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A proposito del nostro Delfino...


Ocean's One

Messaggi raccomandati

Cari Comandanti,

 

il raduno di Taranto si è ormai concluso da diverse settimane e molto è stato già scritto in merito a questo stupendo evento.

Tuttavia, mi chiedo se sia possibile darvi un ulteriore contributo, specialmente per coloro che non hanno avuto la possibilità di essere presenti.

 

Chi c'era ricorderà la nostra presentazione, fatta la domenica mattina presso la Scuola Sommergibili, che aveva come oggetto la tecnica e l'evoluzione del nostro primo battello.

Abbiamo presentato il nostro lavoro di ricerca storica e di modellazione 3D sul Delfino, che aveva già costituito la base per il nostro calendario 2020 e per vari modelli fisici, fra cui anche il fermacarte che molti di voi hanno ricevuto.

Nella presentazione abbiamo poi unito tutti questi elementi con un filo logico che tracciasse anche la storia di quel battello, con diversi dettagli inediti o poco conosciuti.

Se apprezzate, potrei riproporvi le immagini in questa sede, con tutti i commenti del caso. 

Probabilmente la cosa apparirà ridondante per chi a Taranto c'era, ma penso che valga la pena mettere questo contenuto a disposizione di tutti, in queste pagine.

Cosa ne dite?

 

Taranto-cover-191010.png

 

Scuola-Somm-191019.jpg

 

 

 

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A Taranto eravamo una piccola parte di Betasom ed è giusto che tutti possano usufruire del grande lavoro fatto dalla base per celebrare il Delfino. Hai avuto un'idea importante, direi che si potrebbe iniziare proprio con le lastrine della presentazione fatta a Taranto! Te la senti, Marco, di riportarle a seguire con una breve descrizione? 

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Ovviamente sì, Dir.

Altrettanto ovviamente, chiedo a te un contributo quando parleremo delle slides che hai presentato tu...

(e ben vengano anche i commenti degli altri membri del team di ricerca, se vorranno!)

_____________ 

 

Passiamo allora a vedere qualche diapositiva, iniziando dalla presentazione del lavoro svolto:

 

Taranto-slide-02.png

 

Come vedete, queste sono anche le basi su cui abbiamo impostato il nostro calendario.

Ci sono i modelli 3D dell'esterno, nati durante il concorso "Costruiamo il Delfino" e progressivamente affinati, che ora coprono 7 versioni durante tutta la vita del battello.

C'è poi la parte più nuova, ovvero il rendering delle sistemazioni interne, che molti di voi hanno potuto vedere dal vero sul calendario.

Questo lavoro è stato portato avanti nella prima parte del 2019, non senza difficoltà vista la poca documentazione disponibile. In pratica, oltre ai molti elementi già noti, ci siamo trovati ad ipotizzare quanto mancante o poco chiaro nei disegni, insieme ai colori delle parti, che evidentemente erano ignoti. Definire tutto ciò è stato un po' un'impresa, ma ci siamo aiutati con le poche foto dell'epoca, oltre che con l'analogia con l'interno di un vecchio battello ancora esistente, ovvero il Provana.

Infine, dobbiamo citare i modelli fisici: oltre al Delfino in 1:35 donato al Comando Sommergibili, c'è quello in 1:24 ancora in costruzione a cura del sottoscritto, descritto nella sezione Modellismo. C'era poi il piccolo modello in 1:144 oggetto del concorso "Costruiamo il Delfino", che ha sacrificato la sua giovane esistenza per generare lo stampo di tutti i suoi fratelli metallici, ovvero i fermacarte destinati ai Soci Betasom per l'anno 2020.

(Beh, forse un altro Delfinetto in scala ridotta prima o poi andrebbe ripristinato...)

 

Dopo questa slide introduttiva, c'è stato un po' di inquadramento storico a cura del Dir, che ha toccato uno dei temi più discussi, ovvero chi si possa considerare il vero "padre" del Delfino.

Lascio a lui qualche commento in merito...

 

Taranto-slide-03.png

 

Modificato da Ocean's One
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4 hours ago, Ocean's One said:

Probabilmente la cosa apparirà ridondante per chi a Taranto c'era, ma penso che valga la pena mettere questo contenuto a disposizione di tutti, in queste pagine.

Caro Ocean's One, io a Taranto c'ero e mi sono goduto appieno quelle due giornate. La tua iniziativa è encomiabile non solo per chi non c'era. Ho seguito con attenzione la presentazione, ma purtroppo non posso ricordarne i dettagli. Quindi poter rivedere e conservare le slides con i relativi commenti del Dir.  è un vero regalo. Sono convinto che molti tra coloro che erano a Taranto condivideranno questo mio apprezzamento. GRAZIE!!!

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Nel momento n cui incominciamo a introdurre non possiamo dimenticare chi ci ha lavorato a vario titolo, quindi Ocean's_one, Lazer_one, Magico 8/88, Moreno 1975, Tochiro BS e Chimera, cui aggiungiamo Mascal per le stampe 3d.

E anche se siamo ospiti della Forza Armata, evidenziamo orgogliosi la concessione del PATROCINIO DELLA MARINA MILITARE

Quando abbiamo iniziato a concentraci sul lavoro ci siamo trovati davanti a un mistero: come poteva il Pullino lavorare a questo progetto se aveva ben altri incarichi? Aveva due aiutanti, certo, ma è difficile che dopo aver dettato le regole generale del progetto sia andato oltre e infatti, dopo le prime firme di Pullino, le successive risalgono tutte la Laurenti, che diverrà il padre di un nutrito gruppo di battelli venduti in tutto il mondo, oltre alla nave appoggio Cearà.  

Preso atto che, seppure la prima firma datata 1889 sia del Pullino, c'è molto del Laurenti nella prima unità subacquea italiana, nasceva un nuovo quesito: come ricostruirlo?  

