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mi viene da piangere....stesso editore prossima uscita:

 

http://www.vittorelli.it/preparazione.htm

 

MISSIONE "NON ATTACCARE!"

Diario di guerra

di Mario Rossetto

 

 

Dall'introduzione dell'autore:

“Betasom!”

Questo nome evoca ancora, a distanza di 60 anni, le eroiche e gloriose vicende dei nostri sommergibili che, durante la Seconda Guerra Mondiale, hanno preso parte alla “Battaglia dell’Atlantico”.

Il traffico mercantile marittimo che alimentava incessantemente i fronti di guerra in Europa, apportando attraverso l’Atlantico i rifornimenti essenziali - armi, munizioni, viveri, carburanti, eccetera - per i paesi Alleati che combattevano contro le nazioni dell’Asse, era sottoposto ai micidiali attacchi dei sottomarini. Le unità subacquee tedesche, i famosi U.boote, ebbero nella Battaglia dell’Atlantico una parte assolutamente predominante e conseguirono eccezionali successi affondando migliaia di unità mercantili e il loro prezioso carico. I successi furono crescenti nei primi anni di guerra anche per l’entrata in servizio di nuovi U.boote al ritmo incessante di quasi una unità al giorno. Ma dopo l’entrata in guerra degli Stati Uniti aumentarono per gli Alleati non solo le navi mercantili che i cantieri americani producevano in gran numero, ma anche, in misura notevole e crescente, i mezzi aerei e navali di difesa dei convogli. Da allora i successi degli U.boote divennero sempre più difficili da conseguire e le loro perdite sempre più frequenti. Quando l’Italia entrò in guerra, nel giugno del 1940, la Germania non aveva ancora sviluppato appieno il programma di costruzione degli U.boote; ne aveva in servizio solo alcune decine, che peraltro già avevano ottenuto successi anche spettacolari operando nei mari attorno all’Inghilterra. La Marina Italiana e la Kriegsmarine tedesca si accordarono per un apporto sostanzioso di sommergibili da dislocare in Atlantico. Furono 30 i battelli italiani che operarono in Oceano. Per ovviare alle difficoltà e ai pericoli che si sarebbero potuti incontrare all’attraversamento dello stretto di Gibilterra e soprattutto alla diminuzione dell’autonomia operativa nelle zone da pattugliare se i sommergibili fossero dovuti partire da basi italiane per rientrarvi a fine missione, era assolutamente necessario poter disporre di una base in un porto dell’Atlantico. Fu scelto Bordeaux, in territorio già occupato dai Tedeschi, con un porto importante per le sue attrezzature, distante una cinquantina di miglia dal mare, nel Golfo di Guascogna.

In brevissimo tempo venne allestita una base, già idonea a ricevere il primo sommergibile che, partito dall’Italia, dopo aver compiuto una fruttuosa missione in Atlantico, arrivò a “Betasom” il 4 settembre 1940.

La base, il cui nome era stato formato dalla lettera iniziale della città e dal suffisso abbreviativo dei sommergibili (Beta - Som), ebbe officine di riparazione, bacino di carenaggio, magazzini di viveri e casermaggio, depositi di armi e munizioni, depositi di carburante, eccetera, e fu efficientissima durante tutto il periodo di attività dei nostri sommergibili. Il personale dei battelli e della base, per motivi di sicurezza, era stato sistemato in opportuni alloggiamenti nei dintorni della città.

Dopo il primo anno di attività i nostri battelli assegnati alla base atlantica vennero ridotti di numero facendone rientrare una decina in Mediterraneo mentre un’altra decina con la loro dolorosa perdita avevano già rappresentato un costoso contributo pagato ai numi della guerra. Ma tutti avevano anche partecipato ai successi contro il traffico mercantile nemico.

E’ pur vero che nel primo periodo i successi degli Italiani non erano paragonabili a quelli veramente considerevoli dei Tedeschi, ma bisogna tener presente che gli U.boote avevano avuto, prima del nostro intervento, quasi un anno di attività, mentre i rifornimenti degli Alleati viaggiavano per mare senza eccessive difese. Essi avevano quindi avuto non solo facilità di arrivare al successo, ma anche possibilità di sperimentare e perfezionare le loro tattiche di attacco. Gli Italiani, che da principio non avevano ancora molta esperienza, negli ultimi due anni di attività poterono dimostrare le loro capacità, anche se nel complesso la quantità di navi affondate fu di gran lunga inferiore a quella degli U.boote. Ma il numero di questi, impiegati nelle operazioni, era nel frattempo notevolmente cresciuto. Nello stesso periodo di tempo e nel medesimo teatro di operazioni in cui furono attivi i nostri 30 sommergibili (con 55 comandanti, 37 dei quali conseguirono successi) 465 furono gli U.boote impiegati. (con 514 Comandanti, dei quali 305 conseguirono successi).

