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Vera Storia Della Tecnologia Navale


Ocean's One

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Carissimi comandanti,

 

diversi di voi ricorderanno la mia recensione, fatta esattamente quattro anni fa, di un rarissimo testo pubblicato dalla casa editrice Ittico Editore, di cui ero venuto fortunosamente in possesso:

https://www.betasom.it/forum/index.php?showtopic=42705

 

Ebbene, la storia si ripete. Ho reperito un secondo volume, sempre pubblicato da Ittico, dedicato al tema navale ed in particolare alla storia della tecnologia del naviglio militare.

Autore ne è l’ingegner Primo Dell’Oceano, il cui nome mi suona stranamente familiare, anche se non ho trovato in rete notizie di altre sue pubblicazioni.

 

0_0_Cover_Tecnav_1.jpg

 

Il testo è articolato come un manuale e tratta svariati argomenti tecnici: dalla classificazione delle varie tipologie di naviglio, alle architetture degli apparati motori, ai tipi di armamento.

Il tutto è supportato da un buon numero di interessanti esempi: tecnologie navali avanzate, classi di navi militari dalle caratteristiche inconsuete e narrazione degli episodi che le videro protagoniste.

Nel corso di questo thread vi riporterò i passi più salienti del testo, iniziando per ora dalla breve introduzione.

_____________

 

VERA STORIA DELLA TECNOLOGIA NAVALE

 

Si dice che la storia venga scritta dai vincitori, e ciò è senz’altro valido sia per la cronaca dei fatti d’arme in sé, sia per tutti argomenti correlati.

Uno di questi temi è l’evoluzione della tecnologia militare, ed in particolare quella del naviglio combattente: se da un lato troviamo numerose pubblicazioni sulle unità navali delle potenze vincitrici, dall’altro disponiamo di poche informazioni sulle marine sconfitte, ed anche sugli stati neutrali che hanno assistito agli eventi bellici da posizione defilata.

 

Questo è un vero peccato.

Verrebbe da pensare che le nazioni sconfitte e quelle minori non abbiano contribuito al progresso tecnologico della marina da guerra, ma ciò non è affatto vero. Al contrario, un loro importante contributo c’è stato, ma è rimasto occultato dal preponderante sfoggio di superiorità tecnica delle marine vincitrici, presente in modo preponderante in tutti i testi di tecnologia navale.

 

Il presente volume intende rimediare a questa ingiustizia, citando casi rimasti finora sconosciuti perché avvenuti in paesi senza alcuna rilevanza internazionale.

Esempio emblematico ne è la dimenticata storia della marina della Libera Repubblica Socialista di Croda. Nel corso del XX secolo questa piccola nazione si rivelò una vera fucina di idee, arricchendo la tecnologia navale con una miriade di soluzioni innovative, avanzatissime, talvolta addirittura temerarie.

Questo testo le presenta in maniera esaustiva, integrando le tipologie di naviglio già note con i contributi sconosciuti di questo piccolo stato affacciato sul Mar Nero.

 

_____________

 

Per ora è tutto.

In giornata, se ce la faccio, posterò anche il primo capitolo, dedicato alle corazzate pluricalibre.

Per intanto vi saluto caramente e vi auguro buon primo apr… ops!

Buona Pasqua

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Eccolo.

Con l'auspicio che l'aumentata motilità del vs. diaframma contribuisca alla digestione del lauto pranzo pasquale.

Buona lettura e Buona Pasqua.

_________

 

 

 

1. CLASSIFICAZIONE DEL NAVIGLIO COMBATTENTE

 

Nel presente capitolo verranno trattate le varie tipologie di navi da guerra, indicando per ciascuna classe gli esempi più significativi ed originali, relativamente alla configurazione della costruzione e alle innovazioni tecnologiche applicate.

 

 

 

1.1. CORAZZATE MONOCALIBRE E PLURICALIBRE

 

Linnovativa corazzata monocalibra, ideata dallitaliano Cuniberti e realizzata dagli Inglesi con la Dreadnought, era dotata di un elevato numero di pezzi di artiglieria di calibro massimo, al fine di garantire unalta concentrazione di fuoco ed unefficace direzione del tiro.

Questa strada fu immediatamente seguita da tutte le principali marine mondiali, che abbandonarono le precedenti corazzate pluricalibre e la loro estrema varietà di armi, normalmente articolate su almeno quattro o cinque differenti calibri per le artiglierie principali, secondarie e terziarie.

Contrariamente alla comune tendenza, però, ci fu anche chi perseverò sul concetto pluricalibro, spingendo agli estremi la diversificazione dellarmamento a favore di una migliore versatilità tattica.

Lespressione di tale concetto fu inizialmente definita corazzata pluricalibra con torri pluricalibre, ma divenne universalmente nota come corazzata millecalibra

 

In effetti, fu completato un solo esemplare di questo originale disegno: la corazzata Cornukopije, della Libera Repubblica Socialista di Croda.

Con un dislocamento di 17800 t ed una velocità di 21 nodi, la nave era dotata di un armamento particolare e diversificato. La torre trinata prodiera ospitava un pezzo da 381 mm in posizione centrale, affiancato da unarma da 254 mm a dritta e da un 305 mm a sinistra, mentre nella torre quadrinata poppiera erano installati, nellordine, un pezzo da 203 mm, uno da 330 mm, uno da 406 mm ed infine un ulteriore arma da 330 mm. (Non tragga in inganno la presenza di due cannoni uguali da 330 mm: il primo era infatti un 330/40 mentre laltro un 330/50, per non correre il rischio di avere due armi esattamente identiche nella stessa torre).

Larmamento secondario era parimenti articolato, con torrette binate dotate ciascuna di un pezzo da 190 mm ed uno da 105 mm, mentre le batterie in barbetta erano equipaggiate con armi da 150 mm (a dritta) e da 152 mm (a sinistra).

 

Notizie delloriginale costruzione ci sono giunte grazie allassidua ricerca dello storico Danilo Venezian, che ha approfondito largomento attingendo dagli archivi della Stanza Quaranta, della Taverna Cinquanta e della Balera Sessanta. Scrive il professor Venezian delloriginale nave:

 

Al suo apparire, la corazzata millecalibra Cornukopije suscitò commenti contrastanti, per lo più volti al pessimismo sulla gestione di una potenza di fuoco così diversificata.

Il Grande Ammiraglio Nikolaij Mitri Dimitri, Capo di Stato Maggiore della Marina di Croda, volle dissipare tutti i dubbi e chiamò a sé il miglior direttore di tiro dellepoca, il marchese Filippo Maria Occhiolungo degli Spari, per condurre unesercitazione a fuoco in cui dimostrare al mondo lefficacia della nuova nave.

Il 1°aprile 1922, nelle acque del Mar Nero, la Cornukopije ingaggiò il bersaglio galleggiante, che navigava al traino di un incrociatore per noleggio con conducente classe Uber.

Tutte le armi della Cornukopije erano cariche e pronte al fuoco (con leccezione del pezzo da 254 mm, i cui proietti risultavano irreperibili nella confusa riserva munizioni prodiera). Valutata accuratamente la distanza, il direttore di tiro comandò una prima bordata, che tuttavia mancò il bersaglio di diverse migliaia di metri.

Irritato, il marchese Occhiolungo degli Spari tentò una seconda salva, imponendo a ciascun pezzo un alzo differenziato per compensarne la diversa gittata. Purtroppo, ottenne il solo effetto di colpire la terraferma con il pezzo da 381 mm e di disalberare lincrociatore trainante con un colpo da 330 mm, provocando fra laltro una prolungata interruzione del servizio Uber di app telegrafica.

Infine, un proietto da 152 mm fu erroneamente camerato in un pezzo da 150 mm, e il successivo scoppio dellarma pose fine alla sfortunata esercitazione di nave Cornukopije.

Il progetto fu abbandonato, e limbarazzato marchese Occhiolungo degli Spari si ritirò sui monti crodensi, divenne eremita e si convertì alla religione dei Drednauti, setta che predicava una fede rigorosamente monoteista e monocalibra allo stesso tempo.

 

Dopo levidente fallimento, nessuno ripropose più larchitettura della corazzata millecalibra.

