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Scirè Il Sommergibile Della Decima


danilo43

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Giovedì 1° dicembre alle 19.30 presso la sede del club Sommozzatori Rari Nantes di Venezia, nel complesso della biblioteca di San Lorenzo (mappa in http://events.veneziaunica.it/it/content/biblioteca-di-san-lorenzo), relatore il socio Betasom Cesare Balzi, si terrà questa interessante presentazione.

 

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Ottima presentazione di Cesare Balzi, team leader di quest'ultima incursione ricognitiva sul glorioso Scirè, coadiuvato dagli amici veneziani Alberto Dabalà e da un commosso Gianluigi “Tita” Da Campo, medico iperbarico della spedizione, figlio d'arte del TV Michele Da Campo ufficiale medico degli NP durante l'ultimo conflitto.

Lo scopo di quest'ultima spedizione è stato quello di effettuare rilievi mirati e più accurati rispetto a quelli delle due precedenti campagne, per la restituzione di un rendering in 3 D delle condizioni dello scafo martoriato dalle bombe di profondità, scaricate dalla corvetta Islay.

Lavoro prettamente da geometra/topografo quale è effettivamente il sottuficiale della MMI Cesare Balzi, fino a qualche anno fa in forza presso l'Arsenale di Venezia, al presente dislocato al Genio Navale di La Spezia.

Nulla di nuovo sotto il profilo storico, salvo quanto ho riportato poco fa in

https://www.betasom.it/forum/index.php?showtopic=44237&p=499278 sul sistema di scoperta navale ad induzione magnetica.

Sarebbe invece interessante, perlomeno per me, conoscere meglio le vicende che portarono al recupero di reperti prelevati dallo scafo dello Scirè negli anni 1960-63, per incarico del ministero della Marina, da parte dapprima della ditta savonese Perrotta, con l'ausilio di palombari della MMI.

Per certo furono recuperati i due cilindri degli SLC, conservati oggi l'uno presso il Museo Storico Navale di Venezia, l'altro presso il Museo Tecnico Navale di La Spezia (il terzo era stato asportato dagli inglesi) e alcune parti minori dello scafo, ma probabilmente l'interesse maggiore della Marina era quello di effettuare un'indagine preventiva al fine del prelievo e tumulazione delle salme dell'equipaggio, operazione portata a termine appena nel 1984 nel corso della missione del Comsubin e di Nave Anteo.

Dell'intervento della ditta Perrotta trovo traccia nel saggio di Francesca Giacchè: “Le vicende del regio sommergibile Scirè”, pubblicato in “Rapidi ed invisibili” a cura di Alessandro Marzo Magno.

Il contrammiraglio Carlo Picchi, comandante dell'Anteo nella spedizione del 1984 afferma che:

...erano già stati fatti tentativi di recupero sullo Scirè all'inizio degli anni sessanta, dapprima con la ditta Perrotta di Savona, missione interrotta per una serie di motivi tecnici e, dopo il fallimento della ditta stessa, con mezzi propri della Marina militare...

 

Insomma una serata da non perdere, con la promessa di Cesare, il nostro socio cesareb, (se ritrova la password del forum) di inviare qualche immagine originale. Ne ho riprodotte alcune dalla proiezione, con mezzi di fortuna e mi scuso per la scarsa qualità.

 

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Documenti Ultra reperiti a Bletchley Park da Fabio Ruberti, presidente IANDT

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  • 3 weeks later...

Posto per conto di Cesarei :
...sono tornato da poco da una spedizione in Albania sulla corazzata Regina Margherita, torpediniera Andromeda e nave ospedale Po, ma non mi sono scordato delle foto dello Scirè che vi avevo promesso.
Poichè ho intuito di essere in grado di andare sott'acqua, ma di non essere in grado di postare una foto in un forum :-) :-) :-) ve le invio in allegato in modo che lo possiate fare Voi dalle vostre postazioni.
Ringraziandovi, colgo l'occasione di augurare un sereno Natale a Voi e alle vostre Famiglie.

C. Balzi


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  • 3 weeks later...

Se qualcuno si fosse perso la serata del 1° dicembre u.s. a Venezia, segnalo:

 

Adria (Rovigo), venerdì 27 gennaio 2017 ore 21.00 - sede Club Subacqueo Delta Sub Adria - via Dante, 1 Adria (Rovigo).

