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Turbine A Vapore Per Impiego Navale


PELLICANO

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TURBINE A VAPORE PER IMPIEGO NAVALE

 

L’ avvento delle turbine e le limitazioni tecnologiche , industriali e di processo connesse

 

All'inizio del XX secolo, le motrici alternative sono state sostituite nella maggior parte delle marine militari della turbina marina, sistema originariamente creato per le centrali elettriche terrestri.

La turbina era, all’ origine, null’ altro che una sorta di contenitore cilindrico contenente righe alterne di palette fisse "Guida" e palette rotanti "mobili", queste ultime solidali a un rotore.

Il vapore era forzato a percorrere longitudinalmente la turbina espandendo la pressione e diminuendo la temperatura

I cambi di pressione e temperatura rappresentano la cessione di calore nel processo.

Maggiore è la cessione di calore, maggiore è il rendimento .

 

Nel decennio a partire dal 1880, furono sviluppati due tipi di turbine, diverse per la forma ed addirittura per localizzazione nella macchina della trasformazione del calore.

  • La turbina a reazione, sviluppata da Charles Parsons, suddivideva in maniera uniforme la cessione di calore passando tra palette fisse e palette mobili: questo processo richiedeva una turbina molto lunga ed un gran numero di palette (ciascun passaggio rappresenta uno stadio) per ottenere una efficienza accettabile .
  • La turbina ad azione, sviluppata da Gustaf de Laval. In questa soluzione la totalità della trasformazione del calore avveniva alternando file di palette fisse permettendo alle palette mobili di ricevere direttamente la maggior spinta possibile dal vapore in espansione.

Anche se la turbina ad azione risultava di relativamente più facile costruzione, richiedendo tra l’ altro un numero molto inferiore di palette della turbina a reazione, quest’ ultima ebbe sino ai primi anni del 900 una maggiore preferenza e diffusione.

 

Nonostante la maggiore complessità e costo rispetto alle motrici alternative, ambedue i tipi di turbine prospettavano possibilità di crescita in potenza, occupavano spazi ridotti per le motrici, risultavano più silenziosi, generavano minori vibrazioni, e soprattutto erano più efficienti (maggior rendimento termico e minori consumi).

I rischi collegati alle nuove motrici erano quelli relativi alla metallurgia ed alle lavorazioni meccaniche dell’ epoca, associati al vapore operante in circuiti chiusi a pressione, sempre più elevata; rotture di tubi od esplosioni di caldaie non erano solo ipotetici e potevano avere effetti catastrofici

 

L'adozione della turbina per uso navale ha presentato a suo tempo un solo vero problema di ingegneria: come collegare in modo efficiente il rotore della turbina all’ elica.

Le Turbine hanno offrono infatti il miglior rendimento a velocità di rotazione dell’ ordine di alcune migliaia di giri al minuto mentre, al contrario, le eliche sono efficienti a bassi regimi di rotazione, dell’ ordine di poche centinaia di giri/min.

Al fine di consentire un collegamento soddisfacente tra turbine ed elica, per la trasmissione del moto fu necessario inserire un ingranaggio di riduzione tra i due elementi.

Lo sviluppo e l’ adozione del riduttore risponde ad una idea relativamente semplice; un piccolo ingranaggio (pignone) collegato al rotore della turbina agiva su una ruota di diametro maggiore (detta ruota lenta) collegata direttamente all'albero dell'elica. Questo tipo di riduttore, detto a semplice riduzione, aveva portato anche alla definizione di turbine ad ingranaggi con cui nel primo novecento si identica vano i gruppi propulsori

Tuttavia, nonostante la semplicità del concetto, l’ applicazione, per le inevitabili grandi dimensioni della ruota lenta nel caso della semplice riduzione, si traduceva in apparati pesanti e voluminosi, di difficile e costosa lavorazione, che richiedevano una grande specializzazione e macchine utensili speciali, molto sofisticate, per assicurare la precisione necessaria.

La complessità aumentava enormemente nel caso in cui più di una turbina dovesse essere collegata alla stessa elica e quindi più pignoni a differenti velocità di rotazione impegnassero la ruota lenta .

A partire dal 1930, le principali marine militari stavano considerando o sperimentando in qualche modo il miglioramento delle prestazioni e la diminuzione dei consumi puntando all’ incremento tanto della pressione quanto delle temperature del vapore.

In questo modo si aumentava il contenuto termico e la successiva trasformazione del calore in lavoro per realizzare apparati motore di maggiore potenza e molto più leggeri, per navi non solo più veloci ma anche di maggiore autonomia.

Per raggiungere le desiderabili pressioni e temperature più elevate del vapore, condizioni definite generalmente in inglese come "high steam ", ci si doveva però confrontare (superandole) con varie incognite ed una serie di ostacoli tecnici.