Nave Cornukopije, privata dellarmamento e dellapparato motore, fu trainata sul Lungotevere e ceduta alla Marina Vaticana, che la utilizzò a lungo con funzione di nave-oratorio.

 

 

 

1_1_Cornukopije_1.png

Modificato da Ocean's One
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In questa, rara, immagine possiamo vedere a sinistra Il Grande Ammiraglio Nikolaij Mitri Dimitri, al centro il marchese Filippo Maria Occhiolungo degli Spari e a destra il segretario del PdLRSC, il nome cui non deve essere MAI menzionato.

 

Con-i-Gemelli-Ruggeri.jpg

Modificato da Iscandar
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Ottimo contributo, Iscandar! Ti ringrazio.

 

Del resto, è importante far conoscere i volti delle persone che hanno costruito la Storia.

In questo caso, si tratta della Storia della Libera Repubblica Socialista di Croda, che molti di voi ricorderanno.

Vedrete, gli eventi legati allo sviluppo della sua Marina da guerra sono stupefacenti, direi quasi sconcertanti.

 

(nella speranza che aprezzerete questo mio nuovo scritto; stavolta non è latino...)

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...Notizie dell’originale costruzione ci sono giunte grazie all’assidua ricerca dello storico Danilo Venezian, che ha approfondito l’argomento attingendo dagli archivi della Stanza Quaranta, della Taverna Cinquanta e della Balera Sessanta. Scrive il professor Venezian dell’originale nave:...

 

Credo di aver conosciuto l'esimio professore, essendo abituale frequentatore dell'archivio della stanza Quaranta :biggrin::biggrin::biggrin:

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...e questo mi fa un gran piacere.

Allora, che ne diresti di pubblicare qualche suo intervento, nel corso di questa discussione? :wink:

Sai, ho sempre stimato moltissimo il Chiar.mo Prof. Danilo Venezian, del quale ho avuto il piacere di leggere le seguenti opere:

 

- "Estetica Navale dal Dupuy de Lome allo Zumwalt"

- "Avvento delle artiglierie a tiro rapido sulle corazzate Duilio e Dandolo"

- "Avvento delle artiglierie a tiro ancor-più-rapido sugli incrociatori clase Matsushima"

- "Royal Navy: procedure di sicurezza per i sommergibili a vapore classe K"

- "Idrovolanti tascabili per corazzate tascabili"

 

Ma ci sono molti altri Suoi titoli meritevoli di attenzione.

Vediamo come procederà il thread: sono convinto che, al momento giusto, il Prof. Venezian ci darà senz'altro il suo contributo!

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Notizie non confermate, giunte per vie trasversali (ma anche longitudinali) affermano che la corazzata Cornukopije. avesse un innovativo sistema telemetrico , ovviamente collegato ad una centrale di tiro all'avanguardia. I bracci del telemetro sembra avessero lunghezze differenti e un terzo braccio perpendicolare ai primi in modo da calcolare le distanze (e le vicinanze) per ogni calibro e, udite udite, inviavano il dato alla centrale che poteva gestire anche i siluri, ovviamente pluricalibri e in grado di lanciare ulteriori siluri di minori dimensioni. Tale sistema sembra fosse denominato Cangorae...

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Siluri lanciasiluri?

Fanno il paio con le mine posamine, effettivamente impiegate dalla Marina della Libera Repubblica Socialista di Croda, di cui vi scriverò più avanti.

 

Ecco che tutto si spiega.

Prof. Marcantonio Mascella, La ringrazio per questo Suo importantissimo contributo alla ricerca storica.

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Questa è veramente una grande notizia!

Lo sapevo che proporvi questo testo avrebbe aperto molte altre opportunità di approfondimento...

 

Io però avrei un paio di domande:

- La terza ottica del telemetro, quella verticale, serviva per la determinazione dell'altitudine dei bersagli aerei?

- Per l'utilizzo, era richiesto un operatore dotato di tre bulbi oculari?

Grazie e saluti.

 

PdO

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Questa è veramente una grande notizia!

Lo sapevo che proporvi questo testo avrebbe aperto molte altre opportunità di approfondimento...

 

Io però avrei un paio di domande:

- La terza ottica del telemetro, quella verticale, serviva per la determinazione dell'altitudine dei bersagli aerei?

- Per l'utilizzo, era richiesto un operatore dotato di tre bulbi oculari?

Grazie e saluti.

 

PdO

 

Per l'altitudine degli aerei e le profondità dei sommergibili, non essendo ancora stato inventato il sonar ma solo un rudimentale idrofono. Le limpide acque degli oceani di Croda permettevano l'individuazione dei mezzi subacquei fino a 30 -40 metri di quota grazie all'enorme altezza della torre telemetrica, dotata di un esclusivo sistema per prevenire il riverbero del sole sulle onde (non presente nella foto precedente) che sembra avesse nome di parasolasky, dal nome dell'inventore, noto a bordo col nomignolo di ombrello e davanti il quale i marinai usavano toccare... ferro per la nota credenza superstiziosa marinara.

Circa il terzo bulbo oculare, il sistema era effettivamente nato con questa necessità, presto sfumata per l'indisponibilità di personale dotato di terzo occhio e/o la disponibilità a farselo impiantare. L'unico esperimento, effettuato sul marinaio scelto trioculis (di chiare origini latine, dicono avesse un antenato che navigava per l'impero romano su un mezzo sottomarino, ma sono leggende), pare sia fallito miseramente al momento della collimazione. Da quel momento funzionò un primitivo calcolatore, costituito da un migliaio di criceti in serie che azionavano palline di uno o più abachi e un segretissimo numero di schiavi che, in parallelo, processavano le informazioni sulla base delle probablità.

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Grandioso! Stai al gioco alla grande!

Ovvio, con un po' di sano riferimento alle storie navali di Roma Antica, che ci piacciono tanto... :smile:

 

Poi però, "L'enorme altezza della torre telemetrica" è un buon tema da sviluppare.

Tutti noi abbiamo nel cuore l'elegantissimo torrione delle Fuso, segno mirabile di eccellente design navale e canone classico di bellezza.

Sì, è proprio il caso di sviluppare il tema.

In effetti il libro di Primo Dell'Oceano dovrebbe proseguire con la trattazione degli incrociatori da battaglia, ma direi che possiamo saltare a piè pari all'architettura delle sovrastrutture e delle direzioni del tiro, che hanno comunque attinenza con il progetto della Cornukopije e del suo famigerato telemetro trinato.

 

Domani o dopo vedrò di pubblicare un nuovo contributo...

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NAVI CORAZZATE: SOVRASTRUTTURE E DIREZIONI DI TIRO

 

Lefficace scoperta dei bersagli è sempre stata massima priorità per ogni nave da guerra.

Di conseguenza, la semplice coffa di direzione tiro della 1GM si è progressivamente evoluta verso sistemi più complessi, generando fra laltro lomologa coffa subacquea, sistema di scoperta sottomarina relativamente efficiente ma purtroppo molto scomodo per loperatore.

Di lì a poco, per un migliore supporto del tiro di superficie ed antiaereo, i torrioni delle navi da battaglia ricevettero un gran numero di torrette telemetriche e dispositivi per la direzione del tiro, quali il celeberrimo telemetro trinato crodense. Tutto ciò portò a sovrastrutture sempre più complesse ed estese in altezza, con lulteriore vantaggio di un maggiore orizzonte di scoperta.

 

Le corazzate giapponesi classe Fuso sono un ottimo esempio di questa tendenza progettuale, essendo dotate di un altissimo torrione irto di piattaforme,

Al contempo, molte altre Marine proposero lo stesso concetto, tantè vero che la giapponese Fuso fu immediatamente seguita dal progetto italiano Grippato.

Sviluppato dallingegner Guido Ducati Grippato, questo disegno riproponeva lalto torrione delle Fuso corredato da un completo sistema di strumenti di scoperta: tre telemetri multifocali a luce diffratta, quattro direzioni di tiro a doppio compasso, sei identificatori ottici a piattaforma traslante, il tutto assistito da una serie di dodici goniometri a lente divergente con copertura ottica a 360°.

