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Il Sacrificio Del " Turbine "


Red

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Continuo con il secondo racconto tratto dal libro di Michele Vocino

" Bandiere sul Mare " :

 

IL SACRIFICIO DEL " TURBINE "

 

Alba greve la prima di guerra sull'Adriatico : cielo coperto, aria leggermente fosca, ogni tanto un piovasco, e calma completa di mare e di vento .

I due caccia " Turbine " ed " Aquilone ", usciti da Brindisi, erano a mezzanotte, all'apertura delle ostilità, prossimi al Gargàno quando avvistarono sulle acque, nell'ombra, poco di prora a dritta una massa scura che pareva una silurante.

Sarà nostra ? Sarà nemica ?

Gli uomini al posto di combattimento. Il comandante del " Turbine " accostando al traverso a sinistra, domandò, col megafono, al collega dell'" Aquilone " che era più anziano, se ritenesse di dover aprire il fuoco contro la nave sospetta.

E l'altro : " Ricerchiamola per riconoscerla ; e se sarà nemica l'attaccheremo " .

Avanzarono.

A un tratto la luna prossima al tramonto, uscita per un momento dalle nubi, illuminò in pieno uno dei caccia, così che si convinsero che l'altra unità se fosse stata nemica li avrebbe riconosciuti ed attaccati. Uno tuttavia sparò un fuoco Very rosso come segnale di riconoscimento. Nessuna risposta. L'altro aumentò al massimo la velocità e per uscire ad ogni costo dal dubbio accese un rapido lampo di proiettore. La nave illuminate parve nemica : e parve anche che ne avesse

un'altra di poppa.

Il " Turbine " chiamò l' " Aquilone " col megafono e gli gridò : - " Vi seguo nelle acque pronto a tutto " .

Le unità sospette non si vedevano nella notte buia .

Il " Turbine ", che le aveva raggiunte, defilando al traverso pronto ad attaccarle, fece segnalare col fanale a trappola, in tutte lettere, " chi siete ? ".

Nemmeno questa volta ebbe risposta. Gli rimase il dubbio.

E intanto, mentre le perdeva di vista, riceveva un segnale radio dall'altro caccia che gli dava Barletta come punto di riunione.

 

Nei paraggi di Barletta il " Turbine " avvistò un esploratore prossimo alla città, che subito individuò per l' " Helgoland " ;

e lo vide sparare una bordata verso terra. Allora - scrive il comandante, capitano di corvetta Luigi Bianchi, nel rapporto presentato al ritorno della prigionia - " non pensando all'ordine avuto di evitare d'impegnarmi contro forze superiori, ma cedendo solo all'impulso dell'indignazione provocata nell'animo mio dal vedere bombardare una nostra città indifesa, ordinai alle macchine di mettere a tutta forza e diressi contro l'esploratore nemico " .

Questo cessò il fuoco e puntò decisamente contro la nostra silurante, che , considerato assai dubbia la riuscita di un lancio di controbordo eseguito con velocità relativa di oltre sessanta miglia, per non essere stretta dall'avversario contro la costa prese caccia; e radiotelegrafò : " Esploratore nemico che bombardò Barletta m'insegue lo tengo in vista cercando di portarlo linea nostri esploratori ". Ma non ostante le insistenti e ripetute chiamate, non riuscì ad entrare in comunicazione

con nessuna stazione radio.

Albeggiava.

Il caccia era già nei paraggi del Gargàno quando, sempre inseguito dall' " Helgoland ", scorse poco a proravia del suo traverso a siistra due fumi, e presto due scafi che gli venivano incontro ad alta velocità.

 

Li riconobbe nemici : due caccia del tipo " Tatra ", quindi assai più veloci. Vide allora la sua posizione disperata.

Ormai si trovava nella necessità di dovere accettare combattimento contro forze di tanto superiori; e tuttavia l'accettò decisamente, fidando nell'arrivo dei nostri che riteneva sicuro se non per le chiamate radiotelegrafiche, almeno per il rombo del cannone che non poteva tardare a farsi sentire, tanto che riteneva d'avvicinarsi velocemente alle loro posizioni.

Fu aperto il fuoco. Una delle unità nemiche sopraggiunte, il " Csepel ", sparò tutta la bordata di dritta sul " Turbine ", che immediatamente rispose col pezzo di poppa e con quello di centro a sinistra, non potendo, per deficienza del campo di tiro, far fuoco col pezzo del ponte di comando. Pure l'altra unità, il " Tatra ", incominciò a sparare, come anche

l' " Helgoland ", ch'era a poco più di seimila metri. Due soli pezzi nostri, da 76, contro sei da 60 e dieci da 110.

" La lotta era ben impari - scrive il comandante Bianchi - ma ne io ne il mio equipaggio disperavamo di poterne uscire con onore, ed anche con fortuna; anzi ci sosteneva la viva speranza di poter riuscire a portare il nemico in mezzo ai nostri,

e di fare così invertire le sorti della lotta "

Pur troppo non fu così.

L' " Helgoland " sparava male. Invece i colpi dei due caccia erano abbastanza centrati, specialmente quelli del " Csepel "

che piovevano a poca distanza a proravia del " Turbine ", mentre quelli dell'altro cadevano quasi sempre a poppa.

Il " Turbine " tirava benissimo. " Un proietto colpì l'albero di maestra - dice il rapporto del " Csepel - e vi esplose recidendole drizze del padiglione a sinistra e la sagola della bandiera. Il padiglione cadde in coperta, la bandiera oltre bordo, però potè essere recuperata a tempo. Le schegge traforarono il boccaporto di accesso ai locali degli ufficiali.....;

il ponte fu traforato sopra l'alloggio del comandante.....; tre buchi si osservarono in coperta a poppa strema " .