 

Per poter operare correttamente nelle nuove condizioni (High steam) era necessario introdurre sistemi affidabili di controllo della pressione e della temperatura in caldaia (anche per non creare danni a valle, alle turbine), impiegare acciai legati in grado di sopportare maggiori sollecitazioni della ghisa sino ad allora impiegata nella costruzione delle macchine, insieme ad altri sostanziali miglioramenti meccanici che permettessero elevati regimi di rotazione di turbine ed assi molto differenti a seconda delle andature e delle esigenze operative, pur mantenendo la massima efficienza anche nei picchi.

Questo comportava, tra l’ altro, una estrema precisione nella fabbricazione delle palette delle turbine e degli involucri delle turbine.

Il superamento di tali ostacoli era considerato non solo proibitivamente costoso, ma anche rischioso, oltre a richiedere una rivoluzione, anche impiantistica, nelle lavorazioni meccaniche.

Senza il corretto utilizzo di acciai legati, ad esempio, le rapide variazioni di carico tipiche delle unità militari che devono istantaneamente cambiare velocità e rotta, avrebbero molto facilmente causato surriscaldamenti e rotture , senza alcun risultato.

 

In breve, l’ adozione di vapore di migliori caratteristiche ( “high team”) imponeva un salto tecnologico in tutti campi collegati alle costruzioni navali, , industriali e cantieristici, balzo che era al di la delle possibilità industriali di molte delle potenze navali sino agli anni’20. Di conseguenza, le pressioni e le temperature del vapore rimasero relativamente immutate dopo l'avvento della turbina a vapore.

Queste limitazioni, e la relativa tendenza, con resistenza al cambio, sono continuate per molte Marine, le cui aspirazioni non erano sufficientemente supportate a monte da un’ industria nazionale dinamica ed innovativa, ben al di la degli anni ’20, ed addirittura fino al seconda dopoguerra.

 

A parte una serie di esperimenti (dai quali si isolarono sia la Royal Navy che la Regia Marina, e le misero fuori gioco) che portarono ad applicazioni operative, rivoluzionarie nella Marina tedesca ed in poche navi da guerra francesi, limitate in marine minori come la norvegese ed in ultimo nella marina imperiale nipponica, l'unica vera eccezione negli anni ‘30 fu la US Navy che seppe stabilire un serio programma di evoluzione, gestendo una difficile transizione,anche industriale, i cui frutti si mantennero in pratica sino alla fine dell’ era del vapore.

 

Come corsi e ricorsi non solo della storia ma anche della tecnica e delle mode tecniche, occorre ricordare che la seconda guerra mondiale portò in evidenza negli Stati Uniti la propulsione turboelettrica. Occorre anche ricordare che l’ ipotesi della propulsione turboelettrica era molto considerata per grandi transatlantici degli anni en in campo militare fu la prima e la principale per le unità pesanti tedesche nella seconda metà degli anni ’30, abbandonata in sede di perfezionamento del progetto sia per i maggiori pesi, sia per difficoltà tecniche dell’ industria tedesca sia per i lunghi tempi di produzione e messa a punto

L’ adozione da parte della US Navy della propulsione turboelettrica su certi tipi di unità permetteva di aggirare in parte il critico collo di bottiglia della produzione di turboriduttori e consentiva certe flessibilità e vantaggi operativi. Il più tipico è il il caso delle petroliere del tipo T-2 costruite in gran numero (438 unità per la US Navy tra il 1939 al 1945). Queste navi che utilizzavano comunque già vapore di alte prestazioni (high steam) consentirono bassi consumi , peso totale dell'impianto estremamente contenuto, e la possibilità di alternare la produzione dell’ energia elettrica tra la propulsione ed i servizi di bordo, in particolare le pompe del carico e quelle di travaso nafta, che assicuravano anche l’ importante funzione del rifornimento in mare. Si otteneva il vantaggio di ridurre la lunghezza delle tubolature calde, in particolare esterne al locale macchine. Sorgeva peraltro il problema dell'isolamento elettrico che richiede particolari accorgimenti ed una sorta di blindatura per eliminare dispersioni e qualsiasi possibilità di corto circuito .

La mancanza di materiali pregiati, quali quelli richiesti per questo genere di impianti elettrici, rendeva questa soluzione proibitiva per industrie diverse da quelle statunitensi.