Tecnologicamente allavanguardia, la nave da battaglia tipo Grippato rimase però sulla carta: secondo alcune fonti ciò dipese anche dallo sgraziato disegno delle sue sovrastrutture, che certo non rendevano il progetto appetibile dal punto di vista estetico.

 

Quasi in contemporanea, il concetto dellalto torrione fu ripreso dalla Libera Marina di Croda, che varò una delle più brutte navi da guerra mai realizzate: la corazzata Shkarafunyy.

Sgraziata ed assolutamente sproporzionata, questa nave era un vero pugno nellocchio, specialmente se comparata con i contemporanei ed elegantissimi incrociatori leggeri classe Capitani Crodensi (Attiljus Rumenu, Shkipijon Albanesy e Pompej Makedon).

Nave Shkarafunyy fu ovunque criticata per il suo aspetto; soltanto il suo progettista, lemigrante giapponese Hiroshi Mamasuya, ne difese a spada tratta la bellezza estetica, invero assolutamente inesistente.

Notizie di questa feroce disputa ci vengono dal trattato Estetica navale dal Dupuy de Lome allo Zumwalt, scritto dallo storico Danilo Venezian, che riporta integralmente laccorata difesa dellingegner Mamasuya. Questultimo sosteneva che il gusto estetico fosse assolutamente soggettivo: il progettista navale era libero di proporre nuovi canoni estetici che, col tempo, sarebbero stati recepiti ed apprezzati dalla quasi totalità del pubblico.

 

In sintesi, come scrive il Venezian:

Ogni Shkarafunyy era bello per Mamasuya.

 

3_3_Shkarafunyy_1.png

 

Modificato da Ocean's One
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(Sei irraggiungibile Marco! :smiley19::smiley19::smiley19: )

 

Esimio collega, devo a malincuore dissentire!

Tra le più brutte navi da guerra mai realizzate deve essere annoverata, la partaeromobili Ferrodastiren, della marina del Liesentenstein, piccolo ma feroce stato della fine del 19^ secolo. Il progettista, tal Teodorico Zundapp , ebbe disposizioni di impostare la nave più potente la mondo dal suo governo e ne nacque un mezzo di classificazione imposssibile.

Risultava, infatti, avesse un dislocamento di circa 40.000 tonnellate distribuito su una lunghezza di 100 metri e una larghezza di 50, con un coefficiente di finezza (forse dovremmo dire grassezza) con valori inusitati. Era dotata di ponte di volo perpendicolare alla chiglia (ovvero per madiere) sistemato sulla poppa, ingenerando seri problemi al decollo dei prototipi di mezzi, indecisi sul tipo di decollo, opera del famoso ingegnere O'Spray . Verso prora un alto torrione di chiare origini crodensi e una serie di e batterie binate monocalibre sfalsate, alternate sia in altezza che rispetto alla mezzerie dello scafo, con una alta prora inversa (oggi definita x bow).

Sembra che la portaelicotteri Moskva e le unità della flotta per ricerche sismiche Ramform si siano ispirate ad essa che, però, rimase ferma alle poche lamiere impostate sullo scalo per bancarotta del governo

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Risultava, infatti, avesse un dislocamento di circa 40.000 tonnellate distribuito su una lunghezza di 100 metri e una larghezza di 50, con un coefficiente di finezza (forse dovremmo dire grassezza) con valori inusitati.

Ho detto al mio cane che se continua ad avere le sue assurde pretese riguardo alla pappa farà la fine della Marina del Liesentenstein

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Iscandar, ma perchè dici che la Shkarafunyy è orrenda?!? :blink:

Il Prof. Danilo Venezian ci ha riportato un'altra tesi... :biggrin:

 

@Totiano:

Teodorico Zundapp, progettista della Ferrodastiren?

Mi risulta che fosse compagno di corso dell' Ing. Guido Ducati, concordi?

E mi sembra che nello stesso corso ci fosse anche l'Ing. Laverda, con cui Zundapp sviluppò un noto veicolo terrestre... :wink:

 

@Valeria:

Scommetto che il tuo cane sa nuotare benissimo!

Se vuoi approfondire l'argomento, ti posso consigliare l'ottimo volumetto:

"Natazione in dislocamento dei cani a carena larga",

Prof. Helmut K. Dobermann,

Canile Editore, 2015

 

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Iscandar, ma perchè dici che la Shkarafunyy è orrenda?!? :blink:

Il Prof. Danilo Venezian ci ha riportato un'altra tesi... :biggrin:

 

La tesi che il dotto Prof. Venezian mi ha magnanimamente concesso di conoscere è che la Shkarafunyy, in sé, non sarebbe orrenda, ma non regge minimamente il confronto con la purezza di linee e le doti marine di altri gioielli navali precursori, come le ineguagliate Novgorod e Vitse Admiral Popoff, frutto dell'avveniristico ingegno dello stesso ammiraglio :biggrin:

NB3gHv.jpg

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Ottimo contributo, Danilo. Ti prego di ringraziare il Prof. Venezian a nome mio.

Molto interessanti queste viste della Popoff, in cui possiamo apprezzare la perfezione delle linee e la forma idrodinamica dello scafo (leggo: velocità 8 nodi... :smile: )

 

Comunque, stante la passione del Prof. Venezian per le corazzate di forma rotonda, penso di poter recuperare il capitolo in cui viene trattato in modo esaustivo questo tipo di navi.

A fronte di cotanto tuo assist, ti prometto che pubblicherò qualcosa nel giro di alcuni giorni.

Prima però vorrei chiudere il tema degli alti torrioni, il che avverrà con il prossimo post.

Ciao!

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Lo sviluppo di alte sovrastrutture navali raggiunse il suo apice grazie al progettista crodense Rejnoldy Mesnery e alla sua predilezione per le estreme altitudini.
I suoi primi incrociatori pesanti, battezzati Puryssimij e Lewyssimij, già mostravano le altissime sovrastrutture che sempre contraddistinsero i suoi progetti. Nel 1934 Rejnoldy Mesnery perfezionò il concetto e varò la corazzata Babelye, nave altissima ed imponente, caratterizzata da un torrione di comando che si elevava a ben 188 metri sul livello del mare.
Da un lato lardita sovrastruttura garantiva un invidiabile orizzonte di scoperta, dallaltro era fin troppo sensibile al rollio della nave e subiva spostamenti laterali di alcune decine di metri, che avrebbero messo a dura prova il personale presente nel torrione.
Puntuale, questo difetto si palesò al primo impiego operativo della nave.

Erano gli anni della terza crisi bulgaro-crodense per il conteso isolotto di Minimu Skolju, che ci viene dettagliatamente descritta da Junia Valeria Malapà nel Settimo Tomo delle sue Cronache Bulgare.
Stante la volontà di annettere la piccola isola, il governo bulgaro aveva indetto un referendum per dar forza a questa decisione politica, supportandola attraverso il libero consenso popolare.
Il bulgaro referendum si concluse con il seguente bulgaro risultato:
Votanti: 100%
Astenuti: 0%
Favorevoli: 99,7%
Fucilati: 0,3%

Di conseguenza prese il mare la prima Squadra Navale Bulgara, composta da tre arieti corazzati di piccola crociera, otto cacciatorpediniere pesanti e quattro piroscafi da battaglia. Scopo dellazione era di provocare la Marina Crodense, creando un incidente diplomatico da utilizzarsi come pretesto per la successiva invasione di Minimu Skolju.
La reazione crodense non si fece attendere, e subito venne ordinata luscita in mare della corazzata Babelye per intercettare la minaccia bulgara.

