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Napoléon


Massimiliano Naressi

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Nell’anno del bicentenario della morte di Napoleone, mi sembra doveroso ricordare l’unica unità che la marina francese dedicò al Grande Corso. Una nave innovativa dovuta al genio di Stanislas Charles Henri Laurent Dupuy de Lôme. Nato nel maniero di Soye (vicino a Lorient) il 15 ottobre 1816, Henri (così chiamato in famiglia) era figlio di un ufficiale di marina e di una discendente degli Esnoules Deschateles, la famiglia di armatori che aveva dato nuova vita alla città bretone dopo la chiusura della Compagnia Francese delle Indie Orientali. Ingegno brillante, ma refrattario alla disciplina scolastica, a quindici anni  Dupuy de Lôme passò l’esame di ammissione all’Ecole Navale, alla quale però non potè iscriversi per l’opposizione del padre che era stato costretto, l’anno precedente, a lasciare il servizio dopo un diverbio con il ministro della marina. Temeva probabilmente che questo avrebbe influito negativamente sulla carriera del figlio che spinse invece a iscriversi all’Ecole Politecnyque, all’epoca scuola militare a tutti gli effetti, cosa che Henri fece nel 1835. Dopo due anni passò all’Ecole d’Application della marina a Lorient, sotto la guida di Frederic Reech. Nel 1839 entrò nel Genio Marittimo e fu destinato alla base di Tolone. Qui si mise ben presto in luce per le sue capacità e fu quindi inviato in Gran Bretagna nel 1842 per studiare le nuove navi con scafo in ferro che qui erano realizzate. Al suo ritorno sulla base di quanto visto e imparato durante la sua missione, redasse un rapporto intitolato Mémoire sur le bâtiments en fer. Il testo impressionò i superiori e il ministro della Marina, l’ammiraglio Duperré, che ordinò di far stampare e di diffondere il contenuto del saggio. Nella prima parte del rapporto Dupuy de Lôme (immagine seguente) sostenne i vantaggi delle costruzione degli scafi in ferro arrivando a prevedere che in futuro tutte le navi da guerra sarebbero state realizzate in metallo; mentre nella seconda parte descrisse i dettagli di questo tipo di costruzioni. Grazie a questo lavoro l’8 gennaio 1845, a soli 29 anni, fu insignito dell’onorificenza di Cavaliere della Legion d’Onore. 

Nel frattempo aveva avuto modo di firmare il suo primo progetto di una nave in ferro, l’avviso Narval, varata a La Ciotat nel settembre del 1844, e che fu anche la prima nave a vapore francese nel Mediterraneo. L’anno dopo fu la volta di un altro avviso, il Caton, con propulsione a elica. L’anno successivo arrivò addirittura a concepire una nave a vapore con scafo in ferro e blindatura di 168 mm di spessore, ma prima di arrivare a realizzarla sarebbero passati diversi anni.

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Le idee di Dupuy de Lôme erano chiare e innovative: l’elica era da preferirsi alle ruote poiché immersa in acqua e quindi meno vulnerabile, e le navi non dovevano più dipendere dal vento ma essere in grado di spostarsi rapidamente in ogni circostanza. Henri si interessò quindi sia agli apparati motori che alla resistenza delle carene. Dai suoi lavori emergono i concetti che saranno applicati al vascello Napolèon. Non occorreva più modificare un vascello a vela per adattarlo all’imbarco di una macchina a vapore, potendo pensare di arrivare a 9 nodi di velocità, ma concepire la nuova nave in funzione della presenza dell’apparato motore, e puntare a raggiungere gli 11 nodi. Occorreva quindi progettare uno scafo più lungo di quelli in uso all’epoca, con delle forme più affinate a prora e più adatte alla presenza dell’elica a poppa, allo scopo di realizzare una nave che, a parità di armamento, avesse una maggiore velocità e un raggio di azione più ampio.

Nel 1847 il barone Turpinier espose al Consiglio dell’Ammiragliato la pericolosa inadeguatezza degli arsenali e la necessità di modernizzare la flotta, mentre il capitano di vascello Labrousse aveva già avuto modo di insistere affinché i vascelli avessero nuove linee di scafo e imbarcassero macchine a vapore da 1000 CV.  Dupuy de Lôme concepì quindi il Napolèon, un innovativo vascello a elica da 90 cannoni, partendo dal progetto di Augustin Normandin. Il progetto venne considerato un’utopia e le forme di scafo più affinate come una vera e propria eresia, e fu dapprima rifiutato dal Conseil des Travaux, ma poi accettato grazie all’appoggio del principe di Joinville, comandante della squadra di Tolone e coetaneo di Henri. Il principe permise a Dupuy de Lôme di difendere il progetto davanti al consiglio e di convincerlo della sua bontà. Joinville inoltre convinse il ministro ad interim della Marina Guizot a firmare l’ordine per l’avvio dei lavori. Lo scafo venne quindi impostato a Tolone il 7 febbraio 1848, mentre l’apparato motore fu realizzato a Indret. Il nome della nave subì diversi cambiamenti in relazione alla fluidità politica della Francia durante gli anni della costruzione. Inizialmente fu battezzato come Prince de Joinville; dopo la rivoluzione del 1848 fu denominato Vingt-Quatre Février, in onore dell’avvento della Seconda Repubblica; per poi diventare Président al ritorno dall’esilio di Luigi Napoleone Bonaparte. Con questo nome venne varato il 15 maggio 1850, ma alla fine dello stesso mese cambiò denominazione, questa volta definitivamente, in Napolèon.

