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Disperso Un Battello Argentino


Regia Marina

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Un pensiero per tutto l'equipaggio, possano riposare in pace.

 

 

Sembra incredibile, seppur si tratti di un evento "violento", che l'anomalia sia stata tracciata da stazioni a 6500 Km e 7800 Km

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Dal sito http://gcaptain.com/argentine-navy-water-entered-missing-subs-snorkel/

 

Un portavoce della Marina Argentina (Enrique Balbi) riferisce che la causa dell'avaria è stato l'ingresso di acqua attraverso lo snorkel, questo ha causato il cortocircuito di una delle batterie.

 

"“They had to isolate the battery and continue to sail underwater toward Mar del Plata, using another battery,” Balbi said

 

Chiedo a chi ne sa di più cosa possa essere successo dopo, se ho capito bene nonostante il problema hanno continuato in immersione credendo di aver arginato il problema, poi qualcosa è andato storto.

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Dal sito http://gcaptain.com/argentine-navy-water-entered-missing-subs-snorkel/

 

Un portavoce della Marina Argentina (Enrique Balbi) riferisce che la causa dell'avaria è stato l'ingresso di acqua attraverso lo snorkel, questo ha causato il cortocircuito di una delle batterie.

 

"“They had to isolate the battery and continue to sail underwater toward Mar del Plata, using another battery,” Balbi said

 

Chiedo a chi ne sa di più cosa possa essere successo dopo, se ho capito bene nonostante il problema hanno continuato in immersione credendo di aver arginato il problema, poi qualcosa è andato storto.

 

In aggiunta a quanto gia da te detto, lo Snorkel non ha una valvola che ne dovrebbe in teoria impedire l'ingresso dell'acqua, oppure quali accorgimenti tecnici sono stati utilizzati e vengono tuttora utilizzati nei dispositivi snorkel attuali per ovviare a questo problema?

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Bisognerebbe conoscere lo snorkel argentino per capire i dettagli. In genere non c'è una connessione diretta tra la ventilazione di quei locali e l'induzione dello snorkel. Lo scarico lo ometto perché allagherebbe "solo" i motori. E si, ci sono delle valvole sia intesta allo snorkel per le onde sia all'interno del battello per resistere alla quota massima.

 

L'ingresso di acqua di mare in batteria potrebbe avere generato sia corto circuiti che cloro, che è sia velenoso che esplosivo. Magari ne parliamo il 9 a bordo del Toti

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Da Repubblica.it:

"Entra acqua, c'è un principio d'incendio". L'ultimo messaggio dal sottomarino scomparso

Pubblicato da una televisione argentina il testo dell'ultimo drammatico contatto radio. "Batterie di prua fuori servizio, navighiamo in immersione". Poche ore dopo l'esplosione avvertita dai segnalatori internazionali

....Sembra che l'acqua sia entrata dal il cosiddetto snorkel, il tubo che consente ai sottomarini alimentati a diesel come il San Juan di far funzionare i motori durante la fase di immersione. "L'ingresso dell'acqua di mare nel sistema di ventilazione verso il vano delle batterie numero 3 ha provocato un corto circuito e il principio di un incendio", aveva segnalato l'equipaggio, secondo il testo pubblicato.

"Le batterie di prua sono fuori servizio", aggiunge il messaggio subito dopo sottolineando che "si naviga per il momento in immersione". Il messaggio si conclude sottolineando che il comando verrà tenuto informato sull'evoluzione della situazione......

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Non capisco perchè abbiano continuato la navigazione in immersione.

Scelta del comandante o qualcosa ne ha impedito la risalita?

 

Una domanda, esistono sui sottomarini le scatole nere?

Modificato da Regia Marina
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Per chi volesse vedere il messaggio https://elpais.com/internacional/2017/11/28/actualidad/1511855337_010084.html

 

E' una valutazione del comandante, fatta probabilmente in relazione la mare agitato per consentire le successive riparazioni dopo il principio d'incendio.

Si vero non avevo pensato al mare di quelle zone viste anche le condizioni con cui si sono svolte le ricerche

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Esprimo il mio cordoglio per i 44 sventurati che ho aggiunto nel mio cuore vicino ai tanti, troppi, che hanno subito la stessa sorte.

A loro dedico questo sonetto.

 

Muto cetaceo nell'oceano immenso

grigio metallo con uomini dentro

nel tormentato mio dormir ti penso

sulle fragili vite mi concentro.

E il dolore si fa sempre più intenso

col passar dei giorni senza riscontro

perder la vita così non ha senso

e con questa dura realtà io mi scontro.

Tra i flutti più profondi sei sparito

nessuno dov'eri aveva capito

ma s'aspettava un grido d'esultanza.

Ora la triste realtà abbiam sentito

il destino contro di voi accanito

ha spento ahimè l'ultima speranza.

Sonetto

Roma, 28 Novembre 2017

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RIPORTO quanto pubblicato su Facebook da un altro che se ne intende, Rudy Guastadisegni, che concide con gli accenni di Totiano.

 

 

PER RISPONDERE ALLE DOMANDE DI TANTI AMICI E CONOSCENTI .....

Il sommergibile argentino era un sommergibile convenzionale con propulsione diesel-elettrica.
Questi battelli navigano in immersione con l’energia delle batterie e periodicamente devono raggiungere la quota “Snorkel” (non emergere) per innalzare la canna di aspirazione che, una volta uscita dalla superficie del mare, consente di aspirare l’aria necessaria a mettere in moto i diesel per ricaricare le batterie.
La canna snorkel è dotata di appositi valvoloni che si chiudono automaticamente quando un sensore viene bagnato dall’acqua per evitare di imbarcare troppa acqua di mare. Naturalmente un po’ di acqua entra comunque ma viene raccolta in un apposito pozzetto che poi viene esaurito con pompe di drenaggio o per semplice travaso.
Nella fattispecie il battello navigava in oceano Atlantico con una tempesta in atto con onde alte fino a otto metri (dichiarato dalla marina argentina).
Le mie ipotesi:
Dopo aver atteso inutilmente che il mare si calmasse, il battello ha lentamente esaurito l’energia delle batterie e si è trovato nella urgente necessità di mettere in moto un diesel per produrre la necessaria energia elettrica. Alzata la canna snorkel ha iniziato la carica delle batterie nonostante la tempesta in corso. Sicuramente il battello rollava e beccheggiava come un tappo di sughero mettendo l’equipaggio in grave difficoltà. Molto probabilmente qualche onda più alta delle altre ha sommerso la canna causando l’ingresso di acqua di mare. Considerando l’altezza delle onde si può immaginare che il battello rollasse molto violentemente consentendo all’acqua entrata di fuoriuscire dal pozzetto e invadere il battello raggiungendo il locale batteria. In questo caso è inevitabile il corto circuito e probabilmente il blackout dell’energia elettrica e, forse anche un principio d’incendio a causa delle scintille (per non parlare della possibilità di sviluppo del letale gas cloro).
Il battello, improvvisamente appesantito dall’acqua entrata, senza energia elettrica e quindi senza possibilità di manovra propulsiva e di alimentazione alle pompe di esaurimento o agli impianti per l’emersione di emergenza, ha cominciato a precipitare verso il fondo. Immagino il marasma a bordo, la confusione, l’impossibilità di agire e l’atmosfera degradata da fumi, gas e fiamme … a bordo di un sommergibile in mare qualunque piccola avaria se non affrontata e risolta con tempi rapidissimi può diventare una tragedia.
Un allagamento incontrollato causa l’affondamento. Un incendio incontrollato causa il soffocamento dell’equipaggio. Un blackout totale causa la paralisi di tutti gli impianti. A tutti questi eventi si può porre rimedio con un maniacale addestramento agli interventi d’emergenza. Potrei raccontare almeno 10 episodi molto pericolosi dai quali siamo usciti solo grazie ai nostri automatismi comportamentali.
Gli argentini non sono stati così fortunati.
L'emersione rapida sarebbe stata possibile se il battello fosse stato dotato di un impianto di esaurimento rapido delle casse zavorra con funzionamento NON elettrico ... non mi risulta che l'avesse e la manovra manuale non è abbastanza rapida sempre che ci sia il tempo di attuarla.
Il battello è sceso verso gli abissi e alla profondità di 1200 metri, secondo i calcoli teorici di progetto, è imploso causando la morte istantanea di tutto l’equipaggio fino a quel momento sopravvissuto.