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  • Nel dettaglio l’apparato Propulsivo delle T2 prevedeva due turbine a vapore, una quella di alta pressione accoppiata ad un generatore sincrono principale ed una di bassa pressione accoppiata ad un altro generatore sincrono che produceva energia per i servizi a bassa tensione di bordo e per l’eccitazione del sitema principale di propulsione. Il motore sincrono di propulsione aveva la potenza di 4.5 MW ; 2.3kV; 60Hz; 80 Poli. L’elevato numero di poli era giustificato dalla impossibilità pratica nel periodo della loro costruzione di realizzare una conversione di frequenza da 60 Hz a valori più bassi. L’impianto si poteva quindi suddividere in due sistemi indipendenti, il primo di alta potenza che comprendeva il motore elettrico di propulsione, che veniva avviato a frequenza variabile con altri carichi di potenza disconnessi, in pratica si agiva sul numero di giri della turbina di alta pressione per “lanciare “ il motore di propulsione tramite il sincronismo con il generatore principale. Il secondo che era alimentato dalla turbina di bassa pressione alimentava tutte le utenze a 115 V.

    Agendo sugli interruttori T1 e T2 si poteva disconnettere il motore elettrico di propulsione e alimentare tramite trafo le pompe carico e le altre utenze 440 V; 60Hz.

    L’inversione di marcia del motore principale avveniva con lo scambio delle fasi di alimentazione.

 

impianto T2.

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Modificato da Helsingor
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mi raccomando qualche foto, Giancarlo

...e usa termini semplici, al limite della banalità. Il fatto che sia un appassionato di navi non vuol dire che sia esperto di apparati motori delle medesime!

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Per rispondere a chi vuole giustamente una spiegazione un po’ animata, sovverto un poco la logica di presentazione e spiegazione anticipando alcuni rari disegni di un tipico turboriduttore Parsons a semplice riduzione della fine degli anni 20

 

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Questo schema riesce solo lontanamente a far immaginare le dimensioni e la complessità dell’ insieme; considerate che a questa “mostruosa” macchina andava aggiunta la pletora di ausiliari di cui abbiamo già parlato, e le caldaie, che anch’ esse non rispondevano a concetti di compattezza e modernità.

 

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Non si trattava di un punto di partenza, per le costruzioni che dovevano affrontarsi in conseguenza dell’ evoluzione necessaria alle condizioni dei trattati navali, che avrebbero imposto apparati motori più leggeri, ma bensì del punto di arrivo della tecnologia dell’ introduzione delle turbine, con macchine totalmente a reazione (poi parleremo di questo tema e delle differenze tra azione e reazione) ed una costruzione estremamente complessa, come i disegni evidenziano.

 

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La semplice riduzione comportava poi macchine molto ingombranti, di difficile sistemazione a bordo di unità militari, soprattutto se unità sottili, e soprattutto enormemente pesanti.

 

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Quello appena illustrato, che era un punto di arrivo, che imponeva un cambio, fu per molte delle costruzioni navali della RM non solo un punto di partenza, ma quasi uno standard che ne limitò grandemente le prestazioni nel corso del successivo conflitto.

Poco importa pensare che, a differenza di quanto avvenne nella US Navy e nella marina tedesca (che adottarono altri e moderni sistemi, di cui parleremo a lungo), questi difetti e queste limitazioni colpirono anche la Royal Navy, anche se non nella misura che inficiò le costruzioni navali italiane.

Anche sotto questo aspetto andammo a combattere la 2^GM con i mezzi e gli apparati della 1^ GM- Nelle successive parti evidenzieremo l’ abisso esistenti tra queste soluzioni e quelle più avanzate adottate non solo da marine ma da industrie più attente oltre che più innovative.

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TURBINE A VAPORE

E’ molto difficile parlare di apparati motori ed in particolare di turbine senza ricorrere a termodinamica, fisica, matematica, vettori e tante altre complicazioni, con molte formule. Ho comunque tentato, sarebbe stato più facile postare tante foto con ampie didascalie, ma ho cercato di introdurre alcuni concetti base senza far ricorso ad astrusità per eletti; la storia navale è bella, interessantissima, è una comune passione tra tutti noi, ma non può essere solo cronaca di avvenimenti, scambi di foto. Ritengo sia necessario chiedersi le ragioni, comprese quelle tecniche, porsi dei perché, avere dei percorsi di approfondimento …..

 

Un’ infarinatura, almeno sui termini usati e sulle peculiarità degli apparati motore, certamente ci aiuterà a capire certi perché, riguardo a molti avvenimenti, non solo bellici; queste note sugli apparati motori, con la massima complicazione sulle turbine, vogliono anche essere una provocazione per stimolare una maggiore partecipazione, stimolare una ricerca anche su “cose” che non ci sono più, come gli apparati a vapore.

 

Le navi hanno un’ anima, e vanno conosciute da dentro .. nell’ eterno confronto tra Stato Maggiore e Genio Navale (detto anche, con i suoi reparti, la Mano Nera) quando i ruoli erano molto più netti, separati, di quanto oggi per fortuna avviene nella MMI, si diceva : … la macchina è il cuore, la plancia il cervello ..pazzi si vive, senza cuore si muore! Vediamo di conoscere le navi anche “da dentro” e vedrete quante cose interessanti verranno fuori ..