Mollati gli ormeggi, l'altissima corazzata si trovò subito in difficoltà a causa del forte rollio.
Nella diciottesima plancia, il timoniere aveva accusava un terribile mal di mare, che lo impossibilitava nei suoi compiti e gli faceva emettere sgradevolissimi rumori dallo stomaco. Il comandante, visibilmente irritato da questa situazione, imprecava al malcapitato in tono incomprensibile, aggravato di lì a poco dagli stessi sintomi di forte disagio gastro-intestinale.
Nel frattempo, gridando per lo spavento, le due vedette rimbalzavano come fuscelli sulle ali di plancia, a stento trattenute dalle battagliole dotate di ben dodici ordini di draglie elastiche, causando oltretutto la rumorosa caduta dei telemetri a tripla lente sui piedi dei loro operatori.
Alle urla distorte di tutte queste persone si univano quelle dellufficiale di rotta, che si trovava nella ventunesima plancia e che da dieci minuti continuava a rotolare sopra gli altri ufficiali, i quali gridavano a squarciagola sia per il dolore che per i ricorrenti problemi al loro apparato digerente.
Nella ventiduesima plancia, il pallidissimo comandante in seconda tentava di mantenere la situazione sotto controllo, ma proferiva ordini vocali palesemente falsati dai forti conati di vomito. I tubi portavoce, ormai allagati dalle abbondanti emissioni esofagee del personale di guardia, trasmettevano un suono ancor più distorto ai ponti inferiori e al personale di macchina, che ascoltava impotente messaggi assolutamente incomprensibili.
A causa della totale inefficacia nella trasmissione degli ordini, la corazzata Babelye non riuscì nemmeno ad uscire dal porto e fu abbandonata dallequipaggio dopo tre ore di inutili tentativi.

Nave Babelye rimase per sempre un esempio negativo della storia marinara crodense, assurgendo a simbolo dellincomunicabilità fra i marinai, anzi addirittura dellincomunicabilità fra i tutti popoli della Terra.
Era nata la maledizione della TORRE DI BABELYE



3_3_Babelye_1.png

Modificato da Ocean's One
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La tesi che il dotto Prof. Venezian mi ha magnanimamente concesso di conoscere è che la Shkarafunyy, in sé, non sarebbe orrenda, ma non regge minimamente il confronto con la purezza di linee e le doti marine di altri gioielli navali precursori, come le ineguagliate Novgorod e Vitse Admiral Popoff, frutto dell'avveniristico ingegno dello stesso ammiraglio :biggrin:

NB3gHv.jpg

 

... inutile enfatizzare l'elevatissimo grado tecnologico dei progettisti Crodini rispetto alle altre nazioni.

Nel caso specifico il divario tecnologico con i progettisti russi è enorme: i Crodini hanno infatti ipotizzato diverse soluzioni e solo grazie al volume appena scoperto possiamo vedere la TuttoTonda che non solo supera il problema dell'ostruzione al tiro dato dai fumaioli (risolto con uno centrale) ma permette la copertura contemporanea a prua e a poppa.

Inoltre, con un'opportuna sincronizzazione, è possibile raddoppiare (!!!) la cadenza di tiro mettendo tutta l'unità in rotazione (decidendo opportunamente se sia preferibile una rotazione oraria o antioraria in direzione opposta alla forza di Coriolis per avere un'adeguato effetto frenante al termine)

tuttotonda.jpg?ssl=1&w=450

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@Totiano:

Teodorico Zundapp, progettista della Ferrodastiren?

Mi risulta che fosse compagno di corso dell' Ing. Guido Ducati, concordi?

E mi sembra che nello stesso corso ci fosse anche l'Ing. Laverda, con cui Zundapp sviluppò un noto veicolo terrestre... :wink:

 

esattamente, esimio, esattamente!

 

Furo eseguite approfondite ricerche sulla stabilità della corazzata Babelye, gli ingegneri e i tecnici di altre nazioni non riuscivano a conciliare un torrione cosi altro - con relativo baricentro spostato verso altezze siderali- con una carena apparentemente di forme normali.

Dopo primi infruttuosi tentativi di riprodurre il modello in scala ponendo in chiglia pani di piombo e constatato che il peso necessario a riportare il baricentro in posizione no pericolosa avrebbe annullato la riserva di spinta, affondando la nave, furono sguinzagliate le migliori spie per carpire i segreti crodiani.

 

Non è noto il nome della graziosa ballerina che porto in terre bulgare il segreto crodiano, ma i documenti furono uno vero shock per i locali ingegneri: sembra che lungo la stiva vi fossero palle vetro parzialmente piene di un non meglio individuato liquido denominato Hidrargirntondium, che grazie alla intrinseca capacità di vorticare su se stesso creava una sorta di stabilità dinamica non dissimile dall'effetto "giroscopio"

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A me, che di tecnica navale com'è noto so bene, l'idea di una corazzata tonda sembra geniale. Basta collocare un anello rotante come base delle artiglierie, e si può centrare l'obiettivo senza stare a girare e rigirare la nave come un frullino.

Quanto alla possibilità di dislocamento, ricordo bene che Gerald Durrell, in La mia famigla ed ALTRI animali, ricorda che quando negli anni 30 abitavano a Corfù ricevette in dono una barca costuita dal fratello Leslie, su progetto personale. La forma finale dal cantiere era tale che venne giustamente chiamata Culandrona (Opima secondo atre traduzioni; purtroppo non conosco il nome inglese, in ogni caso preferisco Culandrona). Eppure gli permise di visitare a remi l'isola, benché bordeggiando. Non vedo perché, se provvista di motori all'uopo anziché di remi, non si possa quindi muovere una corazzata.

 

@Totiano: la faccenda della ballerina era TTS!!!! Te l'avevo detto!!!! :doh::shutup:

Modificato da malaparte
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Chiar.mo Prof. Marcantonio Mascella,

Ella mi delizia con codesti fenomenali dettagli tecnici!

L’idea di incrementare la stabilità della nave con l’effetto giroscopico del liquido Hidrargirntondium è stato un colpo da maestro: gli ingegneri crodensi erano anni luce avanti rispetto agli altri.

 

Fra l’altro, l’effetto giroscopico viene citato anche dall’esimio Dr. Prof. Ing. Primo Lazzeri, che ci segnala l’aumentata stabilità della “Tuttotonda” (italianizzazione del crodense Totjetundyy ) proprio grazie alla vorticosa rotazione attorno all’asse verticale.

Evidentemente, il tutto era basato sull’originale architettura delle prime corazzate tonde citate dal Prof. Venezian, evolute come l’originale progettista Popoff mai si sarebbe immaginato.

 

Va detto che tutte queste tendenze costruttive non furono fini a sé stesse, ma trovarono una mirabile sintesi in un noto progetto crodense, che coniugava la ricerca della massima stabilità con la configurazione tonda dello scafo.

Dettagliata descrizione è riportata nel terzo capitolo della “Vera Storia della Tecnologia Navale”, che vi sottoporrò nei prossimi giorni.

____________

 

Per intanto, vorrei sollevare una questione linguistica:

gli abitanti di Croda si chiamano Crodiani, Crodensi o Crodini?

Io sarei indeciso fra i primi due termini, mentre per il terzo ho già una risposta, reperita nel primo Tomo delle Cronache Bulgare della Prof.ssa Junia Valeria Malapà:

 

“Fino al 1450 circa, la regione di Croda era abitata dalle pacifiche popolazioni dei Crodini e dei Sanbittérici.

Queste due etnie convivevano in armonia sul fertile territorio di Croda, occupandosi di agricoltura e della produzione di vino ed altre bevande.

Purtroppo, di lì a poco ci fu la calata dei feroci Spritzen, che invasero e saccheggiarono la terra di Croda, facendo razzia di vino prosecco, cubetti di ghiaccio e fettine di arancia.

Da allora, dopo le successive invasioni degli Aperolici e dei Campàrici, il popolo dei Crodini si disperse verso altre terre.”

 

 

 

 

 

 

 

EDIT: mi sono sovrapposto con il post della Prof.ssa Malapà, della quale apprezzo appieno il fattivo contributo. Grazie!

Modificato da Ocean's One
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@Totiano: la faccenda della ballerina era TTS!!!! Te l'avevo detto!!!! :doh::shutup:

 

Devo effettivamente delle scuse alla chiar.ma prof.sa Junia Valeria Malapà, ma la storia di questa ballerina, che si vocifera fosse tanto sfolgorantemente bella da accecare l'intelletto delle sue vittime per poi degustarselo totalmente grazie alla famelica intelligenza dovrebbe essere narrata e, anzi, propongo una petizione che a furor di popolo elegga l'esimia professoressa a cimentarsi nell'ennesimo saggio raccontandone le gesta!

