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13 Ottobre 1944 L'affondamento Della Motonave Giudecca


danilo43

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Ricorrerà domani il 71° anniversario del mitragliamento della motonave Giudecca, dell'Azienda Comunale di Navigazione Lagunare (ACNIL), avvenuto lungo il canale di Pellestrina da parte di caccia bombardieri angloamericani.

Le vittime, il cui numero esatto non verrà mai accertato, furono all'incirca un centinaio.

lR5kk5.jpg

Foto riprodotta dal sito http://sergioravagnan.altervista.org/indice/giudecca/giudec5.htm

 

A ricordo del fatto, ancora molto sentito nell'isola, in occasione di ogni ricorrenza viene celebrata una cerimonia sulla riva antistante l'affondamento. Quest'anno è stata anticipata alla giornata festiva di ieri.

Il Gazzettino di Venezia, a firma di Annalisa Busetto, pubblica in data odierna il seguente articolo (riproduzione OCR)

Per chi volesse saperne di più, allego il link ad un approfondito articolo di Araldica Civica http://www.iagi.info/ARALDICA/civica/venezia/giudecca2000/giudeccaop.html

 

Il GAZZETTINO DI VENEZIA 12/10/2015

PELLESTRINA Commemorate le vittime della motonave affondata dagli Alleati

L'omaggio dell'isola ai caduti del " Giudecca "

 

Pellestrina ha ricordato ieri una delle pagine più tristi della sua storia recente: l‘affondamento della motonave Giudecca, avvenuta il 13 ottobre 1944. Nonostante siano trascorsi 71 anni, e i superstiti si contino oramai su una mano, Pellestrina e Venezia continuano a riproporre la giornata del ricordo, a monito per le nuove generazioni. L'episodio è comune a tanti, avvenuti nel periodo di guerra, ma per l'isola fu quello che rappresentò tutto l'orrore della violenza cieca, che miete vittime innocenti. Era un giovedì, giorno di mercato. La motonave da Chioggia diretta a Venezia, subì uno stop di un paio d'ore, perché bloccata dalle sirene che annunciavano pericolo di bombardamenti. Quando partì era strapiena di civili che dovevano raggiungere Pellestrina e Venezia. La navigazione fu regolare per una decina di minuti, ma all'altezza di Caroman, un gruppo di aerei alleati iniziarono a sorvolare pericolosamente il mezzo. Si racconta che gli anglo americani avessero ricevuto una soffiata in cui si ipotizzava la presenza di decine di soldati tedeschi sulla motonave.

E all'altezza del cimitero di Pellestrina iniziò il bombardamento. La barca piegata, con dentro un'umanità piagata e dolorante, raggiunse il centro abitato dell'isola, dove, dinnanzi alla chiesa di Ognissanti, si abissò. Le urla dei feriti e dei moribondi, straziarono l'aria. E furono i pescatori, con le loro barchette, a correre per primi a soccorso, in una laguna diventata rossa dal sangue e piena di corpi, arti, membra straziate. Le vittime furono un centinaio.

 

Il corteo, con rappresentanti dei combattenti, della sezione Avis, accompagnati dalla banda musicale e dai rappresentanti delle istituzioni, il presidente della municipalita Danny Carrella e il delegato alle isola, consigliere comunale Alessandro Scarpa Marta, è partito dalla sede comunale, per raggiungere la chiesa di Ognissanti, dove a rappresentanza del vescovo, don Francesco Zenna, ha celebrato la liturgia. Al termine, un mezzo Actv ha raggiunto il capitello dell'Addolorata, sorto nel punto in cui affondò il Giudecca, per deporre una corona d‘alloro. Un'altra è stata depositata nel piazzale del cimitero, dove furono adagiate tutte le salme per il riconoscimento.

Il tutto per non dimenticare.

Modificato da danilo43
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Salve Danilo,

 

E' una bella iniziativa ricordare questi avvenimenti, per la tristezza e il monito che ci dovrebbero tramandare, e soprattutto per ricordare le vittime di quella immane tragedia che e' stata la Seconda Guerra Mondiale.

 

 

Si racconta che gli anglo americani avessero ricevuto una soffiata in cui si ipotizzava la presenza di decine di soldati tedeschi sulla motonave

 

 

Sarebbe interessante, ormai solo per puro interesse accademico, sapere se l'informazione fosse fondata, se fu fatta un'inchiesta in merito, e se, in caso affermativo, l'azione di guerra contro un mercantile non armato fosse legittima.