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Ecco, non so quanto essere d'accordo. Però sono semplici illazioni e solo il recupero del battello consentirà di comprendere le reali cause.

 

Il famoso messaggio, reso noto qualche giorno fa dalla tv argentina, afferma che un problema si è già verificato: l'acqua è passata dallo snorkel ed è entrata nella sottobatteria nr 3. I tedeschi numerano da poppa a prora per cui è la centrale prodiera, quella più vicina allo snorkel (credo, non conosco le condotte) provocando un principio di incendio. Non è chiaro se l'incendio si è sviluppato nel locale o sugli interruttori di sicurezza della sottobatteria nr. 3.

Ogni snorkel ha almeno 3 valvole: una in testa canna per prevenire l'ingresso delle ondate e due in prossimità dello scafo resistente per resistere alla massima quota. Dopo la canna in genere c'è un sistema di raccolta per prevenire che l'acqua eventualmente entrata possa iniziare a scorrere lungo le condotte, sistema che dovrebbe avere delle sicurezze di alto livello che fanno chiudere le valvole resistenti.

Deve essersi verificata una o una serie di avarie rilevanti e contemporanee per causare questa forte rientrata d'acqua, comunque sotto controllo da parte dell'equipaggio perché il comandante comunica che continua la navigazione in immersione.

E' una facoltà del comandate deciderlo e io posso immaginare che volesse ripristinare il funzionamento dai danni dell'incendio senza dover combattere con la burrasca in corso, ma se avesse avuto sentore che qualcosa non andava penso sarebbe emerso.

Cosa è successo dopo? Si è ripresentata la stessa avaria come ipotizza il Dir Guastadisegni? Può darsi, ma l'equipaggio doveva essere sul "chi vive"

L'acqua entrata nella batteria nr 3 ha causato emissione di cloro e forse idrogeno talmente consistente da causare una esplosione? In questo caso fumo e fiamme avrebbero rotto il ponte di copertino (meno resistente dello scafo), precludendo ogni manovra all'equipaggio, forse.

Se i TR1700 hanno il "solito" sistema tedesco di esaurimento di emergenza dei tedeschi lo avrebbero certamente azionato, sono contenitori di "idrazina" che a contatto col mare sviluppano gas, il contatto avviene elettricamente con batterie dedicate e i pulsanti di azionamento sono in ogni locale del battello. Però un forte allagamento potrebbe avere annullato la riserva di spinta rendendo inutile dare arie alle casse, e qui dobbiamo ricordarci che acqua, non sappiamo quanta, era già entrata nel battello.

Avevano un sistema di esaurimento tradizionale? potrebbero essersi ghiacciate le valvole per troppa umidità nell'aria delle bombole, diminuendo l'afflusso verso le casse zavorra e non recuperando in tempo la riserva di spinta necessaria.

Quasi certamente è mancata la propulsione, un grande aiuto per tornare verso la superficie, forse per i danni dell'incendio o forse per l'allagamento delle altre sottobatterie.

Forse l'esplosione in batteria ha danneggiato qualche tubo della refrigerazione generale, un circuito alla stessa pressione dell'esterno che potrebbe essere non semplice da intercettare, creando un ulteriore forte allagamento dopo l'incendio

 

Ma con i se e i ma non si va da nessuna parte e quanto sopra è solo una piccola parte delle congetture che si possono fare senza conoscere approfonditamente il battello.

 

Su una cosa sono d'accordo con il Dir Guastadisegni: gli argentini non sono stati fortunati.

 

Piango la loro scomparsa, come tutti coloro che hanno sul petto l'insegna del Delfino. Il resto sono inutili congetture (come le mie qui sopra) e, a volte, sterili polemiche

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Il sommergibile argentino era un sommergibile convenzionale con propulsione diesel-elettrica.

Questi battelli navigano in immersione con l’energia delle batterie e periodicamente devono raggiungere la quota “Snorkel” (non emergere) per innalzare la canna di aspirazione che, una volta uscita dalla superficie del mare, consente di aspirare l’aria necessaria a mettere in moto i diesel per ricaricare le batterie.

La canna snorkel è dotata di appositi valvoloni che si chiudono automaticamente quando un sensore viene bagnato dall’acqua per evitare di imbarcare troppa acqua di mare. Naturalmente un po’ di acqua entra comunque ma viene raccolta in un apposito pozzetto che poi viene esaurito con pompe di drenaggio o per semplice travaso.

Nella fattispecie il battello navigava in oceano Atlantico con una tempesta in atto con onde alte fino a otto metri (dichiarato dalla marina argentina).

Le mie ipotesi:

(...)

Un allagamento incontrollato causa l’affondamento. Un incendio incontrollato causa il soffocamento dell’equipaggio. Un blackout totale causa la paralisi di tutti gli impianti. A tutti questi eventi si può porre rimedio con un maniacale addestramento agli interventi d’emergenza. Potrei raccontare almeno 10 episodi molto pericolosi dai quali siamo usciti solo grazie ai nostri automatismi comportamentali.

Gli argentini non sono stati così fortunati.

L'emersione rapida sarebbe stata possibile se il battello fosse stato dotato di un impianto di esaurimento rapido delle casse zavorra con funzionamento NON elettrico ... non mi risulta che l'avesse e la manovra manuale non è abbastanza rapida sempre che ci sia il tempo di attuarla.

Il battello è sceso verso gli abissi e alla profondità di 1200 metri, secondo i calcoli teorici di progetto, è imploso causando la morte istantanea di tutto l’equipaggio fino a quel momento sopravvissuto.

 

Ho sempre ammirato il modo di scrivere dell'amm. Guastadisegni. I suoi racconti sono sempre molto interessanti e molto "belli". :smiley19: Finora, per fortuna, ho sempre letto di avventure a lieto fine.

Anche questa volta non si smentisce ... purtroppo quello che scrive non è una cosa "bella", però riesce, anche in questo caso, a farti partecipare all'evento :ohmy: e, comunque sia andata (indipendentemente dalle supposizioni, basate su fondamenti/ragionamenti "reali"), mi sono venuti i brividi a pensare, anche solo un attimo, a questo probabile scenario. :wacko:

La preghiera del marinaio è il minimo che possiamo dedicare a quello sfortunato equipaggio.

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Ma con i se e i ma non si va da nessuna parte e quanto sopra è solo una piccola parte delle congetture che si possono fare senza conoscere approfonditamente il battello.

 

Su una cosa sono d'accordo con il Dir Guastadisegni: gli argentini non sono stati fortunati.

 

Piango la loro scomparsa, come tutti coloro che hanno sul petto l'insegna del Delfino. Il resto sono inutili congetture (come le mie qui sopra) e, a volte, sterili polemiche

 

Grazie Totiano per la spiegazione.

Non sono d'accordo sulle "inutili" congetture :wink:

Dipende chi fa le congetture! Se appaiono su giornali (sono al 99,99% inventate, quindi inutili ed è inutile perdere tempo a leggerle), se fatte da chi "nel" battello ci ha vissuto sono molto utili.

