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28 Maggio 1940 - Il Com.te Todaro Scrive...


GM Andrea

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Per chi non la conoscesse, la lettera che Salvatore Todaro scrisse alla moglie da bordo del R. Smg. Manara, a pochi giorni dall'inizio dalla guerra:

 

 

Trapani, 28-5-1940/XVIII

 

Rina carissima,

tra poco farà molto caldo nel Canale di Sicilia. Il momento dell'azione è vicino. Da anni lo attendo con calma e il mio spirito si è maturato nell'attesa.

Ho compreso che la morte coglie solo i vivi. Per gli altri non esiste. Io sono pronto a "osare ciò che non è mai stato osato" come è nel motto del mio sommergibile.

Ti ho detto una volta che combatterò per te. Perchè tu abbia le soddisfazioni che hai meritato con la tua attesa paziente, silenziosa, affettuosa, fatta di pochi momenti spensierati e di lunghi periodi di rinuncia e di esistenza grigia.

Qualunque possa essere il mio destino, lo scopo che mi sono prefisso sarà raggiunto. Moglie o vedova di un valoroso, avrai la posizione che ti spetta nel mondo e di cui ti riconosco il diritto.

Non dimenticare mai di essere profondamente orgogliosa di essere la moglie di un Comandante di sommergibile e fa che nostro figlio provi la stessa fierezza. E' questa la nobiltà che gli trasmetto e che potrà raccogliere un giorno dalla schiuma del mare.

Ti chiedo solamente di mantenerti in ogni momento all'altezza della posizione che ho cercato di darti, senza mai preoccuparmi del mio sacrificio o del mio avvenire.

Ti bacio affettuosamente,

Salvatore

 

:s15: :s15: :s15:

 

GM Andrea

Modificato da GM Andrea
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Queste parole mi fanno riflettere su quanto la società sia cambiata ad oggi. Non credo che esistano più persone capaci di esprimersi in tali termini.

 

Anzi ai molti risulta difficile comprendere le motivazione e i processi mentali alla base di convinzioni di questo tipo. Credo che questo tipo di amore di patria e di idea "cortese" del sacrificio ultimo siano andati persi con gli utimi "Salvatore Todaro" che hanno vissuto quel periodo e condiviso quel sentire comune, quell'identità nazionale fortissima che ha caratterizzato i nostri soldati impegnati nell'ultima guerra.

 

Probabilmente anche oggi, se le circostanze lo chiedessero, nuovi eroi si farebbero avanti, sentendo l'impulso che ti porta ad agire, sentendo che "qualcosa va fatto".

 

Ma probabilmente sarebbe un eroismo dai connotati differenti, proprio perchè gli uomini di oggi sono differenti.

 

Si è persa secondo me quella nobiltà d'animo che ancora era viva nelle generazioni che hanno fatto la guerra, ai tempi in cui il comandante era Signor Comandante, un gentiluomo prima che un ufficiale.

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pork....proprio quando devo partire per bergamo.....sfortunaccia tr°°°°°°°° :s05: :s05: :s05:

 

vabbè......per ora rimaniamo d'accordo così, se la cosa va in porto rimando la partenza a rischio di venir licenziato nel' azienda grafica dove lavorerò...

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La conoscevo già, per averla letta, se non erro, sul bel libro del RAIOLA dedicatoa questo nostro grende Italiano. Ma son parole che si rileggono sempre con molto piacere e con sincera emozione. Grazie.

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Queste parole mi fanno riflettere su quanto la società sia cambiata ad oggi. Non credo che esistano più persone capaci di esprimersi in tali termini.

 

Anzi ai molti risulta difficile comprendere le motivazione e i processi mentali alla base di convinzioni di questo tipo. Credo che questo tipo di amore di patria e di idea "cortese" del sacrificio ultimo siano andati persi con gli utimi "Salvatore Todaro" che hanno vissuto quel periodo e condiviso quel sentire comune, quell'identità nazionale fortissima che ha caratterizzato i nostri soldati impegnati nell'ultima guerra.

 

Probabilmente anche oggi, se le circostanze lo chiedessero, nuovi eroi si farebbero avanti, sentendo l'impulso che ti porta ad agire, sentendo che "qualcosa va fatto".

 

Ma probabilmente sarebbe un eroismo dai connotati differenti, proprio perchè gli uomini di oggi sono differenti.

