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UN CONVEGNO ABISSALE


Red

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17° Episodio di guerra marittima narrato da Michele Vocino

nel suo libro " Bandiere sul Mare - Episodi della Grande Guerra "

 

UN CONVEGNO ABISSALE

 

" ...... All'alba - dice il diario d'uno dei prigionieri pubblicato dal capitano di corvetta Monasterev - i cadaveri furono sugli autocarri portatati ad un pontile, donde, accatastati sulle chiatte, vennero rimorchiati al largo, e lì gettati a mare con un ferro ai piedi....... " .

   Il dramma della Marina è uno di più crudeli nel fosco quadro della rivoluzione di Russia. E se ne intuisce la genesi poichè da un lato sulle navi dello Zar la disciplina era ciecamente ferrea, quasi spietata, da costituir regola costante quel che per noi è rarissima eccezione , l'ufficiale cioè che non discute, che non ha pietà, " carnetta " come si dice in gergo; e dall'altro , a differenza ad esempio del nostro marinaio, il marinaio russo, com'era ed è prevalentemente di statura erculea, era ed è prevalentemente anche d'animo feroce e cattivo. Ben si comprende perciò come la reazione verificatasi sia stata eccessiva quando tra questi due elementi la parte di comando fu invertita.

   In tutti i porti militari dell'Impero vi fu una vera e propria caccia all'ufficiale: gli ufficiali di marina non trovavano quartiere, dileggiati, offesi, vilipesi, malmenati, uccisi.

I rivoluzionari più fanatici contribuivano ad inasprire l'odio, e specialmente le donne. " Una femmina giudea di nome Ostrovskaika, racconta il comandante Monasterev, che veniva spesso a bordo delle navi da guerra nel porto di Sebastopoli a far propaganda, un mostro femminile avido di sangue e di morte, non si stancava d'aizzare i marinai contro gli ufficiali: - Eccoli, son quelli i veri vostri nemici, son loro che vogliono far durare la guerra, son loro che fan versare il sangue degli operai e dei contadini. 

Che aspettate voi per distruggerli ? ".

   E le parole non erano dette invano. Una follia generale invadeva la gente a bordo. Bande di marinai , ubriachi e armati fino ai denti, scorazzavano per la città. Monasterev non aveva l'animo di rimanere inattivo dinanzi a tanta rovina. Gli sembrava di dibattersi in una stretta d'incubo senza speranza di liberarsi. " Io mi ricordo una volta - racconta- nella mia infanzia, d'essermi svegliato da un sogno atroce. Una strega dai piedi enormi s'avvicinava a me, e mi guardava con occhi orrendi prossima ad inghiottirmi. Gridai nel sonno chiedendo aiuto e tentando di fuggire invano. Le mie braccia erano paralizzate, le gambe si rifiutavano di muoversi, non avevo più voce. Ebbene lo stesso senso di d'orrore e di sforzo impotente io ho provato in quei giorni " .

   Tutto un inverno così.

Molti ufficiali furono anche tenuti lungamente imprigionati, a Sebastopoli, con l'assicurazione per altro da parte delle nuove autorità che essi lì non correvano nessun pericolo; tanto che avevano con l'assuefarsi alla prigionia.

   " Noi vecchi prigionieri, dice quel diario, impiegavamo il nostro tempo a leggere, a studiare lingue estere, a giocare agli scacchi o al giuoco del " combattimento navale " ;

a segare legna e ad alimentare le stufe. Avevamo messo un magnifico coro, e nei giorni di festa cantavamo nella cappella della prigione. O aspettavamo con impazienza i giorni in cui ci si consentiva di rivedere per un momento la famiglia; un momento; e subito la campana ci richiamava alle nostre celle. Così trascorreva, dolcemente, la nostra vita di prigionieri . "

Quella sera era anche passata così tranquillamente.

Dopo la ronda abituale essi s'erano chiusi nelle celle; s'era ancora inteso fino alle 11 qualche voce, qualche parlottare sommesso, e nella cella numero 4 il riso fresco d'un giovane guardiamarina. Poi più nulla : dormivano. Ma quella notte una cosa orribile avveniva a bordo d'una nave in porto ; una banda di marinai " fiore ed orgoglio della rivoluzione ", adunata in tribunale, aveva deciso la distruzione degli ufficiali. Ed alle 3 aveva irruzione nella prigione ed aveva chiesto cinque prigionieri di cui, aveva la lista il commissario, data l'assicurazione delle autorità che i prigionieri lì non dovevano correre nessun pericolo, chiese subito l'istruzione al Soviet che quella notte sedeva al palazzo del Comando in Capo, ma gli fu risposto che egli non doveva che soddisfare la richiesta dei marinai.

   I cinque, tra i quali l'ammiraglio Lvoff, con le mani legate sul dorso furono spinti fuori, tra gli oltraggi, brutalmente battuti col calcio dei fucili.......