 

Chiaramente sono congetture, perchè solo chi era a bordo sa esattamente come sono andate le cose, ma per chi, come me, sa poco e vuole imparare/conoscere, le vostre ipotesi sono molto istruttive. Ci si fa un'idea di cosa può succedere in determinate condizioni, con certe situazioni che si presentano e ci descrivete le conseguenze nelle varie casistiche.

Dalle vostre spiegazioni si apprendono meglio tutte le difficoltà che possono presentarsi e come siete addestrati ad affrontarle, sperando di risolvere sempre tutti i problemi. Lo scenario che ci descrivete ci fa conoscere meglio la vita dei sommeribilisti.

Grazie!

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Nulla di nuovo ma ora è ufficiale. Possano riposare in pace e proteggere i loro cari.

 

Da Repubblica.it:

 

Il portavoce: "Non c'è più speranza di trovare in vita i 44 componenti dell'equipaggio". L'ultimo contatto con l'Ara San Juan risale al 15 novembre scorso.

...

Balbi ha sottolineato che nella ricerca "si è già superato il doppio del tempo previsto dai protocolli internazionali per salvare l'equipaggio di un sottomarino". E ha spiegato che due settimane dopo l'ultimo contatto con il comando operativo di Mar del Plata, la base verso la quale si dirigeva, e dopo aver setacciato miglia e miglia marittime con una task force navale ed aerea internazionale, "non è stata trovata nessuna prova del naufragio nell'area esplorata, né si è segnalato alcun contatto con il sottomarino o le sue scialuppe di salvataggio.

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Preghiamo per quei ragazzi e ragazze che riposano nella loro tomba d'acciaio.

 

Speriamo almeno riescano a identificare la posizione del battello così da dare almeno ai famigliare il "conforto" di sapere dove riposano i loro cari.

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Pare, purtroppo, che il ROV russo Pantera abbia escluso che l'eco rilevato dalla Victor Angelescu appartenga al San Juan http://defensanacional.argentinaforo.net/t11233p375-desaparecio-el-ara-san-juan

ARA San Juan

Descartan que el "contacto" a 477 metros sea del submarino

02/12/2017 | 17:37 | Lo indicó el sumergible ruso Pantera Plus.

 

 

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La tragedia che ha visto svanire nel nulla il sottomarino argentino San Juan e i suoi 44 membri dell’equipaggio s’è arricchita di un nuovo capitolo. A dare il suo contributo alla comprensione dei fatti è intervenuto un personaggio di primo piano, noto però solo agli addetti ai lavori e a pochi altri. Si tratta del dottor Bruce Rule, un esperto di analisi acustiche che per 42 anni è stato capo-analista presso l’Office of Naval Intelligence (ONI), cioè i servizi d’informazione della Marina americana. Il dottor Rule ha analizzato l’”evento” acustico registrato il 15 novembre scorso nell’Atlantico del Sud che si suppone sia stato prodotto dall’esplosione-implosione del sottomarino. Riassumo qui di seguito le sue conclusioni, che aprono la strada a scenari inquietanti:

 

1) l’evento in questione, verificatosi alle 1358Z (GMT) del 15 novembre 2017 nel punto con coordinate geografiche 46° 10’ S-59° 42’W, è stato prodotto dall’implosione dello scafo resistente del sottomarino San Juan a una profondità di circa 1275 piedi (circa 388 metri), alla quale la pressione del mare è pari a circa 570 psi (libbre per piede quadrato), cioè 39,3 bar;

2) l’implosione ha generato un’energia cinetica equivalente a quella prodotta dalla detonazione di circa 12.500 libbre (circa 5.700 kg) di tritolo;

3) la frequenza dell’evento è stata di 4,4 hertz;

4) la velocità della colonna d’acqua penetrata nello scafo del sottomarino dopo l’implosione è stata pari a circa 1800 miglia terrestri orarie, cioè circa 2.900 km/h;

5) lo scafo del San Juan è collassato in circa 40 millisecondi, (1/25 di secondo), pari a circa la metà del tempo minimo richiesto ai sensi umani per il riconoscimento cognitivo di un evento;

5) i resti del San Juan sono affondati verticalmente a una velocità stimata compresa tra i 10 e i 13 nodi;

6) l’impatto di tali resti sul fondo dell’oceano non ha prodotto ulteriori eventi acustici rilevabili a lungo raggio;

7) qualora il relitto sia ritrovato e venga deciso di recuperarne delle parti, si suggerisce di concentrare le analisi sul sistema di batterie del sottomarino.

 

Che cosa significa tutto ciò e quali sono gli “scenari inquietanti” ai quali accennavo?

 