Presentazione "Scirè, il sommergibile della Decima. La ricostruzione del relitto in 3D, frutto dell'attività della Iantd Expeditions".

Organizzato da Delta Sub Adria A.s.d. - punto di contatto segretario Cesare Zen cell. 34337300250 info@deltasubadria.it

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  • 5 years later...

Nel mese di ottobre di quest'anno ricorrerà l'80° anniversario dell'affondamento del nostro glorioso battello. Nell'occasione segnalo e riporto dal bollettino mensile dell' ANMI l'ottimo resoconto di Fabio Ruberti e Francesco Chionna. La pubblicazione, comprensiva dell'articolo completo di foto e note,  è scaricabile dal sito https://www.marinaiditalia.com/wp-content/uploads/2022/03/2022_1_2_MdI_DdB.pdf

Il relitto del sommergibile Scirè un sacrario da tutelare di Fabio Ruberti e Francesco Chionna - Soci ANAIM

Le missioni e i successi dell’eroico sommergibile della Xa MAS sono diventate quasi leggenda; la storia travagliata del suo relitto è molto meno conosciuta. Eppure il relitto, sottoposto nel tempo a molteplici violazioni, oltre a essere tuttora il luogo dove riposano i resti di sedici suoi uomini, è il luogo materiale che conserva il retaggio storico di quelle imprese.

Il relitto dello Scirè giace sul fondo della Baia di Haifa a una profondità di 33 m, 5 miglia a nord dell’omonimo porto. Il luogo del suo affondamento fu immediatamente localizzato dai Britannici, che inviarono dei palombari a ispezionarlo con la speranza di trovare, nei tre cilindri contenitori, i mezzi subacquei segreti che tanti danni avevano arrecato alla loro flotta ad Alessandria e a Gibilterra. Il relativo rapporto, però, dichiara che i cilindri furono trovati vuoti; i palombari si limitarono a recuperarne uno, smantellandolo dal ponte del sommergibile. Con la fine del Mandato Britannico di Palestina, nel 1948, si perse traccia della localizzazione dello Scirè. Il ritrovamento ufficiale della ubicazione del relitto avvenne nel 1955 per merito dell’Ammiraglio israeliano Yohai Bin Nun, allora comandante del cacciatorpediniere INS Yaffo, che decise di addestrare i propri operatori al sonar, ricercando proprio il relitto dello Scirè del quale conosceva l’esistenza. L’alto Ufficiale, infatti, era stato addestrato da Fiorenzo Capriotti (Medaglia d’Argento al Valor Militare dei Mezzi d’Assalto) all’uso dei barchini esplosivi e aveva guidato la vittoriosa missione che aveva affondato, il 22 ottobre 1948, la nave egiziana El Emir Farouk e un dragamine di scorta a largo di El Arish, durante la I Guerra Arabo-Israeliana. La sua vicinanza a Capriotti e ad altri reduci della Xa MAS lo aveva portato a conoscenza delle vicende dello Scirè e della sua ultima missione. Divenuto comandante del 13° Shayetet, nel dicembre 1956 inviò dei sommozzatori per identificare definitivamente il relitto. La notizia che il sito dell’affondamento del sommergibile era conosciuto si diffuse presto anche in Italia, in particolare tra i familiari dei caduti e negli ambienti della Marina Militare.

Giunse anche alle orecchie del titolare della ditta di lavori e recuperi subacquei Salvatore Perrotta e figli di Noli (SV), che si trovava già in Israele per lavori di demolizione di vecchie navi del periodo dell’immigrazione illegale di profughi ebrei in Palestina.

Il proprietario della ditta, venuto a conoscenza con precisione delle coordinate dove giaceva lo Scirè, contattò la Marina Militare e ottenne un contratto per recuperarlo. Il documento stabiliva che, una volta recuperato il relitto a spese della ditta, i resti dei caduti sarebbero stati ricomposti e consegnati alle autorità; la Marina avrebbe ricevuto delle parti del relitto selezionate per l’esposizione in musei e memoriali, in cambio la Perrotta avrebbe potuto vendere il resto del relitto come rottami. Il contratto fu firmato nell’agosto del 1960 e la ditta promise che avrebbe completato i lavori di recupero per la fine del successivo settembre. L’impegno, però, non fu mantenuto e per tutto il 1961 e gran parte del 1962 non fu portato avanti nessun ulteriore lavoro, malgrado la stessa Marina Israeliana si fosse offerta di affiancare la Perrotta con propri sommozzatori. La ditta si limitò a inoltrare allo Stato Maggiore Marina solo un rapporto descrittivo, tra l’altro non molto accurato, delle condizioni del relitto.