 

Saluti

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E’ il 13 ottobre del 1944, In laguna la giornata concede profumi primaverili, tra le calli, i chioggiotti vivono una insolita tranquillità.

Ma a qualche miglio dal porto di Chioggia, il vaporetto Giudecca, che da Vigo collega Chioggia a Venezia, naviga con quasi duecento passeggeri, in gran parte di Chioggia, Sottomarina, e d’altri centri del litorale.

Dopo quindici minuti di navigazione, vale a dire: “Le dodici e quarantacinque”, Il piroscafo è già oltre il pontile di Caroman e diventa bersaglio di tre “caccia-bombardieri” dell’aviazione anglo-americana.

Malgrado ciò, la nave a vapore riesce a giungere nei pressi dell’abitato di Pallestrina.

I Velivoli scemano l’altitudine e a volo radente, iniziano a mitragliare il piroscafo.

Non solo, precipita la prima bomba che involontariamente centra la cabina di comando ed uccide il timoniere.

La seconda bomba impatta contro la prua dell’imbarcazione Acnil.

La terza esplode all’interno del locale macchine.

Il piroscafo, s’inclina, mutandosi in una trappola mortale.

Non basta: gli effetti delle esplosioni scaraventano schegge di bombe, e frammenti della motonave, fino a raggiungere l’abitato d’Ognissanti.

Il “battello Giudecca” è avvolto da fiamme, urla di terrore e scene rosso sangue.

L’orrore della guerra, avvinghia la nave posandola sul fondo della laguna.

Una bomba punta in direzione di una piccola imbarcazione e dilania un’intera famiglia.

Intanto i caccia-bombardieri continuano le operazioni di mitragliamento, e le scene di panico si spostano sull’abitato d’Ognissanti.

Corpi straziati d’ogni età, urlano il proprio desiderio di non morire.

In tanti pregano per la vita dei più piccoli, ma non basta, i 20 mm dei caccia sono senza pietà.

Tra densi ed acri fumi, ad Ognissanti il terrore si trasforma in distruzione.

Ma la storia insegna e tramanda le virtù del popolo lagunare, infatti i pescatori della vicina Pallestrina indifferenti a bombe d’aereo, incuranti dei mitragliamenti s’imbarcano per prestare immediato soccorso ai 150 naufraghi del Giudecca.

Ma lo sguardo della morte anticipa la propria opera su 67 incolpevoli cittadini, travolti dai baci di una guerra mai compresa.

 

Brano scritto da Giovanni Lafirenze

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Salve Danilo,

...si racconta che gli anglo americani avessero ricevuto una soffiata in cui si ipotizzava la presenza di decine di soldati tedeschi sulla motonave

 

 

Sarebbe interessante, ormai solo per puro interesse accademico, sapere se l'informazione fosse fondata, se fu fatta un'inchiesta in merito, e se, in caso affermativo, l'azione di guerra contro un mercantile non armato fosse legittima...

 

Salve Giovanni, è una domanda che mi sono posta anch'io e che volutamente non ho commentato. Non credo sia stata effettuata un'inchiesta in merito ma gli attacchi ad obiettivi civili, non erano casi isolati. Tra i tanti è da ricordare il Venerdì Santo di Treviso del 7 aprile 1944.

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In argomento suggerisco il libro "Bombardate l'Italia" di Marco Gioannini e Giulio Massobrio, che è molto interessante (e parla anche del Giudecca).

Per quanto riguarda la questione della "soffiata" riguardante il Giudecca, essa è, con ogni probabilità, una delle tante "leggende" sorte localmente a giustificazione di episodi che altrimenti, all'uomo comune, parevano crudeli ed inspiegabili.