Intanto, è opportuno sottolineare che il dottor Rule ha parlato testualmente di “implosione”, e non di “esplosione”. Ciò indica che il San Juan, come avevo già ipotizzato in un mio post precedente sulla mia pagina Facebook, è stato distrutto dalla pressione del mare circostante, e non dalla forza di un’esplosione interna. Ossia, al momento dell’implosione lo scafo era sostanzialmente integro e non in comunicazione col mare se non, forse, per qualche infiltrazione d’importanza non determinante. La velocità dell’evento acustico è stata fulminea (circa 1/25 di secondo), al pari della velocità dell’acqua che è entrata nello scafo (circa 2900 km/h). Ne consegue che l’equipaggio non è annegato né soffocato, ma è stato annientato all’istante praticamente senza alcuna sofferenza, se non quella psicologica derivante dalla precedente consapevolezza di ciò che sarebbe inevitabilmente accaduto una volta superata la profondità massima che lo scafo poteva sopportare. Anche queste sono ipotesi che avevo già formulato nel post citato. Ma il dato davvero significativo è quello della profondità alla quale, secondo il dottor Rule, lo scafo del San Juan avrebbe ceduto, cioè circa 388 metri. Ebbene, i conti non tornano! Lo scafo dei sottomarini classe TR 1700 alla quale il San Juan appartiene è progettato per operare a una quota di 270 metri (300 metri, secondo altre fonti, ma la non concordanza dei dati è probabilmente dovuta al fatto che si tratta di informazioni classificate che nessuna Marina è disposta a rivelare per evidenti motivi) con un coefficiente di sicurezza pari presumibilmente a 2. Il coefficiente di sicurezza è quel numero utile a determinare la profondità di collasso, cioè quella massima sopportabile prima che uno scafo ceda. Un sottomarino progettato per una quota operativa di 270 metri con coefficiente di sicurezza 2 resisterà fino a 540 metri di profondità (270x2), uno con 300 metri di quota operativa resisterà fino a 600 metri (300x2) e così via. Anche ipotizzando per il San Juan un coefficiente di sicurezza di progetto più prudenziale, pari a solo 1,5 (valori inferiori sono possibili, ma improbabili), si avrebbero, rispettivamente, una profondità di collasso di 405 oppure di 450 metri, comunque superiori a 388 metri ai quali lo scafo ha ceduto. Che cosa suggerisce tutto ciò? Che il San Juan è collassato a una profondità sensibilmente più modesta rispetto a quella che avrebbe dovuto sopportare, che si può comunque considerare calcolata per difetto. In altre parole, fatta salva la possibilità di un errore nei calcoli del dottor Rule, è inammissibile e inconcepibile che un sottomarino costruito per sopportare una profondità massima di 405 metri (nell’ipotesi più conservativa) vada in pezzi raggiunti i 388 metri. A questo punto, è opportuno concentrarsi sui lunghi e complessi lavori di ammodernamento che il San Juan aveva subito tra il 2008 e il 2014. Tali lavori erano stati eseguiti dai cantieri argentini Cinar (Complejo Industrial y Naval Argentino) di Buenos Aires, azienda statale risultante dalla fusione tra i due cantieri Domecq Garcia e Tandanor. I Domecq Garcia sono i cantieri che avevano iniziato, sotto la supervisione tedesca, la costruzione dei 4 gemelli del San Juan e del Santa Cruz (che furono entrambi realizzati in Germania), cioè il Santa Fe e il Santiago del Estero, mai completati (e i cui scafi sono tuttora sugli scali da più di un ventennio in attesa di decisioni su cosa farne) al pari di altre due unità che non vennero nemmeno iniziate. Le quattro unità sarebbero state, in assoluto, le prime mai realizzate in Argentina. In altre parole, nessun sottomarino costruito in Argentina ha mai realmente navigato. Dopo la privatizzazione e la successiva dissoluzione dei cantieri, ormai in bancarotta per la grave crisi economica che il Paese sudamericano ha subito negli anni 90, il governo Kirchner decise di riorganizzare la cantieristica nazionale cercando di recuperare le competenze e parte delle maestranze qualificate necessarie alla realizzazione e alla manutenzione di unità complesse come quelle subacquee. Nel frattempo, per il refitting del Santa Cruz, il gemello del San Juan che aveva necessità di importanti interventi di adeguamento e manutenzione, la Marina argentina fu costretta a ricorrere all’aiuto del Brasile (un Paese che, in Sudamerica, quanto a competenze nel settore può certamente dire la sua). Il Santa Cruz fu sottoposto quindi, tra il 1999 e il 2001, a grandi lavori di modernizzazione presso l’Arsenal de Marinha di Rio de Janeiro. Riorganizzati i cantieri nazionali, simili lavori vennero programmati anche per il San Juan, ma vennero effettuati direttamente in Argentina dal 2008 al 2014. Va sottolineato, a riprova delle difficoltà incontrate nei cantieri nazionali, che sul Santa Cruz i brasiliani impiegarono per i lavori circa tre anni, mentre per interventi simili sul San Juan servì, in Argentina, un periodo pressoché doppio. Furono sbarcati e revisionati completamente o sostituiti i quattro motori diesel, il motore elettrico di propulsione e i 960 elementi delle batterie, pesanti complessivamente circa 550 tonnellate. Oltre all’imbarco di nuovi sensori acustici e di un sistema di combattimento aggiornato, furono sostituiti circa 9 km di tubolature di vario genere e oltre 25 km di cavi elettrici, mentre furono smontate e revisionate le quasi 1300 valvole necessarie ai vari servizi di bordo. Lo scafo dei sottomarini classe TR 1700 è realizzato in acciaio HY 80. Si tratta di un acciaio speciale a basso tenore di carbonio (utilizzato anche per i sottomarini italiani classe Sauro) che vanta una caratteristica preziosa per un sottomarino: è piuttosto elastico, ma molto resistente, con un elevato limite di snervamento (High Yeld, cioè HY) pari a 80.000 libbre per pollice quadrato. Tuttavia, tale materiale richiede particolari tecniche di saldatura. Per permettere lo sbarco degli elementi di grandi dimensioni che non potevano passare dai due portelli d’imbarco esistenti a bordo, durante i lavori fu necessario tagliare letteralmente in due lo scafo del San Juan che venne poi nuovamente saldato. Come si può facilmente immaginare trattandosi di unità subacquee che in servizio sopportano sollecitazioni importanti, e in presenza dell’acciaio HY 80 già menzionato, questa è un’operazione estremamente delicata che richiede un’attenzione particolare, apparecchiature e procedure adeguate e maestranze decisamente molto qualificate che devono essere costantemente addestrate per mantenerne inalterate le capacità. In altre parole, nel mondo non sono poi molti i cantieri in grado di eseguire tali attività in piena sicurezza e il fatto che i lavori sul San Juan siano stati affidati a cantieri interessati da vicende aziendali travagliate, che per anni non hanno operato nel settore e in un Paese afflitto oltretutto da una lunga e devastante crisi economica è da considerare un’area di rischio da non sottovalutare. Certamente non potranno essere sottovalutate dagli inquirenti che dovranno investigare sulle cause della sciagura. Un’altra area di rischio ben conosciuta da chi si occupa di sottomarini è costituita dalla cosiddette “camolature” (o “vaiolature”), cioè i fenomeni di corrosione puntiforme, dette anche “pitting” con terminologia anglosassone, che possono assottigliare lo spessore dell’acciaio e quindi indebolirne la resistenza. Il “pitting” è un fenomeno molto insidioso ed è particolarmente favorito, guarda caso, dall’acqua di mare, che costituisce l’ambiente ideale per il suo sviluppo a causa dell’elevata concentrazione di ioni di cloruro di sodio e di altri sali. Durante le soste in cantiere di un sottomarino, i tecnici prestano particolare attenzione alla ricerca del “pitting” e, dove necessario, intervengono apponendo sullo scafo dei “fazzoletti” di lamiera adeguatamente saldati che servono a ricostituire lo spessore originario e a ripristinare le caratteristiche di resistenza di progetto. È superfluo sottolineare che fenomeni di “pitting” non identificati e non opportunamente contrastati costituiscono un pericolo potenzialmente mortale per uno scafo destinato a sopportare pressioni elevatissime. Nel 2005, durante la mia visita alla base di Mar del Plata, mi resi conto, imbarcandomi sul San Juan, che lo scafo, oltre a un paio di “bugne” e a una buona quantità dei caratteristici “denti di cane“, presentava evidenti “rugosità” soprattutto nella zona prodiera, forse dovute proprio a fenomeni di “pitting”. Del resto, si trattava di un’unità che all’epoca aveva già vent’anni di servizio sulla chiglia.

 

E ora, due parole sul dottor Bruce Rule. Non l’ho mai incontrato di persona, ma qualche anno fa scambiai alcune e-mail con lui dopo aver letto un suo libro, “Why the USS Scorpion (SSN 589) was lost: the death of a submarine in the North Atlantic”, relativo alla perdita del sottomarino nucleare americano Scorpion, disperso al largo delle Azzorre nel maggio 1968 con 99 uomini a bordo. Un’opera che non esito a definire di livello tecnico eccezionale, al pari del suo autore, uno specialista dalla competenza fuori discussione. Bruce Rule, che all’epoca era analista presso i servizi d’informazione della Marina americana, fu ascoltato dalla commissione d’inchiesta creata per investigare sul disastro e riferì delle conclusioni alle quali era giunto dopo l’analisi delle numerose tracce acustiche rilevate durante la distruzione dello Scorpion. Tali conclusioni, avvalorate anche dai pareri riferiti alla commissione d’inchiesta dal SAG (Structural Analysis Group, un team di esperti riunito per tentare di determinare cos’era accaduto), furono che sullo Scorpion s’era verificata un’esplosione nel compartimento delle batterie, di potenza insufficiente a lesionare lo scafo, ma sufficiente a impedire all’equipaggio di mantenere il controllo della quota. Senza più governo, lo Scorpion era sceso lentamente per circa 22 minuti nelle profondità oceaniche per poi implodere a una quota di 1530 metri. I suoi rottami, ritrovati e fotografati, sono sparsi ancora oggi sul fondo dell’oceano a una profondità di oltre 3mila metri. Le conclusioni del dottor Rule e del SAG non furono prese in sufficiente considerazione dalla commissione d’inchiesta che, pur senza riuscire a determinare ufficialmente e con precisione che cosa aveva causato la tragedia, optò per l’ipotesi che il sottomarino fosse rimasto vittima di un suo siluro, attivatosi accidentalmente nella camera di lancio. Una teoria che diede il via a numerose speculazioni, anche di stampo “complottista”, ma che non risulta suffragata dai rilievi fotografici del relitto, né dalle precise deduzioni del dottor Rule che, sollecitato oggi a dare il suo parere tecnico sulla sparizione del San Juan, ha evidentemente trovato delle analogie tra questa sciagura e quella del 1968. Con Bruce Rule parlai a suo tempo anche di un’altra tragedia avventa cinque anni prima di quanto accadde allo Scorpion, quella del Thresher, un’altra unità nucleare americana riguardo alla quale lo stesso Rule ebbe a dire qualcosa che stravolse completamente le “verità” ufficiali della Marina americana e della sua immancabile commissione d’inchiesta. Questa, però, è un’altra (bruttissima) storia. Concludo sottolineando che l’onnipotente industria cinematografica americana ha prodotto nel tempo pellicole praticamente su ogni grave sciagura che ha funestato l’umanità in mare, dal Titanic all’Indianapolis, e in cielo, dall’Apollo 13 allo shuttle “Challenger”. Ma nessuno, né a Hollywood, né altrove, ha finora realizzato un film che provi a raccontare che cosa può essere realmente accaduto allo Scorpion e al Thresher, se non altro in omaggio alle 228 persone che vi persero la vita e che attendono ancora che la verità sulla loro fine sia rivelata. I motivi di questa strana “ignavia” cinematografica li lascio all’immaginazione di chi ha avuto la pazienza di seguirmi fin qui.

