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Gli Incrociatori "costanzo Ciano" E Il Programma Di Costruzioni 1939


Steffsap

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Ho aggiunto al sito un breve articolo su questa classe di unità, basandomi sulle informazioni disponibili, non ultimo l'articolo di De Toro in Storia Militare:

Sarebbe interessante una discussione relativa a come questo programma di costruzioni, se realizzato in tempo, avrebbe modificato l'equilibrio strategico delle forze.
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Purtroppo neppure sognando sarebbe stato possibile modificare l' equilibrio strategico delle forze in campo..

Il valore della Regia Marina era quello teorizzato dal Mahan ( direi ne era la più pura ed eccelsa applicazione) : .... fleet in being ....., ed in fondo è quello che sino all' ultimo ha tentato di giocare Supermarina

In quanto alla proiezione sull' Oceano Indiano non esistevano neppure le premesse degli interessi economici o di potere italiani, e la base di Chisimaio non è mai stata neppure tratteggiata come pressupposto di stanziamenti .. dubito che esista o sia esistito un progetto di massima .

 

Come finale ti anticipo una delle conclusioni del lavoro che stiamo portando avanti, faticosamente, dall' analisi degli apparati motori; tante belle navi di carta, ma non esisteva la collaborazione necessaria dell' industria navalmeccanica: come tutte le navi appena varate od in costruzione od in programma in quegli anni l' esponente di peso dell' apparato motore (con le macchine a disposizione come producibili in quel periodo in Italia) avrebbe reso irrealizzabili quei progetti.

Non a caso, in tutti questi profili ed ipotesi, non dettagliate, si da al massimo un' indicazione della velocità richiesta (sempre eccessiva) ma non esistono dati nè ipotesi concrete sulla propulsione ... verificare per credere!

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Beh il fallimento dei motori Diesel Fiat è noto. In realtà la valutazione economica per Chisimaio è presente nei documenti allegati al "Le implicazioni navali della conquista dell'impero". Più che altro, la scelta del luogo, a poca distanza dal confine con il kenya era chiaramente improvvida. La scarsa cooperazione e la sovrastima (o assenza di pianificazione) delle proprie capacità, specie industriali, è diciamo un tratto che si trova di frequente in molte delle nostre epoche. Tuttavia, l'analisi degli scenari what if non è mai poco divertente. :D

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Sugli apparati motore dobbiamo fare una distinzione: per i motori diesel l' industria scelse il due tempi, forse una scelta oculata perché eravamo non lontani ma lontanissimi per caratteristiche dei materiali dai 4 tempi veloci e dalla sovralimentazione, ma si riusci a produrre dei motori affidabili che dettero, anche a posteriori risultati accettabili, anche se non eccezionali.

Diversa e più tragica fu la situazione degli apparati motore a vapore, all' epoca scelta pressoché obbligata, e certo necessaria per le "navi di carta" di cui parliamo, dove la nostra industria 8e va tenuto presente industria e non R.M.) pervicacemente rimase ancorata a soluzioni degli anni 20, un abisso sotto aspetto in confronto con avversari ed "alleati" (che in questo molto non erano ..)

Il lavoro che stiamo portando avanti è proprio quello dell' esame degli squilibri e della diversa concezione (e velocità di "processo") tra industria - lobbista con il regime - e Regia Marina, spesso lasciata ai margini e succube se non vittima di decisioni esterne

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Oltre a quanto citato per il Ciano, in

LE NAVI DA GUERRA ITALIANE 1940-1945

Bagnasco E. Cernuschi E.

 

c'è a pag 40 la descrizione dello stato delle proposte fiat dei grandi motori diesel riferiti del 1935, per il progetto di una nave portaerei. Nel 1941 ancora nulla di fatto. C'è una descrizione molto più precisa relativa alla propulsione diesel per le nuove navi da battaglia, ma ancora non la ho ritrovata (ma non demordo :) ). In sintesi, grandi promesse, mai mantenute.

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Nel fascicolo di Gennaio 2010 della RIVISTA MARITTIMA c'è un articolo a firma di A. TURRINI in merito ad un progetto di rimotorizzazione delle corazzate cl. CAVOUR con motori "Diesel".

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Pur con tutte le limitazioni ed inefficienze di macchine (caldaie e turbine) molto datate e risalenti come tecnologia agli anni 20, per ragioni di ingombro ed esponente di peso commisurati alla velocità richiesta dalla R.M. (su cui molto ci sarebbe da discutere) gli apparati motore vapore rimasero l’ unica vera opzione per le unità di nuova costruzione della RM.