 

Tra l'altro mi assicurano che questa bellissima spia, in ancor tenera età, sia stata tra i superstiti del naufragio che colpi un natante crodense (a proposito, sorge il dubbio che li si debba chiamare crodioti...) trasformato ad opera del cugino del più volte citato progettista Mamasuya, ing Hiroshi Mamata, da petroliera a traghetto. Il nome del natante era Heleheidy cui, sembra, sorridessero più i monti che il mare. Rimane il fatto che sui più noti quotidiani apparve con riferimento la foto del progettista che salutava il traghetto in partenza e, di rimando, la saggezza popolare diede i natali al detto "Salutame 'a Mamata"

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"Salutame 'a Mamata" :doh:

:smiley19::smiley19: :smiley19:

 

Ed ora, Comandanti, ecco a voi l'annunciato approfondimento sulle:

 

 

CORAZZATE CIRCOLARI

 

Fra le moltissime costruzioni navali, un posto degno di nota è sicuramente occupato dalle corazzate guardacoste circolari ideate dal russo Popoff: navi innovative per la loro forma perfettamente tonda, che garantiva loro un’eccellente stabilità di piattaforma e ne faceva lo scafo ideale per le pesanti artiglierie da difesa costiera.

Questa idea di base venne a più riprese sviluppata dagli ingegneri navali della Libera Repubblica Socialista di Croda, fino a giungere alla massima evoluzione del concetto: la corazzata sferica.

 

Notizie di questa originale costruzione ci vengono dallo storico Danilo Venezian, da sempre fervido estimatore della perfezione e dell’eleganza del disegno delle corazzate di forma tonda. Dopo anni di asside ricerche, il professor Venezian ha ricostruito le vicende dell’originale nave da battaglia e del suo geniale inventore, l’apprendista montatore meccanico Modestu Hoperharu.

 

Assunto negli studi di progettazione dei Liberi Cantieri Navali di Croda, questo umile manovale aveva il semplice compito di colorare i progetti con i pastelli a cera, il che non gli permise mai di acquisire sufficienti competenze nella progettazione navale.

Autodidatta, aveva tentato di studiare la stabilità dei natanti sul vecchio testo dello svedese Olaf Kapvultos, capomastro al cantiere del veliero Vasa, senza trarne significativi benefìci.

Anni dopo, promosso per errore al ruolo di progettista capo, Modestu Hoperharu si trovò in difficoltà: la sua prima costruzione, l’incrociatore pesante Maxim Instabilyy, si capovolse dodici secondi dopo il varo e il suo successivo progetto, il caccia Ankorpèjus, si ribaltò quando era ancora sullo scalo di costruzione.

Palesemente insoddisfatti, i vertici della Marina di Croda diedero all’inesperto progettista un’ultima possibilità: costruire una qualsivoglia unità purché stabile, con l’unica stringente specifica di possedere una velocità subsonica (il che era facilmente ottenibile).

Quale drastica soluzione al problema della stabilità, Modestu Hoperharu ideò una forma che di per sé non si potesse capovolgere, e nacque così la corazzata sferica Fùtboly.

 

Con un diametro di 52 metri ed un dislocamento di 29600 tonnellate, la nave poteva galleggiare in qualsiasi posizione: a tal fine era dotata di otto eliche e sei timoni, opportunamente spaziati, in modo che alcuni di essi risultassero sempre immersi per assicurare il governo della nave.

Per lo stesso motivo, la Fùtboly disponeva di ben quattro plance di comando, con sedili variamente disposti su tutte le pareti, in modo che il personale di guardia potesse volta per volta scegliere la posizione più adatta a seconda dell’angolo di rotazione dello scafo.

La corazzata possedeva un armamento di 20 pezzi da 305 mm, che sparavano in tutte le direzioni attraverso piccole aperture sulla superficie della sfera.

Istante per istante, alcuni cannoni avrebbero avuto campo di tiro sull’orizzonte, risultando utili al combattimento, mentre le armi con la volata sott’acqua, sparando in simultanea, potevano sollevare la nave con il loro rinculo e diminuirne il pescaggio nei bassi fondali.

Addirittura, un’opportuna sequenza di fuoco dei cannoni immersi poteva spingere la nave in una sorta di “palleggio” sulla superficie del mare, con una libertà di manovra mai vista in precedenza.

 

La straordinaria manovrabilità della corazzata sferica non passò inosservata. Per sfruttarla al meglio, l’Ammiragliato Crodense ingaggiò un comandante straniero, il brasiliano Edson Iscandantes do Nascimento, già Capitano della Flotta Verde-Oro e massimo esperto nell’azione tattica e nella finalizzazione in area di porto.

Entusiasta della nuova nave, il campione brasiliano iniziò a definire opportuni schemi tattici, per sfruttare appieno le rivoluzionarie capacità di palleggio e di manovra della nave sferica.

 

Erano gli anni della prima crisi per il possesso del piccolo isolotto di Minimu Skolju, situato nel Mar Nero al confine tra Croda e Bulgaria e conteso dalle due nazioni.

Quale manifestazione di forza, i vertici crodensi pianificarono un’azione dimostrativa in acque territoriali nemiche, incaricandone il capitano Iscandantes al comando di nave Fùtboly.

In risposta, il brillante comandante ideò una fulminea azione di avanzamento della corazzata sulla fascia destra, scartando con bruschi palleggi le navi avversarie disposte in difesa secondo una prevedibile linea di rilevamento 4-4-2. Dopodiché, nave Fùtboly avrebbe effettuato una lunga rotolata trasversale sul filo della linea di porto, imbucandosi infine nel porto avversario con una mirabile rovesciata, entro il novantesimo minuto dall’inizio dell’azione.

L’azionamento della sirena della nave, dal tipico suono di vuvuzèla, avrebbe sancito il successo del brillante piano, dimostrando ai Bulgari la superiorità della marina crodense ed al mondo intero la magnifica manovrabilità della corazzata sferica e la perizia del suo comandante.

 

Purtroppo, a causa di importanti impegni internazionali della Squadra Verde-Oro, il capitano Iscandantes do Nascimento fu richiamato in patria e la prima crisi bulgaro-crodense si risolse in un nulla di fatto.

 

1_3_Futboly.png

 

__________________

 

Ed infine, gentilmente inoltratomi dal Comandante Iscandar, ecco a voi un rarissimo ritratto del

Capitano EDSON ISCANDANTES DO NASCIMENTO

Onori a lui!

 

1_3_Edson_Iscandantes.png

Modificato da Ocean's One
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Devo effettivamente delle scuse alla chiar.ma prof.sa Junia Valeria Malapà, ma la storia di questa ballerina, che si vocifera fosse tanto sfolgorantemente bella da accecare l'intelletto delle sue vittime per poi degustarselo totalmente grazie alla famelica intelligenza dovrebbe essere narrata e, anzi, propongo una petizione che a furor di popolo elegga l'esimia professoressa a cimentarsi nell'ennesimo saggio raccontandone le gesta!

No, giammai. E' giusto e anzi doveroso, anzi doverosissimo per la sicurezza nazionale, mantenere la massima riservatezza sulle gesta della ballerina in questione. Posso solo confermare che era bellissima, affascinante ed intrepida quanto mai.

Purtroppo, come accade, con l'avanzare degli anni non ha saputo accettare la realtà anagrafica. Ecco una sua foto recente, che mi sento di pubblicare certa che nessuno sarebbe oggigiorno in grado di riconoscere la suadente sfolgarente bellezza che tanto fece fremere le altissime gerarchie militari dell'epoca

18hicz.jpg

Modificato da malaparte
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INCROCIATORI DA BATTAGLIA

 

Questo tipo di nave da nacque dall’evoluzione della corazzata classica secondo le teorie dell’ammiraglio Fisher, il quale proponeva l’incremento della velocità e della potenza di fuoco a scapito della protezione, che infatti risultò scadente su quasi tutte le unità di questo tipo.

Più lungo della corazzata da cui derivava, un tipico incrociatore da battaglia possedeva una potenza motrice doppia o addirittura tripla, al fine di ottenere una velocità notevolmente superiore, mantenendo i massimi calibri di artiglieria della corazzata originaria.

