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Marceglia Antonio - Movm-Mavm-C. Di G.vm


Red

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Comandanti,

ricordiamo " per non dimenticare " uno dei protagonisti del Forzamento

del Porto di Alessandria avvenuto nella notte del 18 - 19 dicembre 1941

ed al quale è stata dedicata una unità della nostra Marina Militare.

Egli era :

Antonio MARCEGLIA- M.O.V.M. - M.A.V.M. - C.G.V.M.

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Nacque a Pirano ( Pola ) il 28 luglio 1915.

Allievo dell'Accademia Navale nel Corpo del Genio Navale dal 1933, nel dicembre 1938

conseguì la nomina a Sottotenente G.N. e, dopo la laurea ottenuta con il massimo dei voti

nello stesso anno all'Università di Genova, conseguì la promozione a Tenente.

 

Destinato prima presso il Comando Militare Marittimo dell'Alto Adriatico, imbarcò poi su som-

mergibili e, alla dichiarazione di guerra dell'Italia del 10 giugno 1940, si trovava imbarcato

sul sommergibile " Ruggiero Settimo ", con il quale partecipò a tre missioni in Mediterraneo.

Nell'ottobre 1940, a domanda, passò nel Gruppo Mezzi d'Assalto e dopo un duro addestra-

mento partecipò a due missioni contro la base navale inglese di Gibilterra ( maggio - settembre 1941).

Promosso Capitano G.N. nel gennaio 1941, nel dicembre dello stesso anno partecipò all'audace

missione di forzamento del porto di Alessandria - condotta nella notte dal 18 al 19 dicembre.

nell'incarico di I° operatore del mezzo speciale 223 ( 2° operatore Schergat ) - che culminò con

l'affondamento di due navi da battaglia inglesi e di una petroliera e col danneggiamento del

cacciatorpediniere britannico " Jervis " . Dopo l'azione condotta con successo contro la corazzata

" Queen Elizabhet ", fu fatto prigioniero e condotto al campo per prigionieri di guerra n.321, in Pa-

lestina, quindi fu trasferito in India. Rimpatriato nel febbraio 1944, partecipò alla guerra di libera-

zione con i Mezzi d'Assalto, compiendo una missione di guerra nell'Italia occupata dai tedeschi.

Posto in congedo, a domanda, nel dicembre 1945 ed iscritto nel Ruolo del complemento col grado

di Tenente Colonnello G.N., assunse a Venezia la direzione di un cantiere navale.

 

Morto a Trieste il 13 luglio 1992.

 

Altre decorazioni e riconoscimenti per merito di guerra :

- Medaglia d'Argento al Valore Militare sul Campo ( Gibilterra, maggio 1941 ).

- Croce di Guerra al Valore Militare ( Gibilterra, settembre 1941 ).

- Promozione a Maggiore Genio Navale ( 1941 ) .

 

Motivazione MOVM :

 

" Ufficiale di altissimo valore, dopo aver dedicato tutte le sue forze ad un pe-

ricoloso e logorante periodo di addestramento , prendeva parte ad una spe-

dizione di mezzi d'assalto subacquei che forzava una delle più potenti e difese

basi navali avversarie , con un'azione in cui concezione operativa ed esecu-

zione pratica si armonizzavano splendidamente col freddo coraggio e con l'ab-

negazione degli uomini.

 

Dopo aver avanzato più miglia sott'acqua e superando difficoltà ed ostacoli

di ogni genere, disponeva la carica sotto una nave da battaglia avversaria e,

dopo aver distrutto l'apparecchio, prendeva terra sul suolo nemico dove veniva

fatto prigioniero, non prima però, di aver visto il pieno successo della sua azione.

Luminoso esempio di cosciente eroismo e di alto spirito di sacrificio , si palesava

degno in tutto delle gloriose tradizioni della Marina Italiana. Non pago di ciò, una

volta restituito alla Marina dopo l'armistizio, offriva nuovamente se stesso per la pre-

parazione e la esecuzione di altre operazioni.