I disegni originali sono pochi e poco dettagliati ma ci sono venuti in aiuto i numerosi articoli scritti dal Laurenti sulla Rivista Marittima agli inizi del 1900 e l'unico reduce di quell'epoca: il sommergibile Provana a Torino. Da lui derivano le forme delle valvole e i colori che abbiamo adottato come i vari allestimenti di bordo. Ovviamente il punto di partenza è stato il famoso articolo sulla Rivista Marittima  dell'amm Galuppini

slide1.jpg

 

La parola torna a Ocean's per l'evoluzione tecnica del battello

 

Modificato da Totiano
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Grazie, Marco.

(e un grazie particolare a Max42 per le belle parole)

 

Allora, iniziamo con questa slide che mostra l'evoluzione del battello attraverso i 7 modelli al computer di cui vi avevo scritto in precedenza.

Come vedete, quattro di essi si riferiscono alla versione "sottomarino", più affusolata ed ottimizzata per la navigazione in immersione con il solo motore elettrico, e tre per la versione "sommergibile", ottenuta dopo i lavori del 1902-1904. Come vedete, quest'ultima versione dispone di una sovrastruttura prodiera per una migliore tenuta al mare in emersione, di una torretta più grande ed in generale di più spazio per l'equipaggio sul ponte durante la navigazione emersa.

Inoltre, era stato installato il motore termico a benzina per la navigazione in superficie e per la ricarica delle batterie.

Sebbene la riserva di spinta rimanesse pari a solo il 10%, valore più da sottomarino che da sommergibile, il Delfino dopo modifiche ha dettato le linee guida per l'architettura delle classi di sommergibili seguenti (sempre a cura del Laurenti).   

 

I modelli virtuali sono stati colorati con le tinte che si potevano dedurre dalle foto disponibili per ciascuna versione.

Sui toni di grigio non ci sono dubbi, mentre resta una certa aleatorietà sull'azzurrino iniziale, comunque plausibile vista la mancanza di esperienza pregressa sui colori più idonei per un battello (inizialmente si poteva pensare di rimanere sui colori del mare, più avanti il grigio ebbe il sopravvento)

 

Taranto_slide_04.png

 

 

Poniamo ora la nostra attenzione sulle varianti della versione "sottomarino", dal 1889 (progetto originale) al 1902 (inizio ricostruzione).

Inizialmente vediamo il battello nella configurazione originale, quella del varo e della famosa foto del Delfino appeso alla gru.

La particolarità iniziale era l'assenza del timone di direzione sotto la prua, insieme ai piani di profondità prodieri posti all'estrema prua, che poi verranno invece spostati un paio di metri più a poppavia.

 Probabilmente ci sia accorse subito dell'inefficacia dei piccoli timoni poppieri, fuori dalla scia dell'elica, per cui il timone di direzione prodiero fu aggiunto come rimedio.

L'immagine del 1895 mostra anche l'installazione dei due lanciasiluri esterni da 356 mm, rimossi poco più avanti.

Dopo il periodo di accantonamento durato fino al 1900 il Delfino fu rimesso in servizio, privo di lanciasiluri esterni e con la livrea scura che vedete nella terza immagine.

Infine, per la dimostrazione davanti al Re del 1901 il battello disponeva anche di guardie metalliche a protezione delle eliche di affondamento e di un primordiale "cannocchiale" per l'osservazione esterna (che verrà trattato meglio in una delle successive slides a cura del Dir.)

 

Taranto-slide-05.png

 

Il prossimo post riguarderà le versioni dopo la ricostruzione (periodo 1904-1919)

Modificato da Ocean's One
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Comandanti, ecco un ulteriore slide, che mostra i modelli 3D delle versioni “sommergibile”, post ricostruzione del 1904.

Come vedete, a prua ora c’è la sovrastruttura a libera circolazione, destinata a favorire la tenuta al mare durante la navigazione in superficie.

E’ stata anche introdotta una nuova torretta più grande ed in posizione più avanzata, verosimilmente destinata ad accogliere due uomini (comandante in posizione elevata, timoniere più in basso e davanti al comandante). La vecchia torretta non è stata eliminata, ma soltanto ribassata per mantenerne il portello di accesso.

La versione 1904 ha poi visto l’introduzione di un alto “cleptoscopio” non retrattile, precursore del periscopio che verrà installato in seguito.

A poppa vedete anche la presa d’aria e lo scarico del motore termico, due condotte che inizialmente erano piuttosto basse sull’acqua e probabilmente problematiche.

Infatti, già con la versione 1905 lo scarico e la presa d’aria furono innalzati, come vedete in figura.

Sempre nel 1905, dopo le prime esperienze operative, fu anche installata una piattaforma abbattibile attorno al cleptoscopio, su cui potevano stazionare le vedette durante la navigazione in superficie, disponendo di una migliore visuale.

La versione 1911 mostra l’aspetto del Delfino durante l’ultima fase della sua carriera, fino alla Grande Guerra e alla radiazione del 1919. Come vedete, è stata rimossa anche l’elica di affondamento poppiera, fino ad allora mantenuta come parte di rispetto per l’elica principale. Inoltre a prua è presente un cavo aereo che fa pensare ad un probabile impianto radio.

Dalla figura non è invece percettibile una delle maggiori innovazioni, ovvero la sostituzione del poco efficiente cleptoscopio con il valido “Teleops”, ovvero il primo periscopio moderno.

 

Taranto_slide_06.png

 

Il Teleops è stato oggetto di ricerche approfondite da parte del Dir e di Lazer One.

Chiedo a loro se a questo punto convenga falsare l’ordine delle slides e presentare subito l’approfondimento sui periscopi, che a Taranto era parte della presentazione di Marco Totiano.

Modificato da Ocean's One
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2 hours ago, Ocean's One said:

Chiedo a loro se a questo punto convenga falsare l’ordine delle slides e presentare subito l’approfondimento sui periscopi, che a Taranto era parte della presentazione di Marco Totiano.

Manterrei lo schema della presentazione, Marco, o rischiamo di fare confusione. Va detto che il grosso del lavoro sul Teleops della ditta Galileo e sul suo inventore ing Triulzi l'ha fatto il bravo Lazer, il mio apporto è stato minimo…

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Comandanti,

 

iniziamo ora a parlare dell'interno, attraverso questa modellazione 3D che alcuni di voi hanno già visto nelle tavole del calendario.