 

Gli incrociatori da battaglia ebbero una buona diffusione in Gran Bretagna e Germania negli anni antecedenti la prima Guerra Mondiale, ma è meno noto che anche altre classi di navi furono oggetto della medesima evoluzione.

Infatti, già nel 1916 apparvero i primi “cacciatorpediniere da battaglia” russi classe Andrej Kalashnikov, dotati di 6 pezzi da 203 mm in torri binate e velocità superiore ai 48 nodi, a cui fecero eco le “torpediniere da battaglia” germaniche della classe T-1000, capaci di 52 nodi di velocità e dotate di 12 tubi lanciasiluri da 750 mm.

Parallelamente, in Giappone furono sviluppate le potenti “motosiluranti da battaglia” classe Sumo, dotate di una pesantissima corazzatura con spessore di ben 510 mm in fiancata e 203 mm sul ponte, nonostante uno scafo di soli 23 metri di lunghezza.

Inspiegabilmente, tutte e sei le unità della classe si inabissarono subito dopo il varo.

 

Fu però la Libera Repubblica Socialista di Croda a spingere all’estremo l’innovazione, sviluppando ulteriormente il concetto dell’incrociatore da battaglia e realizzando la prima classe di “Incrociatori da battaglia da battaglia”, navi superlative ed eccessive sotto ogni aspetto.

L’unità capoclasse Maxim Excessiyus, varata nel 1924, era dotata di 15 pezzi da 406 mm e possedeva un apparato motore da 365.000 CV su sei assi, che le consentiva di raggiungere 46 nodi di velocità in dislocamento standard.

Stante l’enfasi data a velocità ed armamento, la corazzatura era invece piuttosto ridotta, con uno spessore di 3,5 mm di acciaio in fiancata e di 2,8 mm di lega di alluminio sul ponte principale.

Tutto ciò esplicitava la filosofia estrema di tale nave, che conseguentemente suscitò reazioni contrastanti nel mondo navale.

Scrive lo storico Marcantonio Mascella:

 

“Al varo, lo splendido incrociatore da battaglia da battaglia stupì tutti per la sua maestosa bellezza, slanciato ed elegante nella sua livrea in grigio canarino (una variante di grigio cinerino con l’aggiunta di giallo).

Tuttavia, era parimenti evidente la pochezza della sua protezione, che ne sminuiva il reale valore bellico. In sintesi, si trattava di un incrociatore di latta, ma con pochissima latta.”

 

L’articolato quadro dell’evoluzione del naviglio militare “da battaglia” va completato citando le torpedinere da battaglia crodensi classe Uuuh, che dislocavano soltanto 1500 t ma erano dotate addirittura di una torre trinata da 460/45 mm.

Potrebbe stupire che una nave così minuta potesse accogliere tale pesante armamento, ma il paradosso è stato spiegato in un recente studio dell’Ing. Primo Lazzeri, di cui si allegano le relative tavole: il profilo laterale della sproporzionata nave da guerra va infatti integrato con la vista frontale, in cui emerge chiaramente che non si tratta di uno, ma di cinque scafi di torpediniera affiancati ed uniti tra loro, in modo da sostenere il peso della ponderosa torre di artiglieria.

 

 

 

 

 

 

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Egregio prof dell'Oceano, devo dissentire dalla direzione che sta prendendo la discussione. Non si può parlare distrattamente di potenza propulsiva senza apporfondire i dettagli di questa prodezza crodense che era il Maxim Excessiyus, e bene fa a citarmi!

 

L'innovativo e avanzatissimo apparato propulsivo vedeva una pletora di apparati per consentire la massima flessibilità di impiego e ridondanza.

Cosi le due eliche interne erano alimentate da un misterioso sistema di generazione di vapore, la cui traduzione può essere assimilata a "Teiera", costituito da strani cilindri metallici fluorescenti che generavano spontanemente calore, opera dell'incompreso ing Rickoverjsky. Le eliche intermedie, non sollecitate da cotanta potenza, erano più piccole e mosse un un impianto CoDELaGB, dove attraverso un sistema di riduttori, ingranditori, invertitori e altri tori, all'asse facevano capo un diesel generatore, una primordiale turbina a gas, un motore elettrico e una batteria a di elementi piombo acido che sarebbe stata sostituita, appena matura la tecnologia, con nuove macchine il cui nome in codice era CTBOH (Cellae Terribilis Bruciantis Ossigeni e Hidrogeni).

La necessità di avere impianti assolutamente affidabili a fianco di queste incredibiili innovazioni, convinse l'ing Rickoverjsky a ricercare qualcosa di più tradizionale e lo individuè in un sistema costituito da una ruota di grande diametro al cui interno due catene di 6 uomini andavano a braccetto e, con sol passo, davano andatura alla nave in quasiasi condizione

edit: colgo l'occasione per postare un'indedito modello dello Skarafunny

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Modificato da Totiano
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Chiarissimo Professor Mascella,

 

Ella ha ben ragione a sollevare la necessità di un'approfondito studio della propulsione navale.

Sono a dirle che questo è proprio l'argomento trattato nel secondo capitolo del nostro volume, che esamina le varie soluzioni propulsive del naviglio militare, con particolare riferimento alle configurazioni più originali ed innovative.

Un fattivo contributo al presente capitolo proviene dai lavori del Dr. Prof. Alessandro Urbano Vigilante, ordinario della cattedra di Logistica Veicolare e Mobilità Metropolitana presso l’Università degli Studi di Genova.

Oltre agli avanzati studi oggetto del suo corso, il Prof. Vigilante si è dedicato a svariati approfondimenti sulla propulsione terrestre e navale, con numerose pubblicazioni nella letteratura scientifica. Citiamo alcuni esempi:

- “Il ciclo a vapore ipercritico per le turbine navali” (Almanacco Tecnico Navale, aprile 1997),

- “Efficienza energetica di un apparato motore CODLAG” (Rivista di Tecnologia Marittima, IV/2003)

- “Confronto dei sistemi AIP basati su ciclo Stirling e MEMSA” (Tecnica Navale Italiana, aprile 2011)

- “Come riconoscere un cinquantino elaborato” (Collana “Rimaniamo Vigili”, anno 2013 mese IV).

Molti dei temi trattati in questo capitolo sono pertanto basati sugli studi e sulle ricerche dal Prof. Alessandro Urbano Vigilante, al quale va il nostro più sentito ringraziamento.

Passiamo ora all'argomento speifico, così come riportato nella "Vera Storia della Tecnologia Navale"

 

 

PROPULSIONE - NAVI DI SUPERFICIE

 

Nell’ambito degli apparati motori navali, la propulsione a vapore fu quella che più di ogni altra generò varianti sulle configurazioni di base: dalle motrici a semplice, doppia e triplice espansione (ma si dice si sia arrivati alla sestuplice) alle opzioni offerte dai vari tipi di combustibile.

Il carbone fu la scelta iniziale di tutte le marine, rimanendo in uso fino al 1949 presso la Marina di Croda con nave Kiminierja, che fu l’unica piroportaerei a carbone mai costruita, un tipo di nave poi abbandonato a causa dell'eccessiva proiezione di fuliggine sul ponte di volo.

Progettata nel lontano 1924, la singolare portaerei richiese più di vent’anni per la sua realizzazione, avvenuta presso il Dodicesimo Cantiere Navale Crodense sotto la direzione dell’ingegner Tranquillo Acquacheta, un emigrante italiano che si era trasferito nella piccola repubblica balcanica, imparandone col tempo la lingua e la consuetudine di riflettere lentamente.

Sin dalle prime prove in mare era emerso il fastidioso problema della fuliggine sul ponte di volo, che riduceva sensibilmente visibilità per le operazioni dei velivoli. Ciononostante, la portaerei fu utilizzata durante la quarta disputa bulgaro-crodense per l’isolotto di Minimu Skolju, per una dimostrazione di potenza aviatoria che avrebbe spento le velleità rumene nel mar Nero.

