Red* Inviato 19 Novembre, 2016 Segnala Share Inviato 19 Novembre, 2016 Ricorda così Italo Sulliotti , nel suo libro " Fumi all'orizzzonte ", la tragica fine di un nostro sommergibile avvenuta nel 1915 : LA FINE DEL NEREIDE Brullo e arido scoglio che monta di sentinella in mezzo all'Adriatico, l'isola di Pelagosa offre, nell'estate del 1915, l'aspetto di uno di quei ripari famosi nella storia della filibusterìa. Un " metteur en scène " cinematografico potrebbe servirsene per inscenare un film atto a riprodurre le gesta avventurose dell'Olonese o di Pietro il Basco sul Mar dei Caraibi. L'isola è popolata da un " equipaggio " invisibile. All'alba dell'11 luglio , un distaccamento di cento marinai italiani è sbarcato dal " Città di Palermo ", prendendo possesso dell'isola e facendo prigionieri i dieci marinai della guarnizione austriaca. La roccia formidabile, posta a trenta miglia da Viesti e da Lagosta, è divenuta dunque il nostro osservatorio centrale sull'Adriatico : Pelagosa, occhio vigilante, sorveglia i movimenti del nemico; dal suo faro, alto cento metri sul mare, si scorge, nelle giornate limpide, la marina di Lissa o, nel sud, la boscaglia del promontorio garganico. Pelagosa è lunga milleduecento metri; larga, tutt'al più, quattrocento. Ha due soli punti in cui è possibile l'approdo : Stara Vlaka a nord est, Sadlo a sud est. Appena sbarcati, i nostri hanno subito apprestato la difesa dell'isola, con quella miracolosa genialità che ha reso - su tutte le spiagge del mondo - i marinai italiani emuli del più sapiente architetto o ingegnere militare. Nel suolo sassoso dell'isola vengono febbrilmente scavate trincee e camminamenti; matasse di filo spinato si svolgono sulla parete delle rocce, in modo da rendere imprendibile questo nido di aquile marine. Tre cannoni da settantacinque e un pezzo antiaereo vengono piazzati sull'estremità. Chi osserva dal mare, non si avvedrebbe che Pelagosa è divenuta una piccola Gibilterra dell'Adriatico, e che cento marinai d'Italia montano la guardia, fiero equipaggio invisibile, fra due sponde nemiche....... L'alba del 5 agosto sorge sull'Adriatico; una leggera luce rosata tinge l'orizzonte e fa emergere a poco a poco dalla foschia le montagne balcaniche .Tutto sembra dormire,a Pelagosa. Sette giorni prima gli austriaci hanno tentato, con un colpo di mano, di riprendere l'isola : un centinaio di uomini - appog- giato da tre cacciatorpediniere del tipo " Tatra " - è riuscito a metter piede sulla spiaggia e ad arrampicarsi di balza in balza. Ma i nostri hanno reagito con prontezza garibaldina. Mentre l'ufficiale che li comanda - dovendo prevedere ogni ipotesi - brucia le carte militari e confidenziali - i marinai si distribuiscono lungo le rocce, alla maniera corsara, e bersagliano col fuoco infallibile dei loro moschetti gli austriaci. Contemporaneamente il sommergibile francese " Ampère ", comandato dal tenente di vascello Devin, riesce a mettersi in posizione di lancio presso il caccia austriaco " Balaton ". Questo sfugge al siluro, ma alza all'antenna il segnale di " chia- mata a bordo ". E gli austriaci, inseguiti dal nostro fuoco, si imbarcano a precipizio........ Nella baia di Sadlo, le marine alleate hanno ormeggiato un " corpo morto " al quale si affianca, per torno, un sommergibile di guardia. Il " Papin " francese, è rientrato a Brindisi la sera del 4 agosto; è uscito, per sostituirlo nella fazione a Pelagosa, il sommergibile italiano " Nereide ". Ha navigato di notte, a giri ridotti. L'Adriatico è talmente calmo che il periscopio si scorgerebbe da lontano, anche nella mezza luce dell'alba. E' il capitano di corvetta Carlo Del Greco, che comanda il " Nereide ", ha un solo desiderio : arrivare inosservato a Pelagosa Se tutti gli equipaggi dei sommergibili anelano l'incontro del nemico, quello del " Nereide " è addirittura ossessionato dall'ansiosa speranza di un buon colpo : il suo Comandante ha l'anima degli uomini " in pugno ". Durante la traversata essi lo hanno sentito sussurrare al secondo di bordo - mentre si curvava sulla carta e sul compasso - delle parole piene di volontà aggressiva. - Non li mancheremo. Se i siluri non ci tradiscono.......! - Ahimè ! La Marina d'Italia - nel 1915 - risponde dei cuori, ma non dei siluri........ Alle ore tre il " Nereide " è nelle acque dell'isola. Del Greco si è messo al periscopio e ne manovra, instancabilmente, la maniglie, alzandolo e abbassandolo continuamente : un vago presentimento gli dice che gli austriaci ronzano intorno all'isola. Nella corsia del sommergibile, gli uomini " franchi di guardia " riposano qualche istante, nella amache sospese. Il " Nereide " scivola fra due acque, cautamente. Sono le tre e quaranta. Improvvisamente il secondo - che ha sostituito Del Greco al periscopio - interrompe bruscamente la rotazione, e guarda con attenzione. La luce è divenuta grigiastra, e la massa dell'isola - che sembra, nell'oculare del periscopio, un giocattolo da ragazzi - acquista trasparenze fluidiche. Ma fra il " Nereide " e l'isola si vede qualchecosa........... - Bastimento a cinque gradi sulla dritta . - Del Greco si è precipitato al periscopio. Gli uomini alzano la testa. Tutti - quelli dei timoni e quelli dei motori , quelli del " water-ballasts " e quelli della camera dei siluri - hanno capito che il Comandante sta guardando il nemico. Il nemico è lì vicinissimo, a poche decine di metri. Il " Nereide " gli è arrivato addosso senza scorgerlo. Si tratta del sommergibile " U.5 " che sta manovrando per immergersi al " corpo morto "e prendere - nella baia di Pelagosa - il posto destinato agli Alleati. Due formidabili ordigni di guerra sono lì, vicini, quasi fianco a fianco. E si sono visti. Ma Del Greco, magnifico soldato quanto valoroso marinaio, ha fulmineamente intuito la situazione. Dà un'occhiata al suo secondo, i due si sono capiti. Tutto il vantaggio è per l'austriaco. Se il " Nereide " non vira subito, se non si sottrae con una manovra rapidissima, esso è perduto. Presenta nettamente il fianco al nemico che può mirare con tutta tranquillità, che è favorito dalla posizione, dalla luce, dall'inclinazione. Gli uomini vedono il viso di Del Greco farsi serio e grave. Che cosa farà il Comandante ? Darà l'ordine di invertire la marcia o di modificare la rotta ? Niente, colla mascella contratta, Del Greco non modifica nulla.......La scia che il " Nereide " cammini, dritto sul bersaglio : bersaglio vivente, a sua volta. I marinai italiani non sfuggono al nemico : mai. - Pronti al lancio. Fuori ! - Del Greco ha preso la risoluzione che il momento impone. Nella guerra sul mare , quando tutto sembra perduto,bisogna attaccare. Il Comandante sa perfettamente che vi sono otto probabilità su dieci di fallire il colpo. Quelli del " Nereide " non hanno potuto mirare perchè è mancato il tempo, e perchè per " puntare un sommergibile " occorre una quantità di elementi che in quel momento essi non hanno. E poi......e poi.......Del Greco sa bene la storia dei siluri impazziti che al momento buono fanno mancare il colpo. E' noto che il siluro, appena uscito dal tubo, affonda per un certo tempo, prima di raggiungere, progressivamente, il piano d'immersione per il quale è stato regolato e sul quale deve tenersi fino al momento in cui urta lo scafo avversario. Ora, quando il lancio avviene a così breve distanza e con un angolo insufficiente, il siluro passa quasi sempre sotto al bersaglio. Del Greco lo sa, e sa anche - perfettamente - quello che sta per toccargli. Ma è stoicamente tranquillo. Tutt'al più guarda con occhi pieni di dolcezza, il suo equipaggio preparato a morire......... I minuti trascorrono, interminabili. La luce cresce sul mare, e dall'alto delle rocce di Pelagosa, al di sopra dell baia Sadlo, le vedette italiane guardano con immensa i due periscopi che si accostano e sembrano le corna sommerse di un bizzarro animale antidiluviano,nascosto sotto le acque........ Ad un tratto una gigantesca esplosione scuote l'aria. Una fontana di spume sorge dal fondo,come un razzo liquido. Gli italiani si sporgono dalle trincee e dai ripari, col cuore stretto da una immensa angoscia. Chi è finito, laggiù ? Quale dei due avversari è scomparso, nei venti metri di fondo della baia Sadlo ? Non si scorge più nulla; l'acqua dopo pochi minuti, è tornata uguale ; si è rinchiusa sul cimitero. ........e giù la tragedia fulminea si è svolta. L' U.5 ha scoccati due siluri sul " Nereide " , uno di essi lo ha toccato nel centro. Nessuno, nel battello squarciato, ha avuto modo di sopravvivere ; gli uomini devono essere morti al loro posto, vicino al loro Comandante - ai Comandanti della Marina d'Italia che hanno l'abitudine di non lasciare soli i morti........ Il " Nereide" si è inabissato , come quattro mesi dopo si inabisserà il davanti a Cattaro il " Monge " comandato da Roland Morillot. Gli italiani sono morti fedeli al loro motto " Non indietreggiare mai ", neanche quando la sorte è segnata e la partita è perduta. Poche settimane dopo, Pelagosa verrà abbandonata, perchè i Comandanti alleati riconosceranno - come quelli austriaci - che occorrono troppi sacrifici per conservarla. Ma da ogni nave d'Italia che solca il basso e il medio Adriatico, i marinai si scoprono passando davanti a Pelagosa, là dove - nello scafo lacerato del " Nereide " - Carlo Del Greco dorme col suo equipaggio, l'ultimo sonno della gloria. FINE RED Citare Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
Iscandar Inviato 19 Novembre, 2016 Segnala Share Inviato 19 Novembre, 2016 Sul ricordo bene sull'isola c'era Da Zara Citare Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
Red* Inviato 19 Novembre, 2016 Autore Segnala Share Inviato 19 Novembre, 2016 Esatto ! RED Citare Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
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