La notizia dei lavori di recupero dello Scirè comunque incominciò a diffondersi con un primo articolo sul Jerusalem Post del 31 ottobre del 1962, rimbalzò sulla stampa in Italia e suscitò anche l’interesse della RAI, che chiese di poter filmare le operazioni di recupero. Questo clamore convinse la Marina a inviare una missione ufficiale, per avere un rapporto attendibile sullo stato di avanzamento dei lavori subacquei. La missione fu eseguita dal 2 al 16 febbraio 1963 dal Tenente di Vascello Arduino Avian e dal 2° Capo Palombaro Germano Pavoni, preceduta da una ricognizione del Tenente Colonnello del Genio Navale Antonucci. La missione naturalmente fu concordata con la Marina Israeliana che la supportò logisticamente, mettendo a disposizione degli Italiani una imbarcazione di appoggio per subacquei, un medico subacqueo e una camera di decompressione oltre che personale di superficie e subacqueo d’assistenza, ricarica d’aria per le bombole e locali necessari all’equipaggiamento. Dall’ottimo rapporto tecnico di questa missione si evince che la ditta, pur avendo mezzi e personale a sufficienza per portare a termine l’impegno, aveva lasciato i lavori di recupero ancora allo stato embrionale, limitandosi a recuperare i reperti richiesti dalla Marina che furono successivamente inviati in Italia nel 1963.

Viste le inadempienze della Perrotta e accompagnata dalla pressione della stampa e dell’opinione pubblica, soprattutto dei familiari dei caduti, la Marina determinò di inviare una seconda missione tecnica per valutare la situazione e prendere una decisione finale sulle sorti del contratto con la Perrotta e sul progetto di recupero dello Scirè. La missione si svolse dal 21 maggio al 2 giugno 1963, comandata dal Maggior Generale del Genio Navale Alessandro Tucciarone e composta dal Tenente di Vascello Meriggi e di nuovo dal 2° Capo Palombaro Pavoni. Ancora una volta fu fornita da parte israeliana grande collaborazione e il 23 maggio la spedizione fu ricevuta personalmente dall’Ammiraglio Yohai Bin Nun, diventato nel frattempo Comandante della Marina Israeliana, che

garantì completa collaborazione. Malgrado il sostegno ricevuto, le operazioni dei subacquei italiani furono pesantemente ostacolate dal maltempo e si limitarono a due sole immersioni durante le quali, tuttavia, furono scattate delle ottime foto del relitto nonché sei foto dell’interno della camera di manovra, dove non furono rilevati resti umani.

Il rapporto finale di Tucciarone sul relitto confermò quelli sostanzialmente critici di Avian e Pavoni nei confronti delle capacità della ditta di portare a termine il lavoro. Non si mancò, invece, di sottolineare le manifestazioni di cortesia e collaborazione da parte degli Israeliani e in particolare dell’Ammiraglio Bin Nun, che danno un’idea dell’attenzione e ammirazione che lo Scirè e i suoi eroi avevano suscitato nella Marina e nell’opinione pubblica di quel Paese. Perrotta, il titolare della ditta, rientrò in Italia a metà giugno per incontrare la Commissione Tecnica Navale dello Stato Maggiore Marina, a Roma, e discutere per l’ennesima volta sulle modalità e i tempi per il recupero dello Scirè, nuovamente promettendo di consegnare al più presto un progetto tecnico per le valutazioni della Marina.

Ancora una volta però la ditta fu inadempiente. La vicenda ebbe conclusione il 13 marzo 1964 con la formalizzazione da parte della Marina del recesso dal contratto e con l’acquisto a costo di rottami del materiale recuperato a uso museale. Il progetto di recuperare lo Scirè fu congelato e sul relitto rimasero le ferite inferte dai maldestri lavori della Perrotta, che cambiarono la sua forma originale al momento dell’affondamento e contaminarono il sito complicando un futuro studio storico e archeologico. Le vicissitudini del relitto però erano appena cominciate.