 

( Alessandria, 18-19 dicembre 1941 )

( D.L., 18-19 dicembre 1941 )

( D.L. 31 agosto 1944 )

 

Motivazione MAVM :

 

MARCEGLIA Antonio

Capitano G.N., nato a Pirano ( Pola ) il 28-7-1915

 

"" sul campo "

 

" Volontario dei reparti d'assalto della R. Marina, partecipava in circostanze

particolarmente avverse , a una arditissima azione contro una munita navale

nemica,danda prova di coraggio , di elevate doti di tenacia e di deciso spirito

aggressivo "

 

( Mare Mediterraneo, maggio 1941 )

( Determinazione del 19 agosto 1941 )

( R.D. 27 dicembre 1941 )

 

ONORI a LUI

 

:Italy::Italy::Italy:

 

RED

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  • 4 weeks later...

L' ottava F.R.E.M.M, varata a Riva Trigoso ai primi di questo mese, è stata dedicata ad Antonio MARCEGLIA.

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  • 2 weeks later...

IL “MEMORIALE MARCEGLIA” (1956)

 

Egregio ammiraglio [de Courten],

 

Le riporto la relazione della mia missione nell’Italia occupata sulla scorta dei ricordi ormai vecchi di 11 anni.

Rientrato dalla prigionia in Italia nel maggio del 1944, cercai immediatamente di fare qualcosa nella speranza che la mia opera potesse ancora essere utile.

Aggregato a MARIASSALTO, cercai di rimettere in efficienza con l’ausilio dell’Arsenale di Taranto l’unico apparecchio piuttosto scassato che ci aveva lasciato il gruppo inglese del T.V. Hobson e progettai con esso un’azione contro la CAVOUR ancora ormeggiata a Trieste.

Il programma di tale azione lo esposi insieme al S.T.V. Conte al C.V. Rossi, allora Capo di Stato Maggiore della Forza Navale dell’Amm. Da Zara. Noi trovammo in tale occasione un ambiente abbastanza favorevole.

Nell’ottobre mi incontrai a Taranto col Cap. Comm. Makaus, che era rientrato da una missione di tre mesi da un gruppo dell’I.S. sulle coste dell’Istria.

Discutemmo a lungo sulla situazione locale della V.G. – Era evidente che l’organizzazione dei partigiani di Tito raggruppati nel IX Korpus era di gran lunga predominante e che godeva della piena simpatia degli Inglesi.

Altre notizie me le procurai dal bollettino riservato pubblicato dal S.I.S. e ordinato dal prof. De Castro che usciva periodicamente.

Cominciai a pensare se era possibile organizzare qualche cosa da parte italiana che si opponesse efficacemente alla penetrazione slava.

A Taranto, assieme al T.V. Robba, aiutante di bandiera dell’Amm. Manfredi, al G.M. Zar ed a altri costituimmo la Lega degli Adriatici, i cui scopi pubblici erano l’assistenza per i militari e i civili giuliani allora dislocati a Taranto e la raccolta di notizie per loro interessanti; lo scopo invece occulto era di mantenere saldo il vincolo nazionale e di selezionare elementi adatti da essere inviati oltre linea per costituire gruppi di resistenza patriottica a carattere italiano.

Di tale nostra idea fu reso partecipe mediante una relazione l’Amm. Manfredi e fu fatta anche una lista di ufficiali e truppa idonea a questo scopo.

La Lega però abortì, i pareri erano molto discordi; alcuni erano rimasti legati al ricordo dell’Impero austro-ungarico e del benessere a Trieste nel 1915, in particolare i marittimi; altri erano di idee indipendentiste e sognavano lo stato libero; pochi erano favorevoli a Tito e fra questi bisogna ricordare lo Svoboda, un agente di Tito che poi pubblicò le sue memorie, se non sbaglio sulla Settimana Incom; solo gli ufficiali e pochi altri erano rimasti attaccati alla nostra bandiera.

Finalmente nel gennaio 1945 comparve a Taranto il Comandante Resio, che era il capo dell’ufficio D del S.I.S.. Questo ufficio, che era quello operativo, agiva in stretto collegamento col S.C.I. americano che aveva gli stessi compiti.