A partire dall'autunno del 1944, nell'Italia settentrionale, oltre ai bombardieri medi e pesanti inviati a bombardare specifici obiettivi, furono utilizzati innumerevoli cacciabombardieri mandati in "caccia libera". Queste erano definite "operazioni d'interdizione": lo scopo era sconvolgere il sistema dei trasporti in territori occupati dalle forze tedesche, per ostacolare in ogni modo i loro spostamenti, di truppe e materiali. I cacciabombardieri avevano il compito di attaccare "targets of opportunity", cioè selezionare, a discrezione dei piloti, qualsiasi cosa potesse essere impiegata dalle truppe tedesche per i loro spostamenti: infrastrutture come ponti, gallerie, strade e stazioni ferroviarie; e mezzi di trasporto di ogni genere, quali treni, autobus, camion, autovetture... e battelli e vaporetti. A rigore non si trattò di sadismo o deliberata volontà terroristica, bensì cinico calcolo: questo mezzo può essere usato dal nemico, ma potrebbe invece avere a bordo dei civili; noi non possiamo sapere chi ci sia effettivamente a bordo, dunque lo distruggiamo "per sicurezza". Le probabili vittime civili sono un "rischio calcolato". Insomma, la crudele logica della guerra.

Stragi simili a quella del Giudecca si svolsero anche sui principali laghi prealpini: sul Verbano, i piroscafi Milano e Genova; sul Lario, i piroscafi Patria e Bisbino; sul Benaco, i piroscafi Italia (che pure era contrassegnato come nave ospedale - qui di giustificabile c'è ben poco) e Zanardelli; sul Sebino, la motonave Iseo. Altri battelli furono affondati o danneggiati, sebbene senza vittime.

 

No, non era, all'epoca (oggi sinceramente non lo so), illegale attaccare navi mercantili disarmate. Le uniche navi protette, oltre a quelle neutrali, erano le navi ospedale (e anche qui, l'effettivo rispetto di questa regola lasciò molto a desiderare...), il resto non godeva di protezione alcuna. Per questo, ad esempio, episodi come l'affondamento in Atlantico del City of Benares (con la morte di 77 bambini evacuati verso il Canada) furono episodi terribili, ma non crimini di guerra.

 

Diversa è la questione dei bombardamenti come quello di Treviso. A titolo di cronaca, in Italia subirono pesanti bombardamenti, con immani distruzioni e centinaia o migliaia di vittime tra la popolazione civile (cioè non contando le città dove le vittime furono "solo" decine), Agrigento, Alessandria, Ancona, Avellino, Bari, Bologna, Bolzano, Brescia, Brindisi, Cagliari, Caltanissetta, Caserta, Catania, Cesena, Civitavecchia, Firenze, Ferrara, Foggia, Forlì, Frosinone, Genova, Grosseto, Isernia, Livorno, Macerata, Messina, Milano, Modena, Napoli, Padova, Palermo, Pavia, Pescara, Piacenza, Pisa, Pistoia, Pola, Potenza, Reggio Calabria, Reggio Emilia, Rimini, Roma, Salerno, Savona, Taranto, Terni, Torino, Trapani, Trento, Treviso, Trieste, Varese, Verona, Vibo Valentia, Vicenza, Viterbo, Zara. Limitandosi ai capoluoghi di provincia, senza contare i paesi e cittadine rasi al suolo come Paternò, Cassino, Impruneta ed altri.

Secondo dati dell'ISTAT (1957) le vittime civili furono in tutto 59.796, ma è più verosimile una stima tra le 80.000 e le 100.000.

Anche qui vi sono dei distinguo da fare: gli unici bombardamenti volutamente indiscriminati ed effettuati a scopo deliberatamente terroristico, per espressa strategia del tristemente famoso Arthur Harris (cioè: stante la poca precisione dei bombardamenti "di precisione", devastare la città per indurre gli abitanti a sfollare e così privare l'industria bellica di manodopera) furono quelli operati dal Bomber Command britannico tra l'autunno 1942 e l'estate 1943 su Milano, Torino, Genova e La Spezia (vedasi "area bombing"). È inoltre possibile che sia stato così anche per i primi bombardamenti di Roma (luglio-agosto 1943) ed uno particolarmente pesante su Napoli (agosto 1943), in entrambi i casi da parte dell'USAAF. Negli altri casi, Treviso compresa, i bombardamenti erano invece mirati alla distruzione di specifici obiettivi - nella maggior parte dei casi, stazioni ferroviarie, porti, o industrie - ma, stante la scarsa precisione dei bombardamenti aerei in quell'epoca (gli americani bombardavano da altissima quota, i britannici di notte), finivano sempre con la maggior parte delle bombe che mancava l'obiettivo e devastava l'area circostante (l'USAAF, per sua stessa ammissione, considerava la missione come riuscita se almeno metà delle bombe cadeva entro 300 metri dall'obiettivo. E le altre?). Si consideri che a Montecassino vi furono truppe alleate che furono per sbaglio bombardate dagli statunitensi, con decine di vittime.