Nella notte del 31 marzo 1946, nave Kiminierja si era portata a distanza utile dall’isolotto conteso, con l’intenzione di lanciare all’alba l’intero gruppo aereo per un’azione deterrente sui cieli avversari.

Purtroppo, a causa della densissima nube di fuliggine che avvolgeva la portaerei, il Comandante Igor Spatsya Kaminy non si rese conto della venuta dell’alba, chiedendosi fin verso le ore 17.30 se e quando il sole avesse intenzione di sorgere.

Infine, avendo perso il tempismo che l’azione richiedeva, decise di ritirarsi: così, anche la quarta crisi per l’isolotto di Minimu Skolju si concluse con un nulla di fatto.

 

 

 

 

 

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Esimio Dottor Professor Dell'Oceano Primo, mi compiaccio dell'uso che Ella ha fatto delle mie pubblicazioni e studi sulle varie soluzioni propulsive applicate sia in ambito terrestre che navale, studi che hanno richiesto anni di impegno ed applicazione, ma che hanno anche portato numerosi riconoscimenti e soddisfazioni, che considerato oramai l'abbandono dell'impegno cattedratico presso la ligure facoltà avvenuta per sopraggiunto limite anagrafico, rallegrano la vita pensonistica che adesso svolgo presso lo ionico mare, nelle vicinanze della costa sibaritica. Confido che sto dilettandomi sullo studio delle forze eoliche provenienti dalla parte viscerale del corpo umano allo scopo di una eventuale utilizzazione ai fini della termodinamica d'emergenza, ovvero come riuscire a far funzionare una turbina a gas quando è finito il carburante, cosa di non poca importanza se applicata in campo navale....sia mai che si rompe un serbatoio e rimani in mezzo al mare....distini saluti Dr. Prof. Alessandro Urbano Vigilante EX ordinario della cattedra di Logistica Veicolare e Mobilità Metropolitana presso l’Università degli Studi di Genova.

Modificato da vigile
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Chiarissimo Professor Urbano Vigilante,

vederla digitare personalmente in questo luogo di cultura navale mi riempie di gioia.

Sappia che il suo contributo a questi importantissimi studi non verrà mai dimenticato, nemmeno se Ella ha ormai abbanonato la professione e si sta godendo il meritato riposo sull'assolata costiera.

Voglia pertanto gradire il mio insistere sul tema della propulsione navale, a Lei ben caro, con la proposta di un ulteriore capitolo legato a questo interessante argomento.

Buona lettura.

 

(p.s. sono certo che anche il Prof. Dr. Ing. Marcantonio Mascella gradisca l'argomento, alla luce dei suoi eccellenti trascorsi...)

 

 

PROPULSIONE (segue)

 

Verificato il problema della fuliggine, i cantieri crodensi modificarono l’apparato motore della portaerei Kiminierja, sostituendo le caldaie a carbone con una serie di bruciatori a benzina avio.

L’intervento risolse il problema della fuliggine, ma generò al contempo una notevole penuria di carburante avio, conteso fra l’apparato motore della nave e gli aerei imbarcati, col risultato di impossibilitare le operazioni di questi ultimi.

Come narratoci dal Prof. Urbano Vigilante, la suddetta situazione si verificò certamente nel 1955, durante la quinta crisi bulgaro-crodese per il possesso dell’isolotto di Minimu Skolju.

Nave Kiminierja intendeva lanciare i suoi velivoli in missione intimidatoria contro il potente gruppo navale bulgaro, composto da due turbonavi da battaglia, un piroscafo antisommergibile e sei motosiluranti corazzate, ma l’indisponibilità di sufficiente carburante avio impedì l’azione aerea.

Ancora una volta, la ricorrente crisi internazionale si concluse senza esito.

 

In tempi più recenti, l’interesse generale si spostò verso apparati motore con turbine a gas oppure motori Diesel ad alta efficienza, equipaggiati con gli originali collettori di aspirazione dell’ingegner Piertubo Venturi.

Ciononostante, la Libera Repubblica di Croda perseverò con le caldaie a vapore, innovandole attraverso originali sistemi di alimentazione. Tale scelta controcorrente è legata alle idee del progettista crodense Bastijanu Kontraryy, già eclettico inventore di dispositivi bellici alternativi, quali il posamine prodiero o il rostro laterale (i quali, a dire il vero, furono invenzioni poco efficaci).

Nella fattispecie, il testardo progettista insistette sulla propulsione a vapore, optando per caldaie a combustione mista dei tipi "nafta + pellet" oppure "olio combustibile + carbonella compressa", ipotizzando anche un innovativo apparato combinato, con classiche caldaie a nafta unite ad una serie di particolari "caldaie incombuste", macchine termiche di cui manca ancora una completa descrizione tecnica.

 

Del resto, l'ingegneria navale crodense ci ha sempre sorpreso con misteriose soluzioni motrici, come ad esempio il fantomatico reattore nucleare catalizzato per la propulsione CONAP (“Combined Nuclear And Paddles”) oppure gli originali motori a GPL, con cui furono equipaggiate le motosilutanti crodensi della flottiglia "Decima GAS".

Non resta invece traccia di altri arditi progetti, quali l’aliscafo ad ali battenti, la corazzata con propulsione a razzo o l’incrociatore ad energia mareomotrice. Fra l’altro, l’ultimo della serie suscitava forti dubbi sulla sua effettiva capacità di manovra, legata al solo scarroccio all’interno delle correnti di marea.

 

Infine, sempre all’ingegno del crodense Bastijanu Kontraryy si deve lo sviluppo della cosiddetta “propulsione omocinetica", che consentiva alla nave di mantenere un'andatura di 25 nodi anche quando non ce ne fosse reale bisogno.

La curiosa modalità di funzionamento sfruttava un sistema “autostabile” di surriscaldatori di vapore posti in serie con idonei inter-refrigeratori, al fine di mantenere costante la potenza erogata, indipendentemente dalle volontà del direttore di macchina.

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Chiarissimo Professor Mascella,

 

[...]

- “Confronto dei sistemi AIP basati su ciclo Stirling e MEMSA” (Tecnica Navale Italiana, aprile 2011)

[...]

 

Esimio ingegnere dell'Oceano, colgo l'occasione per chiarire, anche agli studenti, che quanto sopra non è un lapsus, bensi un eccellente trattato tra la tecnologia convenzionale per propulsioni indipendenti dall'aria e le innovative tecnologie crodensi.

 

il sistema MEMSA, da non confondersi con sistema MESMA francese, era il frutto di un incompreso ingegnere francese dei primi del secolo scorso, tal Jean Bastianich che a sua volta si era ispirato agli studi rinascimentali dello scienziato Alexandre Borghesius circa le proprietà di determinati gas emessi in certe condizioni dagli esseri umani.

 

L'acronimo ( Module Energie de Mense Sans Arremedie) è già indicativo del sistema, dove il numeroso equipaggio dei sottomarini crodensi era obbligato a pesanti pasti francesi sommersi di salse ai pasti principali che, in caso di necessità di extra potenza, potevano essere integrati da colazione, merenda e spuntino di mezzanotte.

 

Il (ehm) prodotto di queste combinazioni chimiche veniva silenziato, recuperato e addotto attraverso apposito macchinario direttamente a una camera di combustione dove convergeva anche l'ossigeno conservato in apposite bottiglie. Il ciclo di combustione, per quanto similare allo stirling, si manifestava come più silenzioso e altamente performante per un migliore rendimento dei gas rispetto al gasolio e, soprattutto, l'immediato intasamento dei sensori di gas combusto degli aerei antisommergibile.

 

Il sistema sembra sia stato dismesso dopo i primi impieghi operativi a causa della imperfetta tenuta di alcune guarnizioni del sistema che, facendo filtrare i gas all'interno del battello, intossicavano l'equipaggio obbligando a una emersione immediata. Corre voce che alcuni membri di equipaggi abbiano perso il senno prima di perdere conoscenza.

Modificato da Totiano
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Desidero aggiungere a quanto affermato dall'esimio Professor Mascella che i battelli con il sistema MEMSA.

I battelli con questo sistema venivano facilmente rintracciati dal fatto che tutte le specie animali si allontanavano dallo stesso velocemente, creando un cerchio in movimento, con al centro il battello.