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1.— GENERALITÀ – PRINCIPI E CENNI STORICI

 

A partire dai primi anni del 900 la turbina sostituì progressivamente le macchine alternative nella propulsione delle navi militari (nelle marine mercantili il processo fu più lento).

 

Le macchine alternative, che tanta importanza hanno avuto nella storia delle propulsione meccanica, a vapore, in campo navale hanno dovuto cedere il campo alle turbine che, possedendo tutti i pregi delle macchine rotative, permettevano di realizzare maggiori potenze per asse con pesi ed ingombri notevolmente inferiori.

 

Noi consideriamo la turbina a vapore da un punto di vista della propulsione navale, ma non possiamo dimenticare che il maggior sviluppo delle turbine (e di tutto il ciclo vapore), riguardò la generazione elettrica terrestre che, in tutto il mondo meno che in Italia, retro alimento l’ industria navalmeccanica.

 

La ragione della progressiva prevalenza delle turbine è semplice: mentre la resistenza dei materiali limitava la potenza delle macchine alternative permettendo velocità dello stantuffo non superiori generalmente al 10 m/sec, la velocità di spostamento delle palette delle turbine poté nel tempo arrivare a 300 - 350 m/sec che, negli ultimi apparati, sono stati anche largamente superati.

Inoltre, mentre nelle macchine alternative il lavoro meccanico viene generate periodicamente, nelle turbine viene generato con continuità con conseguenti minori sollecitazioni degli organi, di trasmissione.

 

Basta del resto considerare alcuni dati di un apparato motore a vapore postbellico per vedere che mentre in questo si realizzavano facilmente espansioni del vapore dai 50 Kg/cmq della caldaia ai 0,1 Kg/cmq del condensatore con una variazione di volume specifico da 0,07 a circa 15 m3/Kg, tale espansione non si sarebbe potuta realizzare in una macchina alternativa a meno di non impiegare un eccessivo numero di cilindri di espansione con conseguente proibitivo aumento di peso, ingombro e perdite nel ciclo che avrebbero abbassato enormemente il rendimento.

 

Le turbine sono strutturalmente costituite da una parte fissa o "statore" (nella,quale sono sistemate le valvole di adduzione del vapore, le valvole di sicurezza, i collegamenti con altre turbine o col condensatore, le corone di palette fisse e le corone di ugelli) e di una parte mobile o "rotore" (sulla quale sono sistemate le corone di palette mobili) che è quella collegata direttamente con gli organi di movimento (il riduttore e via questo l’ asse elica).

 

A continuazione un semplice e generico schema di turbina con la nomenclatura base relativa.

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Turbina di AP con coperchio sollevato – indicazione dei componenti

In primo piano del rotore la palettatura ad azione

 

2.- CENNI TEORICI SUL FUNZIONAMENTO DELLE TURBINE

 

2.1.- Funzionamento per azione

 

Quando un fluido contenuto in un certo recipiente viene messo in comunicazione, mediante un condotto di forma appropriata, con altro ambiente nel quale regna una pressione minore, il fluido si espande fino a raggiungere la pressione esistente nel predetto ambiente esterno.

Il condotto cui viene affidato il compito di mettere in comunicazione i due ambienti a pressione diversa, per fare avvenire l'espansione del fluido con le minori perdite possibili, viene chiamato “ugello" (o, meno usato, "boccaglio").

 

L'espansione del fluido si manifesta oltre che con il diminuire della pressione del fluido, anche con l'au-mento del suo volume specifico e della sua velocità.

E' intuitivo che tanto maggiore sarà l'espansione, cioè tanto minore sarà la pressione finale del vapore tanto maggiori risulteranno il volume specifico e la velocità finale; specificamente, con riferimento allo schema del ciclo di vapore, si cercherà di sfruttare come estremi la massima pressione (del vapore) fornita dalla caldaia con la minore pressione raggiungibile e mantenibile al condensatore, che per questo viene mantenuto sottovuoto.

 

Durante l' espansione nell'ugello l' energia termica che il fluido contiene si trasforma in parte in energia cinetica, e l'aumento di questa energia cinetica è equivalente alla diminuzione del contenuto termico del fluido in espansione.

 

In termini molto semplicisti la caduta di contenuto termico si definisce salto entalpico.

 

Il fluido espandendosi nell'ugello, acquista velocità e quindi è sede di accelerazione. Dalla fisica è noto che ad ogni particella è applicata una forza d'impulso uguale alla variazione della quantità di moto del fluido nell' unità di tempo, ed a questa forza d'impulso si contrappone una forza di inerzia uguale e contraria.