 

Taranto-slide-07.png

 

Possiamo analizzare con maggior dettaglio alcuni particolari del battello, iniziando dalla torretta e dalla timoneria.

Vedete nello screenshot qui sotto la zona riservata al comandante e ai due timonieri.

Il comandante, inizialmente unico ufficiale a bordo, operava stando in piedi su una piattaforma abbattibile inserita sulla scaletta della torretta.

In effetti le piattaforme erano due: quella inferiore, qui mostrata in posizione aperta, gli consentiva di arrivare con gli occhi a livello degli oblò della torretta, che inizialmente erano l'unico mezzo per la visione esterna, prima dell'installazione del cleptoscopio.

La seconda piattaforma pieghevole, qui mostrata in posizione chiusa, era più alta e consentiva al comandante di rimanere con la testa e parte del busto fuori dal portello, durante la navigazione in emersione.

 

Il timoniere di direzione di trovava subito davanti al comandante e manovrava la ruota a caviglie più grande.

Come vedete, tramite un sistema di cavi metallici con diversi rinvii, il moto della ruota veniva trasferito ai due timoni di direzione poppieri, che erano interconnessi da un asse verticale con un'opportuna asola per Il passaggio dell'asse dell'elica.

Viste le interferenze dello scafo in acciaio, non era possibile installare una bussola magnetica sulla chiesuola davanti at timoniere.

Dai disegni, una bussola di questo tipo verosimilmente appare in torretta, davanti al comandante, poiché la torretta stessa era costruita in bronzo e quindi era meno problematica dal punto di vista magnetico. Più avanti, probabilmente già prima del 1900, fu installata una bussola giroscopica che risolse definitivamente il problema.

 

Potete infine vedere la postazione del timoniere di profondità , che operava la ruota più piccola più in avanti e a sinistra rispetto alla ruota dei timoni di direzione.

Questa postazione era corredata da un indicatore meccanico dell'angolo dei piani di profondità, da un semplice inclinometro a pendolo, e probabilmente da un ripetitore del profondimetro posto in vicinanza.

Subito più a proravia c'erano invece la pompa manuale per il controllo dell'assetto e la tastiera, di cui vi parlerò più avanti.   

 

Taranto-slide-08.png

 

Modificato da Ocean's One
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Anche se conosco il il progetto per aver partecipato di straforo al lavoro, continuo ad appassionarmi ogni volta che vedo il rendering così ben dettagliato pensando che lo stesso è frutto dell'elaborazione di un disegno 2D del 1895 e di tanta passione :smiley19::smiley19::smiley19:

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Grazie Fabrizio.

Per me è stato un piacere ed un onore. Poi, ti dirò, l'emozione maggiore è stata alla Scuola, vedendo dal vero le tavole su cui avevo fatto le mie misure e le mie valutazioni.

Parliamo dei disegni ingialliti di 130 anni fa, firmati dai progettisti a noi ben noti!

Chissà, su questi stessi disegni quante valutazioni tecniche avevano fatto anche loro...

Nel mio piccolo, poter ripetere la loro esperienza e condividere un po' di quel progetto è stata una grande soddisfazione!

 

__________

 

Veniamo ora alla prossima slide, che inizia a trattare i sistemi di immersione del Delfino.

Trattandosi di un battello sperimentale, i progettisti hanno voluto esplorare tutte le possibili modalità del governo in quota: le classiche casse allagabili, i piani di profondità (associati ad un dispositivo di controllo di cui vi parlerò in seguito) ed anche le famose eliche di spinta verticale, poi scomparse da tutti i battelli seguenti ma riapparse nei moderni ROV subacquei.

 

Partiamo con le casse immersione, che nella fattispecie erano 6 doppi fondi allagabili disposti, a coppie, nella zona inferiore del battello (aree in azzurro).

Va notata subito la corretta attenzione alla compartimentazione di questi volumi: le paratie trasversali che dividevano le tre coppie impedivano grossi scuotimenti dell'acqua di zavorra in senso longitudinale, preservando il battello dal rischio di instabilità nel senso del beccheggio.

In aggiunta, era possibile travasare l'acqua fra la prima e la terza coppia di doppi fondi tramite una pompa manuale, potendo quindi correggere l'equilibrio del battello anche in senso longitudinale. 

Il volume totale dei doppi fondi era di circa 8500 litri, corrispondenti ad una riserva di spinta di circa il 9% sul dislocamento totale del battello.

Come già detto, questi sono valori più da sottomarino che da sommergibile, ed infatti il primo Delfino non emergeva moltissimo, durante la navigazione in superficie.
 

Taranto-slide-09.png

 

Nella figura a sinistra vedete evidenziato in azzurro anche un piccolo volume posto a prora: si tratta di una cassa assetto ausiliaria, che lavorava in sincrono con i piani di profondità prodieri, dotata di un dispositivo automatico di mantenimento della quota basato su un sistema a pendolo ed una capsula pressostatica.

Si tratta di una delle tante idee generate dal nostro celebre genio italico, a cui dedicherò una slide specifica più avanti nella trattazione.

Ad ogni modo, l'evoluzione del Delfino portò ad una revisione del disegno e questa cassa assetto fu sostituita da una cassa di compenso prodiera, che serviva appunto a compensare il peso dei siluri lanciati, insieme ad una cassa di compenso poppiera, da usarsi al calare della riserva del carburante del motore termico installato nel 1902.

 

Passiamo ora alla caratteristica più originale, ovvero le eliche di spinta verticale, denominate "eliche di affondamento" ed evidenziate in rosso nella figura di sinistra.

Inizialmente si faceva molto affidamento su questi dispositivi: addirittura si pensava che il Delfino dovesse rimanere leggermente positivo anche con le casse completamente allagate, potendo poi immergersi del tutto  grazie alla spinta delle eliche ad asse verticale.

Per questo motivo, i dati dimensionali riportano valori differenti dell'immersione dello scafo: inizialmente vicina a 2,35 metri, quando il battello era intenzionalmente "leggero", l'immersione si avvicinò poi ai 2,65 m quando il battello era in grado di immergersi staticamente anche senza eliche di spinta. La seconda scelta fu quella definitiva, ed infatti le "eliche di affondamento" furono rimosse dopo il 1904 .

