè non rimanessero testimoni, senza che loro potessero fare niente visto che erano solo in tre, e gli altri una cinquantina.

Al ritorno si è recato dal Comante partigiano di zona denunciando il fatto, mi disse anche anche il soprannome di quel comandante, che veniva chiamato "Scrivia",

Il comandante Scrivia allora li ha fatti disarmare tutti e cinquanta, e dopo aver chiesto istruzioni al comando, ha imbastito un processo per direttissima, finito con la fucilazione alla schiena di tutti i responsabili.

Questo mio conoscente mi diceva, vedi se non ci fossi stato io con i miei due compagni, li' in esplorazione, e se il Comandante Scrivia fosse stato, una persona meno corretta. La colpa di tutto sarebbe finita ai Repubblichini, e un branco di assassini l'avrebbe fatta franca.

Dato il momento di confusione cui si era non è facile oggi poter appurare chi fù un assassino e chi nò, però ricorda che tutti prima o poi dobbiamo morire, ed il trapasso per quelli che si sono macchiati di simili nefandezze, con quel peso sulla coscenza non sarà certo facile.

Penso che a noi non competa giudicare, ne gli uni ne gli altri, ognuno di noi è giudice di se stesso, e personalmente non vorrei trovarmi nei panni di quelle persone che si sono macchiati di cosi' orrendi delitti.

Quello che ho raccontato è storia vera accaduta sull'appennino ligure, anni dopo per caso ho avuto modo di parlare per motivi di lavoro con l'ex comandante Scrivia, che mi ha confermato il fatto, dicendomi, "Erano sporchi assassini, non ho avuto scelta, se li avessi lasciati andare l'avrebbero rifatto".

Quindi come vedi è nell'animo di ogni singola persona che si nasconde la belva, e questo a prescindere dal credo politico o dalla parte in cui questa persona può trovarsi.

Posso darti un consiglio prima di giudicare chiunque mettiti nei suoi panni, e pensa cosa avresti fatto tu in quei frangenti, se lo farai almeno la cosa servirà a conoscere meglio te stesso.

Ciao

Luciano

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Su questo non si può fare finta di niente dicendo "è la guerra" ed si fa onore ai combattenti eroi di tutte le parti se li distinguiamo dai criminali.

 

Non vorrei che questo sposti la discussione su un elenco delle atrocità commesse. Da ambo le parti.

 

Perchè sono sicuro che qualcuno potrà portare testimonianze di atrocità commesse anche da quelli che la storia ha consacrato come la "fazione dalla parte del giusto". Sono ben noti gli eccidi commessi da partigiani contro partigiani stessi, con strascichi che si sono trascinati anche a guerra finita, ad armi ferme.

Si potrebbero elencare gli omicidi commessi dai partigiani per rappresaglia ai "Collaborazionisti", le donne rasate ed esposte al pubblico ludibrio ...

 

Ma queste cose non porterebbero da nessuna parte, se non ad uno sterile muro contro muro nel tentativo di strappare a chi la vede diversamente da noi l'ammisione che tra i "suoi" ci furono dei criminali. Credo che siano quindi da evitare le elencazioni di eccidi e barbarie commesse da ambo le parti. Tutti noi siamo d'accordo sul riconoscere che atti criminali ed odiosi furono commessi, sia da una parte che dall'altra.

Modificato da Betasom
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Approvo Betasom!!

Il mio comunque era solo un racconto vero, per dimostrare, quello che ho detto, dipende sempre tutto dall'Uomo, a prescindere dal credo che possa avere.

Ho omesso di parlare delle stragi dei repubblichini, in quanto, se ne stà parlando, proprio in questi giorni, su tutti i Media, quella di quel paesino sopra Lucca.

Per cui non mi sembra possibile generalizzare, o scagliarsi contro una parte e l'altra, anche perchè noi siamo al di fuori di quel periodo, e anche se ne abbiamo sentito i racconti, non avendolo vissuto, non siamo in grado di giudicare.

Possiamo solo prendere atto dei fatti, per evitare che possano accadere nuovamente in futuro.

Ciao

Luciano

Modificato da luciano46
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Non intendo cercare uno scontro a colpi di numeri di morti in quanto lo considero aberrante. Personalmente la guerra è fatta di atrocità da ambo le parti e il sangue chiama sangue.

