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J. Prieur - Le Mur De L'atlantique


malaparte

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Jerome Prieur

Le mur de l’Atlantique : Monument de la collaboration

Denoel

2017

9782757867136

€ 8 ; 17X13 cm

Reperibilità: facile

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Mi sono resa conto, mentre scrivevo, che più che di una recensione si tratta di un lungo riassunto, che pure dimostra ulteriormente la ricchezza e l’interesse di informazioni e dati fornite dal libro, di cui questa non è che una sinossi.

Non è facile trovare un autore francese (o in genere un francese) che dichiari senza mezzi termini che nell’estate 1940 “La France a perdu la guerre”. E in seguito a questa sconfitta tutte le coste francesi mantengono ancora testimonianze, ormai abbandonate e in rovina (salvo qualche resto conservato ad uso prevalentemente turistico) di un’opera colossale, il Muro Atlantico, quella serie di casematte, bunker, batterie, vere e proprie fortezze, interi quartieri (ivi compresa la base di Betasom) che si stendeva per più di 4000 km di coste, con una profondità di 10 km verso l’interno. Testimonianze tanto numerose e imponenti che non è si è ritenuto opportuno né distruggerle (troppa dinamite!) né conservarle, tranne pochi esempi, come monumenti storici. Le si è abbandonate e l’opinione pubblica cerca di dimenticarle, perché sono testimonianze di un recente passato poco glorioso per la Francia.

Come dice Prieur, intorno alla costruzione di questo “muro”, che ovviamente non poteva essere condotta senza il lavoro dei cittadini francesi, sono nate leggende e si sono stese cortine di nebbia. Non è vero che la manodopera locale era stata costretta, forzata, cooptata a prestare collaborazione, come i testimoni e gli stessi storici dicono. E’ una commedia che deve finire.

Già dall’autunno 1941 era iniziata la costruzione delle basi sommergibilistiche atlantiche (Lorient, Brest, Saint-Nazare, La Pallice, Bordeaux) ma solo nell’inverno 1941 si decide la costruzione di un vero e proprio “muro” destinato ad isolare l’impero germanico dagli attacchi del mondo occidentale. Non solo la costruzione, ma la stessa progettazione fu imponente, condotta con criteri avanzatissimi di ingegneria e con attenzione alle contemporanee spinte artistiche dell’architettura (si pensi al movimento tedesco della Bauhaus).

Furono Albert Speer e Fritz Todt i creatori di una tale avventura militar-industriale. L’Organizzazione Todt, nata nel 1938 per fornire alla Germania grandi opere, dalle autostrade alla linea Sigfrid, sopravvive alla morte per incidente aereo del suo creatore e sotto la guida di Speer diventa l’anima della costruzione del Muro Atlantico. Purtroppo, gli archivi nazisti, compresi quelli della Todt, sono stati in gran parte distrutti, sia per bombardamento che intenzionalmente, e questo rende difficile il lavoro degli storici. Ma anche gli archivi delle numerosissime imprese francesi che collaborarono dopo la Liberazione sono stati “epurati” (ma talvolta non abbastanza per ricercatori attenti).

Tuttavia, esistono gli archivi delle prefetture, con i rapporti sulla situazione locale; ancora più utili gli archivi dipartimentali, con le dichiarazioni dei sindaci, le bolle di trasporto e le dettagliate relazioni riguardanti, per esempio, gli incidenti sul lavoro.

La paziente ricostruzione di tali notizie dimostra, nella prima parte del libro (“ Quando gira l’edilizia, tutta l’economia gira”) che la costruzione delle fortezze atlantiche, con la movimentazione di una quantità impressionante di cemento e la richiesta di centinaia di migliaia di operai, è stata accolta dalle industrie locali francesi come una manna dal cielo, dando un forte e duraturo impulso all’economia con conseguenze anche nel dopoguerra. Non solo le grandi imprese di lavori pubblici, ma anche quelle minori o artigianali sono state attivamente e soprattutto volonterosamente coinvolte, e spesso sono nate in quell’occasione (“entreprises champignons”, le chiama Prieur, per indicare che sono nate come funghi) per diventare poi leader della categoria nel dopoguerra, a cominciare dall’attuale Compagnie francaise du batiments et de travaux publics. Pochissime quelle che rifiutarono di collaborare. Rifiutare non comportava affatto sanzioni da parte tedesca, ma ovviamente produceva una forte riduzione del lavoro.