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Stavo unloggandomi, ma due righe per sottoscrivere ogni virgola sul dottor Rule sono doverose.

Ha sempre scritto un mucchio di cose interessanti.

Non ho letto nello specifico il noto libro sullo Scorpyon, ma diversi altri articoli, ricordi e "primizie" declassificate, in passato si e con gran piacere.

Si è sempre notata l'evidente fondatezza e solidità delle sue tesi.

Credo sia stato per un bel po' un "pezzo da 90" col SOSUS, ONI, ecc. o ricordo male?

Modificato da CubanFoxtrot
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Disamina interessantissima Thresher, degna del giornalista conoscitore della materia e curioso indagatore che non cerca lo scandalo.

Dovremo aspettare il recupero del battello e, forse, non sapremo mai cosa è stato a provocarne l'affondamento. In molti si sono espressi su un evento riguardante le batterie che abbia "inabilitato" (scusatemi il termine) l'equipaggio ad operare.

Unico appunto dovuto a chi ti ha spiegato la ripresa delle camole (cioè io), non viene saldato un fazzoletto di acciaio a raddoppio, viene proprio riempito il "buco" con materiale di saldatura.

Credo sulla parola a quanto detto dal dott Rule, un extraterrestre sulla propagazione del suono in acqua.

Lo scenario di uno scafo deteriorato ha senso ma, forse, non è cosi colpevole. Proprio le citate "camole" sui Toti ridussero progressivamente la quota massima fino ad un massimo di 80m negli ultimi mesi, la metà della quota operativa di nascita di 150mt.

Non possiamo escludere che la quota max di 300 mt del San Juan fosse stata ridotta, anche fortemente. Il suo compito non era più di SSK ma di controllo occulto e vigilanza della pesca nelle ZEE, dove 150mt ritengo siano già sufficienti.

 

Passando di palo infrasca, conosco davvero pochi film e libri che parlano di soccorso a sommergibile sinistrato dove uomini si salvano: uomini sul fondo (film di de robertis), squalus ore terribili (libro di biografico di Peter Maas su un grande uomo come swede Momsen), uomini sul fondo (libro inchiesta sul Thetis) e il mio Delfini d'Acciaio.

 

Qualche libro è stato speso sui vari disastri che hanno colpito le varie Marine, ultimo per clamore il Kursk, ma troppo spesso a carattere scandalistico o troppo tecnico. IO non credo che vedremo mai un film a riguardo, i pregressi non sono incoraggianti.....

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Scusa l'imprecisione "metallurgica", caro Totiano, dovuta al fatto che sono sì un curioso, ma non certo uno del mestiere!

E' in effetti possibile che il San Juan fosse stato declassato quanto a profondità operativa, però di una Marina che parla di "lavori di mezza vita" per un battello che all'inizio di quei lavori aveva già sul groppone quasi 25 anni di onorata carriera e che fa effettuare interventi così importanti e e radicali a un cantiere poco esperto e anche un po' "arrugginito" nel fare certe cose, mi fido pochino per istinto. Come giornalista sono portato a ragionare sui fatti accertati, ma non ti nascondo che sono forti la tentazione e l'istinto che mi portano a pensare che quei ragazzi siano stati mandati allo sbaraglio a rischiare la vita su un battello poco sicuro. Senza contare l'orrida ipotesi che sotto ci sia anche qualche odioso episodio di corruzione nella fornitura delle nuove batterie che forse (lo accerterà la magistratura, ma mi auguro proprio che non ci sia nulla di vero) sono le vere responsabili della perdita del San Juan.

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Grazie, Thresher, per aver puntualmente riportato le conclusioni del dottor Rule. Le ho lette con molta attenzione trovandole tecnicamente ineccepibili ed estremamente interessanti. In qualche modo, molto piu' naif - da "praticone" - ero arrivato alle stesse conclusioni, che avevo attribuito all'affaticamento del metallo (analoghe a quelle che si verificano sugli aerei per le continue compressioni/decompressioni della fusoliera) in uno scafo più che datato e alla scarsa tecnologia argentina nel campo dei sommergibili. Quindi, tornando alle conclusioni del dottor Rule, non mi meraviglia affatto che l'implosione sia avvenuta ad una profondità nettamente inferiore a quella teorica di collasso.

 

Mi solleva il fatto che quei poveri ragazzi non si siano neppure accorti di morire, anche se con l'inarrestabile discesa del battello si saranno sicuramente resi conto che il loro destino era segnato. Però un esile filo di speranza resta sempre ... pace alle loro anime.

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  • 2 weeks later...
  • 2 months later...

Riporto senza traduzione da sito "Infobae" (3 marzo 2018), a cura del giornalista Andrés Klipphan

 

Exclusivo: el sumario interno de la Armada que reconoció "graves anomalías" en el submarino ARA San Juan antes de zarpar

La investigación interna asegura que el submarino desaparecido fue erróneamente autorizado a zarpar pese a las deficiencias técnicas y operativas que presentaba. Quiénes son los señalados por la fatídica decisión

 

"El señor Comandante de Adiestramiento y Alistamiento de la Armada, Contraalmirante Luis Enrique López Mazzeo y el señor Comandante de la Fuerza de Submarinos, Capitán de Navío Claudio Javier Villamide, revisten la condición de presuntos infractores por arriesgar la integridad física de sus subordinados, sin necesidad evidente, y por actuar con negligencia/imprudencia notoria y grave al no impedir que el Submarino ARA San Juan navegase con posterioridad a las severas anomalías detectadas –tanto en la inspección N°10/16 'S'; como en la previa navegación del SUSJ (ARA San Juan) para 'Control de Mar' efectuada entre los días 1 y 19 de julio de 2017, circunstancias conocidas por los involucrados- y no superadas, sin evidenciarse medidas de control y supervisión ante el eventual peligro para la tripulación y la Unidad Naval, causando además, presumiblemente, por esa falta de control y supervisión de ambas autoridades navales, la pérdida de contacto definitiva con el Submarino ARA San Juan".

Así de contundente es el sumario realizado por la Armada sobre las responsabilidades que podrían caberles a los oficiales superiores que estaban a cargo de la navegación y las tareas encomendadas al submarino desaparecido el 15 de noviembre pasado con sus 44 tripulantes a bordo.

La "Disposición concluyente del sumario" –tal su nombre-, de 15 carillas, con el membrete del Estado Mayor General de la Armada y refrendado por el entonces titular de esa fuerza, Almirante Marcelo Eduardo Hipólito Srur, confirma cada uno de los datos publicados por Infobae y que indicaban que el ARA San Juan zarpó de la Base Naval de Mar del Plata con deficiencias técnicas y operativas que lo limitaban, por ejemplo, a no descender a más de 100 metros de profundidad cuando, en un estado normal, podría realizar una inmersión de hasta 350 metros.