 

Il racconto di Luciano poi mi sembra che centri in pieno il problema,un bello scorcio di quegli anni terribili. Forze armate, di qualunque parte degenerano facilmente in brutalità.

 

Volevo solo sottolineare e non certamente insinuare che, in quel periodo interi reparti portavano il diretto appoggio ad un "alleato" che dichiarò l'Italia paese occupato e che come tale lo trattò. Volevo fare notare come interi reparti italiani appoggiarono in concorso con i tedeschi atti criminali verso la popolazione civile.

Con l'espressione "è la guerra" e con il sottolineare di distinguere i criminali dai soldati, volevo solo dire che non tutti furono "eroi".

 

Per spiegarmi meglio: l'attacco con i maiali al porto di Alessandria fu un atto militare eroico condotto da uomini eroici che da soldati cosideravano giusto il combattere il nemico (nemico in quanto forza armata) con tutti i mezzi possibili.

 

Uomini della LAM "legione autonoma Ettore Muti" o delle SS italiane che in massima parte condussero solo operazioni di rastrellamento e rappresaglia erano un po' meno meritevoli di essere considerati soldati o eroi.

Il mio invito era di distinguere le azioni commesse dai raparti regolari o pseudo tali.

 

Rimane fermo il fatto che tra i partigiani vi fossero individui capaci di ogni tipo di nefandezza e grazie al cielo parte di queste nefandezze stanno venendo alla luce numerose prove, ma questo non può portare al "revisionismo ad oltranza" (alcuni sono arrivati perfino a negare l'esistenza dei campi di concentramento) e non può portare ad una sorta di giustificazione "di massa" sia da una parte che dall'altra.

 

Infine un ultima riflessione se mi permettete: i partigiani e la resistenza nascono come movimento di opposizione ad una forza che già c'era quindi l'analisi della responsabilità va inevitabilmente spostata sulle cause della guerra civile.

 

Non vorrei che queste mie riflessioni vengano utilizzate per appiccicarmi un'etichetta politica. Io non sono nè un pacifista nè un fascista nè un comunista nè un democristiano nè un verde nè un liberale, ho sempre cercato di farmi una mia idea personale di fatti accaduti e come tale ho raccolto e studiato documentazioni ed atti grazie anche al mio lavoro.

 

Raramente confronto le mie idee con altri e mi stupisco di farlo proprio qui, ma non vi nego che sono molto felice di farlo.

 

Da ultimo vorrei dire a Marco che ho sottolineato il fatto che una legge è politica per dire che citare un disegno di legge,a mio parere, si sposa male con un discorso "storico" come quello che stiamo tentando di fare. Sempre e comunque nel pieno rispetto delle tue idee politiche, io invidio profondamente chi riesce a sposare per intero una parte politica, io non sono mai riuscito a farlo purtroppo.

 

Personalmente poi preferisco le riflessioni personali ai lunghi dibattiti delle aule di tribunali o ai dibattiti parlamentari. Le prime perchè ci lavoro le seconde perchè troppo opportuniste.

 

Grazie a tutti e vi ricordo che tengo questa parte molto per "amor di discussione" non voglio suscitare il risentimento di nessuno.

 

Saluti

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Scusami Marco ma una sentenza, per di più di un tribunale militare ora come non mai nell'occhio del ciclone della giustizia, non è testimonianza molto utile se si vuole riflettere obbiettivamente.

 

Occorre anche dire che questa sentenza è stata oggetto di asprissime critiche in dottrina e giurisprudenza, senza contare poi che i tribunali militari, fino a prova contraria non fanno precedente ed inoltre la Corte di Cassazione, anche a Sezioni Unite, prima e dopo il 1954, ha ritenuto legittime una lunga serie di condanne per i delitti di aiuto militare al nemico (art. 51 c.p. mil. guerra) e di aiuto al nemico nei suoi disegni politici (art. 58 di detto codice). In particolare si può citare, proprio sul tema della "belligeranza" delle forze armate fasciste repubblicane, la sentenza delle Sezioni Unite penali 7 luglio 1945, emanata in sede di risoluzione di conflitto.

il rifarsi a questa sentenza per rivalutare in toto alcuni fatti è già stato utilizzato nell'esporre il disegno di legge n. 2244-A relativo al riconoscimento quali belligeranti dei militari della r.s.i disegno di legge che ha suscitato una marea di polemiche per ovvi motivi.

