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L'imboscata Dello Zappeion


Red

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Eccoci arrivati all'ultimo capitolo del libro " Fumi all'orizzonte " di Italo Sulliotti.

L'Autore ,attraverso i suoi racconti di guerra sul mare, ha rievocato,con dovizia

di particolari poco conosciuti, battaglie e gesta di Eroi, alcuni dei quali a noi già

noti ed altri no.

Ho voluto, riportando quì i vari capitoli del libro, non solo dare un piccolo modesto

contributo a questo Forum ma soprattutto partecipare così anche al ricordo della

Grande Guerra della quale in questi anni viene celebrato,con varie cerimonie,il

centenario e durante una delle quali riceverò due medaglie a ricordo dei miei Caduti.

 

Leggiamo ora questo nuovo racconto.

Per chi non sapesse cosa è lo " Zappeion " può leggere questa pagina di Wikipedia :

https://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&u=https://en.wikipedia.org/wiki/Zappeion&prev=search

 

L'IMBOSCATA DELLO ZAPPEION

 

A bordo dell'incrociatore " Provence ", ancorato al Pireo, c'è - la mattina del 1° dicembre 1915 - una grande eccitazione.

Appena l'alba ha cominciato a imbiancare il cielo d'Oriente, l'ammiraglio Dartige de Fournet, comandante in capo della squadra interalleata, è andato a terra, con i suoi ufficiali d'ordinanza.

I francesi sono nervosi. Sentono che il duello fra l'Intesa e Costantino re di Grecia, sta per arrivare alla sua fase più delicata e commovente.

Da lunghi mesi l'Europa in guerra attende, con ansia e con curiosità, che la " Megale Ellas " si decida : coll'Intesa o cogli Imperi Centrali : con il Re o con i Venizelos.

Ma la Grecia temporeggia. Non per nulla i suoi uomini politici hanno accumulata nel sangue una secolare tradizione di

" souplesse " . Atene è divenuta un vespaio : tutto il gioco complesso degli Imperi Centrali si snoda ed opera , attraverso la corruzione la minaccia e la lusinga, sugli ambienti di Corte e i suoi circoli militari.

Alle richieste dell'Intesa, il Governo risponde evasivamente, guadagnando tempo, esagerando in dimostrazioni di cortesia formale, approfittando delle più piccole circostanze per rendere difficile la vita degli Alleati.

Quanto agli Alleati, essi - come sempre - hanno tempo........Il fronte unico non è ancora, nel 1915, che un'ombra senza soggetto ; cinque Capitali si muovono, fanno, disfano, telegrafano, ciascuna per conto proprio. E i greci ridono: nè hanno tutti i torti.........

Poi, come se non bastasse questa mostruosa mancanza di accordo e di collegamento fra le Potenze alleate, si verifica - per i francesi - una tranquilla discordanza fra gli elementi civili e quelli militari.

L'ammiraglio Dartige de Fournet comanda la squadra con pieni poteri : ma il Ministro di Francia e l'Addetto militare ad Atene

ricevono ordini, completamente diversi e contraddittori, dal Quai d'Orsay.

Cosicchè l'alba del 1° dicembre si leva piena di incognite e di pericoli su quello che fu il ciclopico, meraviglioso scenario della più grande civiltà mediterranea.

Gli avvenimenti hanno precipitato negli ultimi mesi.

L'Armata d'Oriente, che ha ricevuto il rinforzo di venticinquemila italiani, si è trovata in una posizione critica, immersa nella fanghiglia paludosa del Vadar, soffocata dal torrido e malefico calore dell'estate balcanica, minacciata d'accerchiamento da parte dell'esercito greco, di cui nessuno osa prevedere l'attitudine.

Ancora una volta, pochi spiriti pensosi comprendono l'eterna verità della guerra : quella che vi sono momenti in cui due navi - se comandate da " un uomo " - pesano sulla bilancia della Storia più di dieci Corpi d'Armata e di cento Consigli di ministri.

Non si può dire che l'Intesa sia male rappresentata, dal punto di vista navale, nell'Egeo azzurro.

Sino dal settembre, la Francia ha mandato al Pireo la corazzata " Provence " che batte bandiera dell'ammiraglio Dartige de Fournet ; la " Dèmocratie ", la " Justice, la " Patrie ", gli incrociatori " Waldeck Rousseau ", " Ernest Renan ", " Jurien de la Gravière " e dodici siluranti. Gli inglesi hanno inviato la corazzata " Exmouth " , coll'ammiraglio Hayes Sadler, gli incrociatori

" Sentinel " e " Forwards "; gli italiani l'incrociatore " Libia ".

Nei primi giorni di novembra, un grave incidente si verifica. Il Governo provvisori di Salonicco fa occupare da un distaccamento di truppe venizeliste una posizione sull'Olimpo. Atene è in subbuglio ; il Re dichiara a voce alta che bisogna finirla colle sopraffazioni dell'Intesa, e che se gli austro-tedeschi-bulgari avanzeranno in Macedonia, egli darà ordine all'esercito greco di non contrastarne la marcia.