Si la jueza federal de Caleta Olivia, Marta Yáñez, que investiga la desaparición del buque militar, llega a las mismas conclusiones que el oficial sumariante a cargo de la pesquisa interna de la Armada, la situación procesal de López Mazzeo y Villamide podría terminar de complicarse.

Hasta ahora, el expediente no tiene imputados, y el personal que declaró, como los dos tripulantes que desembarcaron del ARA San Juan en Ushuaia, Juan Gabriel Viana y Humberto René Vilte, admitieron que el submarino había tenido desperfectos en sus itinerarios previos. Esto incluía un problema en el snorkel, por donde ingresaba agua; que algunos paneles de baterías habían quedado fuera de servicio por esta situación y que la nave perdía aceite. También aseguraron que el buque "tuvo un fallo grave previo a la desaparición".

En su exposición ante la magistrada, los tripulantes afirmaron que durante la navegación de Mar del Plata a Ushuaia "hubo fallas en la válvula cabeza del snorkel, más precisamente en los dos electrodos de popa que no podían ser reparados en inmersión". Repreguntados sobre este punto por Yáñez, los suboficiales reconocieron que "desconocían si se habían reparado en Ushuaia"; además reportaron haber "escuchado un ruido seguido de dos golpes fuertes y una vibración que recién al llegar a puerto se supo que se había producido por el desprendimiento de una tapa forro a la altura de la batería de proa". Por último le dijeron a la jueza que "el día 5 en el Puerto de Ushuaia tuvieron una falla en una bobina de un interruptor de potencia de las baterías que debió ser reparada antes de zarpar por lo cual la estadía se alargó un día más".

PARA-TI-ARA-SAN-JUAN-MARIO-ARMANDO-TOCON

"Negligencia en el servicio". La Disposición concluyente del sumario interno de la Armada Argentina, que toma estado público por primera vez, y al que accedió Infobae por fuentes oficiales de manera exclusiva, está fechado el 7 de diciembre de 2017, es decir 22 días después de la desaparición del submarino.

Cinco días después de que Srur avalase la auditoría, el 12 de diciembre, Aguad dispuso el pase a disponibilidad de siete oficiales, entre ellos Luis Enrique López Mazzeo y Claudio Villamide, los oficiales señalados por el Oficial Auditor Instructor designado por el entonces jefe de la Armada para investigar "las responsabilidades emergentes vinculadas a la pérdida de contacto con el Submarino ARA San Juan".

La documentación requerida por el auditor fue solicitada al Inspector General de la Armada, Contraalmirante Eduardo Alfredo Pérez Bachi, a través del "oficio DGAJ, RM4 N° 291/17 'C'".

De manera inmediata, Pérez Bachi, recabó toda la información, más de 100 hojas y planillas que revelaban lo que hasta ese momento el ministerio de Defensa desconocía, las deficiencias del ARA San Juan para navegar. La misma documentación aseguraba que estas fallas técnicas no suponían un desenlace fatal durante las misiones asignadas al buque de guerra, entre ellas avistar a las naves y aeronaves de guerra británicas que se desenvolvían en cercanías de las Islas Malvinas, escenario del conflicto bélico entre Inglaterra y la Argentina en 1982.

Pérez Bachi es un oficial reconocido dentro de la Marina. Tanto es así que el año pasado, durante la conmemoración del aniversario 35 de aquel 2 de abril en que desembarcaron las tropas argentinas en Malvinas, y durante el acto que se realizó en el Edificio Libertad, el Contraalmirante se dirigió a los presentes solicitando "un recuerdo" para los ex combatientes, los héroes caídos durante el hundimiento del Crucero General Belgrano, y destacando "el rol de la Armada" que "trascendió al cubrir el mar, la isla, el espacio aéreo y submarino".

Por entonces, López Mazzeo ya había sido cuestionado públicamente por la magistrada de Caleta Olivia Yáñez, a cargo de la causa, por la reticencia a aportar información sobre las comunicaciones del submarino con la base naval y el reporte de averías en las baterías, además de la logística dispuesta para la aplicación del SAR, por sus siglas en inglés "search and rescue" o "búsqueda y rescate".

El mismo vocero de la Armada, Enrique Balbi, les había respondido a los periodistas reunidos en la escalinata del Edificio Libertad a la espera de los entonces famosos partes oficiales, que algunas preguntas no se podían responder porque existía secreto de Estado.

Fue entonces que el ministro Aguad los desautorizó asegurando que tal secreto no existía y ordenó entregar de forma inmediata la documentación requerida por Marta Yáñez. Entre esos documentos se encuentra la auditoría interna que en el "Punto 2" de su resolución pide: "Suspéndase del servicio" a López Mazzeo y Villamide por "arriesgar a la tropa" y "negligencia en el servicio".

A lo largo de la quincena de carillas la Disposición concluyente de la auditoría da cuenta de cada una de las irregularidades que presentaba el ARA San Juan y que no fueron corregidas (cada una de ellas ampliamente detalladas en varias investigaciones de Infobae).

A estos cuestionamientos, la auditoría agrega como agravantes las comunicaciones que se mantuvieron entre el comando de submarinos y el ARA San Juan horas antes de su desaparición y que daban cuenta de las dificultades que este mantenía para navegar y salir a "hacer snorkel", es decir recambiar el oxígeno, con un océano embravecido como el de esos días donde las olas llegaban a siete metros de altura.

PARA-TI-ARA-SAN-JUAN-MARIO-ARMANDO-TOCON

Las comunicaciones volcadas en el documento son 18 y corresponden a los días 14 y 15 de noviembre. Es decir las del día en que se terminó perdiendo contacto y el anterior. La mayoría de ellas cierra con una lapidaria frase que dice: "se desconoce contenido" de la comunicación.

En cambio, algunas de ellas son relevantes y, si bien trascendieron algunos de sus contenidos, ahora, los documentos oficiales sumados a la causa no dejan margen de dudas:

– El 15/11, a las 01:31 el Comando de Fuerza Submarina (COFS) -que estaba a cargo de Villamide- le ordenó al ARA San Juan, por los evidentes problemas que este presentaba en su navegación, cambiar su rumbo e ir en "derrota directa a MDP (Mar del Plata) a discreción/inmersión-superficie según factibilidad". Como se sabe, la nave de guerra nunca llegó a destino y al día de hoy se desconoce su ubicación.

– A las seis de la mañana desde el submarino se emitió un informe de situación que decía: "Ingreso de agua de mar por sistema de ventilación al tanque de baterías N° 3 ocasionó cortocircuito y principio de incendio en el balcón de barra de baterías. Baterías de proa fuera de servicio, al momento en inmersión propulsando con circuito dividido. Sin novedades de personal. Mantendré informado".

– Cuarenta minutos después, el ARA San Juan informa que, tal como ya se le había solicitado, cambiará su rumbo hacia la Base naval de Mar del Plata.

-A las 08:20 el Comando de Fuerza de Submarinos le trasmite al ARA San Juan gacetillas de prensa con noticias de actualidad varias.

– A las 08:52, el Comando de la Fuerza de Submarinos, es decir Villamide, le comunica al Comando de Adiestramiento y Alistamiento (COAA), por entonces a cargo de López Mazzeo lo siguiente: "Ingreso de agua de mar por sistema de ventilación al tanque de baterías N° 3 ocasionó cortocircuito y principio de incendio en el balcón de barra de baterías. Baterías de proa fuera de servicio, al momento en inmersión propulsando con circuito dividido. Sin novedades de personal. Mantendré informado". Es decir que se retransmitió el mensaje sobre el principio de incendio (que al comienzo la Armada negó en sus primeras conferencias de prensa).