La risultante di tutte queste forze d'inerzia applicate alle particelle del fluido in espansione, diretta in senso contrario al moto del fluido ed esplica la sua azione sul complesso recipiente–ugello, sollecitandolo a muoversi nella direzione del suo asse (effetto di propulsione).

Nel caso che stiamo esaminando supponiamo che recipiente–ugello siano vincolati ad un basamento, per cui la risultante delle forze d'inerzia non possa compiere nessun lavoro.

Se un condotto formato di due palette viene presentato alla vena fluida uscente dall'ugello, il fluido, costretto a variare la direzione della sua velocità per seguire la curvatura del condotto, viene ad esercitare una forza d'impulso sulle palette stesse; il valore di questa forza, dipenderà evidentemente dalle caratteristiche delle palette, dalla variazione di quantità di moto subita dal fluido nell'attraversarle e dalla portata ponderale, cioè dalla quantità in peso di fluido che esce dal condotto nell'unità di tempo.

 

Se supponiamo ora di sistemare una fila continua di palette su una ruota libera di girare e che le palette siano montate in modo che quando una qualsiasi di esse, muovendosi, esce dalla vena fluida, quella immediatamente successiva si sia già presentata, abbiamo realizzato una turbina nella forma più semplice e poiché il suo funzionamento dipenderà dagli impulsi esercitati dal fluido sulle palette, viene chiamata "turbina ad azione".

 

Nel caso precedente abbiamo supposto che ii complesso recipiente-ugello sia vincolato ad un basamento.

Se supponessimo ora di renderlo libero di muoverci nella direzione dell'asse dell'ugello, la risultante delle forze di inerzia applicate alle particelle del fluido in espansione, esplicando la sua azione sul complesso, compirebbe lavoro meccanico di propulsione.

In questo caso l'energia termica del fluido si trasforma contemporaneamente in due energie: una meccanica di propulsione, data dal prodotto della risultante forze d'inerzia per lo spostamento del complesso recipiente-ugello, una cinetica data, come nel caso precedente, dalla differenza tra l'energia cinetica del fluido all'uscita dall'ugello a quella posseduta all'inizio dell'espansione.

 

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Con riferimento allo schema anteriore, supponiamo di avere alla periferia di una ruota, libera di girare, un certo numero di ugelli,disposti tangenzialmente, e collegati a tubi in comunicazione con la sorgente del fluido, attraverso l'albero cavo della ruota .

Se le cose si dispongono in modo da avere un flusso continuo di fluido dagli ugelli, la ruota si muoverà sotto l'azione delle forze d'inerzia del fluido in espansione attraverso gli ugelli. Questa è, nella sua forma più elementare, una "turbina a reazione".

 

TIPI DI TURBINE

 

Siamo abituati ad una classificazione sommaria delle macchine in turbine ad azione ed in turbine a reazione, anche se tale classificazione non corrisponde alla realtà. Se poi si considera il modo secondo il quale il vapore fluisce all’ interno delle macchine, queste possono essere a loro volta suddivise in turbine assiali, radiali e tangenziali.

 

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Quantunque le turbine radiali offrano qualche vantaggio in alcuni casi per il loro ingombro e le turbine a flusso tangenziale siano spesso usate per muovere macchinari ausiliari, il tipo di turbina quasi esclusivamente impiegata sulle navi, prima della R.M. e poi della MMI, è quella a flusso assiale.

 

Le turbine assiali, adottate sia per i turboalternatori sia come motrici di propulsione, non possono essere solitamente annoverate con esattezza tra quelle dette ad azione o fra quelle dette a reazione, ma piuttosto tra le turbine di tipo misto.

 

Generalmente la completa espansione del vapore, dalla caldaia al condensatore viene realizzata con il passaggio successivo in più macchine che lavorano accoppiate sullo stesso riduttore, partendo da quella in cui il vapore entra alla pressione più elevata, chiamate turbina di Alta Pressione, di Media Pressione, di Bassa Pressione.

 

Per quanto riguarda gli apparati motori più recenti della MMI l’ espansione avveniva in sole due macchine, la turbina di AP e la turbina di BP.

 

In qualche caso, soprattutto terrestre, l'espansione viene fatta avvenire totalmente in una sola la turbina, poco usuale per ragioni di dimensioni e peso, nelle applicazioni navali anche se al proposito va segnalata l’ esperienza seguita dalla MMI nel primo programma navale postbellico, anni 50, su Indomito ed Impetuoso, e non più replicata (su queste navi, con una inusuale soluzione detta “compound” agivano due turbine in parallelo, in ciascuna delle quali avveniva la completa espansione).

 

In ogni caso comunque, i primi stadi dell'A.P. sono ad azione (per permettere la regolazione della potenza mediante parzializzazione) e solitamente sono costituiti da elementi Curtiss. La Curtiss infatti, ha la proprietà, di poter sfruttare, a parità di velocità periferica, salti entalpici più elevati.