 

Quei pochi pesci che non riuscivano a scappare velocemente, venivano a galla boccheggiando e spesso andavano incontro ad un destino infausto, venendo così a creare una scia che conduceva al battelo.

Modificato da Iscandar
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Accidenti! (avevo proprio scritto MEMSA!!!)

Bene, sono contento che questo mio errore abbia aperto la strada a cotanti interessanti approfondimenti.

Il profumo della scienza divulgata pervade ogni dove...

 

Rispetto a quanto scritto dai miei illustri colleghi, posso solo aggiungere una piccola nota sulla terminologia.

Infatti, nella mente dell'inventore, il sistema si sarebbe dovuto chiamare MENSA, con la enne, con evidente riferimento al locale dove i lauti pasti francesi venivano consumati. La cosa però prese un'altra piega e l'acronimo MEMSA venne consolidato, con il preciso significato spiegato dall'esimio Prof. Mascella.

Infine, va detto infine che l'abbinamento cibo / propulsione navale vanta una lunga storia nell'ambito della Marina Crodense. Nel prossimo capitolo, dedicato alla propulsione subacquea, troverete infatti alcuni riferimenti propulsivo-gastronomici di particolare rilevanza: ve ne parlerò a brevissimo.

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PROPULSIONE - SOMMERGIBILI

 

La prima elica di propulsione per sommergibili apparve sul monoposto Turtle, durante la guerra d’indipendenza americana, ma si trattava di un dispositivo manuale molto poco efficace.

Il concetto fu nettamente migliorato sul confederato Hunley, la cui elica era azionata da ben sette rematori, e ancora sul successivo Rotowash, che fu l’unico sommergibile a ruote mai costruito, sulla base di un progetto dell’emigrante crodense Remus Rotantye.

Al pari dei battelli fluviali, il Rotowash disponeva di due grandi ruote propulsive sui fianchi dello scafo: la parte inferiore di tali ruote garantiva una discreta spinta, mitigata però dall’azione della parte superiore, che agiva da freno durante la navigazione sommersa. La soluzione non era certamente ottimale, ma la costruzione del battello era così avanzata che si decise comunque di ultimarlo.

Al collaudo, messo in diretta competizione con il precedente Turtle, il sommergibile Rotowash riuscì addirittura a vincere, percorrendo il tragitto di prova in 1 ora, 12 minuti e 4 secondi, ovvero ben 17 minuti in meno del più lento Turtle.

La sorprendente gara si era svolta sulla distanza dei 25 metri.

 

Nonostante il risultato positivo, la propulsione a ruote non risultò soddisfacente e tutti i successivi battelli utilizzarono eliche convenzionali dalla forma sempre più evoluta, fino alle odierne ed efficienti eliche con pale a scimitarra.

Durante la lunga evoluzione furono tentate ulteriori configurazioni, fra cui le grandi eliche con pale ad alabarda, preferite dalle Guardie Svizzere per i sommergibili della Marina Vaticana.

Addirittura, gli ingegneri crodensi sperimentarono eliche con pale a gladio, a scure e a machete: pur non risultando migliorative in quanto ad efficienza, esse consentivano di recidere un’ostruzione retale qualora il battello procedesse a macchine indietro.

 

La ricerca della massima efficienza si manifestò anche nell’ambito dei siluri, per i quali fu consolidata la valida soluzione con due eliche coassiali controrotanti.

Addirittura, nella Repubblica Socialista di Croda, l’ingegner Vladimir Absurdovich brevettò un tipo di siluro dotato di ben TRE eliche coassiali, tutte controrotanti tra loro. Si trattava di un’innovazione importantissima, anche se nessuna fonte ci riporta i dettagli costruttivi di questo brillante congegno.

Comunque, è certo che di un dispositivo siffatto furono armati i pattugliatori fluviali classe Kavèdan: si trattava della micidiale torpedine “Ciaparatti”, ideale per l’impiego in acque stagnanti e poco profonde, progettata dall'omonimo Ing. Ciaparatti in collaborazione con il Magg. G.N. Pantegànis.

 

Il variegato argomento della propulsione subacquea è intimamente legato al tema delle batterie, che furono in massima parte del tipo al piombo, anche se con alcune originali variazioni sul tema.

In questo ambito, la Repubblica di Croda operò grazie al il Terzo Cantiere Navale per Costruzioni Subacquee, che si appoggiava al noto Istituto Elettrotecnico Radjus Electryy, specializzato nella produzione di pile alcaline e nella riparazione di piccoli elettrodomestici.

Scostandosi completamente dai tipi già noti, il rinomato istituto sviluppò l’innovativa batteria all’ Ebano-Avorio, grazie al genio del fisico crodense ed ex-pianista Vladimir Horovitz. Dopodiché, in uno sfrenato turbinio di idee creative, furono sperimentati accumulatori ad elementi liquidi (dei tipi Gin-Tonic e Vodka-Lemon) ed altri prodotti di varia natura (batterie allo Speck-Brie o al Crudo-Mozzarella), che però non riuscirono a sviluppare l’amperaggio richiesto.

Si ipotizzò perfino una potentissima batteria del tipo ‘nduja- Titanio, ma apparve evidente che il titanio veniva facilmente corroso al contatto con il pericoloso alimento, dotato di estrema aggressività chimica nonché palatale. Di conseguenza, le batterie dei battelli continuarono ad utilizzare il piombo, certamente più leggero della ‘nduja sotto tutti i punti di vista.

 

Nonostante questi insuccessi, gli ingegneri crodensi perseveravano sulla strada dell’innovazione, concentrandosi sulla propulsione indipendente dall’aria esterna ed in particolare sulle celle a combustibile.

Scartata l’idea di sviluppare le Celle a Combustibile Alimentare (le cosiddette “Food Cells”), e al tempo stesso disdegnando le convenzionali celle ad idrogeno, l’Istituto Radjus Electryy scelse una strada alternativa e sviluppò le originali celle all’elio, che funzionavano scaricando come sottoprodotti anidride eliosa ed ossido di elio.

Molte speranze erano riposte nel nuovo dispositivo, ma le prime sperimentazioni dimostrarono che l’elio non reagiva per nulla e l’intero progetto fu abbandonato.

 

Passando ad altre nazioni europee, va senz’altro citata la Gran Bretagna e la sua classe "K" di sommergibili con propulsione a vapore, battelli innovativi ma assolutamente insicuri ed inefficienti.

In aggiunta a quanto comunemente risaputo, va detto che nel 1913 si pensò di armare i suddetti sommergibili con un'arma altrettanto innovativa: il siluro a vapore.

Questo particolare ordigno era dotato di una piccola caldaia interna che gli garantiva la discreta velocità di 5,5 nodi, a patto che la caldaia non si spegnesse per infiltrazione di acqua di mare (il che avvenne nel 95% dei casi documentati).

Non risulta che il siluro a vapore abbia mai conseguito alcun successo, anche per colpa della densissima nube di fumo che lo rendeva facilmente identificabile. Comunque, nonostante il fallimento, l'Ammiragliato britannico perseverò sulla stessa strada, armando la classe "K" con un secondo dispositivo parimenti innovativo: la mina a vapore.

Di questa ulteriore invenzione manca però qualsivoglia resoconto storico, lasciandoci ignoto il suo originale funzionamento.

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Durante la lunga evoluzione furono tentate ulteriori configurazioni, fra cui le grandi eliche con pale ad alabarda, preferite dalle Guardie Svizzere per i sommergibili della Marina Vaticana.

Addirittura, gli ingegneri crodensi sperimentarono eliche con pale a gladio, a scure e a machete: pur non risultando migliorative in quanto ad efficienza, esse consentivano di recidere un’ostruzione retale qualora il battello procedesse a macchine indietro.

della serie quando la realtà supera la fantasia: sapevate che anche se non certo con 3 eliche controrotanti, le nuove navi artiche sono costruite con azipod ed eliche particolari per frantumare il ghiaccio? In caso di necessità la navigazione avviene di poppa, che sale sulla lastra di ghiaccio spezzandola e indirizzandola sule pale che la frantuma.

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