 

Non mi sembra un documento molto "ufficiale" nè tantomeno obbiettivo

 

scusami per l'osservazione

 

Alcune osservazioni da leguleio:

 

1) cosa vuol dire "per di più di un Tribunale Militare"? Mi pare che quest'affermazione risenta un po' della generale diffidenza che si prova per la giurisdizione militare, vista o imamginata come un luogo in cui le garanzie di libertà sono affievolite e i giudici tendono a essere più colpevolisti. In realtà è l'esatto opposto, vista anche la grande preparazione che hanno i magistrati militari.

 

2) E' vero che le sentenze della Suprema Corte non fanno precedente vincolante, ma servono comunque interpretare il sistema. Pure le sentenze che citi tu non sono vincolanti...

 

3) Non mi pare comunque che la Sentenza in oggetto giustifichi i criminali di guerra. Si limita ad asserire che ai militari della RSI andrebbe riconosciuto lo status di combattenti.

 

Ritengo comunque che non si possa generalizzare. Criminali e galantuomini vi furono da entrambe le parti: Koch e Borghese nella RSI, i miei concittadini Marozin "Vero" e Antonio Giuriolo MOVM. dall'altra parte. Io metto Borghese e Giuriolo sullo stesso piano: persone coerenti che hanno tenuti alti degnamente alti i loro Ideali. Volgari assassini gli altri due.

Faccio presente che mia nonna, capo partigiano di GL, non volle più saperne dopo che due "patrioti" ammazzarono per rapina due SS a Cumiana (Torino). I due si nascosero quando le SS minacciarono rappresaglia se non si fossero presentati. Quelli, dopo l'invito di mia nonna ("Adesso andate dalle SS e vi fate fucilare") se la diedero a gambe. Morale: rappresaglia con fucilazione di più di 50 innocenti, e linciaggio a guerra finita del "federale" del paese, che non c'entrava nulla, fatto a pezzi a forbiciate dalle vedove. Sangue chiama sangue....

 

GM Andrea

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Concordo con il C.te GM Andrea, In un Tribunale Militare, I Giudici sono veri Giudici anche se Militari, e Gli avvocati altrettanto.

Non credo che un Tribunale Militare abbia mai basato le sue sentenze su preconcetti, proprio perchè credo che la preparazione e la selezione di questi, avvenga ancora oggi, fatta in base, al lavoro che svolgono, e oltretutto mi risulta, che sono tutti, visto che sono Militari, per mentalità apolitici.

Se è vero che nella magistratura ordinaria, la politica si è infiltrata, sono sicuro che questo non sia potuto succedere nella Magistratura Militare, proprio per la sua natura.

Ciao

Luciano

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1) Non è questione di diffidenza è questione che quella è stata l'UNICA sentenza che abbia affermato tali cose, nessuna corte si è mai spinta tanto del "merito" trascurando così tanto il "diritto".

Quella sentenza sembra più un manifesto politico che una sentenza di un tribunale e la commissione d'inchiesta nominata dal parlamento intende far luce proprio su alcuni REATI commessi dalla procura MILITARE. Tra i reati ci sarebbe depistaggio, violazione dell'obbligo di procedere, inquinamento delle prove ecc. ecc.

 

2) Mi permetto di precisare: la Suprema Corte è SOLO la corte di Cassazione e nessun'altra. Le decisioni della corte di Cassazione o suprema corte FANNO PRECEDENTE e formano quello che in gergo tecnico si chiama GIURISPRUDENZA. Se una sentenza avviene a SEZIONI UNITE (le sezioni unite si hanno nel caso in cui ci sia il pericolo che una delle sezioni emetta una sentenza contraria ad una precedente e nel caso di materie particolarmente gravi e delicate) questa fa PRECEDENTE a tutti gli effetti. Quindi forse mi sono espresso male io oppure c'è un po' di confusione sulla procedura sia penale che civile.

 

3) Forse continuo a spiegarmi male...ma vorrei fare un ultimo tentativo. Un conto è avere dei delinquenti mischiati ad altri soldati e un conto è creare dei reparti APPOSITAMENTE per creare rappresaglie, rastrellamenti e fucilazioni di civili. So benissimo che di eroi e canaglie ve ne furono da tutte le parti ma il crimine viene dalla creazione di questi reparti che con malcelato imbarazzo si tenta di mischiarli a tutti gli altri.