Le faccende si imbrogliano. Nella notte del 30 novembre si nota , per le vie di Atene, un grande movimento sospetto.

I riservisti affluiscono alle caserme ; l'artiglieria greca occupa tutte le posizioni della città ; i venezelisti, e gli elementi notoriamente favorevoli all'Intesa, sono ingiuriati e aggrediti.

Gruppi di cittadini si spingono al Pireo , quasi sotto la poppa del " Provence " e mostrano il pugno alla nave.

Qualcosa si prepara nell'ombra, e l'ammiraglio Dartige, rompendo gli indugi, si decide a far da sè...........

 

Alle tre di mattina del 1° dicembre, sotto una pioggerella fine, tre colonne di uomini si dirigono, nella notte fredda ed oscura,verso la capitale.

Le forze di sbarco sono costituite da duemilaottocentosettanta uomini. Il primo battaglione, composta dai marinai del " Renan", del " Waldech Rousseau " e dell'incrociatore italiano " Libia ", dovrà seguire la strada di Tebe e impadronirsi degli stabilimenti militari ; il secondo battaglione - marinai delle corazzate " Veritè ", " Justice ", " Republique " - marcerà direttamente su Atene per prendere posizione sulle colline ; il terzo battaglione, composto cogli equipaggi inglesi dell' " Exmouth " e del " Duncan " e dei francesi del " Mirabeau " e del " Condorcet ", occuperà la polveriera e successivamente

lo Zappeion. Comanda le forze di sbarco il capitano di vascello Pugliesi Conti.

I marinai hanno novantasei cartucce di fucile ciascuno; quattromila colpi per le mitragliatrici, e due giorni di viveri.

Per misura di precauzione i fucili sono scarichi ; i comandanti si rendono conto della bizzarra, assurda situazione che li costringe a marciare attraverso la capitale d'una nazione che non ha ancora scelto il suo posto nella mischia.

Si cammina cautamente, in silenzio. Gli ufficiali non fanno che raccomandare agli uomini di avere, sopratutto i nervi a posto........

Fino alle undici tutto sembra procedere tranquillamente. Il secondo battaglione ha trovato la collina delle Ninfe presidiata da due Compagnie greche ; i loro ufficiali hanno rifiutato di ritirarsi, e ceduto soltanto dinanzi alle intimazioni più energiche.

Ma più avanti, presso il monumento di Philopappos, il distaccamento greco inasta la baionetta..........

Greci e marinai alleati si guardano in faccia. Il momento è delicato. L'ammiraglio Dartige de Fournet sale in automobile

e si fa portare al Ministero della Guerra : vuole compiere un supremo passo, per tentar di evitare l'urto sanguinoso.

E' troppo tardi. Alle undici e quaranta, le fucilate scrosciano improvvise e sinistre : il tenete di vascello che comanda la compagnia francese della " Rèpublique " stramazza fulminato da una palla nella fronte.

Allo Stadio, i marinai inglesi e france si si sono tranquillamente accantonati ed hanno iniziato la preparazione del rancio.

Nessuno prevede l'imboscata.

Alle undici e trentacinque, tutti i greci piazzati sulle alture e nelle casermette aprono il fuoco sugli Alleati.

Lo spettacolo è impressionante, poichè tutti hanno subito l'impressione della enorme disparità delle forze in contrasto.

I greci hanno ad Atene da dodici a quindicimila uomini, abbondantemente forniti d'artiglieria. Il corpo da sbarco alleato non

dispone che di duemila cinquecento fucili e di pochi cannoncini da sbarco di corta portata, ed a tiro lento.

Tutte le mitragliatrici greche sono in funzione e il loro crepitio sinistro domina la Capitale ; gli Alleati sono presi in una trappola spaventosa," innaffiati " di proiettili e impossibilitati a rispondere con pari efficacia, sono subito provati da durissime perdite. Sono le dodici. L'ammiraglio Dartige de Fournet, che si trova in quel momento alla Zappeion, avverte la gravità della situazione , e si serve del piccolo posto di telegrafia senza fili per comunicare colla sua nave ancorata al Pireo.

Egli ordina al " Provence " di far aprire il fuoco dalle siluranti sulle colline dello Stadio, dove sono piazzate le artiglieri greche. Ma avviene un caso inaudito. A bordo della corazzata il Comandante esita : non è affatto sicuro che quell'ordine -

il quale gli appare incomprensibile - venga dall'ammiraglio Dartige . V'è dell'altro : i Comandanti delle torpediniere affermano

di non essere in grado di battere un obiettivo invisibile, per il quale non stati calcolati preventivamente gli elementi di tiro.

La confusione cresce ad Atene. A Palazzo Reale, ed al Ministero della Guerra, si dice che le truppe greche hanno agito in stato di legittima difesa e che " mancano i mezzi di obbligarle a sospendere il fuoco " .

Ma verso l'una del pomeriggio, Costantino si rende probabilmente conto della gravità di ciò che è avvenuto.