Oltre ai Comandanti ed agli equipaggi che dovettero fare esperienza, anche i nostri sommergibili dovettero subire qualche adattamento alle esigenze della guerra oceanica. In particolare, dopo la entrata in guerra degli Stati Uniti, si rese necessario incrementarne l’autonomia operativa, per consentire loro di raggiungere le coste americane, di percorrere oltre 10.000 miglia, di rimanere in mare anche tre mesi. Fu necessario ampliare la capacità di imbarcare carburante e le riserve di viveri. Non c’erano per noi possibilità di rifornimento se non qualche occasionale limitata cessione di carburante tra un sommergibile che rientrava e un altro che doveva ancora prolungare la missione. I lavori di trasformazione e di adattamento sui sommergibili vennero studiati ed eseguiti, con ottimi risultati, dai tecnici e dagli operai della nostra base.

Nel 1943 gli Alleati avevano già fortemente aumentato le difese dei loro convogli contro gli attacchi degli U.boote, e i successi di questi si facevano sempre più scarsi ed erano conseguiti sempre a più caro prezzo, con la perdita di numerose unità. I pochi sommergibili italiani ancora in forza a Betasom non potevano essere impiegati nell’attacco ai convogli. Ad essi vennero assegnate missioni di ricerca ed attacco a piroscafi isolati, che occorreva andare a cercare sempre più lontano dai porti dell’Atlantico settentrionale e centrale dove si formavano i convogli.

Una delle missioni studiata a questo scopo fu quella affidata al sommergibile Da Vinci per andare ad operare intorno al Capo di Buona Speranza ed oltre. Il battello aveva già conseguito importanti successi col Comandante Calda e specialmente con il Comandante Longanesi; era ora affidato al Comandante Gazzana e anche con lui aveva già ottenuto brillanti successi. Era uno dei sommergibili meno vecchi ed ancora in buone condizioni di efficienza nonostante la logorante attività bellica al suo attivo. Ma non aveva autonomia sufficiente per andare ad operare nella zona assegnata. Sarebbe stato necessario organizzare un completo rifornimento da effettuarsi almeno a 5000 miglia dalla base; rifornimento di carburante per consentirgli di percorrere 13.000 miglia, e rifornimento di viveri per consentirgli di restare in missione 100 giorni.

A differenza dei Tedeschi che avevano speciali unità sommergibili adibite al rifornimento e all’assistenza degli U.boote operativi noi non avevamo altra possibilità che quella di far effettuare il rifornimento da un altro sommergibile. L’unità disponibile più adatta era il Finzi, di maggior dislocamento e di maggior capacità per il carburante, ed anche una delle più vecchie ancora in servizio.

Venne così organizzata dal Comando di Betasom la missione alla quale ho dato il nome “Non attaccare” perché questo fu l’ordine impartito, alla partenza, al sommergibile rifornitore: per garantire il successo della missione del Da Vinci si doveva evitare qualsiasi rischio.

La missione ebbe il successo voluto, ma purtroppo al termine di essa si dovette registrare la dolorosa perdita del sommergibile, affondato, con il suo eroico Comandante Gazzana e tutto il valoroso equipaggio, da una unità inglese pochi giorni prima del rientro a Betasom.

Nel quadro dell’attività svolta dai sommergibili italiani che hanno preso parte alla Battaglia dell’Atlantico desidero ricordare i nomi di alcune unità e dei loro Comandanti, che certamente meritano un posto d’onore nella storia bellica della nostra Marina Militare. Oltre al Da Vinci, già citato con i suoi Comandanti, ricordo il smg. Tazzoli e, con particolare commozione, il suo Comandante Fecia di Cossato, di cui fui il Tenente, e poi (ma non certamente in ordine di merito perché tutti hanno egualmente meritato) il Morosini con i Comandanti Fraternale e D’Alessandro, il Torelli con i Comandanti Longobardo e De Giacomo, il Calvi con il Comandante Olivieri, il Cappellini con i Comandanti Todaro e Revedin, il Barbarigo con i Comandanti Murzi, Grossi e Rigoli ed anche il mio Finzi con il Comandante Giudice che mi aveva preceduto. E tutti gli altri, in particolare quelli che “non sono rientrati alla base” ma i cui Comandanti resteranno per sempre nel cuore di noi che li abbiano avuti, purtroppo sfortunati, colleghi: Saccardo, Piomarta, Prini, Polizzi, Viani, Tosoni, Enrici, Flores, Baroni, Teppati, Iaschi.

 

In uscita ottobre 2002

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Riporto carteggio:

 

Sono rimasto "sconvolto" che qualcuno si ricordi ancora dei ns. smg Atlantici....a Milano dove posso trovare i Vs. Volumi!!??

 

SIETE GRANDISSIMI

 

Marco

 

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Grazie per l'entusiasmo e per i complimenti!

A Milano, alla Libreria Militare e alla Libreria del Mare di via Broletto dovrebbero esserci ancora alcune copie dei nostri libri. Comunque da un paio di mesi ci distribuisce in Lombardia la Pecorini Rappresentanze Editoriali di Foro Buonaparte 4. Inoltre, siamo presenti nel catalogo di Tuttostoria.

 

Chiudiamo per un paio di settimane a partire da domani, ma in seguito non esiti a contattarci per ricevere un nostro catalogo, avere maggiori informazioni o per ordinare direttamente ciò che le interessa.

 

Con i migliori saluti,

 

Manuela Vittorelli

vittorelli edizioni

 

 

 

Sono stati gentili.......avrò i loro volumi....prima o poi!!!!!

 

:s08:

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