Nel rendering a destra vediamo invece l'originale meccanica della trasmissione di queste eliche. Visti i pesi e le dimensioni dei motori elettrici dell'epoca, si decise di utilizzare un unico motore che azionasse, in alternativa, o la pompa centrifuga di esaurimento dei doppi fondi, oppure l'elica ad asse verticale tramite una coppia conica di ingranaggi.

La stessa architettura era riproposta sia a prora sia a poppa, per ciascuna delle due eliche e delle due pompe di cui il battello era dotato.

Verosimilmente, in ciascuna posizione operava un Torpediniere Elettricista, il cui compito principale era di inserire o disinserire la trasmissione verso la pompa o verso l'elica.

Come vedete, c'erano due lunghe leve a comando manuale, che movimentavano gli innesti a manicotto scorrevole sull'asse del motore elettrico.

Soluzione spartana ma efficiente, come del resto tutte quelle impiegate in questo primo, "geniale" battello.

(...e,  come scrissi già a suo tempo: viva la meccanica!)

 

 

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7 hours ago, Ocean's One said:

Grazie Fabrizio.

Per me è stato un piacere ed un onore. Poi, ti dirò, l'emozione maggiore è stata alla Scuola, vedendo dal vero le tavole su cui avevo fatto le mie misure e le mie valutazioni.

Parliamo dei disegni ingialliti di 130 anni fa, firmati dai progettisti a noi ben noti!

Chissà, su questi stessi disegni quante valutazioni tecniche avevano fatto anche loro...

Nel mio piccolo, poter ripetere la loro esperienza e condividere un po' di quel progetto è stata una grande soddisfazione!

 

 

Disegni che appena visti ho subito commentato con il C.te di scuola sommergibili il quale cercava di tenermi lontano (senza riuscirci 😉) dalla busta dove erano catalogati altri interessanti disegni dello stesso Delfino , C.te che poi mi ha tirato le orecchie un paio di volte davanti all'ammiraglio perchè non tenevo nella giusta considerazione il lavoro di ricerca di alcuni "infiltrati" nella stessa Scuola Sommergibili, vero Manuel ? :tongue: 

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Disegni bellissimi ed inaspettati, almeno per me.

Vedere addirittura TRE versioni del progetto originale, in evoluzione progressiva, e oltretutto disegnate su tavole di grandi dimensioni per me è stato veramente uno spasso.

Immagino sia stato lo stesso per te, Magico, di fronte al fascicoletto "proibito"... :shiftyninja:

(però... l'attività di "intelligence"... richiede discrezione... :rolleyes: )

__________

 

Bene, torniamo ora alle nostre slides e continuiamo con ulteriori dettagli sui sistemi di immersione.

Vedete in questo screenshot la riproduzione della zona dove si trovava il personale addetto all'assetto.

C'era il timoniere di profondità, già menzionato in precedenza e che operava sulla ruota a caviglie più piccola, e subito davanti a lui l'addetto alla pompa manuale di travaso, che controllava l'assetto longitudinale. Anche il "tastierista" si trova in zona, soltanto un metro più avanti e sempre sul lato sinistro del battello.

 

La colonnina bianca al centro dell'immagine è una pompa manuale, destinata a travasare l'acqua di zavorra dai doppi fondi prodieri a quelli poppieri e viceversa, in modo da variare in bilanciamento longitudinale del battello.

C'è da pensare che inizialmente si facesse molto affidamento su questo sistema statico, ragione per cui non erano stati pensati dei piani di profondità a poppa, ma soltanto a prua.

Poi, con l'esperienza, il travaso di acqua con pompa manuale perse di importanza, e furono invece introdotti i piani di profondità anche a poppa.

Fra l'altro, c'è da chiedersi quanto fosse efficace la pompa manuale per l'esaurimento delle casse, e non solo per il travaso.

Probabilmente era ragionevolmente valida come pompa di sentina, ma certo si sarebbe trovata in difficoltà ad esaurire i doppi fondi in immersione, dovendo vincere la forte contropressione legata alla quota del battello.

 

Taranto_slide_10.png

 

La tastiera dell'aria compressa è  l'unico componente del Delfino che sia stato conservato fino ai nostri giorni (purtroppo... :sad: )

Sappiamo che comprendeva 8 diversi comandi, che verosimilmente erano assegnati ai 6 doppi fondi e alle due casse di compenso o assetto.

Non è però certo che ogni leva comandasse sia la funzione di immissione che di scarico dell'aria.

L'alternativa è che ci fossero 4+4 leve suddivise fra le due funzioni, che nel rendering ho colorato in rosso e in verde per dividerne le funzionalità.

Molto probabilmente, c'è stata un'evoluzione graduale e si è passati dai vari comandi delocalizzati alla tastiera centrale unica, per una migliore funzionalità.

Del resto, se guardate la slide precedente sui sistemi di immersione, vedrete anche lì dei comandi locali, ovvero i volantini rossi delle valvole di riempimento dei doppi fondi e di svuotamento sulle condotte della pompa centrifuga.

Soluzione non certo ottimale: immaginate due uomini distanti 10 metri che devono sincronizzare la loro azione di apertura di queste valvole! Non è semplice, vero?

Fortunatamente, pian piano, l'esperienza consentì di raggruppare i comandi nelle posizioni più opportune. Di certo ciò è avvenuto per la tastiera dell'aria compressa del Delfino.

 

Infine, un ultimo dettaglio.

Vedete i tre bulloni rossi che spuntano dal pagliolato? Ebbene, quelli erano i lunghi vitoni che bloccavano, dall'interno, la chiglia di zavorra fissa installata sotto il battello.

In caso di emergenza estrema, le 4 tonnellate di zavorra fissa potevano essere sganciate svitando questi bulloni, in modo da riguadagnare spinta positiva e, sperabilmente, riportare in superficie il sottomarino.

Fortunatamente, non ci fu mai necessità di utilizzare questo sistema... 