L’autore riporta cifre, numeri, dati; spiega certi “enigmi” industriali (perché, se sia Renault che Peugeot fornirono veicoli ai tedeschi, nel dopoguerra la prima fu accusata di collaborazionismo, la seconda no?) e dimostra la disponibilità al compromesso degli industriali francesi.

La seconda parte del testo (“Lavoro per tutti”) riguarda la manodopera. Secondo la leggenda, tutti i lavoratori erano stati forzatamente assunti. In realtà, dopo lo spettro della disoccupazione che attanagliava la Francia sia settentrionale che di Vichy nell’autunno 1940, la possibilità di “lavoro per tutti” venne ovviamente accolta con favore. Qualche dato sugli operai francesi volontari per la Todt: 60mila nel 1941, 150mila a fine 1942, 200mila primavera 1943. I salari della Todt, riportano diversi prefetti, erano molto più alti della media, anche se non in grado di adeguarsi all’aumento del costo della vita. Se un operaio specializzato guadagnava normalmente tra i 1000 e i 1500 franchi, con la Todt poteva arrivare a 3000 franchi. Erano stati istituiti straordinari, premi ed incentivi vari. I prefetti devono registrare parecchie lamentele di altri datori di lavoro per concorrenza sleale sugli altri settori di attività. A ciò si aggiungeva una legge di Vichy che, chiudendo fabbriche di beni non strategici, metteva a disposizione della Todt altri operai. Anche un’altra legge francese che, in caso di rifiuto di lavoro, bloccava la carta alimentare e metteva in disoccupazione andava nel senso di collaborazione con la Germania. Da nov. 42 gli operai assunti perdono anche la possibilità di rompere il proprio contratto.

Venivano da tutta Europa: cifre impressionanti: da 1,5 milioni a 2 milioni, volontari o prigionieri, privilegiati o schiavi. Il testo dedica ampio spazio anche, ovviamente, a quest’ultima categoria e alle centinaia evasioni dai campi di lavoro, il cui numero fa pensare a sorveglianza e disciplina scarse, tanto più che erano diffusi nei campi alcolismo, corruzione, mercato nero, e via dicendo.

La terza parte del libro (“L’inizio della fine”) presenta la propaganda franco-germanica, secondo cui il muro era terminato nel 1943, proprio quando nasce la resistenza interna, con il nome di Mouvement Unis de Résistance (M.U.R….)

Eppure, Prieur nota come questa immensa colata di cemento avesse gravissimi punti deboli: un’artiglieria troppo varia, con 61 modelli di tutti i calibri, 4000 pezzi di origine straniera e solo un migliaio tedesco, campo di tiro solo verso il mare ( e solo una quarantina di pezzi potevano affondare navi da guerra!) non sufficientemente a protezione del litorale, tantomeno dell’interno. Fu Rommel ad accorgersi delle falle nella difesa e a rafforzare gli armamenti.

Ma, secondo Prieur, proprio la costruzione del Muro dimostra il passaggio della Germania a una strategia difensiva. Inoltre, gli Alleati avevano centinaia di migliaia di foto aeree (4500 missioni di ricognizione!) oltre a missioni di commando sulle coste, per cui il Muro aveva ben pochi segreti. Non solo: nel nov.43 l’addetto militare del Giappone a Berlino è invitato da Rommel sulle spiagge atlantiche. Manda 32 pagine di rapporto al suo governo, ma il rapporto viene intercettato dagli Alleati. E nasce l’operazione Overlord.

E poi c’è il dopoguerra, quando 50mila francesi vennero condannati al carcere per collaborazionismo mentre gli imprenditori che si erano arricchiti grazie ad esso passeggiavano tranquillamente. E ampio spazio è dedicato al ruolo dei tribunali e alla difficoltà di moralizzare le imprese senza distruggere il tessuto economico della nazione. Son pagine amare, come spesso succede quando si deve trattare gli avvenimenti del dopoguerra.

Modificato da malaparte
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