Chiusa la vicenda Perrotta, fino ai primi anni settanta il relitto del glorioso sommergibile ricadde nell’oblio, conosciuto e frequentato saltuariamente dai soli incursori di Marina del 13° Shayetet. Le cose incominciarono a cambiare dalla seconda metà degli anni settanta, quando il sito del relitto incominciò a essere conosciuto e frequentato esternamente anche da subacquei sportivi, molto spesso inconsapevoli dell’importanza storica e morale proprio di quel sommergibile. Il relitto fu quindi soggetto alla pratica, molto comune fra i subacquei dell’epoca, ma comunque biasimabile, di asportare pezzi e attrezzature dallo scafo. Si osserva tuttavia che dopo i fatti della Perrotta e nonostante le buone relazioni tra la Marina Israeliana e quella Italiana, nessun passo ufficiale fu fatto dall’Italia per rivendicare la proprietà e territorialità del

relitto come nave militare affondata in combattimento e richiedere alle autorità israeliane una debita tutela istituzionale come, invece, è avvenuto recentemente da parte inglese nel caso analogo del loro sommergibile trasportatore HMS

P-311, affondato, nel gennaio 1943, al largo dell’isola di La Maddalena.

Questa situazione di inconsapevolezza sull’importanza del luogo andò avanti finché, nel 1982, un giovane archeologo subacqueo israeliano, responsabile per il Ministero delle ricerche in mare di relitti antichi, Ehud Galili, che già si era immerso numerose volte all’esterno del relitto, riuscì, grazie anche alle sue esili dimensioni, a penetrarvi attraverso il portello caricamento siluri addietro.

All’interno della camera di lancio e della sala motori termici lo studioso si trovò davanti ai resti di numerosi caduti rimanendone turbato. Infatti, come egli narra, dopo qualche giorno passato a non darsi pace per la scoperta fatta, decise di informare le autorità italiane in Israele rivolgendosi all’Addetto militare italiano.

La sua segnalazione non riscosse, però, grande attenzione da parte delle autorità diplomatiche italiane, che si appellarono alla consolidata tradizione della Marina di far riposare i caduti con la loro nave, considerando quest’ultima alla stregua di un sacrario.

Nel febbraio 1984 la notizia del ritrovamento dei resti dell’equipaggio dello Scirè giunse però anche alla stampa israeliana e il settimanale Yediot Aharonot pubblicò un lungo e veemente articolo che stigmatizzava la supposta indifferenza italiana nei confronti dei propri caduti.

In particolare nell’articolo, dopo un attento excursus storico sulle vicende dello Scirè e un resoconto sulla scoperta di Galili e sui suoi tentativi di sensibilizzare le autorità italiane, fu data anche la parola all’Ammiraglio Yohai Bin Nun che affermò tra l’altro: «Se noi avessimo trovato il Dakar 4 non avremmo risparmiato nessuno sforzo per recuperarlo e portare i resti dei sommergibilisti in una tomba ». Questo articolo, ripreso dalla stampa italiana, ebbe un effetto dirompente sull’opinione pubblica, tanto che l’allora Ministro della Difesa, Giovanni Spadolini, ordinò l’esecuzione della missione per il recupero dei resti dei caduti dello Scirè. Nel settembre 1984 la Marina Italiana, in accordo con le autorità israeliane, inviò quindi nave Anteo in una missione che in un mese di attività operativa degli uomini di COMSUBIN portò al rimpatrio dei resti di gran parte dell’equipaggio, mentre i resti di altri 16 marinai riposano per l’eternità nella parte prodiera del sommergibile compressa dall’esplosione della carica di profondità. Al termine della missione i sommozzatori sigillarono il relitto saldando delle piastre sulle aperture. Dopo questo triste ma necessario compito, ridiscese di nuovo l’oblio sullo Scirè; anche in questo caso non si sfruttò l’occasione e i buoni rapporti con Israele per concordare qualche forma di tutela istituzionale per il sito, magari come tomba di guerra. Tale mancanza fu alla base di un ulteriore grave danno al relitto durante le esercitazioni navali congiunte tra la Marina Statunitense e quella Israeliana nel 2002. Per motivi mai chiariti gli americani fecero autonomamente