Modificato da LColombo
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Salve a tutti,

 

Lorenzo, mi associo al ringraziamento di Danilo per l'approfondimento.

 

E' chiaro che non vorrei andare off-topic. Ma sicuramente l'argomento e' interessante e, soprattutto, vastissimo.

 

''...deve essere nostro irrinunciabile programma sganciare un sempre maggior carico di bombe sopra la Germania e l’Italia.”

(lettera di Roosevelt a Churchill, del 25 luglio 1941 - Doc. 67, pag. 151 - Loewenheim -Langley - Jonas, Roosevelt and Churchill)

 

....

 

Saluti

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Sì, ci si potrebbe dedicare un topic apposito. Il citato libro di Gioannini e Massobrio aveva un'appendice in pdf, su Internet, che elencava tutti i bombardamenti alleati effettuati sulle città italiane (capoluoghi di provincia), da quelli con pochi velivoli e pochi danni del 1940 a quelli catastrofici che si ebbero da fine 1942 in poi, con innumerevoli utili informazioni (numero di aerei inviati, giunti sull'obiettivo, perduti; reparto di appartenenza dei velivoli; obiettivo dell'incursione, e cosa fu effettivamente colpito; perdite tra i civili) ma, purtroppo, la ristrutturazione del sito della Rizzoli ha fatto sì che questa miniera di dati non sia più accessibile. (Magari qualche altro forumista ha visto quei pdf quando ancora c'erano e li ha salvati su un computer che non sia - a differenza del mio - andato incontro a morte prematura?)

 

L'area bombing fu molto più diffuso sulla Germania, dove infatti le perdite civili sono stimate tra i 300.000 ed i 600.000; famosi gli episodi di "tempesta di fuoco" che rasero al suolo Dresda (25.000 vittime), Amburgo (45.000 vittime), Kassel (10.000 vittime), Pforzheim (17.000 morti). Questo faceva parte della summenzionata strategia di Harris; prima che questi assumesse il comando del Bomber Command (febbraio 1942), i carichi dei bombardieri britannici consistevano principalmente in bombe dirompenti (esplosive). Harris fece invece modificare la loro composizione, quasi eguagliando la quantità di bombe incendiarie alle dirompenti; l'idea era di lanciare per prime le dirompenti (tra cui le "blockbuster" da 1,8 e più tardi 3,6 tonnellate, una delle quali era in grado da sola di distruggere un isolato) per squarciare gli edifici ed aprire brecce per il fuoco, quindi le incendiarie, in modo che le fiamme dilagassero. Nei casi peggiori, le centinaia di incendi si univano in un unico colossale fuoco di anche 1000° C di temperatura, che per alimentarsi richiamava ossigeno dalle campagne circostanti, generando un vento impetuoso (fino a 250 km/h) ed infuocato. Questo successe ad Amburgo, Dresda, Kassel e Pforzheim.

Se Genova, Milano e Torino non ebbero lo stesso spaventoso livello di morte e distruzione delle città tedesche, fu principalmente per una caratteristica peculiare delle città italiane: i centri storici delle città tedesche erano composti da edifici in legno e spesso con vie strette, il che facilitava la propagazione degli incendi; i centri storici delle città italiane, invece, erano composti da edifici in mattoni o pietra (dunque molto meno infiammabili) e con viali più ampi, quindi il fuoco faceva più fatica ad estendersi da una strada all'altra.

Nota, Harris era conosciuto tra gli equipaggi come "Butcher Harris", il macellaio. Non già per la sua spietatezza nei confronti delle popolazioni civili tedesche ed italiane, bensì per il suo analogo disinteresse alla sorte dei suoi equipaggi, che ebbero perdite pesantissime (a onor del vero, in Germania: la contraerea italiana, dotata di armamenti insufficienti ed antiquati - i pezzi moderni erano impiegati nei teatri di guerra - e sprovvista di equipaggiamenti anche basilari, non fu mai in grado di causare serie perdite agli attaccanti): gli aviatori del Bomber Command, sotto di lui, avevano una "speranza di vita" inferiore a quella del fante britannico impegnato nella guerra di trincea durante la prima guerra mondiale. Di lui circola un aneddoto secondo cui, fermato per eccesso di velocità da un vigile, che gli disse che andando così forte avrebbe potuto ammazzare qualcuno, rispose "Ma uccidere la gente è il mio lavoro". Ma potrebbe facilmente trattarsi di una leggenda sorta intorno al personaggio.

