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Gallipoli, Calvario D'oriente


Red

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Dal libro di Italo Sulliotti " Fumi all'orizzonte " leggiamo quest'altro episodio

di guerra sul mare :

 

GALLIPOLI,CALVARIO D'ORIENTE

 

Il tempo è magnificamente limpido ai Dardanelli.

Le rive della costa d'Europa e della costa dell'Asia,inondate di sole, si profilano nettamente nella chiarità mattinale : sembra che l'immenso respiro della primavera che giunge, rechi verso il mare, come un abbraccio, l'odore degli altipiani e delle campagne già in fiore.

Pure il volto della guerra si affaccia all'orizzonte purissimo.

Sul quadro georgico spunta il profilo della morte.

Una linea di navi s'intaglia nel cielo, e avanza in formazione spiegata, verso le vietate porte del Bosforo .

Sta per cominciare il grande attacco degli Alleati alla Turchia, e sta per iniziarsi il primo atto di quello che sarà, durante lunghi e sanguinosissimi mesi, il più grave scacco all'Intesa.

Londra ha ordinato questo attacco. L'Inghilterra è impaziente.

L'Ammiragliato ed il Grande Stato Maggiore hanno, già da vari giorni, telegrafato all'ammiraglio Carden, comandante la squadra del Mediterraneo, l'ordine definitivo : attaccare senza preoccuparsi delle perdite eventuali.

" Paris vaut bien une messe : il Bosforo vale una Divisione. "

Carden ha dovuto - per motivi di salute - rinunciare all'ultimo momento al comando ; lo sostituisce il contrammiraglio

De Robeck.

E alle undici precise del 18 marzo 1915, la prima Divisione inglese penetra nello Stretto.

Marciano in linea di fila - distanziate mille metri una dall'altra - le corazzate " Lord Nelson, Inflexibile, Qeen Elisabeth , Agamennon " : seguono, un pò indietro e di fianco, il " Triumph " e il " Majestic ".

La Divisione francese dell'ammiraglio Guèpratte si tiene indietro, per la " seconda ondata " : è formata del " Bouvet, del Suffren, del Goulois, del Charlemagne " .

Chiude la formazione la terza Divisione inglese, di riserva : " l'Albion, l'Irresistible , l'Ocean , il Vengeance " .

Sul rovescio della penisola di Gallipoli, pronti a battere con il loro fuoco le posizioni turche, si tengono il " Dublin " e il "Darmouth ".

Non appena le prime navi entrano nello stretto, le batterie turche - mortai e artiglierie leggere - aprono il fuoco.

Da ogni cespuglio, da ogni anfratto della costa sorgono nuvolette di fumo ; una miriade di invisibili moscerini punge ai fianchi gli inglesi.

Essi non se ne preoccupano. L'Ammiraglio inglese sa perfettamente che il pericolo non è là, e che tutte le artiglierie turche

e tedesche non basteranno ad aver ragione dei suoi colossi.

Il pericolo è un altro, e gli avvenimenti lo proveranno. Esso è nascosto giù, nelle miti acque azzurrine del divino Ellesponto, dove gli ordigni micidiali - le mine, le " uova della morte " - stanno navigando, invisibili , sul filo delle correnti.

Comunque, non c'è nulla da fare .

Alle undici e venticinque De Robeck segnala alle navi : " Aprite il fuoco " .

E l'inferno si scatena. Gli inglesi tirano da tredicimila metri, sulle opere fortificate di Narcow e i cannocchiali di marina mostrano enormi esplosioni nei punti " toccati ". I colpi della " Qeen Elisabeth " fanno crollare le cupole dei forti di Chanak,

mentre i forti di Medizieh e di Namazich dirigono un tiro efficace di piccoli calibri contro le corazzate inglesi.

L'azione si svolge , finora, secondo un programma rigorosamente stabilito.