 

Gli elementi Curtiss sono generalmente seguiti da altri elementi ad. azione, Curtiss o Rateau, oppure da elementi ad azione con un grado di reazione che diventa sempre più grande quanto più ci si avvicina alle basse pressioni. Gli ultimi stadi nei quali avviene l'espansione, che generalmente costituiscono la turbina di Bassa Pressione (sempre di maggiori dimensioni), sono in genere a reazione (grado di reazione = 0,5) perché con questi si riescono meglio a sfruttare i piccoli salti di pressione .

 

A differenza degli impianti terrestri, negli impianti navali deve essere prevista la possibilità di invertire il senso di rotazione delle turbine, per assicurare la MAD, la marcia indietro, problema non da poco, soprattutto quanto in manovre rapidissime bisogna invertire l’ andatura della nave (arresto, manovra di crash stop, e per le navi militari ormeggio in banchina e manovre operative ed in formazione): la turbina di marcia indietro è fisicamente inserita, con corone di palette separate, in una delle turbine di un gruppo TR, una delle stesse turbine utilizzate normalmente per la marcia AV, ed è costituita in genere da tre o più elementi (corone di palette) Curtiss, poiché in questo caso si deve sfruttare l' intero salto entalpico disponibile, senza preoccupazioni del rendimento ma solo limitando l'ingombro ed il peso.

Per le stesse o per analoghe ragioni, la turbina Curtiss viene adottata anche per azionare la maggior parte dei turbomacchinari ausiliari

 

Pur seguendo sempre da vicino il suddetto schema, le varie motrici di propulsione si differenziano sempre tra loro per alcune caratteristiche costruttive, principalmente per i sistemi usati nella manovra delle valvole di ammissione vapore (nella Marina Italiana, RM e poi MMI una grande difficoltà fu la grande diversità di questi sistemi da nave a nave, secondo le pratiche dei diversi costruttori), per i gradi di reazione generalmente adottati, per particolari accorgimenti per la regolazione della potenza ecc.

Queste differenze creano, soprattutto oggi, a distanza di tempo dalla fine dell’ epoca del vapore sulle navi militari, molti dubbi di interpretazione sulle definizioni degli apparati motore; riepilogando si può dire che le turbine relativamente più recenti per la propulsione navale non sono mai state semplicemente ad azione od a reazione. Si è sempre trattato di turbine “miste” composte cioè da elementi ad azione ed a reazione.

 

Soprattutto nel periodo tra le due guerre mondiali, di autarchia per l’ Italia ma con velleità nazionalistiche anche da parte di altri paesi, i tipi di turbine “miste” rispecchiavano sempre le caratteristiche peculiari dominanti in certi costruttori, anche sulla base di esperienze consolidate in certe serie di A.M., e venivano identificate (… azioni di marketing …) con riferimento ai progettisti (da qui, in Italia, i tipi Belluzzo, Parsons, Tosi, ecc ecc che tanta confusione generano oggi tra ricercatori ed appassionati)

 

Nel dopoguerra e sino alla fine dell’ era del “vapore navale”, i progettisti delle varie ditte costruttrici di turbine, pur rimanendo legati alle tradizioni, alle esperienze acquisite e soprattutto alle capacità ed installazioni produttive del produttore, apportavano di volta in volta (imposto alle esigenze imposte da problemi riscontrati o da nuove specifiche dei committenti) tali e tante varianti al “tipo” per loro tradizionale per cui si può oggi affermare che ogni turbina, spesso anche nella stessa classe di unità, era diversa dall’ altra. Ragioni economiche, di specializzazione e di impianti costruttivi, facevano si che certi costruttori costruissero sempre turbine ad azione con bassissimi gradi di reazione mentre altri propendessero per soluzioni totalmente a reazione o con grado di reazione molto spinto.

 

UNA BREVE PANORAMICA SUI TIPI DI TURBINA

 

Cerchiamo di ricordare brevemente i i tipi più diffusi di turbine, spesso citati, citandone le caratteristiche.

a) Turbina semplice ad azione, o tipo De Laval

E’ la coppia elementare ugelli-ruota mobile, ad azione. Per quanto possa eventualmente servire a chi voglia approfondire a continuazione lo schema della turbina con i diagrammi delle pressioni e velocità. La sezione dell’ ugello è convergente/divergente. Si raggiungono elevate velocità periferiche che possono costituire un grande rischio

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Questa turbina è talvolta usata per i macchinari ausiliari, con il pregio della semplicità, con capacità di sfruttare con buon rendimento discreti salti entalpici, in ultimo ben distanti da quelli in uso sulle unità più moderne con il risultato di non essere preferita in nuove macchine.

b) Turbina a salti di pressione, o tipo Rateau

E’ formata da un elevato numero di coppie elementari ( o “stadi”) ad azione: il alto entalpico si suddivide in ciascuna coppia, ed in ciascuna di esse il vapore subisce una diminuzione (salto) di pressione.