La missione Zanardi dell’estate del 1944 aveva dimostrato che l’unico punto di sicuro accordo fra NORD e SUD era la difesa dei confini orientali ed era necessario coordinare tale difesa. Gli Americani, più realisti degli Inglesi in queste cose e non legati dall’accordo Tito-Alexander, erano a noi favorevoli, ma non volevano comparire pubblicamente e pertanto ci lasciavano fare.

Era necessario che un agente italiano speciale che volesse operare nell’Italia occupata avesse un incarico dal S.C.I., cioè che le due missioni italiana e americana fossero abbinate.

Nel novembre del 1944 erano stati catturati dagli Americani alcuni marò del battaglione N.P. della X M.A.S.. Comandante di questo battaglione era il Cap. G.N. Buttazzoni. I prigionieri avevano affermato che il Buttazzoni era di sentimenti poco ortodossi dal punto di vista fascista e che frequentemente aveva avuto degli scontri con dei gerarchi della R.S.I..

Era pure noto che i tedeschi della S.D. stimavano che gli elementi degli N.P. fossero particolarmente adatti a missioni oltre le linee e pertanto non perdevano occasione per effettuare dei reclutamenti, più o meno col benestare del Comandante degli N.P..

Sulla base di queste notizie, gli Americani decisero di cercare un collegamento col Cap. Buttazzoni, prospettandogli la possibilità di immettere elementi di sua fiducia nei reparti S.D., che una volta inviati nell’ITALIA del SUD portassero notizie sulle operazioni del S.D. e sulla sua attuale composizione.

Il Comandante Resio cercava un ufficiale disposto a passare le linee e che fosse conosciuto sia dal Comandante Borghese che dal Cap. Buttazzoni.

Mi offersi per fare la missione e dopo pochi giorni raggiunsi Roma.

Qui il Comandante Resio mi mise al corrente degli scopi della missione e sulla situazione nell’Italia settentrionale. Altre notizie le ebbi dal Comandante Cigala Fulgosi e dal prof. De Castro. Altre le cercai dal dr. Pitano mio concittadino e già sindaco di Trieste.

Gli Americani nel frattempo mi mettevano al corrente sulla dislocazione dei reparti della X M.A.S. e su quella degli speciali centri di addestramento della S.D. (Sicherheit Dienst).

Ai primi di febbraio mi trasferii a Firenze, dove mi furono forniti i necessari documenti di copertura; andavo al nord col mio nome, ma con documenti dai quali risultava che ero stato congedato per malattia dal comando della G.N.R. di Firenze.

Verso il 7 di marzo raggiunsi la linea a Seravezza (Forte dei Marmi) e fui aggregato ad una corvée di partigiani destinati a portare rifornimenti ai reparti dei Patrioti Apuani che agivano al di là della linea con base a Forno (Carrara).

Il passaggio della linea avveniva sopra l’Altissimo, ma ormai con l’avvicinarsi della primavera era diventato più difficile, perché i reparti tedeschi e della “Monterosa” uscivano spesso in pattuglia.

Facemmo un primo tentativo, che fu sospeso sia perché la guida era poco sicura, sia perché incontrammo una pattuglia di partigiani che veniva al sud e che era saltata su delle mine.

Il giorno dopo, era il 10 marzo, rifacemmo il tentativo con un gruppo più leggero di 8 persone e una guida esperta. La marcia ebbe inizio verso le 6 di sera, e alle 2 di notte eravamo in vetta; ma appena oltrepassata fummo presi di infilata da nutrite raffiche di mitragliera, probabilmente un’imboscata di reparti della Monterosa, che avevano osservato il traffico che avveniva in quel punto della linea.

Perdemmo contatto e rimanemmo in tre: un sottotenente partigiano, io e un esponente del C.L.N. (mi sembra che si chiamasse Punini o Faccini), nessuno esperto della zona.

Come Dio volle, all’alba eravamo all’Antona, un piccolo paese sui monti che era in mano partigiana; di lì raggiungemmo Forno dov’era il comando della Brigata Patrioti Apuani tenuto da don Pietro, un ex prete, poi prefetto di Carrara.