 

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Comandanti,

 

proseguo la presentazione mostrandovi la parte conclusiva dei sistemi di controllo dell’assetto.

Vorrei citare uno fra i dispositivi più innovativi del Delfino, ma che probabilmente non ha soddisfatto le aspettative.

I progettisti avevano ben presente la criticità dei movimenti di beccheggio di un battello immerso, che facilmente potevano portare ad instabilità e conseguenze anche gravi. Quindi, si pose la massima attenzione ai dispositivi per mantenere un assetto immerso il più possibile orizzontale.

 

Oggi sappiamo che la modalità dinamica più efficace è l’utilizzo di due coppie di piani di profondità, con funzioni differenziate: i piani di prua (o sulla vela) determinano la spinta verticale responsabile del cambiamento di quota, ed in misura minore anche una modifica dell’angolo di beccheggio; i piani poppieri, dato il loro grande braccio di leva, governano in primo luogo l’inclinazione longitudinale dello scafo e sono utili a controllare l’angolo di bolla ed impedire che questo raggiunga valori indesiderabili o addirittura pericolosi.

Purtroppo, il Delfino prima versione era privo dei timoni di profondità addietro (AD), per cui fu sviluppato un dispositivo automatico per il controllo dell’assetto, basato su una piccola cassa assetto prodiera interconnessa con il comando dei piani di profondità avanti (AV).

 

Taranto-slide-11.png

 

Come vedete nell’immagine di sinistra, la cassa assetto era connessa con un dispositivo a pendolo, che verosimilmente comandava il suo riempimento o svuotamento per correggere le variazioni dell’angolo di bolla. Inoltre, il cinematismo del pendolo veniva anche trasferito all’asse dei piani di profondità attraverso un’asta metallica ed una biella, azionando questi timoni in modo da opporsi al moto di beccheggio.

C’era quindi la necessità di “miscelare” il comando della correzione data dal pendolo con il comando del timoniere, trasferito con un sistema a vite-settore. Purtroppo dai disegni non si riesce a capirne le modalità esatte, ma le strade erano solo due: utilizzare un sistema meccanico simile al differenziale degli autoveicoli, oppure fare una scelta drastica ed avere il timone di sinistra comandato dal timoniere e quello di dritta azionato dal sistema automatico a pendolo.

Come se la cosa non fosse già abbastanza complessa, la cassa assetto era corredata anche da una capsula pressostatica con molla calibrata, che scattava sotto la pressione dell’acqua alla massima quota ammissibile, portando automaticamente i timoni AV in posizione di risalita.

 

Certamente ci dobbiamo inchinare di fronte ad un dispositivo meccanico così ben congegnato e geniale per le conoscenze di allora. Tuttavia, va detto però che la logica di partenza era fuorviante, perché si poneva troppa fiducia nella stabilizzazione per effetto dei pesi anziché dei timoni.

Molto probabilmente questo dispositivo automatico non soddisfece le aspettative, tant’è che fu sbarcato già nel 1895, quando il suo spazio fu preso dall’azionamento del nuovo timone di direzione posto sotto la prua.

Poi, per vedere il problema del beccheggio definitivamente risolto, dobbiamo aspettare fino al 1904, quando fu aggiunta una seconda coppia di piani orizzontali in posizione poppiera.

_________

 

Retaggio della convinzione di controllare il beccheggio attraverso dispositivi statici è anche il carrello della zavorra mobile, visibile nel cerchio rosso. Contenente pani di piombo da 30 kg l’uno, il carrello scorreva su opportune guide e poteva essere fatto avanzare od indietreggiare manualmente, per correggere l’appruamento o l’appoppamento dell’unità.

E’ probabile che anche questo sistema avesse rivelato una bassa efficacia, non venendo più riproposto nelle classi successive di battelli della R.M.

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Cari amici,

passiamo ora ad un altro argomento, relativo all'armamento della nostra unità e trattato nella seguente diapositiva.

 

Taranto-slide-12.png 

 

Come sapete, l'armamento silurante fu oggetto di una continua evoluzione, come del resto praticamente ogni equipaggiamento installato sul Delfino.

Il progetto originale prevedeva due lanciasiluri esterni con rotaie e tenaglie, dimensionati per armi da 356 mm.

Come probabilmente già sapete dal mio thread sulla costruzione del modello, è stato difficile risalire esattamente al tipo di siluro, avendo come dato di ingresso le sole dimensioni dedotte dal disegno in scala.

Alla fine, grazie all'instancabile lavoro di Magico 8/88, abbiamo dedotto la soluzione più verosimile, ovvero il modello Schwarzkopf "B43x356x4620", di 4,62 m di lunghezza, esattamente pari a quanto il disegno originale facesse supporre.

Vedete nel riquadro in alto a sinistra le valutazioni dimensionali in scala, mentre per i complimenti a Magico possiamo tranquillamente aggiungerne un'ulteriore dose.

Ci si potrebbe chiedere come mai fu scelto Schwarzkopf e non il più noto Whitehead; dobbiamo però ricordare che anche il primo costruttore aveva un'officina di produzione a Venezia, e che nel 1895 i rapporti internazionali erano ancora abbastanza distesi e non costituivano ostacolo.

Oltre a questo, dobbiamo ricordare un'importante caratteristica dei siluri Schwarzkopf che, essendo realizzati in bronzo fosforoso, erano praticamente inossidabili in acqua marina.

 

Va però detto che la soluzione dei siluri esterni era già superata sin dall'inizio, e una coppia di lanciasiluri interno da 356 mm sarebbe stata certamente più efficace (del resto, ricordiamo l'esempio del Peral di alcuni anni prima, già dotato del suo TLS interno a prua).

Di conseguenza, nel 1893 era già pronto il progetto di riconversione del battello con una coppia di TLS interni, anche se ci viene riportato che tale soluzione non fu messa in pratica.

Invece, negli anni a cavallo della ricostruzione fu installato l'armamento definitivo, che il battello conservò fino alla fine della sua carriera da sommergibile: un singolo tubo lanciasiluri interno da 450 mm,  con una dotazione di due siluri Whitehead.

 

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Con oggi concludo la mia parte della presentazione, legata alla tecnica del Delfino.