– A las 13:43, después de varias comunicaciones satelitales exitosas establecidas por el SUSJ con posteriores conexiones fallidas al sistema Eureka, el Comando de la Fuerza de Submarinos, le pide al ARA San Juan "Verificar dirección IP de servidor principal EUREKA". (El Visualizador Eureka es un planificador de misiones y un asistente compilador de información necesaria para la toma de decisiones, que reviste de secreto militar, por eso no se pueden brindar más detalles).

– La de las 13:43 del 15 de noviembre de 2017 fue la última comunicación transcripta por el auditor en su informe.

Párrafo seguido, su comentario es más que elocuente y no deja lugar a segundas interpretaciones: "Estas comunicaciones develan la existencia de anomalías por ingreso de agua al ARA San Juan que son similares a las que ya habían acontecido en la navegación efectuada entre el 1 y 19 de julio del corriente año, de las cuales ya tenían conocimiento el señor comandante de la Fuerza de Submarinos (por Villamide), quien a su vez le reportó al señor comandante de Adiestramiento y Alistamiento de la Armada (en fecha 5 de septiembre de 2017), sin evidenciarse medidas de control y supervisión ante el eventual peligro para la tripulación y la Unidad Naval, causando además, presumiblemente, por esta falta de control y supervisión de ambas autoridades navales, la pérdida de contacto definitivo con el ARA San Juan".

Sobran comentarios. Sí vale destacar que los desplazados comandantes López Mazzeo y Villamide ya presentaron abogados en la causa judicial. El primero de ellos es el que se muestra más activo. Presentó la recusación de todos los que intervinieron en la disposición interna que hoy publica Infobae de manera exclusiva. Tanto del Almirante Srur, es decir el ex jefe de la fuerza que la firmó, como de los auditores e inspectores que hicieron las auditorías y analizaron la documentación.

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Non è un bello scenario, quello proposto, Riccardo: diverse avarie affliggevano il battello che stava rientrando ed erano avarie ricorrenti o, quantomeno, che non erano state correttamente risolte. Il mio spagnolo è debole, e potrei aver preso qualche abbaglio, ma queste sembrano le risultanze. Mi chiedo solo perché non siano rientrati in superficie, anche se il "maraglione" che c'era poteva essere un ottimo motivo

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Penso anch'io che le condimeteo abbiano giocato un ruolo determinante sulla decisione di procedere in immersione. Oltretutto, forse con quel mare tentare di riparare l'avaria navigando in superficie sarebbe stato difficoltoso o addirittura impossibile. Povera gente...

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  • 8 months later...

Secondo questo articolo del Buonos Aires Times, sembra che il sottomarino San Juan sia stato ritrovato a circa 800 mt di profondità ad opera della Seabed Constructor, una unità della compagnia Ocean Infinity che era stata ingaggiata per conti9nuare le ricerche del battello.

 

Parla di un relitto lungo 60 mt, ovvero la lunghezza del battello, e questo fa pensare che l'implosione non sia stata deflagrante (come il Thresher, per intenderci). Aspettiamo maggiori dettagli.

 

Nel frattempo ecco l'articolo, reperibile al link http://www.batimes.com.ar/news/argentina/navy-defence-ministry-confirm-ara-san-juan-submarine-has-been-found.phtml?fbclid=IwAR3s3RcR3vXxM7KOasCAfIhigGROcY6rBT7tvKKbPLMoU5iGTvls_hvi2fQ

 

 

Navy, Defence Ministry confirm ARA San Juan submarine has been found

 

One day after the first anniversary of its disappearance on November 15, 2017, the missing ARA San Juan submarine has been found.
The stunning news, which has been confirmed by the Defence Ministry, the Navy and the US firm leading the search for the vessel, arrived in the early hours of Saturday morning.
On Thursday, Ocean Infinity – the North American company that was set to suspend its search just 48 hours ago – confirmed that an object, approximately 60 metres long, had been discovered at a depth of 800 metres.
After heading to the site with its vessel, Seabed Constructor, to investigate, the company says it positively identified the object as the ARA San Juan. The Defence Ministry and the Navy confirmed the news via Twitter.
"The #MinisterioDeDefensa and the #ArmadaArgentina report that on this day, having investigated the point of interest No. 24 reported by Ocean Infinity, through observation made with a ROV at 800 metres deep, the #AraSanJuan has been positively identified," a post read.
The family members were notified before the news was made public.
One year, one day
The San Juan, a German-built TR-1700 class submarine, vanished almost exactly one year ago as it was sailing from the southernmost port of Ushuaia to Mar del Plata after a patrol.
A massive air and sea search began 48 hours later involving units from 13 countries, but the majority withdrew before the end of 2017, with the missing submarine no closer to being found.
All the while, relatives and family members of the missing 44 crew-members pressured the Navy, the Defence Ministry and the Cabinet to continue the search.
The Navy has been fiercely criticised for its handling of the operation since first reporting the submarine overdue at Mar del Plata on November 16.
It was only several days into the tragedy that Navy officials acknowledged the old, German-built submarine had reported a problem with its batteries in its final communication on November 15. And nearly 10 days later, Navy officials confirmed there had been an explosion on board, which experts said was likely linked to the battery problem.
Several senior officers were dismissed, including Navy chief Marcelo Srur, and many of the families have expressed anger and disappointment at the government's efforts to find their missing relatives.
Ocean Infinity signed a US$7.5-million contract with the government to search for the vessel for at least 60 days. However, the firm would only receive the money if the ARA San Juan was found.
The firm began its search on September 8.
The government will now have to investigate whether the submarine can be raised from its current resting place.
san-juan-379081.jpg
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Un tiepidissimo raggio di luce mattinale poco può contribuire a mitigare un'intero anno di abissale amarezza che ha generato questa drammatica tragedia...

La mia vicinanza più totale alle famiglie comunque, perchè possano almeno chiudere il primo capitolo della loro dolorosa vicenda.
Dolore che di certo non si esaurirà oggi, purtroppo.

All'Armada Argentina, che con tutti i suoi difetti ed eventualmente colpe, prima o poi dovrà riprendere il mare (ed uno pieno di insidie, peraltro).
In tal senso mi auguro di cuore che il ritrovamento del relitto costituisca per loro un momento di analisi, di riscatto e di ripartenza.
Non la miccia per far deflagare ulteriori ed inutili lacerazioni.
La Fuerza de Submarinos non è che dei suoi membri alla fine, del loro ostinato senso del dovere e di cameratismo, della loro anacronistica passione per le profondità.
Per quel poco che mi compete, mi preme testimoniare che essi sono, nella maggior parte dei casi, persone veramente speciali.
Non posso che augurargli il meglio.

In conclusione, mi sembra inoltre un'epilogo doveroso per l'intero ed amico popolo argentino.
Nel travagliato incedere della propria storia, ai miei occhi appaiono tuttoggi tra quelli che si negano maggiormente, a tratti probabilmente senza averne la piena consapevolezza, a tratti con la peculiare e poliedrica "non linearità" intrinseca nel temperamento latino, ad ammanaire la bandiera dei propri eroi e simboli, passati e presenti.
In questo panorama di società (pseudo-)avanzate, dove egoismi ed individualismi fanno strage quotidiana di senso comune ed istituzionale, di elementi ed idee di appartenenza ed unità, il tutto nell'indifferenza generale, quasi fosse un'inevitabile effetto collaterale dei tempi, se vi era qualcuno che io penso non meritasse (o meritasse meno) un tale e disgregante affossamento quotidiano tra sospetti e speculazioni incontrollate, erano proprio loro.

Un abrazo quindi, e sempre onore ai 44 del SUSJ!