In questo tipo di turbina ha il pregio, a parità di salto entalpico, è possibile controllare (e ridurre) le velocità periferiche, con il vantaggio di soddisfare anche le condizioni di massimo rendimento.

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L’ afflusso del vapore in questa turbina è parzializzabile per ottenere un miglior controllo delle prestazioni e del rendimento

c) Turbina a salti di velocità, o tipo Curtiss

Al condotto fisso formato da una serie di ugelli distributori seguono una serie di ruote (corone) mobili separate tra loro da corone di palette fisse dette raddrizzatrici.

Il compito delle palette fisse, dette raddrizzatrici, formanti anch’ esse condotti a sezione costante al pari di quelli delle palette mobili, è quello di deviare la direzione del fluido all’ uscita di una ruota in modo da convogliarlo senza urti e con il minimo attrito alla successiva. La caduta di pressione aviene tutta all’ ingresso, nel distributore, e quindi la pressione rimane costante attraverso tutte le corone, sia fisse che mobili. Quella che varia è la velocità del flusso.

I pregi della turbina Curtiss sono semplicità, leggerezza, minimo ingombro, dato che avvenendo il saldo di pressione tutto nell’ ugello è possibile costruirla con involucri relativamente leggeri ed a parità di salto entalpico richiede, tra tutti i tipi, il minor numero di coppie

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Questo tipo di turbina, probabilmente il più diffuso, trova impiego nelle turbine ad azione, per le ragioni di ingombro e peso, nelle turbine a reazione quale corone di testa (ingresso) per permetterne la parzializzazione ed anche in questo caso aiutare a contenere i pesi, nei macchinari ausiliari per i già citati pregi di ingombro e peso ma anche per poter meglio sfruttare forti salti entalpici con ottimo rendimento. L’ inconveniente è che il lavoro diminuisce con il numero dei passaggi, e quindi il numero delle ruote viene limitato a 2 o 3 .

d) Turbina a reazione multipla o tipo Parsons

Le turbine a reazione impiegate in campo navale sono in realtà a reazione parziale, In tali turbine il salto entalpico è frazionato in un cero numero di salti di pressione e conseguentemente altrettanti saranno le coppie elementari condotto fisso / condotto mobile.

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E’ da notare che in queste turbine si genera una spinta assiale sullo statore, fattore altamente negativo che impone l’ inserimento di un compensatore, il Dummy indicato nello schema, che equilibra le differenze di pressione generate dalle varie espansioni.

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Una turbina AP degli anni 30 che evidenzia la necessità di grandi spessori (e pesi notevoli) in funzione delle pressioni in gioco, a fronte della mancanza di acciai speciali

La relativa facilità di costruzione di questo tipo di turbine è data dalla possibilità di sistemare molte fila di palette mobili su un unico rotore anziché, come nei tipi ad azione, su ruote distinte, con al massimo 2 o 3 file di palette.

La loro costruzione è semplificata anche dalla mancanza di diaframmi tra ciascuna fase di espansione, guadagnando anche in leggerezza.

Le sezioni dei condotti crescono lungo la lunghezza del rotore per accompagnare l’ aumento di volume del vapore durante l’ espansione; tale aumento è talmente marcato che spesso non è sufficiente aumentale l’ altezza delle palette, altezza che trova un limite nelle sollecitazioni meccaniche per forza centrifuga sull’ attacco e sulla velocità periferica; si devono pertanto aumentare gli angoli con cui i distributori e le palette mobili guidano il vapore, e questo complica le lavorazioni meccaniche..

In alcuni tipi di turbine, soprattutto quelle di Bassa pressione, per tentare di ridurre l’ aumento dell’ altezza delle palette si ricorre al doppio flusso simmetrico, con l’ ammissione del vapore al centro

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Questo artifizio ha anche il vantaggio di equilibrare le spinte assiali sullo statore, evitando di inserire compensatori come il “dummy”.

Ogni coppia di questo tipo di turbina può sfruttare un salto entalpico minore delle corrispondenti tipo Rateau e quindi le turbine a reazione, a parità di salto entalpico, richiedono un maggior numero di coppie. Agli effetti della parzializzazione delle turbine Parsons, con il tempo è invalso l’ uso di far precedere le palettature a reazione da elementi ad azione.

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Il coperchio di una turbina navale a BP a flusso simmetrico, anni 30

Che evidenzia le enormi dimensioni (e pesi) degli apparati dell’ epoca

Sono evidenti le difficoltà di sistemazione di queste macchine a bordo di unità militari,

a scapito di altre caratteristiche, dotazioni, prestazioni

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  • 4 weeks later...