 

Si è persa secondo me quella nobiltà d'animo che ancora era viva nelle generazioni che hanno fatto la guerra, ai tempi in cui il comandante era Signor Comandante, un gentiluomo prima che un ufficiale.

 

Ogni uomo è figlio del proprio tempo e i Comandanti che spesso celebriamo su queste pagine non fanno eccezzione. Erano affascinati dalla Royal Navy, avevano l'idea del cavaliere e dell'estremo sacrificio ben radicate, dicono derivare tanto dalle idee del Regime (Uomini sul fondo di Giorgerini lo afferma apertamente) che dai romanzi che da piccoli devono pur avere letto. Pensate a 20.000 leghe sotto i mari, alla saga di Sandokan o del Corsaro Nero.

 

Oggi...

Oggi i militari sono differenti ma, come allora, c'è chi si rifugia dietro una scrivania in attesa del 27 del mese e chi invece brama il mare e l'azione. Posso dire di conoscere dei Longobardo, che da CF farebbero carte false per tornare operativi. Conosco dei DiCossato, pronti a sacrificare cuore e anima per il proprio equipaggio. Dei trascinatori alla Todaro, capaci di trasformare un gruppo di uomini in un solo essere pronto a tutto.

Conosco anche dei Parona (anche se non sono ancora ammiragli), inflessibili e sempre pronti ad esigere il massimo perchè loro per primi danno il massimo.

 

Però nessuno ha operato in guerra e questa mania teribile creata dall'uomo può trasformare le persone. Non pensatemi blasfemo paragonando i nostri miti a persone di oggi, pensate anche solo a chi frequenta il forum: Andrea, Scirè, Sonar, Fly e molti altri hanno caratteristiche in comune con i nomi dei nostri miti, molte caratteristiche in comune....

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Si è persa secondo me quella nobiltà d'animo che ancora era viva nelle generazioni che hanno fatto la guerra, ai tempi in cui il comandante era Signor Comandante, un gentiluomo prima che un ufficiale.

 

E' pur vero che quel che animava i grandi personaggi che ricordiamo e onoriamo non era certo cieco fanatismo. Anzi, più di altri gli Ufficiali di Marina avevano già prima della guerra la certezza che un conflitto contro gli Alleati sarebbe stato ben difficile da sostenere. Eppure fecero tutti sino in fondo il loro dovere, chè tale lo reputavano, nè ripeto per amore della guerra in quanto tale o per fedeltà al Regime (l'ideologia fascista non fece mai reale presa nella R.M.).

Cosa allora? Per usare un parolone, forse non fuori luogo, l'etica dell'Ufficiale di Marina. Anche la persona più razionale del mondo - e tali erano, ripeto, i nostri Comandanti - non riesce a sottrarsi al fascino del piazzale rosso di Livorno, che lo proietta in un'altra e superiore dimensione. La stessa che ha unito i tanti (Fecia di Cossato, Todaro, Borghese etc etc) che proprio negli anni '20 iniziarono la loro avventura in Marina "verso la grande battaglia"...come diceva una profetica cartolina di MAK P di quel tempo.

 

GM Andrea

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Quello che ogni volta mi stupisce è prendere atto del fatto che, nonostante la convinzione che la vittoria finale fosse molto lontana, Comandanti come quelli qui celebrati compirono il loro dovere senza scoramento, senza rassengazione e pessimismo.

 

Con il numero di perdite in continua ascesa, con sempre meno battelli che tornavano alla base, in ogni missione c'era comunque una volontà di compiere fino infondo il priorio dovere, anzi di andare oltre i limiti del dovere.

 

Per persone normali lo scoramento sarebbe stato un facile rifugio, sarebbe stata una tentazione cadere nell'inattività e nella frustrazione vedendo i risultati dello sforzo bellico della Nazione e comparandoli con il prezzo pagato per i successi ottenuti.

 

Figure come Gazzana al contrario condussero i loro equipaggi all'attacco fino a che uomini e mezzi ebbero le possibilità di recare offesa al nemico, indipendentemente da quanto queste azioni potessero influire sul risultato finale. Ogni preda in se aveva un segnificato, anche se si trattava di una bettolina da qualche centinaia di tonnellate.

 

Il loro fu il coraggio dei Forti, non dei Disillusi, come bene sintetizza il Decalogo.

 

Ed è questo quello che gli equipaggi vedevano nei loro comandanti, l'esempio che li spingeva a scavare dentro di loro per trovare le energie quando apparentemente tutto era speso.

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