Fattomi riconoscere, alla sera, accompagnato da un partigiano, raggiunsi Carrara e mi presentai al presidente del C.L.N. locale, che mi doveva procurare carta d’identità lasciapassare per raggiungere Parma e quindi Milano.

Per la notte mi consigliò di recarmi all’albergo Garibaldi tenuto da certo Marchetti, persona fida dei partigiani; all’indomani avrei avuto i documenti.

Invece, poco prima dell’alba, l’albergo fu circondato da truppe tedesche e tutte le persone che vi alloggiavano, compresi vecchi, donne, bambini, sguatteri e padrone furono rastrellati e condotti alle ex scuole elementari.

Era successo che un tedesco di un gruppo di tre che avevano deciso di disertare aveva cantato e i tedeschi erano convinti che l’albergo fosse un covo di partigiani e il comando tappa per quelli che passavano le linee verso il SUD.

Incominciarono gli interrogatori: dissi di provenire da La Spezia e di essere venuto a Carrara per acquistare farina di castagne.

Non mi credettero e d’altra parte ero sprovvisto di qualsiasi pass valido; mi trasferirono al comando della Feldgendarmerie di Aulla; nuovo interrogatorio e quindi trasferimento al carcere di Migliarina a La Spezia.

Qui trovai il Comandante Bussolino che era stato messo dentro insieme a gran parte del C.L.N. di La Spezia. La situazione era pericolosa, c’erano frequenti prelevamenti di detenuti per rappresaglie ad azioni partigiane. Dal Comandante Bussolino seppi che il più alto ufficiale di Marina italiano della Repubblica a La Spezia era il mio compagno di corso Mario Rossetto. Tramite la moglie di un altro membro del C.L.N., il Cap. Fabbri, riuscii a fargli recapitare un biglietto: “Sono prigioniero a Migliarina, ti prego di avvertire il Comandante Borghese”.

Passarono alcuni giorni; per fortuna non venni interrogato, gli interrogatori erano terribili e spesso i detenuti erano bastonati a sangue dalle S.S..

Verso il 25 di marzo si presentarono al carcere due ufficiali delle S.S. che mi prelevarono e mi portarono al loro comando. Qui potei incontrarmi con Rossetto alla presenza di uno di loro.

La sera stessa partimmo per Genova, dove venni alloggiato nella Casa dello Studente, che era il Comando locale delle S.S..

Nuovo interrogatorio; cominciai a raccontare della missione di Alessandria e all’ora del pranzo l’interrogatorio fu sospeso senza che si arrivasse al presente. Alla sera venne a prelevarmi il T.V. Ungarelli accompagnato da un altro ufficiale.

Arrivati al Cornando della X M.A.S. mi spiegarono che Borghese aveva chiesto la consegna della mia persona adducendo il fatto che avevo passato le linee per raggiungere le sue formazioni.

Il Comandante Arillo, che arrivò due giorni dopo, mi chiese di vestire la divisa della X M.A.S. per suffragare meglio l’opinione dei tedeschi. Non trovai difficoltà: avevo bisogno di raggiungere quanto prima Borghese e di recarmi nella Venezia Giulia per vedere sul posto la situazione.

Il 29 marzo raggiunsi Milano e il 30 mi incontrai con Borghese e l’Amm. Sparzani; sembra non si rendessero conto del precipitare degli eventi e che fossero preoccupati solo di giustificare la loro posizione.

Mi resi conto che le truppe della X M.A.S. erano un po’ evanescenti, come del resto quelle dei partigiani, sparpagliati un po’ dappertutto e i reparti più efficienti sotto il controllo dei tedeschi.

Borghese mi promise che avrebbe fatto di tutto per spostare reparti verso la Venezia Giulia e che avrebbe cercato ancora contatti con la Osoppo, la formazione partigiana più nazionalista.

Il giorno dopo proseguii per Lonato insieme al Comandante Borghese e al Comandante Belloni. Qui incontrai altri ufficiali della X M.A.S., il C.C. Uxa, il C.C. Ninni, il C.C. Allegri, il C.C. Agostini e altri. Notai in tutti mancare una vera convinzione sugli scopi della X M.A.S., nella quale erano entrati per varie cause.

