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Il fantasma del forte Laclos


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Il forte Laclos è esistito sull’isola di san Paolo per quasi un secolo.

Costruito dai Francesi ai primi dell’800 durante il periodo in cui occuparono la città dei due mari, venne demolito poco meno di cent’anni dopo.

Nonostante non esista più da tanto tempo, tra le leggende che si tramandano nella storia militare di Taranto quella del forte napoleonico è una delle più radicate, forse perché ad essa si accompagna quella del fantasma di colui al quale quel forte venne dedicato.

Pierre Ambroise Choderlos de Laclos fu un generale dell’esercito napoleonico, comandante dell’artiglieria dell’Armata di osservazione del Mezzogiorno.

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Inviato nel Regno di Napoli con il corpo di spedizione francese agli ordini del generale Saint-Cyr, ebbe l’impegnativo incarico di rinforzare le difese del porto di Taranto, città che Napoleone aveva individuato come la più adatta per accogliere la flotta francese da impegnare nei progetti di espansione in Oriente.

Giunto a Taranto il 9 luglio 1803, Laclos non ebbe il tempo per trattenersi a lungo. Riuscì appena a visitare i luoghi e le fortificazioni già esistenti e ad abbozzare un piano di interventi tra cui quello di completare il forte che si stava costruendo sull’isola di san Paolo.

Il 5 settembre 1803, stroncato dalle fatiche del viaggio, dal clima torrido dell’estate tarantina e da una dissenteria fulminante, si spense nel convento di san Francesco che era stato adattato da Francesi a caserma per le loro truppe.

Pur essendo un grande esperto di balistica e di fortificazioni, Laclos è passato alla storia non per i suoi meriti militari ma piuttosto per essere stato l’autore del pruriginoso romanzo epistolare “Les liaisons dangereuses” (Le relazioni pericolose), uno dei classici della letteratura trasposto poi in film di successo.

Ma torniamo al forte ed al suo “fantasma”.

Ma perché fantasma? Il vocabolario Treccani alla voce fantasma riporta questa definizione:Immagine non corrispondente a realtà, cosa inesistente, illusoria, puro prodotto di fantasia”.

Infatti è fantasia affermare che il forte napoleonico sia ancora oggi esistente pur essendo stato demolito alla fine dell’800. Ciò nonostante diversi siti internet ed alcune pubblicazioni, nel fornire indicazioni storico/turistiche, continuano ad attestarne l’attuale presenza sull'isola di san Paolo commettendo in tal modo l’errore di scambiarlo con una struttura diversa e più recente. Una superficialità in cui ci si imbatte con stucchevole frequenza.

Ecco allora che il fortino napoleonico diventa nell’immaginario delle persone una delle rinomate e ancora visibili testimonianze della storia di Taranto, che si vorrebbe preservare dall’abbandono e dal degrado e per la quale vengono suggerite fantasiose ipotesi di recupero.

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L'isola di san Paolo - i due capannoni occupano il luogo dove sorgeva il forte Laclos

La struttura semi circolare in alto a dx è la batteria Umberto I 

 

Peccato che quello ancora oggi esistente non sia il forte napoleonico ma piuttosto la batteria Umberto I, costruita sulla sponda meridionale dell’isola alla fine del 1800 ed armata con due cannoni da 400 mm montati su una cupola corazzata “Gruson”. Una struttura quindi più recente che rientrava nell’articolato piano di fortificazione della rada di mar grande avviato una ventina di anni dopo l’unità d’Italia.

 

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 Ingresso della batteria "Umberto I" da molti scambiata con il non più esistente "forte Laclos"

 

Oggi i due grandi cannoni che spuntavano dalla cupola girevole non ci sono più. Smontati da tempo perché non più utilizzabili, hanno lasciato uno spazio che somiglia a due lugubri orbite vuote

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La torre corazzata girevole "Gruson"

 

Ma allora, perché si decise di abbatterlo quel vecchio fortino se la nuova struttura avrebbe dovuto sorgere in luogo diverso, anche se pressoché adiacente?

La batteria Umberto I (in realtà all’inizio fu dedicata a Vittorio Emanuele II ma dopo l’assassinio del re Umberto si ritenne di cambiarle nome), anch’essa una costruzione dall’innegabile fascino e dal pregevole stile architettonico, ha una speciale caratteristica: la cupola corazzata "Gruson" che era girevole per assecondare l’esigenza di battere non solo il mare aperto ma anche la rada.

Una  geniale soluzione militare ma con un costo che andò ben al di là dei termini economici.

Nel campo di tiro dei due possenti cannoni da 400 mm veniva, infatti, ad intromettersi proprio il forte napoleonico che, trascurato per decenni, se ne stava sulla punta orientale dell’isolotto di san Paolo ormai ridotto ad inutile e silenzioso guardiano dell’ingresso della rada.

Che fare allora? La decisione fu presto presa: trattandosi di una struttura ormai inutile e superata che per di più avrebbe limitato l’utilizzo delle nuove artiglierie, andava necessariamente abbattuta. Una sua utilità, però, quel forte continuò ad offrirla proprio al crepuscolo della sua esistenza. Una ricerca in vecchie e polverose carte di archivio mi ha permesso infatti di scoprire alcuni disegni con i progetti della nuova batteria Umberto I insieme a quelli riguardanti il progetto per la demolizione del fortino napoleonico. E fra questi, con mia grande sorpresa, ho trovato anche quello per il riutilizzo della vecchia struttura, adattata a magazzino ed officina nonché a ricovero ed alloggio sull’isola per gli operai impegnati nel cantiere di costruzione della nuova fortificazione.