 

L'offensiva aerea sull'Italia si può riassumere così. Dal 1940 all'autunno del 1942 essa fu essenzialmente blanda, per vari motivi; al nordovest, i bombardieri britannici (provenienti dall'Inghilterra) non avevano ancora autonomia sufficienti a portare grandi carichi, ed Harris ancora non c'era, quindi i bombardamenti erano "di precisione" con pochi velivoli, concentrati su obiettivi industriali; vi furono poche incursioni sporadiche, con danni e vittime molto limitati. Al sud (raggiunto dagli aerei di Malta) i bombardamenti erano più frequenti, nell'ambito della guerra aeronavale nel Mediterraneo, ma ancora condotti con pochi aerei, principalmente contro porti ed aeroporti, quindi i danni e le perdite erano contenute, anche se gli allarmi rendevano più snervante la vita della popolazione civile. Centro e nordest erano invece al di fuori della portata sia degli aerei dell'Inghilterra che di quelli di Malta, e non furono, sostanzialmente, toccati.

Tutto mutò alla fine del 1942, quando vi furono due cambiamenti quasi concomitanti: per il nord, Harris lanciò la sua prima offensiva di "area bombing" contro Genova (6 bombardamenti tra ottobre e novembre), Milano (due bombardamenti in ottobre) e Torino (sette bombardamenti tra novembre e dicembre). In luogo dei 30-40 aerei impiegati al massimo negli anni precedenti, queste incursioni videro l'impiego di un numero di bombardieri sempre superiore al centinaio, fino a ben 232 (Torino, 20 novembre 1942), l'uso massiccio di bombe incendiarie e "blockbusters", il bombardamento indiscriminato dei centri (a Milano, punto di mira fu il Duomo). Le vittime furono centinaia in ogni città, soprattutto a Torino, e migliaia furono le abitazioni distrutte.

Contemporaneamente, al sud dal dicembre 1942 subentrarono ai britannici (che comunque proseguirono la loro attività notturna) gli statunitensi. Anche qui, ai pochi aerei impiegati fino a quel momento dalla RAF si sostituirono i cento e più impiegati usualmente dall'USAAF; anche qui, pur non essendovi un voluto bombardamento indiscriminato come nell'area bombing, l'imprecisione dei bombardamenti statunitensi portò a distruzioni immani e centinaia di vittime. Il primo esempio fu il catastrofico bombardamento di Napoli del 4 dicembre 1942, che semidistrusse la VII Divisione (affondato l'Attendolo, messo fuori uso il Montecuccoli) e provocò almeno 159 vittime civili (forse molte di più), anche se ad effettuarlo furono solo 16 bombardieri (il numero sarebbe di molto cresciuto nelle incursioni successive).

Nei mesi successivi fu un crescendo. Mentre le città del triangolo industriale ebbero una "pausa", interrotta per Milano e Torino da un nuovo pesante bombardamento nel febbraio 1943, le incursioni persistettero con grande violenza su varie città portuali del sud, in particolare Napoli (forse la città più bombardata in assoluto, senza praticamente mai pace), Palermo (particolarmente pesante il bombardamento del 9 maggio, con 211 bombardieri e oltre 200 vittime), Catania (specie il 16 aprile e l'11 maggio, con distruzioni in tutta la città, 146 e 213 vittime), Messina (pressoché ridotta allo stato del 1908 con i continui bombardamenti dell'estate) e Cagliari (città semidistrutta da tre bombardamenti il 17, 26 e 28 febbraio, con 416 vittime) - dapprima nell'ambito della battaglia dei convogli, poi in preparazione dello sbarco in Sicilia e per isolare la Sardegna -, che furono in larga parte distrutte; tra aprile e giugno subirono pesantissimi bombardamenti anche La Spezia (area bombing, con oltre 200 bombardieri per volta: gravissimi danni all'abitato, ma poche vittime grazie a rifugi antiaerei migliori rispetto alla media), Livorno (due bombardamenti statunitensi, in giugno, che causarono quasi 500 vittime e distrussero larga parte della città), Civitavecchia (14 maggio, primo bombardamento: quasi 300 vittime) e Grosseto (forse la prima città del Centro a subire un bombardamenti particolarmente pesante, che si tradusse in una strage di civili perché le bombe a frammentazione, destinate all'aeroporto, finirono invece sull'abitato).