" E, noi, rimasti nella prigione attendendo il nostro turno, scrivemmo rapidamente un rigo, un ultimo addio alle nostre famiglie. Un'ora dopo l'altra banda irruppe e poichè non aveva una lista, prese i primi che le capitarono, ed anch'essi partirono con le mani legate, senza chieder grazia ai loro carnefici. I quali ci dissero, partendo : - Presto ci sarà per voi pure ! - Un quarto d'ora dopo, il crepitio d'una salva giunse fino a noi......Ancora qualche colpo di fucile isolato; poi silenzio........Quanti sono morti in quella notte !.........

Noi attendavamo il nostro turno mentre le prime luci dell'alba incominciavano a rischiarare appena le griglie della nostra finestra. S'era rifatta la calma, intorno. Stesi sui nostri giacigli, guardavamo alternativamente le icone e la finestra dalla quale ci arrivava lentamente l'aurora.....Poi sentimmo dei passi; sentimmo il bisbiglio d'una conversazione; sentimmo girare la chiave nella serratura. Ci batteva il cuore. Son loro ! Invece erano i sorveglianti che ci riunirono per l'appello nel corridoio. La cella dalla quale la sera innanzi ancora sprizzava il riso fresco del povero guardiamarina era vuota......"

E al mattino i cadaveri degli ufficiali uccisi, rimorchiati sui pontoni al largo, furono buttati in mare.

Poi un palombaro, ch'era sceso giù, pei suoi lavori di ricupero in mezzo al porto di Sebastopoli, li ha trovati lì, tutti in piedi nell'acqua.....come convenuti, in tanti, ad una adunata di servizio. Si dondolavano appena......Anche le braccia, pendule, avevano un leggero dondolio come se fossero stanche di quella rigida posizione d'attenti mantenuta per tanto tempo, e volevano sgranchirsi, un poco senza parere.....La luce, filtrando a fatica negli abissi accendeva ogni tanto un breve luccichio sugli ori appannati delle divise. All'acqua che passava nelle occhiaie infondeva strani luccichii come di lampi di sguardi fuori dalla realtà umana, di sguardi irreali visti nel sogno ai fantasmi.....Tutti ritti nell'acqua....coi piedi, pel ferro, affondati nel fondo.....Tanti......Dove il palombaro si voltava, tutt'intorno, li vedeva così, in parata, sbiancati dalle chiarità abissali, incoronati d'alghe, tremende divinità marine riunite in un macabro convegno a tramare la loro vendetta.

Com'egli si muoveva ne toccava qualcuno ; non aveva scampo; tutt'intorno gli stavano. Tentò di tirare il segnale per emergere, e non potè. Qualche braccio muovendosi nell'acqua sembrava volesse sgermirlo. Quegli occhi, quegli occhi strani, senza pupille, che lucevano a tratti di luce glauca, tutti lo fissavano....Gli parve che il cerchi si stringesse sempre più intorno a lui per soffocarlo.....Gridò nel chiuso del suo elmo.....E rise.

   Quelli di su che aspettavano il segnale per tirarlo a galla, e non veniva, impressionati virarono....E quando gli tolsero l'elmo, allibirono: egli rideva......Mentre i morti rimanevano giù, intorno al loro ammiraglio, in eterna posizione d'attenti, a tramare la loro vendetta.........

   Ancora un'ultima volta, sul loro capo, sull'onde del loro mare la loro bella bandiera di Sant'Andrea era passata garrendo a poppa delle ultime navi fedeli.....Ancora qualche loro collega rimasto al mondo, passando nell'esodo estremo sul loro capo, li aveva benedetti con disperato rimpianto. Poi più nulla. Della Marina di Sant'Andrea non restavano che loro, in piedi ad aspettare........

L'ultimo convoglio era passato, tristissimamente allontanandosi, carico di miseria e di melanconia, verso l'esilio.

   Accoratamente, il capitano di corvetta dell'Imperial Marina russa N.Monasterev, del convoglio, scriveva : " ......Era notte calma. Di tempo in tempo il crepitio di fucilate giungeva a bordo dalla città e dai dintorni. Poi un'alba fosca. Poi il sole brillò sciogliendo dalle brume Sebastopoli . La cattedrale di S. Vladimiro si scovrì a noi, come a ridarci per l'ultima volta la patria che lasciavamo forse senza speranza di ritorno. Ecco che lentamente, l'un dietro l'altro, i battelli prendono la rotta dell'esilio. Il mare è calmo e sembra voglia farci buon'accoglienza : esso è tutto quanto ci resta ; esso rappresenta quel che può ancora consolarci, o che almeno può alleviare il nostro soffrire. Le croci delle chiese russe luccicano dinanzi a noi per l'ultima volta; per l'ultima volta percepiamo i movimenti di Sebastopoli di cui ognuno rievoca un ricordo. Innanzi a questo spettacolo straziante e inobliabile gli occhi non piangono.

Addio Patria, addio Sebastopoli che fu la culla, il nido della nostra armata del Mar Nero ! "

 

FINE

 

RED

 

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