Per quanto riguarda lo sviluppo di motori diesel – e malgrado relativamente buoni risultati raggiunti finalmente dall’ industria nazionale con i motori della serie 400 solo ad inizi anni 40 – esisteva un “vizio concettuale” di origine e mancavano condizioni tecnologiche (processi metallurgici e materiali idonei); il vizio concettuale è stata la scelta univoca dei 2 tempi, mentre tra le limitanti tecnologiche basta ricordare il ricorso a basamenti fusi per l’ assoluta arretratezza (e sfiducia) nelle strutture saldate, la mancanza di acciai resistenti ad alte temperature, problemi sui lubrificanti e non ultimo (comprensivo di tutti quanti) il problema della sovralimentazione. La FIAT cominciò a sperimentare un sistema a turbo soffiante (molto complesso ed esterno) solo nel 1942, ed i motori (a due tempi) italiani erano “sovralimentati” con pompe a stantuffo, generalmente collegate all’ albero a gomito dei motori stessi. Si ottenne qualche risultato sui pesi dei motori stessi (ma poi viziato da quello degli ausiliari), ma il problema continuò a riguardare le dimensioni i volumi. Questo permetteva di prendere almeno in considerazione l’ ipotesi per “grandi navi” (corazzate e portaerei) ma rendeva non fattibile (per le velocità richieste) l’ adozione per incrociatori.

Non eravamo però soli, la stessa Reichmarine, partita in grande stile con i motori diesel (propulsione turboelettrica e non) per le unità maggiori, confidando su una produzione tedesca che era certamente all’ avanguardia almeno per i motori leggeri e di media potenza, ripiegò su apparati motori a vapore, poi con altre problematiche di affidabilità.

Gli studi per nuovi apparati moti, a cavallo del 1935, a cui fa riferimento anche il Turrini, giunsero alle stesse conclusioni (con il condizionamento, badare bene, delle opinabili condizioni di velocità richieste per le unità italiane). Non mi risulta siano mai stati presi in considerazioni 5 assi, ma solo un coplicato incrocio tra propulsione diretta ed integrazione inserie sullo stesso asse di motori elettrici (diesel-elettrica) per raggiungere velocità di spunto

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Al di la di meraviglia ed entusiasmi, redo sia necessario fare un pò di riflessioni, e magari un po’ d’ ordine , in merito alle “navi di carta” (ri)cominciando dalla ricerca tecnica.

La storia navale non è fatta (anche se sembra, e cosi è intesa da molti) solo di puntigliose ricostruzioni cinematiche e temporali, oppure di sottili disquisizioni estetiche, con competizioni di spotting, corredate più o meno di aneddoti, ma è giunto il momento che si parli anche di storia della tecnica, investendo un poco anche sulla conoscenza de problemi e dei parametri fondamentali di una nave .…. magari cominciando da una maggiore conoscenza degli apparati motori.

Personalmente, dopo più di mezzo secolo non solo di lavoro ma di esperienza appassionata, credo sia giunto il momento di fare chiarezza, per quanto riguarda la R.M. ed anche per gli uomini che in essa si sono sacrificati per un’ ideale, di Patria e di Nazione.

 

Sono un po’ provocatore, ma affermo per cognizione di causa che quando un apparato motore dovrebbe essere lo strumento che permette ad una nave “equilibrata” di andare per mare ed assolvere i compiti che le sono stati assegnati (sia come specifica di progetto sia per esigenze operative) nel periodo tra le due guerre , più per scelta politica e pressioni di lobbies che per scelta strategica, per ragioni di immagine ci siamo trovati di fronte all’ assurdo di navi fatte per portare a spasso gli apparati motori, mettendo in secondo piano e minore priorità le altre caratteristiche, apparati che poi solo sulla carta ed in condizioni eccezionali fornivano quelle prestazioni tanto sbandierate.

 

Nel caso dell' incompiuto programma navale all' origine di questo post, e delle notizie ed ipotesi che si sono fatte intorno alle unità previste, vale, ed è opportuna, una considerazione generale: per la propulsione navale (navale come nave militare) è stata dominata sino a tutti gli anni 50 da apparati a vapore, che prevalsero specie per le grandi potenze (20 MW ed oltre), in quanto il loro rendimento (efficienza con cui viene sfruttata energia meccanica dal calore) era di quasi il 50%, contro il 35% dei Diesel, pur essendo più complicata nella costruzione.

 

Malgrado le grandi premesse (e promesse, con speranze e scommesse soprattutto da parte tedesche) i motori a combustione interna non riuscirono a soddisfare esigenze di grande potenza e soprattutto, sopra le medie potenze, non riuscirono a soddisfare quelle esigenze dimensionali ancor più che di peso che erano necessarie per le navi da guerra.

I motori diesel di piccola/media potenza furono certamente la soluzione ideale per sommergibili ed unità scorta (e su questo l’ industria italiana non ebbe un gap tanto grande come nel caso di altri tipi di apparato motore) e solo per motivi in parte inspiegabili (tra cui la velocità di spunto) il sistema italiano continuò ad utilizzare obsoleti apparati a vapore per le unità scorta.