Dopo aver visto un buon numero di sistemazioni interne, la domanda sorge spontanea: ma come si viveva all’interno di questo battello?

Abbiamo quindi cercato di “popolare” il disegno in sezione con figurini di marinai, disposti secondo una logica corretta per la funzionalità dei vari apparati.

(Si ringraziano Magico 8°/88 per l’elaborazione del disegno a colori, e Lazer One per i “plastici” figurini che lavorano dentro al battello)

 

Dobbiamo subito dire che il Delfino era proprio piccolo: l’altezza massima abitabile era di soli 1,70 m, al netto della torretta, mentre in molte altre posizioni gli uomini avevano soltanto 1,40-1,50 m a disposizione.

Il fatto era mitigato dalla minore altezza media degli uomini di allora: 1,61 m nel 1900, per cui immagino siano stati scelti dei marinai particolarmente bassi; ciononostante non si può certo dire che il Delfino fosse comodo e spazioso.

Internamente, il battello aveva un unico lungo locale, senza paratie intermedie di separazione. Soltanto dopo la ricostruzione del 1904 fu aggiunta una paratia, probabilmente non stagna, per separare il locale del motore termico a benzina dalla camera di manovra.

inoltre, almeno nella prima versione, non c’erano sistemazioni per il riposo dell’equipaggio, né cambusa, vista anche la limitatissima autonomia che il battello aveva prima dell’installazione del motore termico.

 

Taranto-slide-13.png

 

Ora possiamo concentraci sui compiti dell’equipaggio, costituito da 1 ufficiale e 7 marinai, come dai registri di allora.

Per il Comandante non ci sono dubbi: era un TV ed operava in piedi sulla piattaforma della scaletta, osservando fuori attraverso gli oblò si torretta, visto che il periscopio non era ancora stato installato.

Subito davanti al comandante c’era il timoniere di direzione (Marinaro Scelto), come abbiamo già visto nella precedente slide.

 

Ancora più avanti c’erano i tre uomini dedicati al controllo in quota: un timoniere orizzontale, un addetto alla pompa assetto e alla zavorra mobile, ed un tastierista che operava le valvole dell’aria compressa. Dai registri risulta che questi tre uomini fossero due Torpedinieri Siluristi ed un Sottocapo Silurista, coordinatore del piccolo gruppo e sottufficiale all’assetto.

La specialità “Siluristi” ha un certo senso, in quanto questi uomini avevano a che fare con sistemi ad aria compressa, come i siluri di allora, ed anche perché dovevano effettivamente operare i siluri del Delfino: il lancio doveva avvenire in affioramento, senza particolari necessità di manovra in quota, mentre le leve per l’apertura delle ganasce erano proprio sopra di loro e passavano dalle colonnine di supporto dei lanciasiluri esterni.

 

L’equipaggio era completato dagli addetti alla propulsione: vedete due Torpedinieri Elettricisti che operano sui motori delle eliche di affondamento di prua e di poppa, innestando o disinnestando i motori dal lato elica o dal lato pompa centrifuga, come abbiamo già visto.

C’era infine la figura del Direttore di Macchina, che inizialmente era un Capo di 1a, 2a o 3° Classe.

Si può pensare che nei piani originali il Direttore si dovesse occupare principalmente dei QQ.EE. vicini al motore elettrico di propulsione, ma in effetti è probabile che i suoi compiti fossero molto più articolati sin da subito.

In un battello così complesso e bisognoso di supervisione anche per la manovra in quota, possiamo pensare che il Direttore coordinasse anche le azioni per il controllo dell’assetto e, in generale, tutte le funzioni tecniche del battello.

Mentre la manovra sui Quadri Elettrici poteva essere eseguita dal Torpediniere Elettricista di poppa (poco impegnato ad operare l’inefficiente “elica di affondamento”), il Direttore probabilmente ha avuto più libertà di muoversi all’interno del battello e controllare l’operato degli altri uomini, compresi gli addetti al controllo dell’assetto.

Questa evoluzione del ruolo del Direttore di Macchina, poi continuata fino ai nostri giorni, ha fatto sì che dopo pochi anni dal varo, sul Delfino il Direttore divenne un Ufficiale, con il grado di Ing 2° cl. G.N. (Capitano G.N.)

 

__________

 

Bene, con questo la mia parte è finita; spero che abbiate apprezzato.

Chiedo ora al Dir come voglia continuare con la sua parte, relativa agli aspetti storici dell’evoluzione del nostro primo battello. Ciao!

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Grazie Comandante Ocean's One. Sapere come è nato il primo sottomarino della nostra Marina è stato avvincente, soprattutto in virtù della tua narrazione, semplice nell'esposizione ma completa nei dettagli.

 

Fa sorridere il fatto che allora non si intravedeva un proficuo utilizzo di un battello con quelle caratteristiche, tanto  che fu considerato una sorta di giocattolo da accantonare, invece poi...

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Max, è stato un piacere. Sia l'esposizione a Taranto che il ritorno sulle pagine di questo forum.

Lieto che apprezziate.

 

Comunque non è finita: ora, se il Dir può, ci sarebbe anche la parte storica, in cui vedremo eventi ed aspetti salienti della carriera di questo nostro primo battello.

(Marco, procediamo? Ti serve supporto per upload foto?)

 

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Eccomi, scusate il ritardo e grazie a Ocean's per avermi ceduto lo.. schermo.

La parte tecnica non poteva prescindere dalla parte storica, ed è una storia di tutto rispetto quella del nostro Delfino, non mi risulta che esistano altri battelli che l'abbiano vissuta!

dia 00bis.jpg

 

Quella che segue è la stessa lastrina ma non potendo inserire l'animazione devo per forza riportare almeno due visualizzazioni.

Come sappiamo il Regio Battello Sottomarino Delfino nasce, appunto, come sottomarino e quindi un mezzo fatto per navigare in immersione che emerge solo quando necessario, alla stessa stregua dei mezzi coetanei come il Peral spagnolo o i vari tentativi francesi o di Holland. Significava scafo fusiforme con poche appendici, propulsione in grado di funzionare sott'acqua per un tempo bellicamente valido e sistemi per operare in questo ambiente. Nulla di tutto cio era disponibile: le batterie erano immature, la propulsione a vapore pericolosissima per le gradi aperture e l'immenso calore, l'aria compressa insufficiente, nessun mezzo valido per guardare fuori dal battello o per puntare i siluri.   