La creazione di "Einsatzgruppen" italiani fu il vero crimine e chi non distingue secondo me lo fa solo per opportunità politica e non certo per abbracciare la storia.

 

 

 

Luciano permettimi di farti una domanda, ma come fai a sapere con tanta sicurezza che i magistrati militari sono così preparati? Conosci personalmente dei giudici militari oppure lavori all'interno della magistratura?

 

Sulla apoliticità dei militari poi è tutto da vedere...

 

grazie a tutti

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Shkval, intendevo dire almeno quanto gli altri Giudici, o avvocati, non credo che, sia permesso ai giudici o avvocati militari di prestare servizio, senza adeguata preparazione.

Nella mia famiglia da parte di Madre ci sono sempre stati avvocati, so' per certo che ad esempio, l' esame da procuratore, qui' in Italia, non è certo una passeggiata.(Per superarlo bisogna essere davvero preparati)

Sicuramente le loro sentenze sono basate sulle leggi vigenti, che ti ricordo, non hanno fatto loro.

La mia asserzione sul fatto che i Militari siano fondalmentalmente apolitici, non vuol certo dire che non abbiano una loro idea politica, ma che non la manifestano,

non fanno propaganda, è chiaro che posso solo riferirmi al periodo in cui ho prestato servizio in Marina, spero che ancora oggi le cose siano rimaste cosi', come erano allora, perchè secondo il mio punto di vista, a nessun magistrato, sia Civile che Militare dovrebbe essere permesso di esprimersi pubblicamente sulla politica, e quando ero ragazzo era cosi' anche per i Giudici del tribunale civile.

Stà di fatto che nei 6 anni che ho passato sui sommergibili, non ho mai sentito nessuno Militare fare discorsi di natura politica.

Ciao

Luciano

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L'esame da procuratore è stato soppresso, è rimasto l'esame per diventare avvocato ed io lo sto preparando quindi so per certo quanto è dura.

 

L'esame per entrare in magistratura è ancora più duro ma è tanto duro quanto assurdo come quello per diventare avvocati del resto....

 

La preparazione non si vede solo se passi l'esame...

 

personalmente di magistrati ne conosco parecchi e se posso esprimermi,sebbene la mia opinione non valga molto, sono pochi quelli da cui io mi farei giudicare....questo vale per la magistratura civile, penale e militare...ovviamente mio parere personale.......

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Bè Shkval su questo, dopo quanto si vede oggigiorno, sono abbastanza daccordo con tè, perlomeno per alcuni, ma fortunatamente non siamo tutti uguali, è come per le stragi, sono cose che dipendono dalla correttezza di ogni singola persona.

Forse c'è qualcosa di sbagliato nel sistema, forse aveva ragione Pertini, quando diceva, che la Costituzione, dato che l'avevano concepita per crescere insieme alla popolazione, avrebbe dovuto essere modificata, costantemente, cosa che non è stata fatta, forse le leggi andrebbero costantemente aggiornate, a seconda delle necessità della gente, ma per fare questo bisognerebbe che TUTTI a qualunque livello, mettendoci una mano sulla coscenza, cercassimo di crescere e migliorare, non per noi stessi ma per gli altri.

Guarda già nelle scuole di qualunque livello, nessuno, ripeto nessuno si prende la briga di spiegare che cosa sia davvero la LIBERTA', e poi ci si stupisce che ci sia gente che la scambia con la Licenza.

Ciao

Luciano

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Premesso che pure io sono nell'infausta condizione di praticante avvocato, vorrei precisare anzitutto che i giudici militari in realtà...non sono militari. Formalmente sono Ufficiali, ma non sono in divisa. L'unico militare in un'aula di Tribunale militare è, oltre all'imputato, il terzo giudice, un Ufficiale di volta in volta estratto a sorte (non così in Cassazione, of course).

 

Quanto al tema della discussione, non vedo cosa vi sia di male nella contestata sentenza

Nessuno, mi sembra, mette in dubbio il sacrosanto principio che i criminali vanno comunque perseguiti.