Luglio e agosto 1943 furono i mesi peggiori, in cui i bombardamenti furono intensificati anche per accelerare l'uscita dell'Italia dal conflitto. Il 13 luglio Torino subì il bombardamento più pesante della guerra (295 bombardieri e 763 tonnellate di bombe, "area bombing" che causò 792 vittime ufficiali e 450.000 sfollati); il 19 luglio fu bombardata per la prima volta Roma (obiettivo, lo scalo ferroviario di San Lorenzo, in periferia), con il bombardamento più pesante effettuato fino a quel momento in Italia (523 bombardieri, 900 tonnellate di bombe) ed il bilancio più pesante fino ad allora (almeno 1000 vittime, forse molte di più); il 22 luglio Foggia subì un catastrofico bombardamento (si parla di 7000 vittime, ma è probabilmente un'esagerazione; comunque danni e perdite furono pesantissime); il 24 luglio Bologna subì il suo primo bombardamento (136 tonnellate di esplosivo, 200 vittime); il 4 agosto Napoli subì un bombardamento particolarmente devastante che colpì tutto il centro urbano (ufficialmente 210 vittime, più probabilmente 600-700); l'8 agosto 200 Lancaster bombardarono contemporaneamente Milano, Torino e Genova; l'11 agosto Terni subì il primo bombardamento, che causò 564 vittime; dal 12 al 16 agosto Milano subì un ciclo di tre bombardamenti a tappeto ("area bombing"), con 504 bombardieri la notte del 12-13 (1252 tonnellate di bombe sganciate, il più pesante bombardamento mai subito da una città italiana; circa 700 vittime), 140 la notte del 14-15 (altre 183 vittime) e 199 la notte del 15-16 (pochissime vittime, perché ormai anche i 250.000 milanesi fino ad allora rimasti in città erano scappati) e fu colpita altre due volte Torino (poche vittime, anche qui, perché ormai i più erano sfollati - nota: in questo Harris aveva raggiunto il proprio scopo); il 13 agosto, Roma fu bombardata per la seconda volta (460 tonnellate di bombe, mitragliato un aereo di profughi dall'A.O.I., almeno 500 vittime e forse il triplo); il 19 agosto Foggia fu nuovamente bombardata (9000 vittime secondo alcune fonti, probabilmente molte di meno, ma comunque in numero elevatissimo), il 25 agosto fu colpita ancora Foggia (solo un quarto degli edifici rimase sano), il 31 agosto subirono il loro primo bombardamento Pisa (colpita nelle zone periferiche, 952 vittime accertate) e Pescara (forse 1600-1900 morti, causa la grossolana imprecisione degli aerei inviati a bombardare la stazione).

Il 2 settembre furono bombardate per la prima volta anche Trento e Bolzano, con 200 vittime nella prima.

L'armistizio pose fine alla campagna "persuasiva" dell'estate 1943, ma non ai bombardamenti "di precisione", che, non essendo affatto precisi, provocarono ancora immani distruzioni. Cito alcuni dei bombardamenti più pesanti che subirono in questo periodo varie città italiane: Isernia, 10 settembre 1943 (circola ancora oggi la cifra di 4000 vittime, ma è più verosimile una stima di circa 500, comunque pesantissima); Pescara, 16 settembre 1943 (questa volta il bombardamento fu preciso e centrò in pieno la stazione, che però era affollatissima: tra i 600 e i 2000 morti); Firenze, 25 settembre 1943 (i bombardieri, costretti ad abortire l'originaria missione altrove, attaccarono come ripiego la stazione di Firenze in periferia - il centro storico, come quello di alcune altre città tra cui Roma e Venezia, era stato posto sotto "tutela" dagli stessi Alleati, che si erano "auto-vietati" di bombardarlo -; i fiorentini, non disposti a credere che la città sarebbe mai stata bombardata, non scesero nei rifugi quando suonò l'allarme: 215 vittime); Bologna, 25 settembre 1943 (936 morti); Ancona, 1° novembre 1943 (875 morti ufficiali, causa la disposizione del centro storico attorno al porto, obiettivo dell'incursione; inoltre una bomba centrò un rifugio in grotta, contenente centinaia di persone); Trieste, 18 giugno 1944 (primo bombardamento della città, 463 vittime); Genova, agosto 1944 (centinaia di vittime); Milano, 20 ottobre 1944 (un gruppo di bombardieri inviato a bombardare gli stabilimenti Breda, avendo superato per errore l'obiettivo, si liberò delle bombe sganciandole dov'era, cioè sopra i quartieri popolari di Gorla e Precotto: 614 vittime, tra cui 184 bambini della scuola di Gorla, colpita in pieno); Vicenza, 18 novembre 1944 (le bombe a spillo, cioè a frammentazione, destinate a distruggere i velivoli nell'aeroporto, finirono invece in città: 317 morti).

