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ammiraglio Gino de Giorgi


Totiano

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Moriva 40 anni fa l'amm Gino de Giorgi, giò Capo di Stato Maggiore della Marina e padre dekka moderna flotta che ha traghettato l'Italia dalla Guerra Fredda fino ai nostri giorni, dove una nuova flotta sta sostituendo le vecchie nave grazie al figlio Giuseppe Capo di Stato Maggiore della Marina fino a qualche anno fa-. Questo è appunto, il ricordo del figlio, Ammiraglio Giueppe de Giorgi, del padre Gino, disponibile al link http://ammiragliodegiorgi.altervista.org/in-ricordo-di-mio-padre-morto-oggi-40-anni-fa/?fbclid=IwAR0jjexHRGZdThw6Pyisp3GMD0vmK4_6Ylj97mVzMM7Jdge3j8-uy7icE9I

 

Quote

 

In ricordo di mio padre, morto oggi 40 anni fa

 

Oggi, 40 anni fa moriva l’Ammiraglio di Squadra Gino De Giorgi, il mio Papà. Capo di Stato Maggiore della Marina dal 1973 al 1977, artefice della Legge Navale del 1975 che diede vita alla rinascita della Marina post bellica.

Era l’alba del 13 settembre del 1979 quando morì. Spirò dopo avermi salutato. Affrontò la morte con il coraggio e la dignità che erano stati la sua cifra distintiva nei 45 anni di servizio in Marina, in pace e in Guerra. Quella vera, la Seconda Guerra Mondiale; combattuta in Mediterraneo e in Mar Nero, sempre imbarcato. Prima come Capo Servizio Telecomunicazioni della Squadra Navale partecipando alle principali battaglie contro la Marina Inglese e poi, quando la scarsità di gasolio aveva imposto la riduzione dell’attività in mare delle grandi navi da battaglia, si era offerto volontario per andare a combattere in Mar Nero come Comandante di MAS.

Due medaglie d’argento al Valor Militare, due Croci al merito di guerra, la Croce di Ferro tedesca, conferitagli in Mar Nero.

Dopo l’8 settembre mantenne uniti gli equipaggi della sua Squadriglia Motosiluranti che non si sbandarono, rimanendo disciplinati in servizio ai loro posti in quei giorni tragici. Continuò a essere operativo sino al termine delle ostilità, attraversando più volte le zone occupate dai tedeschi in mare e in terra, per missioni di ricognizione e collegamento con forze della resistenza al Nord. In un’occasione fu sul punto di essere fucilato dai tedeschi in un’altra dai Repubblichini. Ne venne fuori grazie al suo sangue freddo e coraggio, mettendo in salvo anche i suoi commilitoni, rifiutandosi di abbandonarli al loro destino. Terminate le ostilità prestò servizio a terra e a bordo, cambiando come usava all’epoca sede quasi ogni anno.

Comandante della Corvetta Driade che operava come dragamine per la rimozione delle mine che infestavano le acque costiere Italiane, in una sosta a Venezia conobbe mia Madre, Giovanna, di cui si innamorò al primo incontro e che sposò nella chiesa della Salute di Venezia poco tempo dopo. Furono una coppia felice e innamorata per tutta la vita, che non fu generosa però. Mia Mamma morì a soli 47 anni. La sua mancanza avrebbe segnato per sempre la sua vita, legandoci ancora di più. Da quel momento dedicò ogni sua energia alla Marina Militare.

La Legge Navale del 1975 è stata la principale eredità di mio Padre alla Marina e alla Nazione. Per capire la portata dell’impresa Legge Navale, bisognerebbe ricordare in primo luogo il contesto socio-politico del momento, caratterizzato da diffuso antimilitarismo in larghi strati della popolazione e della politica, per non parlare del quadro di politica militare nazionale, centrato sulla difesa della “soglia di Gorizia” dalla minaccia del Patto di Varsavia. Di qui la priorità al potenziamento dell’Esercito (allora 350.000 uomini) e dell’Aeronautica (la seconda della Nato in Europa, dopo quella Inglese, per numero di aerei e di uomini), a scapito della Marina a cui era assegnato il compito ancillare di contribuire alla scorta dei gruppi Portaerei della 6^ Flotta. La divisione della “torta” fra le tre Armi vedeva pertanto la Marina ultima, con un modesto 16% dei fondi di ammodernamento, insufficiente non solo per potenziare la Flotta, decimata dalla guerra e dalle clausole del trattato di pace, ma persino per mantenerne la già modesta consistenza. Mio Padre sapeva che senza un intervento straordinario la Marina sarebbe morta in un decennio; sapeva anche che doveva andare al di là del normale ambito decisionale della Difesa che, sotto l’influenza dell’Esercito e dell’Aeronautica, aveva sinora impedito il superamento della ripartizione delle risorse del bilancio ordinario così penalizzanti per la Marina. Mio Padre decise di coinvolgere il Parlamento e l’opinione pubblica. La sorte della Marina doveva diventare un problema nazionale per essere risolto. Serviva una legge decennale che desse certezze di risorse per sviluppare e costruire in numeri consistenti navi e sistemi d’arma innovativi, progettati e costruiti in Italia, con ricadute importanti in termini di occupazione e di prodotto interno lordo.