La vigilia di Pasqua (31/III) raggiunsi Venezia, dove, a seguito degli strapazzi dei giorni precedenti, fui costretto a mettermi a letto con febbre alta.

Saputo che l’Amm. Zannoni era a Venezia, gli mandai a dire che desideravo incontrarmi con lui.

Venne difatti a trovarmi, non lo conoscevo, però avevo una frase di riconoscimento che mi era stata trasmessa dal T.V. Zanardi e gliela dissi, in modo che fosse rassicurato sulla mia persona.

Con mia sorpresa, non ritenne sufficiente la frase di riconoscimento e si mantenne sulle generali; anzi, per eccesso di prudenza, mi raccontò che era imparentato con l’Amm. Sparzani.

La conversazione più che altro verté sulle cariche coperte dagli ammiragli a Taranto e a Roma e si evitò di parlare animatamente di quanto a me interessava, cioè su come l’Amm. Zannoni vedeva lo svolgersi degli avvenimenti nella V.G. alla prossima liberazione e sulle possibilità di modificarli.

Appena ristabilito, verso l’8 di aprile proseguii per Cormons (Gorizia) e Trieste. Cormons era al limite fra la zona di competenza della Osoppo e quella della Brigata Garibaldina aggregata al IX Korpus.

Presi contatto con dei partigiani, ma ebbi chiara la situazione, che desideravano evitare qualsiasi complicazione e che il loro scopo terminava appena finite le ostilità.

Anche a Trieste non esisteva un C.L.N. efficiente, né formazione italiana da far subentrare alla liberazione; tutto era assolutamente dilettantistico e l’unica preoccupazione era quella di sopravvivere.

Rientrai a Venezia deciso a riferire al sud la situazione, per sapere se ritenevano opportuno appoggiare la X M.A.S. o trovare altri sistemi per modificare in qualche modo gli avvenimenti.

A Venezia ritrovai il Comandante Borghese che mi mise in contatto col dott. Italo Sauro, figlio di Nazario, che era stato da lui incaricato di cercare di organizzare qualcosa. Di organizzato non c’era assolutamente niente e l’unica cosa che il dott. Sauro seppe dirmi è che occorrevano quattrini.

La situazione quindi al 10 di aprile 1945 era la seguente:

X M.A.S.: presente nella V.G. con 3 o 400 persone, altre formazioni organizzate sul fronte dell’Adriatico (non più di 1.000 persone), ma sotto diretto comando tedesco.

Partigiani italiani: solo nel Friuli e alieni dal cercare nuove avventure con gli slavi.

C.L.N.: a Trieste, fantomatico o inesistente.

Decisi di portare tale notizia a conoscenza del S.I.S. e, dopo notevoli difficoltà, riuscii a farmi dare un mezzo per raggiungere Milano dal T.V. Eugenio Wolk, mio compagno di corso.

Raggiunsi Milano verso il 19 o 20 aprile; incominciava l’insurrezione, per la strada tedeschi e repubblichini isolati erano attaccati in continuazione. Mi recai all’Alfa Romeo e mi presentai al direttore, del quale mi sfugge il nome, ma che fu ucciso una settimana più tardi per vendetta, malgrado fosse legato al C.L.N., e chiesi dell’Ing. Giorgis, che doveva essere il fratello dell’altro agente mandato al nord. Mi fu risposto che non c’era. Lasciai allora una relazione abbastanza particolareggiata da trasmettere al sud nella speranza che l’avrebbero fatto ugualmente.

Verso il 22 ripartii per Venezia. I tedeschi erano già in rotta: a Peschiera soldati disarmati e con garofani rossi al berretto rubavano le biciclette per raggiungere il Brennero. A Verona, deserta, i tedeschi faranno saltare gli ultimi ponti.

Il 24, come Dio volle, arrivai a Venezia e mi ripresentai all’Amm. Zannoni che mi incluse nella formazione comandata dal C.C. Zanchi, destinata a prendere l’Arsenale. Questa fu l’ultima operazione alla quale partecipai e sulla quale è meglio tacere.

 

Distinti saluti

Antonio Marceglia

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