E naturalmente, Treviso, 7 aprile 1944. Il bombardamento, che puntava a colpire la stazione, fu ancora una volta tremendamente impreciso e la città fu in tutto e per tutto, come notano Gioannini e Massobrio, "coventrizzata". Anzi le andò peggio: si consideri che a Coventry morirono 568 vittime nel bombardamento più pesante, e 1236 in tutta la guerra; il famoso bombardamento tedesco di Rotterdam causò 884 vittime; a Treviso i morti furono 1600 in un giorno, e l'80 % della città fu distrutto.

Danni materiali di questa entità non furono cosa rara. A Livorno, ad esempio, fu completamente distrutto il 15,78 % degli edifici, danneggiato gravemente il 14 %, danneggiato lievemente il 26,14 %; nel centro storico furono distrutti il 33,3 % degli edifici, danneggiati gravemente il 28 %, danneggiati lievemente il 28,30 % (cioè solo l'8 % delle costruzioni del centro rimase sano). A Pescara fu distrutto o danneggiato l'80 % degli edifici, a Reggio Calabria il 70 %. A Zara andò distrutto il 60 % degli edifici, a Rimini ben l'82 %, ed una città colossale come Milano vide la distruzione di un terzo delle costruzioni ed il danneggiamento di un altro terzo (distrutti o danneggiati pressoché tutti gli edifici simbolo della città, ed il 65 % di quelli tutelati dalla Soprintendenza). Ad Ancona fu distrutto il 67 % della città, a Cagliari il 70-80 % della città, a Civitavecchia l'80 %, a La Spezia il 70-75 %, a Messina il 70 %, a Napoli il 40-45 %, a Palermo il 40-50 %, a Verona il 44 %, a Bologna il 42 %, a Viterbo il 40 %, a Torino il 38 %, a Genova il 35 %. Oltre alle terribili perdite in vittime civili, questi danni - e la ricostruzione incontrollata del dopoguerra, dove i cementificatori ebbero spesso mano libera - deturparono irrimediabilmente molte di queste città.

 

Anche vari paesi e cittadine furono rasi al suolo per le "esigenze" della guerra. Frascati fu bombardata da 131 bombardieri (che intendevano uccidere Kesselring, che lì aveva il suo quartier generale) l'8 settembre 1943, con la distruzione di metà degli edifici, e 500 vittime. Paternò, in Sicilia, fu distrutta per l'80 % il 14 luglio 1943, perché ritenuta importante snodo stradale per le truppe italo-tedesche (era l'epoca dello sbarco in Sicilia), con 400-500 morti. Gonnosfanadiga, in Sardegna, fu bombardata per errore, il 17 febbraio 1943, da 9 bombardieri che l'avevano scambiata per il vicino aeroporto di Villacidro: le bombe a frammentazione uccisero un centinaio di persone. Cassino fu rasa al suolo da 1250 tonnellate di bombe (le stesse sganciate su Milano con effetti devastanti nell'agosto 1943: stavolta, però, su una cittadina di appena 20.000 abitanti) il 15 marzo 1944, durante la battaglia di Montecassino: 500 vittime civili andarono ad aggiungersi alle 300 uccise il mese prima dal bombardamento dell'abbazia, dove si erano rifugiate nell'illusione che sarebbe stata risparmiata. Recco, in Liguria, bombardata per il suo viadotto ferroviario, ebbe 127 vittime civili e subì la distruzione del 97 % del tessuto urbano, probabilmente un record.

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