Volevo pubblicare alcune fotografie di turbine "moderne" a compendio di quanto esposto da Pellicano:

 

 

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Cassa Turbina Bassa pressione.

 

 

 

 

 

 

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Posizionamento del rotore di Alta Pressione.

 

 

 

 

 

 

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Particolare tenuta a labirinto A.P.

 

 

 

 

 

 

 

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Turbina di bassa pressione con ruote di marcia indietro in primo piano.

 

 

 

 

 

 

 

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Vista dall'alto assemblaggio rotore di A.P.

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Grazie Helsingor per aver riacceso la discussione.

Belle le foto che hai postato, credo si tratti di turbine Stal Laval con vapore AP, comunque ti sarei grato, per tutti ,di una precisazione, anche in merito alle potenze, se le hai disponibili: potrebbero servire per i confronti su quanto sto postando

 

Molto efficace la foto della tenuta a labirinto dell’ estremità dei rotori, che può dimostrare a tutti quanto sia complesso mantenere la tenuta delle alte pressioni del vapore.

 

Sfrutto le tue foto, con l’ evidenza di dimensioni relativamente ridotte, per confrontarle con quelle di un apparato motore degli anni 30, da circa 28 000 CV (un mostro per l’ epoca) fotografato in montaggio al banco prova; TR con tre turbine AP, MP o crociera, BP, su un riduttore a tre rocchetti, a doppia riduzione ma non locked train, quindi di notevole peso e ruota lenta di grandi dimensioni.

 

24lrb.jpg

 

Questa foto , se poi la confrontiamo - oltre a quelle postate da Helsingor - con le successive, è la dimostrazione della mia tesi che, privilegiando la velocità, ma in effetti sacrificando tutto alla stessa, per l’ incapacità dell’ industria italiana rimasta al palo della 1^ GM per le beghe interne e per la miopia di allontanarsi dalle collaborazioni internazionali, tanto le navi militari quanto i transatlantici degli anni 30 erano scafi costruiti per portare a spesso enormi apparati motore, al contrario di altre nazioni che si dotavano di apparati motori per portare a spasso unità ben bilanciate, sia militari che mercantili..

 

Le due foto successive, con più di trent’ anni di differenza, ma nello stesso luogo, dimostra la compattezza di un TR da 38000 CV, con riduttore locked train, probabilmente il punto di arrivo (non solo per l’ italia) dell’ epoca del vapore


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Una precisazione: Tr di questo tipo e praticamente delle stesse dimensioni, magari appena meno potenti, sono caratteristici delle TN di linea e delle navi militari italiane dagli anni 60 in poi

 

TR di dimensioni e pesi appena poco superiori (generalmente avevano una terza turbina, di crociera e questo complicava l' architettura) erano caratteristici anche delle navi militari statunitensi a partire dai primi anni 40.

Un abisso, purtroppo, rispetto alle pari costruzioni italiane dell' epoca, dovuto anche - come abbiamo già trattato, a scelte diverse sul ciclo vapore, ad alta ma non altissima pressione (come i tedeschi) ma neppure a media/bassa pressione come le navi italiane

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integro le foto postate precedentemente con le caratteristiche dell'impianto a cui si riferiscono:

 

Turbina: General Electric MD 91 I

Potenza max: 12.500 kW

Potenza max continuativa : 11.800 kW a 95.7 rpm

Turboalternatori. 2 x CNR 36C da 1.600 kW

Caldaie: 2 X Foster Weeler ESD III prod vapore 36 t/h 63 bar; surriscaldato 513 °C

 

Spero faranno piacere alcun foto dell'apparato motore per una raffronto con le precedenti di impianti postati da Pellicano. L'impianto raffigurato è di una delle poche turbo navi mercantili ancora in esercizio (gasiera) , che sfruttano il blow off delle cisterne che andrebbe comunque perso, utilizzandolo per la combustione in caldaia.

 

 

Vista dell' impianto in esercizio, copertino turbo alternatori ed in primo piano riduttore, a sinistra turbina di bassa, e alla destra turbina di alta con viratore sul rocchetto veloce.

 

34oer81.jpg

 

 

Impianto in fase di overhauling

 

 

2u53jet.jpg

 

 

 

 

 

Copertino caldaie

 

33bonxk.jpg

 

 

 

 

 

 

 

 

Particolare di un bruciatore

 

nfioft.jpg

Modificato da Helsingor
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  • 11 months later...

Una domanda che ho sempre avuto, ma si usa il solo blow off delle cisterne? Oppure si preleva anche del gas perche il blow off non è sufficiente? O si mescola il blow off che con della nafta?
scusata la raffica ma non capisco bene come funzionino questi impianti

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