Appena assunto l’incarico di Capo di Stato Maggiore della Marina si buttò anima e corpo sul progetto “Legge Navale”, producendo il primo “Libro Bianco” della Marina in cui delineava, in modo per l’epoca “rivoluzionario” il ruolo che la Marina avrebbe dovuto avere nel decennio successivo. Mio Padre aveva anticipato i tempi. Spiegava nel Libro Bianco che riteneva poco probabile (contrariamente alle tesi delle altre due Forze Armate) un conflitto aperto fra i due blocchi sulle rispettive frontiere, mentre riteneva inevitabile l’incremento delle frizioni in Mare per il controllo delle linee di comunicazioni e delle sue risorse. Era una visione che sfidava l’ordine delle cose e dei poteri nel mondo miliare italiano di quegli anni. Le tesi di mio Padre convinsero i Ministri della Difesa, il Presidente della Repubblica e poi la maggioranza dei parlamentari, inclusi quelli dell’allora partito comunista, a cui si rivolse direttamente e capillarmente, ottenendo infine l’approvazione della legge navale con un finanziamento decennale di 1.000 miliardi di lire, per realizzare 100.000 tonnellate di nuove navi, superando l’opposizione dell’Esercito e dell’Aeronautica. Fu un miracolo, seguito da un altro: la definizione dei progetti e la contrattualizzazione di tutte le navi da costruire sia con i fondi della legge Navale che con quelli del bilancio ordinario (allora controllato dal Capo di Stato Maggiore della Forza Armata e non dal Capo di Stato Maggiore della Difesa) entro il termine del suo mandato (1977). L’elenco è impressionante: l’Incrociatore “tuttoponte” Garibaldi (prima Portaerei Italiana e cavallo di tr##a per l’aviazione di Marina), 4 Fregate veloci Lupo (33 nodi e armate sino ai denti con 8 – poi incrementati a 16 – missili antinave), 8 Fregate polivalenti Maestrale (un vero gioiello in termini di architettura navale e di capacità operativa), 2 Cacciatorpediniere Mimbelli (con fondi integrativi alla legge navale), 2 rifornitrici di Squadra classe Vesuvio, 1 Nave Soccorso Sommergibili e appoggio operazioni subacquee Anteo, 4 sommergibili classe Sauro, 6 Aliscafi lanciamissili cl. Sparviero, 70 elicotteri. La sua opera non trascurò il personale, basti pensare alla costruzione di centinaia di alloggi nelle basi della Marina, fra cui il complesso alloggiativo contiguo al Comando Squadra di Santa Rosa, i comprensori di La Maddalena, Ancona, etc. e l’attenzione all’adeguamento delle indennità e molto altro. Pochi sanno ad esempio che fu per volontà di mio Padre che fu modificata la norma che regolava la carriera degli Ufficiali del CEMM (ovvero provenienti dalla truppa) per consentire loro il raggiungimento del grado di Capitano di Corvetta (purtroppo anni dopo per allineare le norme Marina con quelle delle altre Forze Armate (che non avevano tale possibilità) fu abolito il ruolo degli Ufficiali del CEMM che consentiva a chi era entrato in Marina da marinaio di fare carriera sino a Ufficiale Superiore.

Dopo quattro anni di incarico da Capo di Stato Maggiore, rifiutò più volte proroghe al suo incarico, così come non accettò le offerte di prestigiosi e ben retribuiti incarichi ai vertici di Industrie della Difesa. Una questione di “stile” mi disse sorridendo. L’Ammiraglio Gino De Giorgi è stato un grande Capo che ha segnato la Storia della Marina Militare. Per me è stato il miglior Padre che io potessi desiderare.

 

 

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foto MMI via Avionews

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Grazie Marco per aver sottoposto all'attenzione dei Betasomiani la figura dell'Ammiraglio Gino De Giorgi: un grande Uomo di cui il figlio, Ammiraglio Giuseppe, ha tracciato un profilo asciutto ma esaustivo. A Lui la Marina deve sicuramente molto!

 

ONORE ALL'AMMIRAGLIO GINO DE GIORGI ! ! !

1 hour ago, Totiano said:

 

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