 

GM Andrea

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Mi sembra inutile...non riesco a spiegarmi....comunque non importa, mi sembra che questa discussione sia diventata un dibattito tra poki e mi sembra che ci sia un po' di "personale" quindi meglio lasciare perdere...

 

Per GM Andrea...consiglio da amico ovviamente e non voglio offendere ma...ti consiglierei di dare una ripassatina alle impugnazioni...se dici al tuo dominus che una S.U. non fa precedente quello ti sbrana...peggio ancora sarebbe se il caso di ricerca in cui ti sfugge la S.U. e imposti la line di difesa senza accorgerti che c'è una sentenza che ti contraddicce...sarebbe una bella figura di m... in aula.....

 

scusami per l'osservazione ma forse pratichi da meno anni e un aiuto ti può fare comodo.

 

grazie e ciao

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Mi sembra inutile...non riesco a spiegarmi....comunque non importa, mi sembra che questa discussione sia diventata un dibattito tra poki e mi sembra che ci sia un po' di "personale" quindi meglio lasciare perdere...

 

Per GM Andrea...consiglio da amico ovviamente e non voglio offendere ma...ti consiglierei di dare una ripassatina alle impugnazioni...se dici al tuo dominus che una S.U. non fa precedente quello ti sbrana...peggio ancora sarebbe se il caso di ricerca in cui ti sfugge la S.U. e imposti la line di difesa senza accorgerti che c'è una sentenza che ti contraddicce...sarebbe una bella figura di m... in aula.....

 

scusami per l'osservazione ma forse pratichi da meno anni e un aiuto ti può fare comodo.

 

grazie e ciao

 

Francamente non so se il dibattito è fra pochi, ma per parte mia non c'è nulla di personale.

Mi spiace piuttosto, da collega, che scrivi quello che scrivi nei miei confronti. E' pur vero che non si smette mai d'imparare e di ripassare, ma mi auguro che userai la cortesia di dispensare i consigli da amico in altre sedi. Ti assicuro comunque che sul lavoro dedico alle pronunce delle Sezioni Unite la stessa attenzione che ora impiego a dosare le parole.

Mi scuso col moderatore, che potrà (e sarebbe la prima volta) giustamente arronzarmi, ma penso di non essere mai sceso sul personale anche in accese discussioni. Qui si va sulla professione, e la cosa non mi garba. Solo per questo scrivo queste righe in pubblico e non in privato, come avrei preferito.

 

Nel merito so perfettamente che le sentenze della Cassazione, di fatto, formano un precedente nel sistema, tanto più quelle a Sezioni Unite. Se però leggi bene il mio post ho specificato che non costituiscono un precedente vincolante, in senso formale, nel senso che il giudice potrà anche farsene beffe, salvo poi un probabilissimo annullamento nei gradi successivi.

 

Peraltro non credo che la sentenza incriminata sia un feticcio. I giudici sono uomini, schiavi come tutti noi anche delle passioni del momento, e le loro pronunce non sono affatto il Verbo. Allo stesso modo non credo sia molto corretto portare ad esempio una sentenza, sia pure a S.U., del 1945: non so quanto fosse obbiettiva a quel tempo Cassazione su un tema tanto "caldo".

 

In ogni caso, continuo a concordare sulla necessità di distiguere e di non fare di tutta l'erba un fascio.

 

GM Andrea

Modificato da GM Andrea
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Il mio era solo un consiglio...secondo me la tua osservazione era ed è tecnicamente scorretta...comunque ignora pure le mie parole e ti chiedo scusa se ti ho offeso.

 

Voglio solo dire questo:

 

Un individuo A mette assieme un gruppo di persone per innaffiare un prato (operazione lecita non siamo nella fattispecie dell'adunanza sediziosa). Il gruppo poi trascende e compie numerosi reati. A è punibile?

 

In tempo di guerra lo stato maggiore A mette assieme un reparto al fine di specializzarlo nella guerra contro le forze armate dello stato B (operazione lecita). Il gruppo trascende e commette crimini di guerra. Le persone che fanno parte dello stato maggiore A sono punibili?

 

Un individuo A mette assieme un gruppo al fine di commettere reati, reati poi commessi dal gruppo A. A è punibile? e a quale titolo?

Il comando A, seppure in tempo di guerra, mette assieme un reparto al fine di commettere crimini di guerra. Gli uomini che compongono il comando A sono punibili e a che titolo?