L'ansietà è enorme a Costantinopoli : solo i tedeschi sono tranquilli. Hanno fiducia nelle mine : sanno che il nemico pagherà

A mezzogiorno meno dieci, De Robeck segnala ai francesi l'ordine di rimontare la corrente ed attaccare i forti a breve distanza. Il " Suffren " e il " Bouvet " danno fondo davanti alla costa d'Asia, il " Goulois " e il " Charlemagne " davanti a quella d'Europa.

Nessun dragamine li ha preceduti : i francesi avanzano in acque dove l'insidia è in agguato. E lo spettacolo assume una grandezza fantastica. Gli obici dei forti piovono sulle corazzare, avvolte in nuvole spesse di fumo.

Un obice scoppia sulla passerella di comando dell' " Inflexibile " e determina un incendio ; il " Suffren ", toccato quattordici volte in pochi minuti, è messo fuori combattimento.

E' l'una e quarantacinque minuti. La seconda Divisione inglese si avanza per sostituire nel tiro i francesi, gravemente danneggiati. Le navi dell'ammiraglio Guèpratte virano davanti alle Scogliere Bianche : è il momento più pericoloso.

Sulla tolda del " Bouvet ", il capitano di vascello Rageot de la Touche, comandante della nave, riceve, dai segnali dell'Ammiraglio , l'ordine di ritirarsi. L'ufficiale esita ; lo assale la tentazione di compiere un gesto di magnifici indisciplina.

E' nella mischia; vorrebbe restarci fino all'ultimo.

Dal " Suffren ", l'ammiraglio Guèpratte osserva la sua troppo lenta manovra. Il vecchio marinaio comprende, ma non ammette che gli ordini siano discussi.

- Che cosa fa il " Bouvet " ? - mormora al suo aiutante di bandiera. - Gli si confermi l'ordine di ritirarsi con un colpo in bianco. - E punta il cannocchiale sulla nave " riottosa ".

Ecco la tragedia : fulminea. Una colonna d'acqua si leva, altissima. contro il fianco dell'incrociatore che una mina ha toccato sotto la torretta sinistra.

Quando l'acqua ricade, la nave - squarciata - è già agonizzante. In cinquanta secondi il " Bouvet " è inghiottito dall'acqua,

senza che gli uomini chiusi nelle batterie e nel frapponte abbiano il tempo di risalire.

Seicento uomini e venti ufficiali spariscono colla nave.

E nell'attimo supremo Rageot de la Touche siede sul parapetto della passerella che s'inclina verso l'abisso, sussurrando al suo aiutante di bandiera queste parole spartane :

- Buttatevi in mare. Io resto. Devo far compagnia ai morti. -

Mentre il " Goulois " e il " Charlemagne ", scortati da due destroyers inglesi, accostano per tentare il salvataggio dei pochi naufraghi, il fuoco riprede con spaventevole intensità. Sembra che le artiglierie delle navi abbiano nuovamente il sopravvento. Ma alle quindi e quindici un nuovo disastro colpisce gli Alleati.

Molte mine derivano sulla corrente, ed inutilmente i dragamine - sopraggiunti troppo tardi - cercano di coglierle al varco.

Al di là di Narrows, si scorge nel canale un piroscafo mercantile bianco , è di là che vengono " filati " gli ordigni micidiali.

Ancora una volta, all'altezza delle Scogliere Bianche, una mina esplode sotto la chiglia dell' " Irrèsistible ".

La nave imbarca acqua e piega sul fianco. Le altre navi, intorno, sono obbligate a spostare il tiro e a manovrare continuamente, per evitare le mine pullulanti.

Alle sedici e dieci, anche " l' Inflexible " è toccato ; deve ritirarsi con una falla enorme - otto metri per quattro - mentre i destroyers s'accostano alla poppa dell' " Irrèsistible " , dove si è riunito l'equipaggio, sotto la grandine di mitraglia dei forti.

Il momento è tragico. De Robeck se n'avvede e ordina alle navi di uscire dagli Stretti, sospendendo, per il momento, le operazioni di guerra.

