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Acqua alle funi! Benedetto Bresca


malaparte

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Veramente, sarebbe “acqua alle corde” (Daghe l'aiga ae corde!  ) ma ho imparato che guai a usare questa parola in ambito di Marina…anche se non ho mai capito perché, dato che nei secoli passati a quanto pare si usava.

Oggi, l’espressione sta a significare che anche a rischio personale occorre avere la prontezza di intervenire al momento opportuno.

La sua origine è storica e risale al 1586, quando papa SistoV° decise di spostare il grande obelisco che tuttora è al centro di piazza San Pietro (prima era dietro la basilica, e per informazione veniva da Eliopoli, in Egitto, da dove era stato prelevato da Caligola – e già pensare al fatto che sia stato portato per nave attraverso mezzo Mediterraneo fa girare la testa-). Era un lavoro immane, come si usava allora: un gingillo di 350 tonnellate, alto 25 metri, mica bruscolini.

Non avendo a disposizione gru o quant’altro, si trattò di impiegare 800 uomini e 140 cavalli per tirare, sollevare, innalzare, ecc…L’architetto incaricato della faccenda, Domenico Fontana, dovette studiare un bel po’ sull’utilizzo di argani, carrucole, impalcature, canapi.

Venne il gran giorno, il 10 settembre 1586. Nell’enorme piazza l’attività ferveva, ma era stato diramato un ordine decisivo: guai a chi fiatava! Serviva la massima concentrazione; inoltre dirigere senza altoparlanti 800 uomini che dovevano ovviamente operare in sincronia non sarebbe stato facile nel brusio degli operatori e nel chiacchiericcio dei curiosi. Ergo, pena di morte, perché si stava rischiando la vita di un bel po’ di persone, oltre, e forse soprattutto, alla fama dell’architetto.Tanto per chiarire bene la cosa, era già stata innalzata la forca ed il boia era ben presente e visibile: provati a fiatare!

C’è da immaginare il silenzio che regnava, rotto solo dagli ordini di Fontana e dei suoi immediati funzionari, dagli scricchiolii di argani e carrucole. Lentamente, l’obelisco si stava alzando. Era quasi a posto. Ma proprio a quel punto i canapi cominciarono a fumare per l’attrito estremo! C’era il rischio di un crollo rovinoso sugli operai e di un fallimento apocalittico per Fontana, per Sisto, per l’obelisco.

Fu istintivo, da parte di un marinaio ligure, Benedetto Bresca, urlare il famoso “Daghe aiga ae corde!” che chissà perché venne immediatamente compreso (non è che il dialetto ligure fosse studiato come L2 nei rioni trasteverini), comunque ebbe il suo effetto: quintalate di secchi d’acqua vennero riversati sulle….ehm….funi, che si raffreddarono ed accorciarono, come ben sapeva Bresca, permettendo il successo dell'operazione.

“Bresca fu subito arrestato, ma Sisto V come ricompensa invece della punizione gli diede larghi privilegi, una lauta pensione e il diritto di issare la bandiera pontificia sul suo bastimento. Inoltre Bresca avrebbe chiesto ed ottenuto il privilegio, per sé e per i suoi discendenti, di fornire alla Chiesa di San Pietro le palme per la Settimana Santa. Ancora oggi Bresca viene ricordato nella sua città natale, Sanremo.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Conoscevo questo fatto. Un architetto certamente sa come erigere un monumento, ma quando di mezzo ci sono cime, funi, canapi.... ci vuole un marinaio!

Mi viene, parallelamente in mente una canzone di De Andrè: Sinan Capudan Pascià. Non se se sia riferita ad un fatto reale o frutto del suo genio poetico

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11 minutes ago, fanghino said:

Conoscevo questo fatto. Un architetto certamente sa come erigere un monumento, ma quando di mezzo ci sono cime, funi, canapi.... ci vuole un marinaio!

Mi viene, parallelamente in mente una canzone di De Andrè: Sinan Capudan Pascià. Non se se sia riferita ad un fatto reale o frutto del suo genio poetico

https://it.wikipedia.org/wiki/Scipione_Cicala

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Grazie Valeria per aver divulgato questa storia, nota perlopiù soltanto a noi liguri!

Peraltro hai anche correttamente riportato la frase del Bresca nel suo originale idioma sanremasco, leggermente differente da quello genovese-ligure, che altrimenti sarebbe stato: "Ægua a-e corde!" 

 

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