 

Pensate ad indicare il livello di responsabilità morale, giuridica, storica dei comportamenti dei soggetti A.

 

Voglio solo fare notare questo passaggio e non riesco ad essere più chiaro di così

 

saluti a tutti

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dipende?

 

Se il Gruppo A in esame è Fascista/Repubblicano/non arreso l'8 di Settembre....

...non esiste simulazione!

 

 

Rimani qualunque cosa tu faccia un NaziFascista....mi ripeterò, ma la storia viene ogni giorno più letta e le fonti vengono e verrano fuori.

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Non capisco cosa c'entra la "simulazione" perdonami ma non afferro la tua risposta....

 

Non capisco neanche:

 

Rimani qualunque cosa tu faccia un NaziFascista....mi ripeterò, ma la storia viene ogni giorno più letta e le fonti vengono e verrano fuori.

 

perdonami ma vedo un po' di vittimismo......

 

Inoltre......e perdonatemi di cuore....ma...se qualcuno di voi si professa fascita, nostalgico o quant'altro perchè non lo dice chiaramente così evitiamo di parlare di queste cose in modo polemico?

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Punto 1.

Sei tu che metti come caso "tipo" Un individuo A....

 

- ecco perchè parlo di Simulazione, parlare di fatti/persone mi sembra sia diverso no?

 

Punto 2.

Non capisco neanche....Rimani qualunque cosa tu faccia un NaziFascista....mi ripeterò, ma la storia viene ogni giorno più letta e le fonti vengono e verrano fuori.

 

- Non sono vittima, ne soffro di vittimismo. Ma vorrei chiederti visto che dalla tua posizione puoi osservare megli fatti, notizie e fonti il perchè di questo termine quantomeno fumettistico (sembra tanto un mostro con due teste e tre braccia) usato anche lì dove le stragi (Vedi Marzabotto/ Sant'Anna) furono eseguite solo da truppe Tedesche?.

 

- Non pensi che sia più comodo per "certe" persone una definizione che tiri a denigrare l'avversa parte?

 

Punto 3

- ma...se qualcuno di voi si professa fascita

 

Anche se non lo fossi....ma ti dico subito che lo sono! Pensii che non sia possibile parlare con me in modo tranquillo come io stia facendo.

Nel 2005, molti si professano tante cose e altri non "vedono l'ora" di attaccarti "etichette" corporative.

 

Senza astio e senza rancore, cerchiamo di parlarne.. :s10:

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certamente amico mio,

 

Sul termine "simulazione" scusami c'è stato fraintendimento, il mio più che altro era un "esempio" o al limite un "tema" definirlo simulazione è un po' esagerato forse...comuque sia....

 

Sono contento che tu manifesti apertamente le tue idee politiche così evitiamo fraintendimenti, inoltre trovo che sia sempre un gesto coraggioso, e rifugge dall'ipocrisia di chi mantiene le stesse posizioni pur non professandosi tale.

 

Certamente si può, ma non posso fare a meno di osservare come gli aderenti ai regimi totalitari siano poco avvezzi alle critiche del sistema che sposano, questo, io credo ma potrei sbagliarmi, per una sorta di fede insita nell'ideale del regime medesimo.

In altre parole vedo una sorta di "fede" verso i discepoli del totalitarismo, fede paragonabile a quella religiosa, che li porta a negare fatti certissimi e chiarissimi proprio in virtù della difesa del proprio regime.

 

Il porsi dei dubbi significa "non credere" l'ascoltare domande significa "permettere al dubbio di instillarsi" quindi associo gli adepti dei dittatori a uomini di fede, poco avvezzi alla critica, specialmente se riguarda il proprio "ideale" o "fede" che dir si voglia.

 

Da ultimo credo che sia poco incline al dibattito democratico colui che aneli ad un regime totalitario ed all'antipodo della democrazia.

 

Queste in due parole i miei dubbi, caro Marco, spero comunque che tu mi smentirai con le tue risposte e affermazioni e spero anche che riuscirai a vincere questa mia naturale diffidenza.

 

Comunque non è certo mia intenzione appiccicare etichette, io sono un convinto individualista e come tale non sono uso a generalizzare, almeno ci provo....

 

saluti

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