Il Ministro di Russia ad Atene giunge presso l'ammiraglio Dartige, latore di una comunicazione nella quale il Governo greco

si impegna a consegnare, per l'indomani mattina, sei batterie, purchè siano sospese le ostilità.

Dartige de Fournet esita. Poi pensa alla spaventosa responsabilità che gli incombe, e al pericolo mortale che corrono le sue compagnie di sbarco, abbandonate , accerchiate da un nemico tanto superiore in numero . Il mezzo di " finirla" esiste.

Non mancheranno di suggerirlo, più tardi, i plantigradi della guerra da tavolino, gli strateghi da caffè, i consiglieri dell'ultima ora ...... Il mezzo c'è ,ripetiamo. Basta scatenare su Atene l'uragano di ferro delle squadre alleate , e radere al suolo quella che fu detta la Capitale della bellezza. Ma non si può far colpa la vecchio Ammiraglio - che pagherà poi, con la messa a riposo d'autorità, il suo disgraziato quarto d'ora d'Atene - di non averlo adottato.

L'Ammiraglio si limita a prendere atto della comunicazione, e ordina ai marinai di restare dovunque sulla difensiva.

La fucileria cessa ; vi sono due ore di tregua.

Ma alle tre pomeridiane il fuoco riprende dalla Zappeion. Da tutti i punti della città si tira sui reparti alleati. E allora entrano in scena, per l'ultimo atto, le grandi navi.

Alle cinque e quaranta, gli ateniesi odono un lungo soffio rauco passare nell'aria.

E' il " Mirabeau " che ha aperto il fuoco con un pezzo da ventiquattro centimetri. L'obice scoppia presso il Palazzo Reale.

E quasi immediatamente- mentre le torpediniere tirano a loro volta una sessantina di colpi - i greci inviano un parlamentare.

Re Costantino, per suo conto, assicura che i marinai alleati potranno rientrare a bordo in condizioni di assoluta sicurezza,

della quale " egli si rende garante " .

Più tardi,nel suo rapporto, l'ammiraglio De Bon, venuto a compiere un'inchiesta, userà per il Re queste dure parole non del tutto illegittime : " Traditore e mentitore, a scelta " .

Cade la notte. Continua fitta la pioggia. Atene affonda nel buio, ma i caffè e i ritrovi sono pieni di una folla eccitata, in cui si accendono discussioni, e si fanno commenti, si ingrandiscono iperbolicamente i fatti della giornata.

Sarebbe vano dissimularselo. In quel giorno l'Intesa ha perduto in Grecia una battaglia morale, ed è gran ventura che la

" ritirata strategica "dei marinai alleati non sia stata maggiormente sfruttata nella propaganda degli Imperi Centrali.

Ma è altrettanto giusto osservare che i marinai si sono, come sempre nella storia della guerra, portati con eroica e silenziosa bravura. Esecutori di ordini contraddittori, vittime di quella bizzarra " insouciance " che in determinati momenti

ha dominato gli Stati Maggiori dell'Intesa, essi hanno pagato di persona, con dolorosissime perdite, l'anormalità di una situazione politica generata da mille elementi diversi, ma nata, soprattutto, dalla mancanza d'unità di visione e di comando negli Alleati.

Gli Alleati hanno avuto, nella sanguinosa imboscata ateniese del 1° dicembre, cinquantaquattro morti e centotrentaquattro feriti. Alle undici di sera, i distaccamenti cominciano a ripiegare verso il mare in un silenzio penoso.

Di tratto in tratto qualche fucilata, esplosa a tradimento dalle finestre, punteggia di fuoco l'oscurità.
Ma i marinai non rispondono.

Alle sette di mattina, tutti sono rientrati a bordo.

E poche ore dopo parte per Parigi il telegramma con cui l'ammiraglio Dartige de Fournet chiede l'autorzzazione di bombardare Atene.

Parigi risponde, informando che la direzione suprema delle operazioni militari è dal quel giorno affidata al generale Serrail, l'uomo di Salonicco.

Si chiude così la prima fase degli avvenimenti ateniesi che precedettero l'abdicazione di Re Costantino, e nella quale l'Italia ebbe una parte secondaria, perchè apparve ai suoi Uomini di governo, ed ai suoi Capi militari, utile ed opportuno mantenere un riserbo ed una linea d'equilibrio maggiore di quella che i francesi seppero imporsi.

Col contingente del " Libia ", gli italiani parteciparono, con ugual rischio ed ugual sorte, allo sbarco del Pireo, ma - come gli inglesi - si astennero dall'assumere una parte preponderante in quello che fu l'attimo di smarrimento doloroso di un popolo traviato dalla propaganda degli Imperi Centrali e dalla condotta ambigua del Re.

L'Italia ha potuto così - anche quando gli eventi di Corfù l'obbligarono ad assumere una netta posizione e ad agire con tagliente energia - mantenendo in Grecia il proprio prestigio, e arrivare a quella amichevole intesa che il passato giustifica e che felici accordi recenti hanno suggellato.

 

FINE

 

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