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Verso la fine del secolo, però, si sviluppa in Francia una corrente "navale" innovatrice, che prenderà il nome di "Jeune Ecole" che profetizzava una guerra di torpediniere invece di grandi navi corazzate, che sarebbero state inermi di fronte a queste insidie (e il MAS di Rizzo lo dimostrò ampiamente). Quindi ogni mezzo piccolo ma veloce e in grado di lanciare un siluro (o torpedine, come si usava dire all'epoca) poteva assurgere a minaccia mortale per le grandi navi.  Anche i sottomarini rientravano in questa casistica, non tanto perché veloci ma perché potevano evadere nascondendosi sotto il mare. La necessità di reggere il mare in superficie e aumentare velocità e autonomia promosse l'ingresso dei motori endotermici - prima benzina e poi diesel - e modifico le sovrastrutture. Questo cambiamento di strategia di impiego non sfuggi alla Regia Marina che riprese il battello sperimentale (che potrebbe non essere stato in "naftalina" per 5 anni come unanimemente riconosciuto) con ai primi del 1901 lo rimise in armamento completando il suo equipaggio con un ufficiale ingegnere quale direttore di macchina in funzione delle future modifiche da apportare.

 

dia 02b.jpg

 Il 1901 sarà  un anni impegnativo, con prove alla presenza delle massime autorità tra cui lanci di siluri dal tubo di lancio installato nel 1895 e prove di resistenza alle esplosioni subacquee, riportate in un simpatico documento di uno dei tecnici dell'Arsenale che informava essere avventa una prima prova con solo pecore a bordo (e lascia immaginare cosa trovarono ai piedi degli impauriti animali) e una seconda con persone a bordo.   E' anche il periodo in cui imbarcherà l'antenato del periscopio, ma questo merita una lastrina dedicata...

Modificato da Totiano
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Ci sono molte Marine che accampano la primogenitura del periscopio. Nella sua forma più semplice era gia usato, sembra, ai tempi di Gutembreg. Sui battelli di fine '800 furono applicati i primi sistemi, ancora decisamente inefficienti, nonostante sia i francesi che gli statunitensi avessero un impianto che, per quanto inefficace, era meglio degli "Oblò" installati sulla torretta del Delfino e del "cannocchiale" della Filotecnica installato nel 1900. 

dia 00bis.jpg

 

Proprio per questa inefficienza il comandante del Delfino appena riarmato, Tenente di Vascello Borrelli, entra fortunosamente in contatto con l'ing Martinez delle Officine Galileo di Firenze e gli rappresenta il problema nella speranza di una soluzione. Nel giro di pochi mesi l'ing. Triulzi tra i migliori tecnici italiani dell'epoca e ingiustamente poco conosciuto, mostra orgoglioso sul tetto delle officine Galileo il "Teleops": è il Marzo 1901 e, nonostante sia fatto di cartone e pezzi di risulta, è nato il primo periscopio moderno.

Su questo nasce un giallo, sembra infatti che l'ing Laurenti avesse visto i disegni o il prototipo e avesse progettato il suo "Cleptoscopio", brevettandolo a fine luglio, ispirandosi alle idee del Triulzi.

 

dia 01b.jpg      

 Dalle pratiche degli avvocati e dalle memorie del Triulzi sembra che il Laurenti avesse chiesto di non brevettare il Teleops per mantenere il segreto mentre, in realtà, stava lavorando sul suo sistema, che sarà poi montato sul Delfino nel 1902. 

Ma il Teleops del Triulzi, brevettato il 2 settembre 1901, rimane il primo strumento al mondo con le caratteristiche richieste a un moderno periscopio e che fosse funzionale lo dimostrano le vendite in tuto il mondo e la sostituzione sul Delfino nel 1908.

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Anche a me, Marco, ma quella Scuola è per me una seconda casa (anche se ristrutturata e ampliata rispetto al 2000) per cui temo non valga. Spero però che il tour tarantino sia piaciuto a tutti i partecipanti ...

 

Torniamo alla nostra presentazione. Con la prossima diapositiva, suddivisa in 4 per salvaguardare l'animazione e, soprattutto, vedere le belle foto, introduciamo la vita operativa del Regio Sommergibile Delfino, una vita importante anche per una cosi piccola unità!

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Dopo il periodo di lavori che lo trasformeranno da sottomarino a sommergibile, il battello torna in armamento nel luglio 1904 e quasi immediatamente trasferito dalla sua base di La Spezia a quella di Venezia, che rimarrà fino alla fine tranne un breve intermezzo. Il trasferimento avverrà parte a rimorchio e parte con i propri mezzi, testando ulteriormente il nuovo impianto motore a benzina/generatore/batteria durante quei 10 giorni. Ma perché questo trasferimento?

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a giudicare dalle numerose (per l'epoca e il mezzo) uscite per esercitazione e manovre di squadra la risposta è testare il mezzo e il fine ultimo addestrare equipaggi. Perché è a Venezia che l'ing Laurenti sta costruendo i nuovi battelli classe Glauco, la prima classe di sommergibili operativi italiana. Molte soluzioni impiegate o testate sul Delfino  saranno trasferite sui nuovi battelli.

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Negli anni successivi, a meno di un breve periodo di lavori per carenamento periodico, le uscite addestrative si susseguono preparando i futuri equipaggi dei Glauco al loro futuro mezzo. Deve essere detto che buona parte dell'addestramento si svolgeva in porto, come dimostra la foto di questa immersione in banchina a Venezia.  Quando i nuovi battelli sono finalmente in grado di navigare da soli il Delfino è aggregato all'Otaria (uno dei battelli classe Glauco) e nasce il primo Gruppo Sommergibili (Anche se ancora non ha questo nome)

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Modificato da Totiano
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A questo punto è opportuno un breve approfondimento sulla prima classe di sommergibili operativi della Regia Marina: i Glauco, appunto.