un maldestro tentativo di recupero dello scafo con l’intervento del rimorchiatore oceanico USNS Apache (vedi foto in basso). La notizia uscì dagli ambienti militari e ancora una volta (fortunatamente) giunse alle orecchie di Galili, che ricopriva l’importante incarico di Direttore del Dipartimento di Archeologia Marittima e Subacquea del Ministero delle Antichità d’Israele. Nuovamente egli si rivelò accanito protettore del relitto, informando sia le competenti autorità sia i media. Oltre che sui quotidiani, la notizia fu trasmessa in prima serata dalla TV nazionale israeliana e immediatamente dopo ripresa in Italia. Ancora una volta questa eco mediatica smosse gli ambienti istituzionali con la richiesta diplomatica italiana di formali spiegazioni, alla quale fecero seguito le scuse da parte della Marina USA durante una riunione congiunta tenutasi in Israele. L’improvvido tentativo americano lasciò, tuttavia, ulteriori irreversibili danneggiamenti e trasformazioni del sito. I due periscopi furono rotti, fu lasciata un’enorme catena, che avvolge il relitto a poppavia, e vennero provocati ulteriori danni allo scafo.

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Il 22 0ttobre 2002 nave Anteo partì di nuovo alla volta di Haifa per una seconda missione sullo Scirè; furono sigillati tutti gli accessi, che si erano aperti a seguito dei suddetti interventi, e venne posta una targa commemorativa della missione sul boccaporto caricamento siluri addietro.

A parte questi provvidenziali interventi della Marina volti a proteggere l’interno del relitto, null’altro fu fatto in termini di sensibilizzazione e tutela istituzionale dello stesso. Il rispetto del luogo, quindi, è attualmente affidato alla sola sensibilità individuale dei tanti subacquei sportivi che non hanno mai cessato di frequentarlo. Il sito è stato recentemente studiato da quattro spedizioni scientifiche, svolte tra il 2008 e il 2017 dall’organizzazione subacquea per l’esplorazione e studio di relitti storici IANTD Expeditions, con il patrocinio del Ministero degli Esteri italiano e in collaborazione con l’Università di Haifa e l’Israel Antiquity Authority. Tali spedizioni storico-archeologiche hanno potuto accertare, tra l’altro, un graduale deterioramento dello stato di conservazione del relitto, da attribuirsi in parte alle ancore a grappino utilizzate dalle imbarcazioni di subacquei per ancorarsi sopra5. Nell’ottobre 2015 anche l’Anteo ritornò ad Haifa per una esercitazione bilaterale con la Marina Israeliana. In quell’occasione non si mancò di rendere omaggio al leggendario Scirè e al suo straordinario equipaggio con la deposizione di una corona d’alloro sui resti del sommergibile affondato, ma si procedette anche a svolgere alcune immersioni ispettive, che consentirono di verificare lo stato di deterioramento del relitto.

Molti sono i relitti di navi italiane che, alla stregua di sacrari, custodiscono i resti dei loro equipaggi, ma nella quasi totalità le profondità delle acque dove giacciono le proteggono dalla profanazione. Il relitto dello Scirè è, al contrario, vittima della propria temerarietà che lo spinse sino a poche miglia dal proprio obiettivo in una zona e in un fondale troppo facilmente accessibili. L’immensa storia operativa del sommergibile (ricordiamolo, decorato di Medaglia d’Oro al Valor Militare) trova continuità in quella travagliata del suo relitto, che ne rappresenta il luogo materiale dove se ne deve poter conservare la memoria delle gesta e del suo splendido equipaggio. Per questo, il relitto andrebbe tutelato e conservato come tomba di guerra e

monumento storico con accordi formali tra l’Italia e Israele, mantenendo una fruibilità consapevole e rispettosa. Può essere un traguardo da raggiungere in occasione dell’80° anniversario dell’affondamento nel 2022.

 

Fabio Ruberti

Storico e archeologo subacqueo, che ha esplorato e studiato numerosi

relitti contemporanei di alta valenza storica, fra i quali lo

Scirè, scrivendo numerosi libri e articoli su di essi.

Francesco Chionna

Ufficiale Incursore di Marina, che ha concluso la sua carriera come

Comandante di COMSUBIN. Esperto subacqueo e appassionato

cultore della storia dei Mezzi d’Assalto tiene conferenze e ha scritto

sull’argomento numerosi articoli anche per prestigiose riviste.

 

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