Modificato da CubanFoxtrot
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Le prime immagini..

https://twitter.com/JosieFiorda/status/1063697170853961728?s=20

E qui un approfondimento che aggiorna il tutto.

https://www.adnkronos.com/fatti/esteri/2018/11/17/individuato-relitto-del-sottomarino-san-juan_ObYHVSbiQwNxPWnLuEVgWI.html

Il governo Argentino ha gia detto che non ha soldi e mezzi per recuperarlo.. Forse è meglio cosi.. Forse no, se fossi un famigliare non so se mi arrenderei al bisogno di saperlo a Terra, con me,.. Anche di fronte alla realtà.. Non so se accetterei, ma forse meglio riposino in Mare

R.I.P. Ragazzi

Modificato da prima_legio
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i sfuggita ho visto che il sottomarino disperso è stato individuato a 900 metri. Ora che ipotesi ci sono?

 

Ho unito le discussioni per non perdere i contributi, Fanghino.

 

Al momento non ci sono nuove ipotesi sull'affondamento. Il battello è imploso e molti pezzi sono sparsi per il fondale a una quota di circa 900 metri; queste le immagini che sono state diffuse;

 

ara-san-juan-wreckage-397490.jpg

Questo dovrebbe essere un pezzo della vela

 

ara-san-juan-wreckage-397487.jpg

Questa l'elica

 

ara-san-juan-wreckage-397489.jpg

E questa la parte prodiera. E' impressionante notare che manchi tutto lo scafo leggero coi 6 tubi lanciasiluri, posso immaginare sia stato il forte impatto con il fondale perchè non parliamo di parti soggette a pressione a meno dei tubi stessi.

 

L'implosione ha dato all'equipaggio una morte pressoche istantanea, forse l'unica consolazione...

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Le immagini sono impressionanti.

 

Un battello come quello con una profondità massima operativa intorno ai 300m a quale profondità può resistere a livello di scafo prima di collassare? 500 m?

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  • 5 months later...

Un articolo del quotidiano La Nacion al link https://www.lanacion.com.ar/politica/reconstruccion-3d-asi-esta-el-submarino-ara-san-juan-en-el-fondo-del-mar-nid2246842#/ fornisce una ricostruzione 3d del relitto del San Juan. Sono disegni agghiaccianti e l'unica magra consolazione è che non credo la sofferenza sia durata più che pochi attimi. Sconcertante  l'inversione degli scafi leggeri di prora e poppa rispetto allo scafo mentre mi lascia perplesso la falla. Personalmente penso che sia prima imploso e poi abbiamo ceduto le lamiere ma, ripeto, è una considerazione personale. Ecco l'articolo

 

 

 

Quote

 

Reconstrucción 3D
Así quedó el ARA San Juan sumergido en el océano Atlántico

Reconstrucción basada en imágenes generadas por el sonar, relatos de especialistas y fuentes con acceso al expediente judicial

- Por Alejandro Bogado y José María Costa -


El martes 20 de noviembre de 2018, tres días después del hallazgo de los restos del ARA San Juan, el submarino que había desaparecido el 15 de noviembre de 2017, llegó a la Redacción de LA NACION el primero de los mensajes que permitirían llevar adelante la reconstrucción de la escena. El proceso demandó casi seis meses de trabajo en equipo. Se realizaron entrevistas a una docena de personas, entre familiares, expertos y fuentes con acceso a las imágenes que están vedadas a la opinión pública.

El primer borrador de la infografía comenzó con un audio que grabaron familiares en la Base Mar del Plata la mañana del 17 de noviembre del año pasado, cuando les mostraron las tres fotos que comprobaban el hallazgo y les detallaban cómo se encontraba el submarino hundido a “907 metros de profundidad”. Finalmente, serían 950 metros.

Esa reconstrucción fue compartida con personas que aún estaban navegando camino a Sudáfrica, en el Seabed Constructor, el buque desde el que Ocean Infinity hizo la búsqueda. Los que la vieron se sorprendieron por la reconstrucción, porque aún no contaban con una imagen completa del submarino y los escombros que lo circundaban. Por la oscuridad en esa profundidad del mar, solo habían podido ver fotos y videos de las partes. No una imagen completa.

Esa imagen recién estaría disponible en diciembre, cuando se hizo el mosaico, una especie de rompecabezas, sobre la base de las 67.000 fotos que tomaron los vehículos submarinos autónomos (AUV) durante la madrugada del 17 de noviembre pasado.

Problemas técnicos en la apertura de algunas de esas imágenes entregadas a la Justicia llevaron a que se retrasara la exposición ante familiares, expertos y la comisión bicameral del Congreso que sigue las pesquisas sobre el hundimiento del submarino de la Armada en el que viajaban 44 personas.

El 23 de abril pasado fue el día en que, finalmente, más de 140 familiares pudieron ver el mosaico y casi cinco horas de video que mostraban cómo está el ARA San Juan en el fondo del Mar Argentino. Con los borradores de la reconstrucción y lápiz en mano, se reunieron infógrafos, periodistas y personal de otras áreas de este medio, que vieron las imágenes que permitieron llegar al resultado presentado en esta infografía interactiva.

Cómo era, cómo quedó

La magnitud de los efectos de la presión y la probable implosión fue tal, que el casco hidrodinámico (exterior) se redujo a escombros, mientras que el casco resistente (interior) se redujo a 32 metros.

comparacion.pngcomparacionMob.png

Hélice
Desprendida del casco

La hélice se vio en una de las pocas imágenes que se mostraron públicamente a pocas horas del hallazgo del submarino

helice.jpgpartes_helice3.jpg
partes_helice_mob2.jpg
detalle_helice.png

La posición y distancia del ARA San Juan, donde fue encontrado, demuestra que se desprendió mientras se hundía. La hélice está delante del submarino, a unos 30 metros de distancia, y con las aspas mirando al casco resistente

Hueco en el casco
Doblado hacia adentro

Una chapa de la estructura del casco resistente cedió y se dobló hacia adentro. Por como quedó, se cree que por allí ingresó agua una vez que el casco comenzó a deformarse al superar los 600 metros de profundidad

partes_hueco3.jpgpartes_hueco_mob3.jpg

Periscopios y antenas
Curvados hacia atrás

Permanecen junto al casco resistente. No se separaron, pero sí se doblaron hacia atrás por la gran presión del agua a esa profundidad. Están construidos con metales de alta resistencia

partes_tubos3.jpgpartes_tubos_mob3.jpg

Vela
Desprendida del casco

Contiene al periscopio y las antenas. Está separada del casco resistente (casco interior), a pocos metros de distancia, y bastante completa.

vela.jpgpartes_vela3.jpg
partes_vela_mob3.jpg

Calota de proa
Desprendida del frente

partes_calota3.jpgpartes_calota_mob3.jpg
detalle_calota.png

A pesar de que es parte del frente del submarino, durante el hundimiento se desprendió y quedó en el lado opuesto, a unos metros de popa (parte trasera de la nave)

Botellones de aire
Intactos y fuera del submarino

Se los encontró en diferentes sectores alrededor del submarino,que se encuentra a 950 m de profundidad. Todos estaban intactos, no se doblaron ni rompieron. Están construidos con un metal que soporta la presión del agua superior a los 2000 m de profundidad

partes_botellones3.jpgpartes_botellones_mob2.jpg

Escombros
Desparramados muy cerca de la nave

La zona en la que se encuentran las piezas que se desprendieron del ARA San Juan antes de tocar fondo es acotada. Las más lejanas están a unos 62 metros del casco resistente

partes_escombros3.jpgpartes_escombros_mob2.jpg

 

 
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Credo che hai azzeccato perfettamente la parola da dire guardando queste immagini... AGGHIACCIANTE.

L'elica in pratica è stata sbalzata dall'altro lato del battello, lo scafo resistente ha avuto una contrazione di diversi metri (da 50 a poco più di 30), le antenne contorte e piegate dalla pressione... spero davvero che non se ne siano accorti e che tutti per quei poveri marinai sia finito tutto in un attimo.

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