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Immagine ricavata dal libro "Storia militare di Taranto negli ultimi cinque secoli" di Giuseppe Carlo Speziale - Laterza editore - 1930

 

Il forte che mutava la sua destinazione militare in quella di cantiere e dormitorio, ho pensato con una punta di tristezza. Ma assolto con puntigliosa dignità questo suo ultimo compito, divenuto solo un ingombrante impaccio, il forte venne raso al suolo senza complimenti ed il materiale di risulta impiegato per rinforzare la costa dell’isola esposta al mare aperto.

La torre corazzata girevole ebbe così il campo di tiro finalmente sgombro da ostacoli, e fu libera di spaziare per tutti i 360° con il compiacimento dei suoi moderni artiglieri.

Del resto in quel periodo a chi poteva importare se qualche nostalgico appassionato di storia ed architettura militare sarebbe in futuro rimasto deluso nello scoprire che l’opera dedicata al generale Laclos fosse stata così irrimediabilmente cancellata.

Eccola qui un’altra vittima illustre sacrificata sull’altare della piazzaforte marittima tarantina, dopo la torre sant’Angelo del Castello Aragonese, abbattuta per far spazio al ponte girevole sul canale navigabile, o la sontuosa villa di monsignor Capecelatro, altro protagonista della vita tarantina di quel tempo, abbattuta anch’essa laddove stava sorgendo l'Arsenale Militare.

Nonostante sia ormai da tempo scomparso, quel vecchio forte napoleonico sull’isola di San Paolo conserva però intatto un innegabile fascino e la capacità di destare ancora oggi curiosità ed interesse anche perché il generale Laclos, dopo la sua morte, vi fu sepolto nella piazza d’armi al suo interno.

Una degna ed onorevole conclusione per questa storia, si potrebbe dire, ma purtroppo non è così. Il forte, è vero, nonostante qualche difficoltà burocratica, fu intitolato a Laclos ma la sua tomba rimase senza epitaffio. Sembra che le autorità francesi di quel tempo non avessero ritenuto il testo inviato dalla famiglia adatto alle necessità della retorica ufficiale.

Tuttavia per il povero generale o, meglio, per i suoi resti mortali, i guai terreni non erano ancora finiti. Al rientro dei Borboni in città dopo il 1815, la tomba venne profanata ed il suo corpo gettato sprezzantemente in mare.

I realisti in questo modo si erano voluti vendicare del periodo passato sotto i Francesi “punendo” l’ateismo dimostrato da Laclos nel rifiutare in punto di morte i conforti religiosi.                          

Qual è, allora, l’epilogo di questa storia, ciò che ne riassume gli aspetti reali e quelli di fantasia? L’ esistenza di un fantasma, anzi di due. Al fantasma del forte, che molti credono, o forse soltanto vorrebbero, ancora esistente, si aggiunge quello del generale Laclos e di due leggende dai contorni angoscianti che a lui si accompagnano. Una è sulla bocca dei vecchi pescatori, di quelli che ancora girano con le loro piccole barche a remi munite di tramagli e lampare. Non è raro, dicono, nelle notti di tempesta, imbattersi nello spettro di Laclos che vaga inquieto ed adirato attorno all’isola di san Paolo. Ma anche negli stretti vicoli della città vecchia pare si aggiri, di notte, un ufficiale vestito completamente di bianco. La gente è convinta che sia lo spettro del Generale romanziere alla cui anima errante è stata negata la pace eterna. 

Concludo con l’amara riflessione che l’unico ricordo che la città di Taranto ha concesso a Laclos si limita ad una breve via che oggi porta il suo nome.

Chissà in quanti, leggendo quel nome all’angolo della strada, si saranno chiesti chi era.

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Grazie,  ROSTRO. Avevo letto con molto interesse la tua relazione  in https://www.betasom.it/forum/index.php?/topic/38123-taranto-isola-di-san-paolo/  di carattere più ambientalistico ma, nello specifico profilo storico,  questa è veramente esauriente !

 

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  • 2 weeks later...

Non mi risulta che esistano disegni, quadri o foto del forte Laclos.

I disegni esistenti negli archivi sono disegni tecnici, piante allegate al progetto di demolizione (come nell'immagine trovata sul libro di G.C. Speziale che ho postato) e al progetto di utilizzo come magazzini, officine e alloggi per gli operai impegnati nella costruzione della nuova batteria Umberto I.

L’unica elemento che si può rilevare da tali disegni è che il forte era costruito su due piani (piano terra e primo piano). Durante i lavori di costruzione della nuova batteria, i vani del forte napoleonico dedicati ad ospitare i cannoni furono utilizzati come magazzini ed officine mentre quelli al primo piano come alloggi per gli operai. Forse in qualche foto scattata durante la costruzione della nuova batteria potrebbe intravedersi almeno in parte il vecchio forte Laclos. Ma è solo un’ipotesi. Su questo, forse, potrebbe darci qualche informazione in più Claudio (Chimera) 😉.

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