 

Il Diesel superata la fase di “accettazione” da parte dell’ industria navalmeccanica come degli utenti (le varie marine) solo con gli inizi degli anni 60 (con i motori veloci, a 4 tempi) ebbe un’ impiego esteso. Aumentarono le potenze totali, si raggiunsero rendimenti migliori, ed il maggiore successo si ebbe con l’ integrazione/complementarietà con le TAG (Turbine a Gas).

 

Negli anni 30 i motori Diesel che in Italia potevano competere per l’ installazione a bordo erano a 2 Tempi (con poche centinaia di giri/min), sovralimentati – quando lo erano - con pompe di lavaggio meccaniche, e non si conoscevano né si aveva accesso a turbocompressori a gas di scarico. Credo sia stata più che una novità l’ ordine a guerra ben inoltrata di motori diesel con turbocompressori Sulzer/ABB per l’ unità soccorso/rimorchiatore di altura (che poi nella MMI divenne l’ “innominato”); purtroppo avvenne troppo tardi per costituire un’ esperienza ed un’ acquisizione di capacità.

 

L’ industria italiana negli anni 30, pur avendo progettato, costruito e fornito motori per unità mercantili (comprese unità passeggeri veloci ) non era in condizione di fornire macchine di dimensioni idonee per la propulsione di unità navali maggiori. La soluzione sarebbe stata molto complicata, inserendo molte macchine, ma questo avrebbe comportato la difficile inserzione di nuovi tipi di giunti e di riduttori (quando proprio l’ assenza del riduttore poteva essere uno dei maggiori vantaggi dei motori endotermici). Peggio ancora, come complicazione, l’ adozione di apparati motori “misti”, ossia con parte dei motori collegati meccanicamente alla linea d’ assi, su cui agiva anche (con o senza il tramite del riduttore) un motore elettrico mosso da altri motori diesel.

Non bisogna poi dimenticare che il motore diesel marini, e navale in misura maggiore per ridondanza e sicurezza, ha bisogno di numerosi ausiliari, peggio ancora quando la stessa “sovralimentazione” avrebbe dovuto essere assicura da motrici separata . pesi e rendimenti sarebbero stati estremamente penalizzanti.

 

Certamente nella RM esistevano menti brillanti, di giovani e di vecchi leoni, dal Bernotti al Bernardis, che precorsero i tempi, che tentarono di rompere le barriere e spezzare i lacci delle lobbies industriali che soffocarono lo sviluppo industriale e navale tra le due guerre, ma i loro interventi furono nella maggior parte troppo ottimisti.

 

I progetti di motorizzazione o rimotorizzazione di unità (e solo di grandi unità) per le insufficienti potenze disponibili e per la scelta del ciclo a 2 Tempi, riposero molte speranze su una nuova tipologia di motori configurati a "doppio effetto", che risultarono all’ epoca inaffidabili, sia per i materiali disponibili, sia per i problemi di tenuta in corrispondenza delle aste dei pistoni, con il rischio costante di innescare incendi al carter, con conseguenze devastanti ed inaccettabili per una nave da guerra. Per inciso questa soluzione fu ripresa negli anni 50 per gli a.m. di alcune motonavi, grazie alla disponibilità di migliori materiali, ma presto abbandonata ancora a causa d'incendi.

 

I motori diesel ipotizzati all’ epoca avevano poi un drammatico inconveniente per le unità militari (solo mitigato nel caso di grandi unità, corazzate e portaerei): l’ altezza necessaria, ancora più penalizzante del peso; non parliamo dei 20 metri dei motori più recenti, ma comunque parliamo sempre di almeno 10 metri di altezza disponibile in corrispondenza dei MMTTPP (e con molte limitazioni per lo smontaggio di testate e pistoni) che rendevano nella pratica impossibile l’ adozione anche per unità della classe di incrociatori

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concordo su molte cose e manco dell'esperienza sui diesel 2 tempi, di cui i miei colleghi imbarcati da DM sulle corvette classe Airone avevano molto da raccontare, compresi gli incendi. Sicuramente l'Italia non era ancora pronta sui gradi diesel, però la storia ci pone in evidenza un ottimo esempio di nave tuttodiesel di grandi dimensioni, seppur con elevato numero di motori: le cd "corazzate tascabili" tedesche.

 

La crociera della Graf Spee nel 39 ha dato ottimi risultati e ha perso la battaglia di Rio della Plata perché Langsdorff ha "voluto perderla" (a detta degli stessi inglesi).