Nello stendere il progetto del Napoléon, Dupuy de Lôme dovette risolvere diversi problemi. Fu necessario allungare lo scafo di 11 metri e modificare le forme della prora e della poppa per adeguarli all’azione delle macchine. Le caldaie, la macchia e la scorta di carbone furono alloggiati negli spazi prima destinati alle scorte di acqua e vino. Le riserve di acqua furono alloggiate in casse metalliche poste a poppa delle macchine, anziché in fusti come fatto fino a quel momento. Le riserve di vino e cibo presero il posto del deposito del cordame. La macchina a vapore, derivata da quelle utilizzate per le navi a ruota, girava lentamente e fu necessario provvederla di un moltiplicatore di giri per far girare l’elica in modo sufficientemente veloce. Per ognuna delle due caldaie fu inserito il relativo fumaiolo e la ventilazione dei locali delle macchine e l’eliminazione di fumi furono curate sotto tutti gli aspetti. Gli alberi a gomiti per la trasmissione del moto furono realizzati grazie al nuovo martello-pilone a vapore realizzato nel 1840. I problemi di stabilità furono risolti in modo innovativo, in particolare il consumo di carbone (927 t) non fu più compensato riempiendo i depositi con acqua di mare man mano che svuotavano dal combustibile.

Ne venne un vascello potente e veloce, in grado si surclassare i vascelli a vela. La Francia, dopo molto tempo, apriva la strada di un’innovazione in campo navale, realizzando la prima nave da battaglia moderna e costringendo gli Inglesi a inseguirla. Le prove in mare si svolsero nel luglio del 1852, seguite da una traversata tra Tolone e Marsiglia, dove il vascello raggiunse i 13,5 nodi. Fu quindi deciso replicare  il progetto, realizzando altri cinque vascelli: Algésiras, Arcole, Impérial, Redoutable e Intrépide, realizzando così la prima squadra di vascelli a vapore ad alta velocità.

Il 5 novembre 1853 a Henri fu concessa la Croce di Ufficiale della Legion d’Onore per il brillante progetto del Napoléon. Nel frattempo ebbe modo di occuparsi della trasformazione del vascello a vela da 100 cannoni Eylau in pirovascello. Egli escogitò un sistema per dividere lo scafo dell’unità in due parti, in modo da creare una cella in cui alloggiare una motrice da 900 CV e poi riunire le due parti dello scafo. La trasformazione fu un successo e fu utilizzata anche per la trasformazione di altri tre vascelli: Masséna, Castiglione e Alexandre.

Con l’inizio della Guerra di Crimea vennero riunite la Squadra francese del Mar Nero, la Squadra francese dell’Oceano (a cui apparteneva il Napoléon) e la Squadra britannica del Mediterraneo. Il 23 settembre 1853 le flotte alleate erano bloccate e non potevano superare i Dardanelli a causa di venti freschi e tesi, uniti alla forte corrente superficiale. Nulla potevano le macchine di bassa potenza di cui erano dotati i pirovascelli, con l’eccezione del Napoléon che così si impose all’attenzione ammirata dei presenti. Esso infatti non solo riuscì ad attraversare lo stretto, ma lo fece trainando la nave ammiraglia francese, il vascello da 112 cannoni Ville de Paris. Il passaggio trionfale non solo dimostrò le brillanti qualità del Napoléon, ma fu uno smacco agli occhi degli Inglesi, che non potevano portare nessuna delle loro navi della Mediterranean Fleet oltre gli Stretti. Nell’anno seguente il Napoléon fu impegnato nell’attacco navale di Sebastopoli, operazione in cui subì dei danni. Successivamente il pirovascello prese parte anche alla Seconda Guerra di Indipendenza, facendo parte della divisione dell’ammiraglio Jurien de la Graviére, che entrò in Adriatico nel 1859 esercitando il diritto di cattura e fermo del naviglio austriaco e dichiarando, in modo più formale che effettivo, il blocco di Venezia.

Il Napoléon venne però superato ben presto dall’evoluzione delle costruzioni navali: fu posto in riserva nel 1863 a Cherbourg e disarmato nel 1872 a Brest, radiato nel 1876 e demolito dieci anni dopo.

 

Dislocamento: 5047 t

Lunghezza: 71, 76 m; larghezza: 17,15 m; pescaggio: 7,80 m

Superficie velica 2852 mq; macchina a vapore da 900 CV; velocità 13,5 nodi

Armamento (1862): 70 cannoni da 36 libbre (160 mm), 34 cannoni-obici da 30 libbre.

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