Il nostro avanzava alla massima velocità, a più di trenta miglia, ancora illeso, in mezzo alle granate che scoppiavano in mare, vicino o vicinissime; e riusciva con costanti e leggere accostate a dritta non subito percepibili dal nemico a schivare

come poteva i colpi. Intanto " a bordo tutto continuava a procedere regolarmente, dice il rapporto del comandante; il personale disimpegnava il proprio servizio come se si trattasse di una esercitazione in gara con altre unità..... "

Un piovasco : la pioggia e le raffiche violenti resero per un poco difficile la direzione di tiro a tutti.

Da oltre mezz'ora il combattimento risultava completamente indeciso. Ma a bordo del " Turbine " già v'era qualche ferito.

Tuttavia, scrive Bianchi, " l'equipaggio lavorava serenamente, nonostante la pioggia di granate nemiche che sempre era incessante ed intensa ".

Il marinaio Molfino, ferito grave avendo avuto asportato l'avambraccio destro da una scheggia,non ebbe un lamento, e dopo la sommaria medicatura rimase tranquillo ad osservare il combattimento senza scomporsi alla caduta delle granate

nutritissime intorno al suo bordo.

 

Una breve sosta.... Il " Turbine " ebbe la sensazione d'essere sfuggito al nemico e prossimo ai soccorsi , poichè aveva scorto all'orizzonte un fumo che ritenne di nave italiana.

Diresse verso quel fumo a tutta forza.

Invece ere un'altra silurante nemica, che subito si mise in rotta di caccia e aprì il fuoco appena fu possibile, centrandolo quasi subito tanto da mettere un colpo in pieno nella caldaia di poppa del " Turbine ", poi un'altro nella caldaia di prora,

provocando una violentissima esplosione che raggiunse la plancia e sollevò e sbattè sul ponte il comandante, lasciandolo per un momento intontito.

Quando egli si rialzò, dolorosamente s'accorse che la sua nave aveva le macchine ferme e che ancora avanzava solo per abbrivio; vide i due pezzi presso le caldaie avariati nei congegni di mira......, vide in coperta due marinai che dibattevano sul ponte feriti ed orribilmente ustionati.

Feriti da per tutto.....E morti.......E rovina.....E sempre i superstiti sereni al loro posto, ad eseguire gli ordini.

Egli e il comandante in seconda, tenente di vascello Mario Ferrari mirabilmente eroico in tutta l'azione, ordinarono di aprire tutte le prese d'acqua per affondare il caccia; di regolare i siluri e di predisporre i tubi al lancio a poppavia del traverso

a dritta ed a sinistra, nella speranza di poter ancora un lancio contro qualcuno dei tre caccia nemici, mentre il pezzo di prora, l'unico ancora servibile, continuava a sparare.

Ma fu impossibile brandeggiare i tubi di lancio perchè, per l'esplosione delle granate e per quella delle caldaie, il ponte s'era deformato e le circolari dei tubi erano come incastrate nella posizione in cui erano state messe la sera precedente,

in caccia.

Null'altro da fare ! Anche il pezzo di poppa era diventato inservibile........

Il nemico continuò il fuoco per qualche istante, avvicinandosi sempre a piccolo moto.

" Per risparmiare un macello, ormai inutile, di gente - scrive Bianchi - ordinai all'equipaggio di cacciarsi in mare, e con orgoglio posso dire che non pochi volevano rimanere a bordo e che dovetti loro imporre di abbandonare la nave.

Ordini al capo timoniere di ammainare il battello, di imbarcarvi i feriti gravi e di portarli su uno dei caccia nemici.........

Il comandante in seconda voleva restare con me, e solo quando gli promisi che lo avrei subito seguito in acqua, si decise ad ottemperare il mio ordine......

Rimasto solo a bordo cominciai a visitare i locali interni........"

Scese dove potè; acqua e cadaveri.....rovinìo e devastazione....Risalì in coperta, e si diresse al ponte di comando......

" Sorvegliavo - scrive - che gli austriaci non mettessero a mare nessuna imbarcazione, perchè desideravo non salissero a

bordo, mentre ero ben deciso ad impedirlo; ed allo scopo mi ero munito di un martello che avevo trovato in coperta col quale all'occorrenza avrei fatto saltare la testa di un siluro......"

Ma il comandante del " Tatra " col megafono gli gridò di buttarsi a mare, che avrebbe riaperto subito il fuoco per affondare la nave.E disse questo con agitazione e premura.......Due fumi apparivano all'orizzonte.....Nostri ! Ma troppo tardi......

" Poichè le unità avvistate - si legge nel rapporto dell' " Hengoland " - avevano intenzione di sbarrarci il passo verso nord,

non era più il caso di perdere più tempo, e si abbandonò quindi il " Turbine " con una forte inclinazione a sinistra tutto traforato e ardente " .

Un nostro marinaio, il fuochista Giuseppe Camminita, quello cantato da Milanesi in " Ancora d'Oro ", morente sul " Tatra con la pelle a lembi, ridotto irriconoscibile cosa rossastra dalle gravissime ustioni del vapore, al comandante Bianchi, che,

ferito anch'egli alla testa, affettuosamente s'interessava di lui nella breve traversata verso la prigionia in terra nemica, ancora con un filo di voce : " Sento che sto per morire.......ma non me ne dispiaccio......muoio per il mio Paese, avendo fatto il mio dovere.......E' contento, comandante, del modo com'ha camminato il " Turbine " ? "

Testualmente così.

 

FINE

 

RED

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