Sono le cinque ; la luce comincia a declinare. Un nuovo, rapido dramma si svolge. L'" Ocean " si è accostato all' Irrèsistible

per tentarne il rimorchio, ma la forza della corrente lo obbliga ad " abbandonare " .

Ed ecco che - alle sei precise - mentre mette la prua sull'uscita dello Stretto, tocca una mina e sbanda di quindici gradi.

Nello stesso momento due obici di grosso calibro distruggono gli organi di trasmissione del timone : la nave non governa più. Due cacciatorpediniere riescono ad accostare e imbarcare l'equipaggio , ma non possono far nulla per la nave.

E due ore dopo - quando la notte è discesa - " l' Irrèsistible " e " l'Ocean " sono spariti nelle acque profonde dei Dardanelli.

Intanto il " Suffren " e il " Goulois " non sono in condizioni migliori.

Sulla prima nave che batte, che batte la bandiera dell'ammiraglio Guèpratte, le torri di sinistra sono fuori combattimento ed hanno ucciso tutti i serventi dei pezzi.

Una miccia accesa cade nella Santa Barbara , la nave sta per saltare........La salva l'eroismo del quartiermastro Lannouzel,

che di sua iniziativa, senza attendere i comandi, inonda i depositi di munizioni.

Il " Goulois " è in condizioni anche peggiori. Ha una falla di sette metri di lunghezza sotto la linea di galleggiamento.

Potrebbe cercar di arenarsi sulla costa d'Asia, ma diverrebbe preda del nemico.

Il suo comandante, il capitano di vascello Biard, decide di fare un supremo tentativo.

Metà del bastimento è invaso dall'acqua ; una sola paratia stagna regge ancora, penosamente .

Le macchine funzionano come un cuore malato e possono " dare " tre miglia all'ora.

Come una grossa bestia ferita, appesantita dall'acqua, la nave si trascina fuori dallo Stretto.

Da un minuto all'altro può colare a picco ; lo " Charlemagne " si tiene vicino, pronto a raccogliere l'equipaggio.

Avviene allora un episodio di rara bellezza.

L'ammiraglio Guèpratte si stacca con una lancia dal " Suffren ", viene a bordo della nave morente.

Quando mette il piede sulla coperta, gli uomini anneriti, sanguinanti, si schierano e gli presentano le armi.

Vi sono - a prora - degli uomini caduti per lo scoppio di un obice. L'ammiraglio saluta le salme- mentre le trombe squillano

l'estremo saluto della patria lontana - e per la prima volta i più vicini scorgono una lacrima tremare fra le ciglia del vecchi soldato.

Alle sei e quarantacinque, quando l'acqua non può essere vinta dalle pompe d'esaurimento, il " Gaulois " si arena sull'isola Drepano ; è salvo.

Ma la prima battaglia dei Dardanelli è finita male per gli Alleati.

Le navi e gli uomini hanno fatto prodigi; tutti si sono battuti con eroico coraggio. Non basta.

L'Intesa dovrà accorgersi ( e se ne accorgerà tardi ) che costa costi la deficiente preparazione delle operazioni di guerra.

Ma vi è, nella giornata del 18 marzo 1915, qualche cosa di più grave : vi è quell'elemento imponderabile che, per un attimo,

decide in un senso o nell'altro le sorti del combattimento e talvolta quelle di tutta la guerra.

Le mine hanno salvato Costantinopoli, quando Costantinopoli stava per essere perduta per i turchi.

Nel momento in cui le navi alleate hanno iniziato la ritirata, i forti turchi- e il generale tedesco Liman Von Sanders lo confesserà più tardi nelle sue memorie - avevano esaurito le munizioni. Il forte pricipale - Kilid Bar - non aveva più che dieci obici !.....

Ma il primo insuccesso segnava di un'ombra sinistra tutta la guerra degli Alleati ai Dardanelli.

E quella sera, in tutte le moschee di Costantinopoli, i muezzuin potevano celebrare a buon diritto la gloria di Allah e quella del Grande Sultano dell'Occidente , Guglielmo II.

 

FINE

 

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