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Gli incendi sulle corvette classe Albatros, con i motori 409, e molto di più in precedenza con i motori 407 della classe Ape/Gabbiano, erano provocati dal sistema di lubrificazione, e dall’ accumulo di olio nelle condotte di scarico (quindi verso l’ alto) ed erano comunque controllabili, non portando quasi mai a conclusioni catastrofiche; gli incendi dei motori a duplice effetto coinvolgevano invece il carter, verso il basso, e le conseguenze erano molto più facilmente lo scoppio del cartel, per i gas accumulati.

 

Le corazzate tascabili tedesche accoppiavano comunque una serie di “piccoli” motori (quasi sicuramente a 4 Tempi), già disponibili dall’ industria tedesca nella prima metà degli anni 30, mentre da noi, pur esistendo una tradizionale produzione di motori endotermici per sommergibili (purtroppo molto frammentata tra diversi costruttori), si riuscirono a fornire motori diesel di media potenza (sotto 2000 CV, non sovralimentati) di dimensioni e pesi appena accettabili per unità di medie dimensioni, solo agli inizi degli anni 40.

Siamo quindi ben lontani dalle reali possibilità di impiego per i programmi navali degli anni 30, e per le navi tipo Washington, che furono la strada seguita dalla Reichmarine.

 

Non so quanto considerare facile e semplice l’ adozione da parte tedesca di molti diesel accoppiati su poche linee d’ assi, ma certamente per i trattamenti delle acque e le difficoltà delle caldaie ad alta pressione riscontrate dalla Reichsmarine, la soluzione di multipli diesel assicurava una certa ridondanza, permetteva grandi autonomie anche in caso di avarie ad un singolo motore, che veniva grazie a giunti molto avanzati per l’ epoca immediatamente scollegato.

Va anche notato che quando si trattò di valutare la soluzione diesel (diesel elettrica) per le grandi navi da battaglia, a costruzione degli scafi già avviata tale soluzione fu scartata dalla Reichsmarine, credo per la mancata risposta dell’ industria per motori di potenza elevata.

 

Certamente le soluzioni diesel, anche per un solo asse, difficilmente potevano ipotizzarsi per il programma degli incrociatori classe Ciano; va posta molta attenzione anche su un altro aspetto di queste “navi di carta”: il dislocamento inferiore a 9000 tonn previsto per navi di queste caratteristiche è del tutto assurdo, irrealizzabile, solo una enunciazione ai fini dei trattati. Per specifiche di quel genere saremmo stati su dislocamenti superiori a 12000T, che era del resto la contemporanea posizione dei “giovani leoni” guidati dall’Amm Bernotti che chiedevano la revisione o la denuncia dei trattati. Con tali dislocamenti, a maggior ragione, la soluzione dell’ a.m. doveva essere totalmente diversa

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  • 1 month later...

Trovato finalmente. La fiat Grandi Motori propose a Cavagnari nel 1934 un motore da 18.000 CV; dopo due anni però non fu in grado di avere neppure un prototipo. Tuttavia continuò a proporre soluzione fino alla fine degli anni 30.

Alla fine ci furono dei test per il FIAT da 24.00CV 12 cilindri DM6512, ma soltanto nella seconda metà del 1943 (contro il promesso 1940).
Questi gli schemi FIAT proposti, che come dicevano riguardavano anche grandi navi da battaglia (quelle della "Flotta d'evasione", destinate a operare negli oceani.

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Per correttezza evidenzio che l'immagine soprastante è tratta da un articolo di Enrico Cernuschi e Vincent O'Hara apparso su Warship nel 2006 e intitolato "The Breakout Fleet: The Oceanic Programmes of the Regia Marina, 1934-1940"

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Riprendo quanto accennato in precedenza: in Italia non esisteva nè capacità nè esperienza in merito alla sovralimentazione, che sarebbe stata parte della soluzione per l' alleggerimento e l' incremento delle prestazioni dei motori: i motori proposti (i bollettini FIAT GM sono consultabili in line, con qualche difficoltà di ricerca, ma completi) avevano dimensioni tali in altezza che la loro sistemazione avrebbe compromesso la sicurezza (galleggiabilità/allagamento) della nave in caso di falla, ed in quanto a prestazioni si trattava di motrici inaffidabili, come venne dimostrato sia nelle soluzioni indicate nel bollettino sia in quelle post belliche delle MN passeggeri. L' inaffidabilità, oltre alla frequenti avarie per usura (non si disponeva di materiali idonei per il disegno adottato), riguardava soprattutto i rischi esplosione/incendio non solo negli scarichi (che fu il noto problema che afflisse le corvette) quanto i carters stessi dei motori, più serio come problema e più devastante, soprattutto per unità militari.

Purtroppo soluzioni velleitarie, di lobbies non sempre in sintonia con la RM, non approfondite nè confrontate con quanto si stava facendo all' estero, che distrassero molte risorse che avrebbero potuto essere più proficuamente impiegate.

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