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Laurenti era, in quel momento, l depositario del sapere tecnico sommergibilistico dei battelli in Italia e la scelta del progettista per questi battelli era scontata. Ipotizziamo che la progettazione sia più o meno coeva dei lavori di trasformazione del nostro Delfino, se il primo battello è stato impostato nel 1903.   Erano decisamente più grandi del Delfino e paragonabili ad altre unità dell'epoca, anche se molti impianti saranno gli stessi, le eliche sono 2 accoppiate a un motore elettrico e un motore a benzina. Il doppio tubo lanciasiluri ricorda molto uno dei disegni di ipotizzata modifica del Delfino.

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I 5 battelli - Glauco, Squalo, NArvalo, Otaria e Tricheco - saranno impostati sullo scalo dell'Arsenale di Venezia che oggi ospita il Dandolo  tra il 1903 3 il 1909. Per ogni battello sono stati necessari circa due anni sullo scalo prima del varo e qualche mese per la consegna, segno evidente che al varo l'alletimento era già a buon punto. 

 

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I battelli, che durante la guerra dimostreranno tutti i limiti dei loro poco affidabili motori a benzina, saranno impiegati nel nord Adriatico e fin da subito emerge la caratteristica fondamentale dei battelli tipo Laurenti, che privilegiavano le necessità interne alla forma dello scafo, che non avrebbe avuto forme cilindriche pure.   Gli stessi battelli saranno opportunità di sperimentazione, tanto da variare, ad esempio il numero dei tubi lanciasiluri.  

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Mi sta bene che i Glauco siano funzionali come disposizioni interne, ma in quanto alle forme di scafo direi che l'estetica ne soffre alquanto...! :sad:

Già il Delfino dopo ricostruzione era peggiorato molto, ma questi sono effettivamente brutti, direi quasi "francesi" in quanto ad aspetto esteriore.

Però, capisco bene che che il Laurenti guardasse alla funzionalità e quindi disegnasse con il righello e non con il compasso.

Del resto, visto che accettava una limitata quota operativa, questa era la soluzione più pratica per le sue "torpediniere sommergibili".

Dico giusto, Dir?

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Proprio cosi Marco. I sistemi di caccia antisom erano pressoché inesistenti e le quote massime dei battelli della prima guerra mondiale sono alla portata di odierni subacquei dilettanti. Ecco quindi, nonostante la metallurgia fosse ancora lontana dai materiali oggi disponibili, la possibilità di aumentare leggermente lo spessore dello scafo resistente   per ottenere sezioni non cilindriche ma più adatta alla navigazione in superficie. C'è un bell'articolo sulla Rivista Marittima del 1901 (mi sembra), ad opera del nostro Laurenti, che si esprime proprio in questi termini. Sul forum abbiamo una pagina dedicata ai Glauco al link  

da cui proviene questo disegno con relative sezioni

cl.GLAUCO.I-I.sommergibili.Italiani.1963

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Nel 1912, quando "nasce" il Gruppo Sommergibili e il Delfino è aggregato all'Otaria i venti di guerra stanno già iniziando a soffiare in Europa. Ci sono studi Austroungarici di prima del 1910 che prendono in considerazione il conflitto con l'Italia e sono convinto che il Servizio Informazioni italiano ne fosse a conoscenza, non a caso 2 anni dopo l'Italia non entrerà in guerra a fianco degli Imperi Centrali.

dia 00bis.jpg  

 

Allo scoppio del conflitto il Delfino è a Venezia, e nell'agosto del 1914 (9 mesi prima della dichiarazione di guerra) viene destinato alla "Difesa mobile costiera" di Venezia. E' il compito per cui era stato ipotizzato quando fu concepito nel 1889 e il motore endotermico lo aiuta a svolgerlo meglio. I primi 2 anni di guerra svolgerà rispettivamente 14 e 10 missioni di guerra, numeri non lontani da quelli degli altri battelli in servizio nella Regia Marina

dia 01b.jpg  

Dal maggio 1916 diventa unità sede comando squadriglia: è consuetudine che il Comando sia imbarcato e il Delfino, che si muoverà sempre meno grazie all'entrata in servizio di nuovi battelli pia affidabili e performanti, è ideale per alzare la bandiera del comandante della squadriglia. Nel 1917 effettuerà 5 missioni di guerra, infatti, ma ricordiamoci che a novembre di quell'anno Caporetto ha sconvolto gli equilibri italiani e Venezia è minacciata da terra.

Infatti ai primi del 1918 il Delfino viene trasferito a Porto Corsini e, anche se non ci sono foto, probabilmente ormeggiato nella Darsena di città a Ravenna dove è stata costruita una stazione di ricarica delle batterie per sommergibili e casermette per gli equipaggi dei battelli.

Alla fine della guerra il Delfino torna a Venezia e viene smantellato in Arsenale, un vero peccato che non ci fosse la cultura dei sommergibili museo perché il nostro battello:

- tra i primi sottomarini moderni

- tra i primi a imbarcare una girobussola 

- ha dato i natali al primo periscopio moderno

Ma soprattutto è l'unico battello che sia nato sottomarino, trasformato in sommergibile e abbia combattuto in prima linea in un intero conflitto uscendone indenne!       

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Con queste lastrine si concludeva la presentazione e, dopo gli applausi e i complimenti a tutti coloro che hanno partecipato al progetto, ci siamo trasferiti nella sala storica per la cerimonia di donazione del modello alla Scuola Sommergibili.

E' stato un grande onore per tutto il team poter presentare 2 anni di lavoro alle più alte autorità sommergibilistiche e i complimenti dell'ammiraglio Petroni, che è a capo della Componente, non possono lasciare indifferenti.

Ma, devo essere sincero, la commozione del decano dei sommergibili ammiraglio Arena mi ha profondamente colpito. Per generazioni di uomini con l'insegna del Delfino è stato come un padre, severo e giusto come un padre deve essere, e il suo "abbraccio" alla nostra Associazione è stato un dono davvero prezioso!     

 

dia 02b.jpgdia 03b.jpg

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